Come da mia richiesta, José Rubiera mi ha concesso di pubblicare qualche esempio della sua arte fotografica. Sono foto completamente inedite e mostrate pubblicamente per la prima volta. Vi assicuro che ce ne sono di migliori, la scelta è stata sua personale. Si accettano sponsor per una mostra...
Tra le altre c'è anche la sua prima foto che, ha precisato, è stata scattata quando aveva 5 e non 6 anni...come si vede dalla data sul retro. Ha allegato anche la foto della "Kodak Brownie" appaiata a una "Lubitel" sovietica.
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domenica 29 gennaio 2012
sabato 28 gennaio 2012
José Rubiera, un fotografo prestato alla metereologia
A Cuba è un personaggio popolarissimo e amato dai telespettatori di tutte le età: il Dottor José Rubiera, meteorologo. Personalmente lo paragono al mitico colonnello Bernacca che i giovani di una volta ricorderanno. Come il “nostro” colonello in Italia, José è stato il “fondatore” della meteorologia sul piccolo schermo cubano.
Rubiera è nato da famiglia umile il 22 Gennaio del 1946 a san Antonio de Rio Blanco nella provincia La Habana (oggi Mayabeque), e porta splendidamente i suoi 66 anni appena compiuti. La passione per la Meteorologia ha radici lontane: ricorda ancora quando, mentre era in braccio a sua madre, cercavano riparo per l'arrivo dell'uragano che ha flagellato l'Avana nel 1948 e con i suoi teneri 2 anni, già si sentiva incuriosito dagli eventi atmosferici.
Fu sempre in età precoce, a 6 anni, quando cominciò ad avvicinarsi con più cognizione alla materia, consultando una cartina meteorologica che gli aveva regalato uno zio. In quello stesso anno gli era subentrato un altro “tarlo” che però ha sviluppato in modo eccellente, ma non professionale: la fotografia. La prima immagine, infatti la scattò con una fotocamera a cassetta “Kodak Brownie” che usava la pelicola 620 ovvero il rullino doppio per immagini da 6x6 cm. José mi ha mostrato alcuni esempi del suo hobby e ne sono rimasto veramente impressionato per la qualità e l'accuratezza delle immagini. Dalla messa a fuoco al soggetto, dal colore alla composizione. Credo che avrà una “seconda chance” come fotografo professionista: non è mai troppo tardi. Spero che mi consenta di pubblicare qualcuna delle immagini che ha catturato col suo obbietivo perchè sono veramente molto belle.
Tornando alla meteorologia. Il giovane José provò l'esperienza anche dell'uragano “Flora”, del 1963, che fu uno dei più violenti abbattutisi sull'Isola. A quei tempi frequentava le scuole medie e ricevette in dono un “Manuale per l'insegnamento delle Scienze” edito dall'UNESCO. Data la sua inclinazione per la Fisica, di cui la Meteorologia è un ramo, frequentò il corso preuniversitario di Fisica e poi l'Università dove ottenne il titolo.
La Fisica di per se lo attraeva, ma non quella puramente teorica, a lui piaceva vedere i cambiamenti “sul campo” e cosa c'era di meglio della Meteorolgia, di cui aveva già nozioni da tempo? Aprofittò di un annuncio apparso sul “Granma” in cui si richiedevano addetti al servizio di meteorologia e iniziò, così, la sua carriera nella professione.
“A Cuba” mi diceva “la meteorolgia era una cosa di poco interesse per il grande pubblico e a quei tempi le previsioni erano anche abbsatanza imprecise. I bollettini venivano letti dagli annunciatori della radio e TV e accompagnati, in questo caso, da cartine disegnate che non avevano nessuna “presa” sui telespettatori. Nel 1980, con l'arrivo dell'uragano “Allen” che fortunatamente ha lambito le coste, ma non si è abbattuto su di noi, feci la mia prima apparizione in televisione per dare informazioni alla popolazione sul fenomeno meteo che comunque incombeva sull'area. Quella fu un'apparizione estemporanea e rimase unica, al momento. Circa un anno più tardi, il 13 Gennaio del 1981, venne accettata la mia proposta di far apparire in video un metereologo professionista come si stava già facendo in molti altri Paesi del Mondo e da quel giorno iniziò la mia presenza sul piccolo schermo, seguita poi anche da quella da altri colleghi. E il pubblico ha risposto in maniera positiva rendendo le previsioni del tempo una rubrica molto seguita.”
“Anche se questa esperienza è stata abbastanza tardiva e all'inizio condotta con pochi mezzi, sia tecnici che scenici, devo dire che Cuba è stato uno dei primi Paesi dell'America Latina e forse anche il primo, ad usare il satellite meteorologico come strumento di lavoro, grazie a una stazione che ci aveva donato la URSS per poterci collegare a uno dei suoi satelliti a partire dal 23 marzo del 1969. Le previsioni, però, erano ancora abbastanza incerte ed è solo dal 2005 che possiamo dire di avere previsioni affidabili con un'esattezza di oltre il 90% in quesi utlimi anni. Quello “migliore” è stato il 2009 dove abbiamo raggiunto, statitisticamente, il 92.6% di pronostici esatti. Devo anche dire che la situazione meteorologica di Cuba è molto complessa, essendo nella fascia tropicale ed anche un'isola. In quest'area non si hanno degli “schemi” più o meno stazionari come nelle zone continentali dove il tempo subisce variazioni meno improvvise e violente mantenendosi con uno sviluppo costante e progressivamente più prevedibile.”
