Pubblicato su Juventud Rebelde del 23/11/14
Pedro Vargas e Benny Moré
cantarono in duetto all’Avana. Giorni prima della registrazione, il messicano
fa avera la cubano le partiture dei numeri che interpreteranno col proposito
che le studi. Giunge il giorno dell’incontrone sul punto di cominciare a incidere,
Vargas vuole esaminare la musica col Benny al fine di segnarla e stabilire chi
entra per primo e chi dopo, chi sarà la prima voce in determinati passaggi e
chi la seconda.
Benni Moré, il cosiddetto
Barbaro del Ritmo (Barbaro a Cuba non è dispregiativo, anzi il contrario,
n.d.t.), rifiuta la richiesta del Tenore delle Americhe.
-Maestro, questo per me è
cinese...ino non conosco la musica- dice Benny sorridendo.
-Come canteremo in duetto,
allora, se non conosce la musica? Come saprà, lei, in che momento dovrà
entrare?- Domanda vargas.
-Quando me lo chieda il
cervello, Maestro- risponde Benny, ma gli intenditori sono d’accordo che dette
al messicano una risposta incompleta. Avrebbe dovuto dire: il cervello, il
cuore, il sentimento...fino all’ultima molecola di quell’essere intrinsecamente
musicale che era Benny Moré. Risposta mutilata a parte, il caso è che in
quell’occasione incisero Obsesión y
perdón e raggiunsero con questa due dei migliori duetti della musica
popolare.
Los criba porta a colazione
questo aneddoto con motivo dell’omaggio che Cuba rese, mesi orsono, a Pedro
vargas in occasione del 25° anniversari della sua morte. Lo si ricordò nelle
giornate della XXV edizione del Festival Internazionale Boleros de Oro, alla
presenza di parenti stretti dell’artista, venuti per l’occasione e si dette il
suo nome alla suite dell’Hotel Nacional che occupava abitualmente durante i
suoi soggiorni avaneri, si esibirono alcune delle sue pellicole e un busto del
cantante venne installato nell’Avenida del Puerto, molto vicino alla statua che
ricorda il compositore Agustín Lara, suo grande amico.
Un
messicano quasi nostro
Vargas fu una specie di
ponte musicale fra Cuba e Messico. A partire dal 1940, visitò l’Isola almeno
una volta l’anno. Per questo, Cristobal Ayala, musicologo cubano residente a
Portorico, lo definisce come “quasi nostro”. Sempre, quando si preparava a
venire, chiedeva a Lara e ad altri compositori importanti che gli consegnassero
le loro ultime produzioni per fare la prima esibizione a Cuba. La stessa
richiesta la faceva ai compositori cubani al suo ritorno in Messico. Nel 1946,
il compositore cubano Bobby Collazo autore, fra altre melodie, di Tení que ser así e Vivír de los recuerdos, è in
Messico e si prepara a partire per Santo Domingo. Varegas gli chiede una
canzone e collazo glie la scrive di corsa. Quando Collazo giunge a
destinazione, La última noche è già
un successo. Un altro cubano, Fernando Mulens, compositore di boleri
emblematici quali Qué te pedí e De corazón a corazón, fu il suo accompagnatore
al piano per molti anni.
Cuba, negli anni ’30 del
secolo scorso, fu invasa dal tango. Conoscerà lungo la decade seguente
l’irruzione della musica messicana. La capeggiava Jorge Negrete, molto famoso
grazie al cine e che visita l’Isola in due occasioni. Lo seguono e godono di
grande presa Tito Guizar, Pepe Guizar y sus Caporales, Pedro Infante, Chucho
Martínez Gíl, Los Cuate Castilla, Toña la Negra, Amalia Mendoza e Miguel Aceves
Mejía, fra i molti altri Los Panchos che
generarono un’enorme legione di imitatori contavano, ancora nei ’70, di un
programma fisso alla radio nazionale e qualunque cubano poteva ripetere senza
indugi Noche de ronda e canticchiare
la strofa dello stesso compositore “nelle tue occhiate si vedono i
palmeti/ubriachi di sole”. Prima era venuto all’Avana José Mojíca. Venne per la
prima volta nel 1931 e tornò almeno tre volte negli anni ’50.
Anche
dall’altra parte
Però se ci fu una presenza a
Cuba della musica messicana, la cubana si fece sentire dall’altra parte del
golfo. Il già citato Díaz Ayala analizza il fenomeno nel suo libro Cuando salí de La Habana (Portorico,
2001).
