Correva la
fine estate del 1990, l’attenzione rivolta alla Prima Guerra del Golfo, ma la
Sandrocchia nazionale,in calo di popolarità ne ha inventata una delle con la
complicità (inconsapevole?) di una nota rivista italiana di cronache più o meno
rosa.
In un
viaggio a Cuba col suo agente, si è inventata nietemeno che le nozze con un
“colonnello dei servizi segreti cubani”.
Una mattina mi sveglia una chiamata dalla redazione di “Oggi” con la
quale,l’allora Capo Redattore poi diventato direttore, Cesare Carassiti, mi
racconta in riassunto il fatto chiedendomi se potessi recarmi a Ciego de Ávila
per investigare la storia. Eravamo nel pieno del “periodo especial de guerra en
tiempo de paz” per cui sarebbe stato impossibile ottenere il carburante per
fare andata e ritorno dall’Avana, però nel resoconto, Carassiti, mi fece il
nome del “colonnello”: Jorge Ordoñez. A quel punto ebbi un soprassalto e mi
dissi pronto ad affrontare la trasferta con ogni mezzo possibile. Risulta che
conoscevo Jorge da tempo essendo, lui, un marinaio e subacqueo dipendente
dall’Azienda Turistica di Ciego de Ávila col quale avevamo condiviso alcuni
eventi di fotografía subacquea negli anni precedenti.
Telefonai
all’Empresa Turistica da dove mi rispose un’altro amico, il Direttore Oscarito Valdés
abbastanza agitato perché la “bufala” era già arrivata a Cuba e loro si
trovavano in difficoltà col Governo e col Partito in quanto li consideravano
complici della faccenda che gettava discredito sulle Istituzioni. A loro volta
mi pregarono di andare a Ciego per poter fare un servizio da trasmettere in
Italia con le smentite del caso.
Chiesi
aiuto aun’amica (oggi mia moglie) che lavorava nell’Ufficio Operativo di Viajes
Cuba che aveva contatti con la Cubana de Aviación e per fortuna quello stesso
giorno c’era un volo a Ciego de Ávila nel primissimo pomeriggio ed avrei avuto
il tempo di prenderlo.
Arrivato a
Ciego, Oscarito e lo stesso Jorge vennero a prendermi all’aeroporto per poter
iniziare quanto prima la raccolta di informazioni per la smentita di cui allego
le fotocopie della rivista.
Giunta la
será, Jorge mi invitò a casa sua a dormiré. La casa era fuori città in una
centrale per la lavorazione dei prodotti di canna da zucchero chiamata
“Baraguà”.
In quel
modo lo ritrassi con la sua vera moglie (dell’epoca) e sua figlia. La mattina
sguente c’era il volo di ritorno dello Yak 40 all’Avana e bisognava essere
presto in aeroporto. Jorge aveva una moto sovietica con sidecar, una Jupiter, e
dopo un breve e quasi insonne nottata mi portò allo scalo aereo,facendomi
sofffrire freddo al tropico, in quanto le temperature possono scendere specie
se accompagnate dall’aria prodotta dall’andatura del veicolo.
Giunto
all’Avana sviluppai e stampai subito i negativi e mi recai all’Agenzia France
Presse, con la quale avevo buoni rapporti, per mandare le telefoto a Oggi.
Scrissi il testo evidenziato e in pratica quasi tutto e lo aggiunsi all'invio. Carassiti, "benevolmente" lo ha classificato come "collaborazione" dal momento che incipit e conclusione sono i suoi.
Con un
minimo di delusione, ripagato da grande soddisfazione, Carassiti le ricevette
lamentando che non fossero a colori.
A questo
proposito mi viene in mente la situazione contraria creatasi l’anno prima con
il disastro aereo che coinvolse il volo
di Cubana diretto a Milano per il quale mandai la foto dell’unico,
provisoriamente, sopravvissuto nel circuito ANSA e che erano a .colori, l’unico
giornale a pubblicarla fu “La Notte”, gli altri media la considerarono troppo
“cruda”, ma la mia intenzione era di poter far riconoscere la persona da amici
e parenti in quanto non ancora identificata.
Nel tempo
trascorso tra invio, ricevimento diffusione e scelta delle foto la vittima fu
poi identificata e quando l’orda di giornalisti taliani arrivò a Cuba il
responsabile della fotografia dell’ANSA, mi accusò di aver voluto speculare sul
materiale inviato in quanto a colori che viene pagato meglio. Purtroppo, come
dimostra il caso precedente, a quel tempo a Cuba si doveva lavorare con quel
che c’era, ringraziando che ci fosse. Oggi col digitale il problema,
fortunatamente, non esiste più.