Fin qua il racconto di José Rubiera, il decano dei metereologi cubani e dalla grande simpatia che oltre a “bucare lo schermo” viene esercitata nella vita di tutti i giorni. Spero di poter parlare presto di José Rubiera fotografo di grande talento, come dicevo...non è mai troppo tardi.
venerdì 27 gennaio 2012
giovedì 26 gennaio 2012
Humour cubano
- ¿El mundo se acababa en el 2012?
- Mentira, encontré una lata de atún que vence en el 2013!!!
- Mami, ¿hay gelatina?
- Que yo sepa, hay i latina, i griega, pero, ¿G latina?, no, creo que no hay…
- ¿Qué es una hipoteca?
- Es el lugar donde los hipopótamos van a bailar los fines de semana.
- ¿Aló, aló, aeropuerto?
- Si
- ¿Puede decirme cuánto dura el vuelo de San Juan a Madrid?
- Sí, un minuto...
- ¡Ay!, muchas gracias...- y colgó el teléfono…-
- Oye, te veo bien preocupada…
- Es que el médico me dijo que me tomara tres muestras de orina, pero solo me tomé dos, es que sabe tan amargo!
- ¿Qué opinas de la destitución del Alcalde Moreno?
- Ay no me parece, es muy triste que hayan personas tan racistas.
- ¿Y de qué murió tu amigo?
- Creo que en una pelea, porque afuera dice SEPELIO, pero no dice con quién...
- ¿Quién fue Juana de Arco?
- Era una drogadicta!!! En el libro de historia, dice que murió por heroína...
- Mentira, encontré una lata de atún que vence en el 2013!!!
- Mami, ¿hay gelatina?
- Que yo sepa, hay i latina, i griega, pero, ¿G latina?, no, creo que no hay…
- ¿Qué es una hipoteca?
- Es el lugar donde los hipopótamos van a bailar los fines de semana.
- ¿Aló, aló, aeropuerto?
- Si
- ¿Puede decirme cuánto dura el vuelo de San Juan a Madrid?
- Sí, un minuto...
- ¡Ay!, muchas gracias...- y colgó el teléfono…-
- Oye, te veo bien preocupada…
- Es que el médico me dijo que me tomara tres muestras de orina, pero solo me tomé dos, es que sabe tan amargo!
- ¿Qué opinas de la destitución del Alcalde Moreno?
- Ay no me parece, es muy triste que hayan personas tan racistas.
- ¿Y de qué murió tu amigo?
- Creo que en una pelea, porque afuera dice SEPELIO, pero no dice con quién...
- ¿Quién fue Juana de Arco?
- Era una drogadicta!!! En el libro de historia, dice que murió por heroína...
mercoledì 25 gennaio 2012
Gualtiero Menoni, quasi una leggenda a Milano
Ricevo dal gentile lettore Roberto Dalzoppo, già autore di uno scritto sulla Santeria pubblicato sul blog, un ricordo del vecchio amico Gualtiero Menoni. lo pubblico per chi lo ha conosciuto e chi no...ricordo anche che sono ben accetti testi da pubblicare.
Ricordo di Gualtiero Menoni –fondatore della Bodeguita del Medio di Milano.
Di Cuba e della sua terra rossa e del suo Popolo lui, Gualtiero Menoni, ne raccontava di tanto e bene perché amava veramente quel Paese. C’era ancora Fulgencio Batista quando iniziò a compiere i suoi primi viaggi e poi altri ancora, dopo la rivoluzione, fino alla decisione nell’anno 1981 di proporre la Bodeguita del Medio di calle Empedrado, a La Habana Vieja, nella sua Milano.
Era un uomo, un “signore” d’altri tempi, come adesso è difficile, se non rarissimo, trovarne di altri. Generoso d’animo, garbato nei movimenti e nel dialogo sempre sereno ed espressivo, di buon ingegno e fantasia, aveva umiltà e sapeva ascoltare, comunista, meglio, pareva interpretare come sue le parole che il Comandante Ernesto Guevara ha lasciato quale testamento ai suoi figli Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernesto: “Sobre todo, sean siempre capaces de sentir en lo más hondo cualquier injusticia cometida contra cualquiera en cualquier parte del mundo. Es la cualidad más linda de un revolucionario.”
Nella mattinata, verso le dieci all’incirca, era solito uscire dal portone della casa di via Col di Lana: alzava la testa al cielo, in modo strano, come per vedere che “tempo buttava” e come chi, bella o brutta fosse stata la giornata, era comunque determinato a sbrigare tutte le sue faccende.
Dice la storia, correva l’anno 1780, che in un albeggiare nitido da una “vista” sopra la Gran Piedra nel cuore della Sierra Maestra, poco distante dalla città di Santiago de Cuba, Sebastián Kindelán O’Reagan, colonnello e cavaliere dell’Ordine di Santiago e governatore del Distretto Orientale di Cuba e l’emigrato francese Prudencio Cassimajor, quest’ultimo sfuggito agli sconvolgimenti accaduti sull’isola di Haiti, espressero il sogno, poi diventato realtà, di rendere fertile per la produzione del caffè la maggior parte dei terreni delle montagne orientali.
Dice ancora la storia, correva l’anno 1860, che con Facundo Bacardì y Mazò iniziò il segreto, tramandato da padre in figlio, del “ron” più famoso al mondo. Ma Alfonsito Matamoros e Mariano Lavigne, addetti alla produzione tra i pochi che potevano entrare nella camera della “mezcla” e che sapevano anche dei componenti “l’essenza”, affermavano più semplicemente che, oltre al “taglio” con “ron” invecchiato lunghissimi anni, il metodo sta in una buona acquavite e che l’acquavite dipende da una buona melassa e a tale proposito la “miel” dello zuccherificio Algodonales è la migliore.