Il cine messicano prese
importanza a partire della pellicola El
rancho grande (1936). Sfruttava il paesaggio e la musica del bel Paese. La
produzione cinematografica azteca si incrementò ed estese la sua fama per tutto
il continente, includeva quantità generose di musica in ogni pellicola. Film che
abbordavano, nella maggior parte, il tema rurale e si valevano di rancheras e corridos (generi musicali tipici, n.d.t.) La cosa si complica
quando si da entrata al tema urbano e si da ingresso al bolero. Negli anni ’40
si producono, in Messico, quasi mille pellicole. I compositori di casa erano
prolifici, ma non erano sufficienti, più quando oltre ai boleri dovenao creare gurachas e rumbas, necessarie in fim che
nella loro magggioranza erano ambientati in cabaret.
Cuba, scrive Díaz Ayala,
accorse a riempire i vuoti. Il cine e la scena messicana traboccavano di rumberas cubane come María Antonieta
Pons, Ninón Sevilla, Lina Salomé, Olga Chaviano, Rosa Carmína, Amalia Aguílar,
las Dolly Sisters e molte altre. Per loro e anche per la rumbera messicana Meche Barba e Tongolele, tahitiana di origine,
c’era bisogno della percussione che apportavano i cubani.
Interpreti messicani come
Juan Arvizu e Toña la Negra, incisero dischi con l’apporto di orchestre cubane.
Lo fece anche Pedro Vargas che utilizzò complessi come Casino de la Playa,
Riverside e Cosmopolita per realizzare i suoi dische con la Victor.
Un artista cubano o di
passaggio da Cuba non si sentiva completamente consacrato se non si faceva
fotografare da Armand – Armando Hernàndez López – il più famoso ritrattista
cubano degli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, conosciuto come Il fotografo
delle stelle. Pedro Vargas, in uno dei suoi soggiorni avaneri, non resistette
alla tentazione e visitò l’artista dell’obbiettivo nel suo studio di Linea, fra
H e I, nel Vedado.
Capriccio
cubano
Le rappresentazioni iniziali
di vargas all’Avana devono aver avuto luogo nel vecchio Teatro Neptuno, di
Heliodoro García, dove attuò anche Agustín Lara. Lo scriba suppone che attuò
peer l’ultima volta nella capitale cubana nel marzo del 1959, al cabaret
dell’hotel Capri. Questo centro notturno presentava la produzione Capricho cubano, con l’attuazione della
portoricana Lucy Fabery e dei cubani Fernando Álvarez e Raquel Bardisa. La
presenza di vargas per due settimane, garantì un tutto esaurito.
Fra una presentazione e
l’altra, attuò molte volte nel Teatro América. Pedro Urbezo, storico del
colosseo della calle Galiano, nel suo libro El teatro América y su entorno mágico (2011) raccoglie puntualmente
le rappresentazioni del messicano.
L’América si inaugurò il 29
marzo del 1941. Poco dopo, nella settimana del 22 settembre, il primo
spettacolo o varietà musicale che accolse questo teatro fu a carico del famoso
tenore accompagnato dal pianista Pepe Agüero e l’orchestra di Alfredo Brito, da
lunedí a sabato, due apparizioni al giorno: Una alle 17.30 e l’altra alle 21.30
e la domenica, oltre a queste normali, un’altra alle 14.00.
Ha avuto tanto successo,
dice Urbezo che nonostante i suoi impegni con emittenti radio cubane, tornò al
palco dell’América per una funzione speciale, il 3 ottobre di quell’anno.
Vargas fa una nuova
presentazione il 23 gennaio del 1942, ancora accompagnato dal pianista Pepe
Agüero e l’orchestra di Alfredo Brito. Urbezo scrive: “Gli assidui dell’América
dvano segno di ammirazione e simpatia al tenore messicano con ripetuti
applausi”.
Nel 1945 Pedro Vargas arriva
nuoivamente a Cuba. È di passaggio. Ma non vuole evitare di presentarsi nello
spettacolo di varietà che artisti della CMQ presentano, per una settimana,
nell.América. partecipoa nei giorni di sabato e domenica. Quest’ultimo giorno,
nella funzione serale, si accomiata dal pubblico avanero che, in piedi, lo
applaude furiosamente. L’ovazione emoziona l’artista che con voce rotta esprime
il suo abituale “molt grazie, molte grazie”, promette di tornare quando is uoi
impegni glie lo consentano. Torna veramente. Non poteva non compiere la
promessa. Lo fa nella settimana dal 21 al 27 gennaio del 1946. Lo accompagnano
sulla scena Ignacio Villa (Bola de Nieve), Fernando Mulens e l’orchestra
Cosmopolita.
Ha impegni ineludibili col
circuito CMQ ed esce dalla locandina per essere sostituito da Libertad
Lamarque. La fidanzata d’America si accomiata dal suo pubblico nella funzione
delle 21.30 della domenica 3 di febbraio dopo aver causato il tutto esaurito
nel teatro. Nella settimana dal 4 al 7 torna Pedro Vargas. Lo accompagna il
cubano René Cabel e con lui fa un duetto eccezionale di cui scrive Urbezo nel
suo libro: “strappò accalamazioni d’entusiasmo e ammirazione”. Aggiunge:
“tremavano le pareti del moderno colosseo con le grida d’entusiasmo e gli
applausi scroscianti. Enrique Claudin, sarebbe stato ascoltando il Fantasma,
dai sotterranei del tatro?”.
Prosegue Pedro Urbezo: “E
per chiudere quel ciclo memorabile, la settimana seguente, dall’11 al 17, Pedro
vargas cantò con un’altra grande della scena che per la prima volta attuava
nell’América: l’attrice e cantante cubana Rita Montaner. Intervennero nello
show, inoltre, René de Montemar, Fernando Mulens e l’orchestra Cosmopolita con
l’animazione di Rolando Ochoa.
Il
suo getto inesauribile di voce
Pedro vargas amò molto
l’Avana. Con la sua presenza e le sue canzoni, lasciò un buon ricordo
nell’Isola, in quelli che ebbero il privilegio di acoltarlo dal vivo, in quelli
che lo conobbero.
Rosa Fornés che per sette
anni consecutivi fu la prima vedette del Messico e che smise di esserlo solo
quando la stampa messicana la proclamò come prima vedette d’America, compartí
con Vargas lo scenario del teatro Tivoli, di Città del Messico. Oggi, nella sua
residenza avanera, la Fornés, vive circondata dai suoi ricordi messicani e
conserva in uno dei suoi saloni le foto di molte persone che amò, fra loro
Cantinflas che tanto e tanto vanamente la pretese, Jorge Negrete, Pedro Infante
e, naturalmente, Pedro Vargas, ancora fisso nella mente della stella con il suo
“getto inesauribile di voce”.
Pedro Vargas en La Habana
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
22 de Noviembre del 2014 19:43:52 CDT
Pedro Vargas y Benny Moré cantarían a dúo en La
Habana. Días antes de
la grabación, el mexicano da al cubano las
partituras de los números
que interpretarán con el propósito de que las
estudie. Llega el día
del encuentro y ya a punto de comenzar a grabar,
Vargas quiere
examinar la música con el Benny a fin de
marcarla y establecer quién
entrará primero y quién después y quién será voz
prima en determinados
pasajes y quién la voz segunda.
Benny Moré, el llamado Bárbaro del Ritmo,
rechaza el ofrecimiento del
Tenor de las Américas.
--Maestro, eso es chino para mí... Yo no sé
música --dice Benny y sonríe.
--¿Cómo cantaremos a dúo entonces? Si no sabe
música, ¿cómo sabrá en
qué momento tiene usted que entrar? --inquiere
Vargas.
--Cuando me lo pida el cerebro, Maestro
--responde Benny, pero los
entendidos están de acuerdo en que dio al
mexicano una respuesta
incompleta. Debió haber dicho el cerebro, el
corazón, el sentimiento...
hasta la última partícula de aquel ser
intrínsecamente musical que era
Benny Moré. Contestación truncada aparte, el
caso es que en aquella
ocasión grabaron Obsesión y Perdón y lograron
con estas dos de los
mejores dúos de la música popular.
El escribidor trae a colación esa anécdota con
motivo del homenaje
que, meses atrás, rindió Cuba a Pedro Vargas en
ocasión del
aniversario 25 de su fallecimiento. Se le
recordó en las jornadas de
la XXV edición del Festival Internacional
Boleros de Oro. En presencia
de familiares allegados del artista, venidos
para la ocasión, se dio
su nombre a la suite del Hotel Nacional en la
que se alojaba
generalmente durante sus estancias habaneras, se
exhibieron algunas de
sus películas y un busto del cantante quedó
emplazado en la Avenida
del Puerto, muy cerca de la estatua que recuerda
al compositor Agustín
Lara, su gran amigo.