La Bodeguita del Medio di Milano è ciò che è stato il sogno di un uomo, Gualtiero Menoni, il segreto: la passione e la voglia di dare un senso alla vita, costruendo. A partire dalla quotidianità, dagli affetti, dall’esperienza umana che ti trasmettono, dal talento e dal sapere, dalle cose in cui si crede, dalle cose e dalle persone che si amano, dai valori per cui si è disposti a sacrificare qualcosa.
Gualtiero Menoni sarà sempre lì, seduto al tavolo delle “donne” di Gauguin, sotto la palma reale, ad accogliere la sua gente, la gente della Bodeguita del Medio che lo ricorderà “para siempre”.
Nell’aprile 1999, Gualtiero Menoni scrisse: “Mani fraterne, da un orizzonte all’altro, unite nello spirito.”
Prima stesura 9 aprile 2000
Proprietà letteraria riservata
© by Roberto Dalzoppo
Ricordo di Gualtiero Menoni –fondatore della Bodeguita del Medio di Milano.
Di Cuba e della sua terra rossa e del suo Popolo lui, Gualtiero Menoni, ne raccontava di tanto e bene perché amava veramente quel Paese. C’era ancora Fulgencio Batista quando iniziò a compiere i suoi primi viaggi e poi altri ancora, dopo la rivoluzione, fino alla decisione nell’anno 1981 di proporre la Bodeguita del Medio di calle Empedrado, a La Habana Vieja, nella sua Milano.
Era un uomo, un “signore” d’altri tempi, come adesso è difficile, se non rarissimo, trovarne di altri. Generoso d’animo, garbato nei movimenti e nel dialogo sempre sereno ed espressivo, di buon ingegno e fantasia, aveva umiltà e sapeva ascoltare, comunista, meglio, pareva interpretare come sue le parole che il Comandante Ernesto Guevara ha lasciato quale testamento ai suoi figli Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernesto: “Sobre todo, sean siempre capaces de sentir en lo más hondo cualquier injusticia cometida contra cualquiera en cualquier parte del mundo. Es la cualidad más linda de un revolucionario.”
Nella mattinata, verso le dieci all’incirca, era solito uscire dal portone della casa di via Col di Lana: alzava la testa al cielo, in modo strano, come per vedere che “tempo buttava” e come chi, bella o brutta fosse stata la giornata, era comunque determinato a sbrigare tutte le sue faccende.
Dice la storia, correva l’anno 1780, che in un albeggiare nitido da una “vista” sopra la Gran Piedra nel cuore della Sierra Maestra, poco distante dalla città di Santiago de Cuba, Sebastián Kindelán O’Reagan, colonnello e cavaliere dell’Ordine di Santiago e governatore del Distretto Orientale di Cuba e l’emigrato francese Prudencio Cassimajor, quest’ultimo sfuggito agli sconvolgimenti accaduti sull’isola di Haiti, espressero il sogno, poi diventato realtà, di rendere fertile per la produzione del caffè la maggior parte dei terreni delle montagne orientali.
Dice ancora la storia, correva l’anno 1860, che con Facundo Bacardì y Mazò iniziò il segreto, tramandato da padre in figlio, del “ron” più famoso al mondo. Ma Alfonsito Matamoros e Mariano Lavigne, addetti alla produzione tra i pochi che potevano entrare nella camera della “mezcla” e che sapevano anche dei componenti “l’essenza”, affermavano più semplicemente che, oltre al “taglio” con “ron” invecchiato lunghissimi anni, il metodo sta in una buona acquavite e che l’acquavite dipende da una buona melassa e a tale proposito la “miel” dello zuccherificio Algodonales è la migliore.
La Bodeguita del Medio di Milano è ciò che è stato il sogno di un uomo, Gualtiero Menoni, il segreto: la passione e la voglia di dare un senso alla vita, costruendo. A partire dalla quotidianità, dagli affetti, dall’esperienza umana che ti trasmettono, dal talento e dal sapere, dalle cose in cui si crede, dalle cose e dalle persone che si amano, dai valori per cui si è disposti a sacrificare qualcosa.
Gualtiero Menoni sarà sempre lì, seduto al tavolo delle “donne” di Gauguin, sotto la palma reale, ad accogliere la sua gente, la gente della Bodeguita del Medio che lo ricorderà “para siempre”.
Nell’aprile 1999, Gualtiero Menoni scrisse: “Mani fraterne, da un orizzonte all’altro, unite nello spirito.”
Prima stesura 9 aprile 2000
Proprietà letteraria riservata
© by Roberto Dalzoppo
martedì 24 gennaio 2012
Hanno ragione anche loro, però!: canzone tango
Caro tassista che dichiari 1000 euro al mese, che non si sa chi te l’ha fatto fare allora di
comprarti la licenza a duecentomila, forse c’hai pure ragione quando dici che la
liberalizzazione dei taxi come la soluzione di tutti i problemi dell’Italia è un’ingiustizia.
Caro onorevole deputato che non arrivi alla fine del mese con i 16.000 euro di indennità,
forse c’hai pure ragione che non è abbassandovi lo stipendio di qualche euro che si
risolvono i problemi dell’Italia.
Caro farmacista che ti “tocca” ereditare un’attività dei cui servizi in molti vorrebbero
poter fare a meno ma nessuno può, forse c’hai ragione pure te quando dici che non è
liberalizzando il mercato delle farmacie che si risolvono i problemi dell’Italia.