Un
mexicano casi nuestro
Vargas fue una especie de puente musical entre
Cuba y México. A partir
de 1940 visitó la Isla por lo menos una vez al
año. Por eso Cristóbal
Díaz Ayala, musicógrafo cubano radicado en
Puerto Rico, lo define como
“casi nuestro”. Siempre que se disponía a venir,
pedía a Lara y a
otros compositores importantes que le entregasen
sus últimas
producciones para estrenarlas en Cuba, e igual
pedido hacía a
creadores cubanos al regresar a México. En 1946,
el compositor cubano
Bobby Collazo, autor, entre otras melodías, de
Tenía que ser así y
Vivir de los recuerdos, está en México y se
dispone a viajar a Santo
Domingo. Vargas le pide una canción y Collazo se
la escribe a la
carrera. Cuando Collazo llega a su destino ya La
última noche es un
éxito. Otro cubano, Fernando Mulens, compositor
de esos boleros
emblemáticos que son Qué te pedí y De corazón a
corazón, fue su
pianista acompañante durante años.
Cuba, en los años 30 del siglo pasado, fue
invadida por el tango.
Conocerá a lo largo de la década siguiente la
irrupción de la música
mexicana. La encabeza Jorge Negrete, muy famoso
gracias al cine y que
visita la Isla en dos ocasiones. Le siguen y
gozan de amplio arraigo
Tito Guizar, Pepe Guizar y sus Caporales, Pedro
Infante, Chucho
Martínez Gil, Los Cuate Castilla, Toña la Negra,
Amalia Mendoza y
Miguel Aceves Mejía, entre otros muchos. Los
Pancho, que generaron una
legión enorme de imitadores, contaban, aún en
los 70, con un programa
fijo en la radio nacional y cualquier cubano
podía repetir sin la
menor vacilación Noche de ronda, de Agustín
Lara, y tararear aquello
del propio compositor de “en tus ojeras se ven
las palmeras /
borrachas de sol”. Antes había estado en La
Habana José Mojica. Vino
por primera vez en 1931 y volvió al menos tres
veces en los años 50.
También
del otro lado
Pero si hubo una presencia en Cuba de la música
mexicana, la cubana se
hizo sentir del otro lado del golfo. El ya
aludido Díaz Ayala analiza
el fenómeno en su libro Cuando salí de La Habana
(Puerto Rico, 2001).
El cine mexicano cobró importancia a partir de
la cinta El rancho
grande (1936). Explotaba el paisaje y la música
del bello país. La
producción cinematográfica azteca se incrementó
y extendió su fama por
todo el continente; incluía cantidades generosas
de música en cada
película. Filmes que abordaban en su mayoría el
tema rural y se valían
de rancheras y corridos. La cosa se complica
cuando la temática se
amplía al tema urbano y se da entrada al bolero.
En los años 40 se
producen en México casi mil películas. Los
compositores del patio eran
prolíferos, pero no daban abasto, más cuando
aparte de boleros debían
crear guarachas y rumbas necesarias en cintas
que, en su mayoría, se
ambientaban en cabarets.
Cuba, escribe Díaz Ayala, acudió a llenar el
vacío. El cine y la
escena mexicana se desbordaron con rumberas
cubanas como María
Antonieta Pons, Ninón Sevilla, Lina Salomé, Olga
Chaviano, Rosa
Carmina, Amalia Aguilar, las Dolly Sisters y
muchas más. Para ellas, y
también para la rumbera mexicana Meche Barba y
Tongolele, de origen
tahitiano, se necesitaba la percusión que
aportaron los cubanos.
Intérpretes mexicanos como Juan Arvizu y Toña la
Negra grabaron discos
con el respaldo de orquestas cubanas. También lo
hizo Pedro Vargas,
que utilizó agrupaciones como Casino de la
Playa, Riverside y
Cosmopolita para realizar sus discos con la
Víctor.
Un artista cubano o de paso por Cuba no se
sentía enteramente
consagrado si no se hacía fotografiar por Armand
--Armando Hernández
López-- el más famoso retratista cubano de los
años 40 y 50 del siglo
pasado, conocido como El fotógrafo de las estrellas.
Pedro Vargas, en
una de sus estancias habaneras, no resistió la
tentación y visitó al
artista del lente en su estudio de Línea entre H
e I, en el Vedado.
Capricho
cubano
Las presentaciones iniciales de Vargas en La
Habana deben haber tenido
lugar en el viejo Teatro
Neptuno, de Heliodoro García, donde también
actuó Agustín Lara. Supone
el escribidor que actuó en la capital cubana por
última vez en marzo
de 1959, en el cabaret del hotel Capri.