Caro vescovo, che ti tocca stare una vita senza trombare, forse c’hai ragione pure te,
quando mi dici che se la chiesa pagasse l’ici non ci farebbe più tutto quel bene che c’ha
fatto in questi secoli di oscurantismo culturale.
Caro benzinaio che mi vendi la benzina manco fosse chianti, forse c’hai ragione pure te a
dirmi che le liberalizzazioni non mi faranno calare il prezzo e ti metteranno pure sul
lastrico.
Caro povero possessore di uno Yacht da 19 metri o di un Porche Cayenne, lo so che ti tocca
fare gli straordinari in miniera per poterti pagare le rate di quell’unica soddisfazione che
ti sei potuto concedere in una vita fatta di sacrifici e rinunce, forse c’hai ragione pure
te quando mi dici, che se ti ci metto pure la tassa ti rovino, te e tutti gli operai che
lavorano nei cantieri e nelle fabbriche della Porche per quel discorso dell’offerta e della domanda.
Caro amico notaio, della cui professione devo ancora riuscire a comprendere l’utilità, c’hai
ragione pure tu quando me dici che il lavoro è l’unica cosa buona che ti può lasciare tuo
padre dopo averti condannato fin dall’infanzia alla certezza che avresti fatto quel
mestiere, tanto che apponevi timbro e firma pure sugli scambi delle figurine alle elementari
in cambio della merendina, e che non ce la possiamo prendere con voi, che in fondo siete
solo 6000, che cosa vuoi che contino 6000 persone su una popolazione di 60 milioni.
Mò che ci penso, stai a vedere che il problema sono proprio io, io che vi sto ancora ad
ascoltare invece che venire in piazza a darvi foco uno per uno.
Che per fortuna sono contro la violenza.
Che mi chiedo dove eravate simpatici amici, quando i governi di un colore o dell’altro si
inventavano la flessibilità spazzando via ogni garanzia per chiunque non fosse vostro figlio
e noi scendevamo in piazza a prendese manganellate e lacrimogeni?
Dove eravate quando il governo giocava a sudoku con le nostre date di nascita e i contributi
versati? Dove eravate quando Fiat, Omsa & Co. licenziavano e trasferivano gli stabilimenti
all’estero?
Dove eravate mentre amichevoli poliziotti manganellavano studenti che in piazza chiedevano
una scuola e una università più giuste ed efficienti anche per i vostri figli?
Dove eravate piccole amorevoli teste di cazzo, quando pur di non controllare i vostri
negozi, le vostre attività, si cercava di dare la colpa della crisi a quattro disgraziati di
immigrati, per esempio prendendosela con le “frutterie etniche” (sic.) o i negozi di kebab.
Ecco io non so dove eravate, ma so dove vorrei mandarvi: affanculo.
p.s. può darsi mi sia dimenticato qualcuno.
Il link originale è: http://www.demopazzia.it/2012/01/17/caro-amico-tassista-notaio-onorevole-farmacista
comprarti la licenza a duecentomila, forse c’hai pure ragione quando dici che la
liberalizzazione dei taxi come la soluzione di tutti i problemi dell’Italia è un’ingiustizia.
Caro onorevole deputato che non arrivi alla fine del mese con i 16.000 euro di indennità,
forse c’hai pure ragione che non è abbassandovi lo stipendio di qualche euro che si
risolvono i problemi dell’Italia.
Caro farmacista che ti “tocca” ereditare un’attività dei cui servizi in molti vorrebbero
poter fare a meno ma nessuno può, forse c’hai ragione pure te quando dici che non è
liberalizzando il mercato delle farmacie che si risolvono i problemi dell’Italia.
Caro vescovo, che ti tocca stare una vita senza trombare, forse c’hai ragione pure te,
quando mi dici che se la chiesa pagasse l’ici non ci farebbe più tutto quel bene che c’ha
fatto in questi secoli di oscurantismo culturale.
Caro benzinaio che mi vendi la benzina manco fosse chianti, forse c’hai ragione pure te a
dirmi che le liberalizzazioni non mi faranno calare il prezzo e ti metteranno pure sul
lastrico.
Caro povero possessore di uno Yacht da 19 metri o di un Porche Cayenne, lo so che ti tocca
fare gli straordinari in miniera per poterti pagare le rate di quell’unica soddisfazione che
ti sei potuto concedere in una vita fatta di sacrifici e rinunce, forse c’hai ragione pure
te quando mi dici, che se ti ci metto pure la tassa ti rovino, te e tutti gli operai che
lavorano nei cantieri e nelle fabbriche della Porche per quel discorso dell’offerta e della domanda.
Caro amico notaio, della cui professione devo ancora riuscire a comprendere l’utilità, c’hai
ragione pure tu quando me dici che il lavoro è l’unica cosa buona che ti può lasciare tuo
padre dopo averti condannato fin dall’infanzia alla certezza che avresti fatto quel
mestiere, tanto che apponevi timbro e firma pure sugli scambi delle figurine alle elementari
in cambio della merendina, e che non ce la possiamo prendere con voi, che in fondo siete
solo 6000, che cosa vuoi che contino 6000 persone su una popolazione di 60 milioni.
Mò che ci penso, stai a vedere che il problema sono proprio io, io che vi sto ancora ad
ascoltare invece che venire in piazza a darvi foco uno per uno.
Che per fortuna sono contro la violenza.