Presentaba ese centro nocturno
la producción Capricho cubano, con las
actuaciones de la
puertorriqueña Lucy Fabery y los cubanos
Fernando Álvarez y Raquel
Bardisa, y la presencia de Vargas, durante dos
semanas, propició allí
un lleno completo.
Entre una presentación y otra, actuó muchas
veces en el Teatro
América. Pedro Urbezo, historiador del coliseo
de la calle Galiano, en
su libro El teatro América y su entorno mágico
(2011) recoge
puntualmente las presentaciones del mexicano.
El América se inauguró el 29 de marzo de 1941.
Poco después, en la
semana del 22 de septiembre, el primer
espectáculo o variedad musical
que acogió ese teatro estuvo a cargo del famoso
tenor, acompañado por
el pianista Pepe Agüero y la orquesta de Alfredo
Brito. Hizo, de lunes
a sábado, dos apariciones diarias: una a las
5:30 de la tarde y la
otra a las 9:30 de la noche, y el domingo,
además de esas
presentaciones habituales, otra a las dos de la
tarde.
Tanto éxito tuvo, dice Urbezo, que pese a sus
compromisos con
radioemisoras cubanas volvió al escenario del
América para una función
especial, el 3 de octubre de ese año.
Vargas hace una nueva presentación el 23 de
enero de 1942, otra vez
acompañado por el pianista Pepe Agüero y la
orquesta de Alfredo Brito.
Escribe Urbezo: “Los asiduos al América daban
muestras de admiración y
cariño al tenor mexicano con repetidos aplausos”.
En 1945 llega Pedro Vargas de nuevo a Cuba. Está
de paso. Pero no
quiere dejar de hacerse presente en el
espectáculo de variedades que
artistas de la CMQ presentan, durante una
semana, en el América.
Participa en las jornadas del sábado y el
domingo. Ese día, en la
función de la noche, se despide del público
habanero que, de pie, lo
aplaude a rabiar. La ovación emociona al artista
que, con voz
entrecortada, expresa su habitual “muy
agradecido, muy agradecido, muy
agradecido”, promete volver en cuanto sus
compromisos se lo permitan.
Vuelve realmente. No podía dejar de cumplir su
promesa. Lo hace en la
semana del 21 al 27 de enero de 1946. Lo
acompañan en la escena
Ignacio Villa (Bola de Nieve), Fernando Mulens y
la orquesta
Cosmopolita.
Tiene compromisos ineludibles con el Circuito
CMQ y sale de la
cartelera para ser sustituido por Libertad
Lamarque. La Novia de
América se despide de su público en la función
de las 9:30 de la noche
del domingo 3 de febrero, luego de haber
provocado llenos completos en
el teatro. En la semana del 4 al 7 regresa Pedro
Vargas. Lo acompaña
el cubano René Cabel y hace con él un dúo
ocasional que, escribe
Urbezo en su libro aludido, “arrancó
exclamaciones de entusiasmo y
admiración”. Añade: “Retemblaron las paredes del
moderno coliseo con
los gritos de entusiasmo y los atronadores
aplausos. ¿Estaría
escuchando Enrique Claudín, el Fantasma, desde
los sótanos del
teatro?”.
Prosigue Pedro Urbezo:
“Y, para cerrar aquel ciclo memorable, la siguiente
semana, del 11 al
17, cantó Pedro Vargas con otra grande de la
escena que por primera
vez actuaba en el América: la actriz y
cancionera cubana Rita
Montaner. Intervinieron en el show, además, René
de Montemar, Fernando
Mulens y la orquesta Cosmopolita con la
animación de Rolando Ochoa”.
Su chorro
de voz inagotable
Pedro Vargas amó mucho a La Habana. Dejó, con su
presencia y sus
canciones, un buen recuerdo en la Isla, en los
que tuvieron el
privilegio de escucharlo en vivo, en los que lo
conocieron.
Rosa Fornés, que durante siete años consecutivos
fue la primera
vedette de México y que dejó de serlo solo
cuando la prensa mexicana
la proclamó como la primera vedette de América,
compartió con Vargas
el escenario del teatro Tívoli, de la Ciudad de
México. Hoy, en su
residencia habanera, la Fornés vive rodeada de
sus recuerdos mexicanos
y conserva en uno de sus salones las fotos de
mucha de la gente a la
que quiso, entre ellas Cantinflas, que tanto y
tan en vano la
pretendió, Jorge Negrete, Pedro Infante y, por
supuesto, Pedro Vargas,
fijo aún en la mente de la estrella con “su
chorro de voz inagotable”.
Ciro Bianchi Ross
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