Che mi chiedo dove eravate simpatici amici, quando i governi di un colore o dell’altro si
inventavano la flessibilità spazzando via ogni garanzia per chiunque non fosse vostro figlio
e noi scendevamo in piazza a prendese manganellate e lacrimogeni?
Dove eravate quando il governo giocava a sudoku con le nostre date di nascita e i contributi
versati? Dove eravate quando Fiat, Omsa & Co. licenziavano e trasferivano gli stabilimenti
all’estero?
Dove eravate mentre amichevoli poliziotti manganellavano studenti che in piazza chiedevano
una scuola e una università più giuste ed efficienti anche per i vostri figli?
Dove eravate piccole amorevoli teste di cazzo, quando pur di non controllare i vostri
negozi, le vostre attività, si cercava di dare la colpa della crisi a quattro disgraziati di
immigrati, per esempio prendendosela con le “frutterie etniche” (sic.) o i negozi di kebab.
Ecco io non so dove eravate, ma so dove vorrei mandarvi: affanculo.
p.s. può darsi mi sia dimenticato qualcuno.
Il link originale è: http://www.demopazzia.it/2012/01/17/caro-amico-tassista-notaio-onorevole-farmacista
venerdì 20 gennaio 2012
Diminuiscono le tariffe per i cellulari
E' stato annunciato oggi che dal prossimo mese di Febbraio, diminuiranno le tariffe per l'uso dei telefoni cellulari nella rete nazionale e sarà abolito il pagamento per le chiamate ricevute.
venerdì 13 gennaio 2012
Podismo a Cuba nel 2012 e incontri gradevoli nel mondo dello Sport
Oggi ho avuto il piacere di essere stato invitato alla presentazione dei programmi di Cubadeporte per il 2012 ed ho avuto due gradite sorprese: la prima di incontrare, dopo 21 anni, due grandissimi campioni dell'atletica cubana come Ana Fidelia Quirot e Xavier Sotomayor che avevo fotografato e intervistato durante i Giochi Panamericani del 1991. Con loro c'era un'altra stella dello Sport: Mireya Luis, indimenticabile capitana delle “Morenas del Caribe” di pallavolo che non avevo avuto il piacere di conoscere prima.
Oggi Ana Fidelia è responsabile delle Relazioni Pubbliche della Federazione di Atletica, mentre Xavier ne è il Manager organizzativo. Mireya, invece, è rimasta “sul campo” come responsabile tecnico della Squadra Nazionale di Beach Volley. Tutti e tre, comunque praticano ancora esercizio fisico e conservano un fisico invidiabile.
Dopo la presentazione del programma il Direttore di Cubadeporte ha avuto la cortesia di accompagnarmi alla sede dell'Impresa dove lo attendeva un mio vecchio e carissimo amico: Riccardo Fraccari, Presidente della IBAF (Federazione Internazionale del Baseball)nonché di quella Italiana. Lo conobbi quando era Presidente della Federazione Italiana degli Arbitri e validissimo collaboratore e amico dell'indimenticabile Aldo Notari. Sono passati oltre 20 anni e l'incontro è stato davvero ricco di emozioni e ricordi.
Qua sotto pubblico il calendario previsto per le attività podistiche di quest'anno, e le caratteristiche previste per ogni tipo di evento, nel caso ci fosse qualche appassionato che, venendo a Cuba, volesse unire l'utile al dilettevole.
Mireya Luis, Xavier Sotomayor, un intruso..., Ana Fidelia Quirot
Il Presidente Riccardo Fraccari
Il salto della vitoria dei panamericani e relitivo record dei Giochi: 2.35
Mi spiace che la risoluzione del blog non consenta una agevole lettura dei programmi...chi fosse VERAMENTE interessato può richiedermeli. Si prega di evitare perditempo. Grazie.
Oggi Ana Fidelia è responsabile delle Relazioni Pubbliche della Federazione di Atletica, mentre Xavier ne è il Manager organizzativo. Mireya, invece, è rimasta “sul campo” come responsabile tecnico della Squadra Nazionale di Beach Volley. Tutti e tre, comunque praticano ancora esercizio fisico e conservano un fisico invidiabile.
Dopo la presentazione del programma il Direttore di Cubadeporte ha avuto la cortesia di accompagnarmi alla sede dell'Impresa dove lo attendeva un mio vecchio e carissimo amico: Riccardo Fraccari, Presidente della IBAF (Federazione Internazionale del Baseball)nonché di quella Italiana. Lo conobbi quando era Presidente della Federazione Italiana degli Arbitri e validissimo collaboratore e amico dell'indimenticabile Aldo Notari. Sono passati oltre 20 anni e l'incontro è stato davvero ricco di emozioni e ricordi.
Qua sotto pubblico il calendario previsto per le attività podistiche di quest'anno, e le caratteristiche previste per ogni tipo di evento, nel caso ci fosse qualche appassionato che, venendo a Cuba, volesse unire l'utile al dilettevole.
Mireya Luis, Xavier Sotomayor, un intruso..., Ana Fidelia Quirot
Il Presidente Riccardo Fraccari
Mi spiace che la risoluzione del blog non consenta una agevole lettura dei programmi...chi fosse VERAMENTE interessato può richiedermeli. Si prega di evitare perditempo. Grazie.
mercoledì 11 gennaio 2012
Fosse vero...Londra e Cuba mete più ambite dal turismo nel 2012
Tra le notizie di agenzia che escono "di spalla" al blog, ho letto un articolo apparso su "Repubblica Viaggi" secondo il quale Londra e Cuba sarebbero le mete preferite dal turismo internazionale per il 2012. Una delle motivazioni, per quel che riguarda Cuba, sarebbe che "i cittadini americani da quest'anno potranno andare a Cuba senza restrizioni di tipo famigliare". Ora, queste "restrizioni" reintrodotte da George W. Bush, sono state abolite da Barack Obama già nel 2010, ma...riguardano i cittadini americani DI ORIGINE CUBANA e non gli statunitensi in generale. Quindi niente di nuovo sotto il sole (dei Caraibi). A meno che l'autrice, Sara Ficocelli, non abbia notizie privilegiate dal Dipartimento del Tesoro degli USA...
sabato 7 gennaio 2012
3 Settembre 1989: una data tragicamente indimenticabile
Il 3 Settembre del 1989, una data da ricordare, tragicamente, per Cuba e l'Italia, purtroppo è caduta nell'oblio. Anche se non è la data della ricorrenza, cercherò di rivedere i fatti, così come li ho vissuti:
Poco dopo le 19, stavo rincasando e nello scendere dall'auto una folata di vento ha sbattuto la porta, così come ho sentito altre porte, negli appartamenti, sbattere. E' durato pochi secondi, ma è stato un piccolo “tornado”. In quel preciso istante il volo CU 9646, pilotato dall'esperto comandante Armando Olivero Argüelles, aveva preso posto alla testa della pista di decollo dell'aeroporto Josè Martí per dirigersi a Milano con 112 persone a bordo. Le condizioni meteo erano perturbate, aveva iniziato a piovere e la torre ha chiesto al comandante se non volesse attendere qualche minuto. Dalla cabina la risposta fu che preferiva partire subito per evitare che la situazione peggiorasse. La nave (un IL62M), aveva pochi mesi di vita e il pilota con migliaia di ore di volo accumulate, era considerato uno dei migliori dell'aviazione civile cubana anche se un po' "guascone". Ricevuto l'ok reticente, della torre, il pilota ha spinto al massimo i motori e iniziato la manovra di decollo arrivando a 62 metri di altitudine, proprio in corrispondenza all'edificio dall'allora unico “terminal 1” e della torre di controllo. Improvvisamente, come una sciabolata, quel “piccolo tornado” si era abbattuto sotto forma di “windshire” sull'apparecchio spingendolo verso il suolo. Il secondo pilota, Miguel Ruiz Ravelo, incitava ripetutamente il comandante a “tirare su il naso”, questi invece, e sembra sia stata la manovra tecnicamente più corretta, anche se disperata, ha fatto affidamento sul massimo di spinta per “forare” la tromba d'aria in profondità. A detta di piloti e tecnici dell'aviazione, però, l'altitudine era troppo poca, la potenza e la portanza alare del velivolo insufficienti, nella fattispecie, forse un altro tipo di aereo ce l'avrebbe fatta. L'IL62 venne così proiettato al suolo battendo i piani di coda al termine della pista, rimbalzando miracolosamente sopra la avenida di Rancho Boyeros e ripiombando in un terreno incolto, ma insufficiente a neutralizzare l'impatto del bolide che terminava schiantandosi con la cabina contro il muro di una fabbrica, al limte del terreno mentre le ali e pezzi di fusoliera abbattevano diverse casupole del villaggio di Lutgardita che si trova tra Calabazar e la pista. L'ingente carico di carburante, sufficiente per il volo transatlantico, ha trasformato l'aereo in una bomba di notevole potenza. Oltre a molte case sono stati coinvolti anche veicoli che transitavano all'interno del villaggio. Un'apocalisse. Non si è mai conosciuto con certezza il numero delle vittime cubane al suolo né quello delle decine di feriti con diversa gravità. Nell'aereo non è sopravvissuto nessuno ad eccezione di un giovane ragazzo di Parma: Luigi Capalbo, di 22 anni che è stato visto emergere dall'inferno gridando per il terrore e il dolore provocato dalle fiamme che lo avviluppavano. Il giovane, appassionato e a sua volta giocatore di baseball, era venuto a cuba per conoscere da vicino i “segreti” e le tecniche dei giocatori considerati tra i migliori al mondo. Alcuni suoi amici avevano prolungato la vacanza recandosi a Varadero per una settimana, riuscendo a scampare alla tragedia.
Di li a poco mi chiamò per telefono la allora corrispondente del'ANSA, Giannina Bertarelli, chiedendomi se sapessi qualcosa “dell'incidente al volo charter in partenza per Milano”. Naturalmente non ne sapevo niente e mi disse di informarmi all'Ambasciata perché sembrava ci fosse stato un grave incidente pochi minuti prima. Naturalmente le autorità aeroportuali avevano avvisato immediatamente la nostra sede diplomatica che, essendo domenica sera, era praticamente sguarnita. Immediatamente mi recai alla vecchia sede di Paseo mettendomi a disposizione per qualunque necessità. Fra i pochi diplomatici reperibili ci fu, fortunatamente, l'Ambasciatore Carlo Civiletti che aveva subito espresso la volontà di accorrere sul posto del disastro. Con molto poca professionalità, ma convinto di essere più utile aiutando il poco personale a coordinare le visite agli ospedali e all'Istituto di Medicina Legale, dove stavano già arrivando le prime salme, rimasi a disposizione in Ambasciata, lasciando a un altra persona l'incarico di guidare l'auto dell'Ambasciatore visto che il suo autista non era reperibile. Sul luogo venne accolto da Fidel Castro che si era immediatamente mobilitato per accertarsi dell'accaduto. Sinceramente, non so se rimpiango o no, la possibilità di “scoop” che avevo rifiutato.
Nel frattempo le linee telefoniche dell'Ambasciata che cominciavano ad arroventarsi, stranamente, cedettero per rimanere con una sola linea a attiva e utilizzabile dal centralino ove si era installato l'Ambasciatore, rientrato dal luogo del sinistro. Le altre linee vennero riattivate solo dopo tre giorni.
Trascorsa la notte, quando ormai i corpi di morti e feriti, cubani e italiani, erano stati evacuati, mi recai sul posto dell'incidente dove erano ancora al lavoro le squadre di soccorso per il recupero del poco recuperabile e dei pezzi del velivolo. Nell'aria si respirava ancora la puzza del kerosene combusto e l'odore tragico della carne bruciata. Uno scenario di guerra: case distrutte, veicoli bruciati e frammenti di bagagli e loro contenuto ovunque. Dopo il sopralluogo decisi di andare al Calixto Garcia dove era ricoverato, in una stanza sterile, l'unico sopravvissuto di cui non si conoscevano ancora le generalità. Era bendato almeno all'80% del corpo e mantenuto in coma artificiale per evitargli sofferenze. Col cuore stretto gli ho scattato alcune foto (che conservo), al volto, con l'intenzione di inviarle in Italia. Aveva i lineamenti stravolti dal gonfiore e dalle ustioni, però speravo che i famigliari lo riconoscessero. Mi recai alla sede della France Presse che fu ben contenta di svilupparmi il materiale e trasmetterlo, per me, al “Corriere” a cambio di qualche immagine in esclusiva per loro. Nel frattempo, erano passate oltre 18 ore, gli amici di Luigi avendo avuto notizia dell'incidente erano venuti all'Avana riconoscendo, a mia insaputa, il povero ragazzo. Quando arrivarono le immagini, il “Corriere” pensò di non pubblicare la foto di quel viso straziato dal momento che era stato, comunque, già identificato. La lasciò circolare nel circuito ANSA, dove venne pubblicata in prima pagina da “La Notte”, un giornale sensazionalista dell'epoca.
Iniziò l'arrivo a raffica dei giornalisti italiani ed ebbi la possibilità di “affiancare” Andrea Purgatori, inviato dal quotidiano di via Solferino. Molti erano giovani cronisti che poi si sono affermati, alcuni già con certa esperienza. Fra i giovani che sono diventati popolari o comunque famosi c'erano Antonio di Bella per la RAI, Leonardo Cohen e Daniele Mastrogiacomo per “Repubblica”. In seguito arrivarono molti dei parenti delle vittime, una commissione d'inchiesta di Civilavia e un B52 dell'Areonautica Militare inviato per il rimpatrio delle salme. La storia, per quel che ne so, è rimasta aperta per anni con un contenzioso aperto dai familiari. Non so se, a quasi 23 anni di distanza, si sia risolta...
L'Ambasciatore Carlo Civiletti
Il Generale di Divisione Rogelio Acevedo ricostruisce l'accaduto per la Commissione italiana
Gli aviatori italiani
Omaggio alle vittime dell'Ambasciatore Civileti e il Consigliere d'Ambasciata Trizzino
Il generale Acevedo col Comandante italiano e l'interprete
Poco dopo le 19, stavo rincasando e nello scendere dall'auto una folata di vento ha sbattuto la porta, così come ho sentito altre porte, negli appartamenti, sbattere. E' durato pochi secondi, ma è stato un piccolo “tornado”. In quel preciso istante il volo CU 9646, pilotato dall'esperto comandante Armando Olivero Argüelles, aveva preso posto alla testa della pista di decollo dell'aeroporto Josè Martí per dirigersi a Milano con 112 persone a bordo. Le condizioni meteo erano perturbate, aveva iniziato a piovere e la torre ha chiesto al comandante se non volesse attendere qualche minuto. Dalla cabina la risposta fu che preferiva partire subito per evitare che la situazione peggiorasse. La nave (un IL62M), aveva pochi mesi di vita e il pilota con migliaia di ore di volo accumulate, era considerato uno dei migliori dell'aviazione civile cubana anche se un po' "guascone". Ricevuto l'ok reticente, della torre, il pilota ha spinto al massimo i motori e iniziato la manovra di decollo arrivando a 62 metri di altitudine, proprio in corrispondenza all'edificio dall'allora unico “terminal 1” e della torre di controllo. Improvvisamente, come una sciabolata, quel “piccolo tornado” si era abbattuto sotto forma di “windshire” sull'apparecchio spingendolo verso il suolo. Il secondo pilota, Miguel Ruiz Ravelo, incitava ripetutamente il comandante a “tirare su il naso”, questi invece, e sembra sia stata la manovra tecnicamente più corretta, anche se disperata, ha fatto affidamento sul massimo di spinta per “forare” la tromba d'aria in profondità. A detta di piloti e tecnici dell'aviazione, però, l'altitudine era troppo poca, la potenza e la portanza alare del velivolo insufficienti, nella fattispecie, forse un altro tipo di aereo ce l'avrebbe fatta. L'IL62 venne così proiettato al suolo battendo i piani di coda al termine della pista, rimbalzando miracolosamente sopra la avenida di Rancho Boyeros e ripiombando in un terreno incolto, ma insufficiente a neutralizzare l'impatto del bolide che terminava schiantandosi con la cabina contro il muro di una fabbrica, al limte del terreno mentre le ali e pezzi di fusoliera abbattevano diverse casupole del villaggio di Lutgardita che si trova tra Calabazar e la pista. L'ingente carico di carburante, sufficiente per il volo transatlantico, ha trasformato l'aereo in una bomba di notevole potenza. Oltre a molte case sono stati coinvolti anche veicoli che transitavano all'interno del villaggio. Un'apocalisse. Non si è mai conosciuto con certezza il numero delle vittime cubane al suolo né quello delle decine di feriti con diversa gravità. Nell'aereo non è sopravvissuto nessuno ad eccezione di un giovane ragazzo di Parma: Luigi Capalbo, di 22 anni che è stato visto emergere dall'inferno gridando per il terrore e il dolore provocato dalle fiamme che lo avviluppavano. Il giovane, appassionato e a sua volta giocatore di baseball, era venuto a cuba per conoscere da vicino i “segreti” e le tecniche dei giocatori considerati tra i migliori al mondo. Alcuni suoi amici avevano prolungato la vacanza recandosi a Varadero per una settimana, riuscendo a scampare alla tragedia.
Di li a poco mi chiamò per telefono la allora corrispondente del'ANSA, Giannina Bertarelli, chiedendomi se sapessi qualcosa “dell'incidente al volo charter in partenza per Milano”. Naturalmente non ne sapevo niente e mi disse di informarmi all'Ambasciata perché sembrava ci fosse stato un grave incidente pochi minuti prima. Naturalmente le autorità aeroportuali avevano avvisato immediatamente la nostra sede diplomatica che, essendo domenica sera, era praticamente sguarnita. Immediatamente mi recai alla vecchia sede di Paseo mettendomi a disposizione per qualunque necessità. Fra i pochi diplomatici reperibili ci fu, fortunatamente, l'Ambasciatore Carlo Civiletti che aveva subito espresso la volontà di accorrere sul posto del disastro. Con molto poca professionalità, ma convinto di essere più utile aiutando il poco personale a coordinare le visite agli ospedali e all'Istituto di Medicina Legale, dove stavano già arrivando le prime salme, rimasi a disposizione in Ambasciata, lasciando a un altra persona l'incarico di guidare l'auto dell'Ambasciatore visto che il suo autista non era reperibile. Sul luogo venne accolto da Fidel Castro che si era immediatamente mobilitato per accertarsi dell'accaduto. Sinceramente, non so se rimpiango o no, la possibilità di “scoop” che avevo rifiutato.
Nel frattempo le linee telefoniche dell'Ambasciata che cominciavano ad arroventarsi, stranamente, cedettero per rimanere con una sola linea a attiva e utilizzabile dal centralino ove si era installato l'Ambasciatore, rientrato dal luogo del sinistro. Le altre linee vennero riattivate solo dopo tre giorni.
Trascorsa la notte, quando ormai i corpi di morti e feriti, cubani e italiani, erano stati evacuati, mi recai sul posto dell'incidente dove erano ancora al lavoro le squadre di soccorso per il recupero del poco recuperabile e dei pezzi del velivolo. Nell'aria si respirava ancora la puzza del kerosene combusto e l'odore tragico della carne bruciata. Uno scenario di guerra: case distrutte, veicoli bruciati e frammenti di bagagli e loro contenuto ovunque. Dopo il sopralluogo decisi di andare al Calixto Garcia dove era ricoverato, in una stanza sterile, l'unico sopravvissuto di cui non si conoscevano ancora le generalità. Era bendato almeno all'80% del corpo e mantenuto in coma artificiale per evitargli sofferenze. Col cuore stretto gli ho scattato alcune foto (che conservo), al volto, con l'intenzione di inviarle in Italia. Aveva i lineamenti stravolti dal gonfiore e dalle ustioni, però speravo che i famigliari lo riconoscessero. Mi recai alla sede della France Presse che fu ben contenta di svilupparmi il materiale e trasmetterlo, per me, al “Corriere” a cambio di qualche immagine in esclusiva per loro. Nel frattempo, erano passate oltre 18 ore, gli amici di Luigi avendo avuto notizia dell'incidente erano venuti all'Avana riconoscendo, a mia insaputa, il povero ragazzo. Quando arrivarono le immagini, il “Corriere” pensò di non pubblicare la foto di quel viso straziato dal momento che era stato, comunque, già identificato. La lasciò circolare nel circuito ANSA, dove venne pubblicata in prima pagina da “La Notte”, un giornale sensazionalista dell'epoca.
Iniziò l'arrivo a raffica dei giornalisti italiani ed ebbi la possibilità di “affiancare” Andrea Purgatori, inviato dal quotidiano di via Solferino. Molti erano giovani cronisti che poi si sono affermati, alcuni già con certa esperienza. Fra i giovani che sono diventati popolari o comunque famosi c'erano Antonio di Bella per la RAI, Leonardo Cohen e Daniele Mastrogiacomo per “Repubblica”. In seguito arrivarono molti dei parenti delle vittime, una commissione d'inchiesta di Civilavia e un B52 dell'Areonautica Militare inviato per il rimpatrio delle salme. La storia, per quel che ne so, è rimasta aperta per anni con un contenzioso aperto dai familiari. Non so se, a quasi 23 anni di distanza, si sia risolta...
L'Ambasciatore Carlo Civiletti
Il Generale di Divisione Rogelio Acevedo ricostruisce l'accaduto per la Commissione italiana
Gli aviatori italiani
Omaggio alle vittime dell'Ambasciatore Civileti e il Consigliere d'Ambasciata Trizzino
Il generale Acevedo col Comandante italiano e l'interprete
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