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sabato 15 giugno 2013

Cuba e il turismo (1)

Prima del 1959, il turismo verso Cuba era monopolio degli statunitensi che vi si recavano, maggiormente, per soddisfare i propri vizi: gioco, alcol, sesso. Questi fattori ebbero un grande impulso specialmente con il 2° governo di Fulgencio Batista Zaldívar dopo il colpo di stato del marzo 1952. I suoi legami con le cosche mafiose si fecero sempre più stretti, fino alla sua capitolazione. Era anche logico questo monopolio, dal momento che l’Europa è lontana ed all'epoca non esistevano mezzi di locomozione rapidi ed efficienti che permettessero, come più tardi avvenne, delle visite di media e corta durata.
Negli anni ’60 il termine “turismo” fu completamente dimenticato perché le priorità di un Paese in cambiamento radicale erano ben altre e vi erano anche motivi di sicurezza interna e per eventuali visitatori. Erano attive sacche controrivoluzionarie armate, attentati e sabotaggi erano frequenti, l’opposizione radicata in Florida non aveva rinunciato ai suoi piani, nonostante la sconfitta della Baia dei Porci. Cuba era anche isolata internazionalmente a causa delle pressioni degli Stati Uniti: in America solo Canada e Messico avevano mantenuto qualche relazione e in Europa Occidentale solo la Spagna; fu inevitabile rafforzare i legami col campo socialista. Soltanto nella decade successiva si riaprì l’ingresso ai visitatori “non di affari” o di carattere non strettamente politico, riutilizzando strutture che stavano diventando ormai quasi inutilizzabili per gli anni di abbandono. Non si volle comunque, allora, un turismo indiscriminato, ma un turismo con basi sociopolitiche e culturali, pertanto avveniva già una “selezione” all’origine sconsigliando la meta a chi sognava il classico viaggio di divertimento ai Caraibi.
La “nascita” del turismo moderno a Cuba, almeno per quello che riguarda la parte italiana, in un certo senso trainante per l’Europa, si deve a un gruppetto di compagni comunisti legati all’impresa Interexpo che negli anni della “guerra fredda” si occupava di scambi commerciali con l’allora Unione Sovietica. A Franco Lucchetta e Arnaldo Cambiaghi in particolare, con altri, venne l’idea di creare un flusso turistico verso Cuba attraverso l’Agenzia Italturist, di proprietà della Lega delle Cooperative ed alla metà degli anni ’70 del secolo scorso parteciparono ad un “seminario” nell’Isola indetto dall’INIT che fu l’ente predecessore dell’INTUR e poi MINTUR. A loro, si erano aggiunti, nel frattempo, Alfredo Bassani e Vando Martinelli come settore operativo. La tecnologia aeronautica era ormai data dai motori a reazione e le distanze si riducevano in termini di tempo.
Giunti all’Avana, conobbero gli incaricati di sviluppare il settore turistico, affidato all’Agenzia Cubatur, unico organismo ricettivo e gettarono le basi per iniziare un turismo “selezionato” attraverso Italturist e poi con la consociata Unità Vacanze.
I primi viaggi furono quasi rocamboleschi, dal momento che Cuba era una meta molto “seguita” dai servizi di sicurezza italiani e “alleati”. Le partenze avvenivano da Milano con “destinazione” Praga. In qualche caso, per motivi di operatività aerea si dovette raggiungere la capitale ceca in treno. Fortunatamente questo periodo di “discrezione” non durò molto, era ridicolo veder sbarcare a Malpensa dei turisti provenienti dall’Europa centro settentrionale con cappelli di paglia, sigari e vistose abbronzature. In seguito si aprirono altre vie come Berlino Est e Madrid. I voli via Paesi socialisti erano costretti, oltre al cambio di aereo nelle rispettive capitali, ad uno scalo tecnico in Canada (Montreal o Gander, nell’isola di Terranova), si effettuavano con aerei del tipo TU134, apparecchi di evidente derivazione militare, nella tratta europea e IL62 in quella transatlantica. La poca autonomia degli IL62 li costringeva, in caso di forti venti contrari, ad effettuare uno scalo tecnico anche a Shannon (Irlanda) prima di affrontare la traversata atlantica. La via più “comoda” era ovviamente da Madrid che si raggiungeva con un Boeing 727 di Iberia e poi, dapprima con un Mac Donnel Douglas DC8 e successivamente DC10 della stessa compagnia che non aveva mai cessato di volare a Cuba nonostante il regime franchista. A questo proposito, alle pressioni degli USA perché sospendesse i voli, Franco rispose che “Cuba era un’affare di famiglia”. Non erano comunque viaggi confortevoli, le coincidenze non erano quasi immediate come oggi, per esempio da Milano si partiva il mattino e si doveva attendere a Madrid fino a notte fonda per proseguire verso l’Avana. Fortunatamente per gli italiani non era un problema uscire e rientrare dall’aeroporto e passare la giornata e parte della serata in città. In questi primi anni, tutti i partecipanti a viaggi a Cuba erano fotografati da camere occulte in aeroporto e schedati dalla DIGOS. La maggior parte di questi primi turisti era, naturalmente, di matrice se non comunista almeno di sinistra, però non proprio tutti, c’era chi era comunque curioso di conoscere un Paese così “isolato” dal resto del mondo. Le cifre erano irrisorie, i primi anni si parlava di 1500/2000 partenze l’anno. Per un accordo sottoscritto fra i partiti comunisti dei due Paesi, gli italiani potevano entrare a Cuba per 90 giorni senza necessità di visto per ragioni turistiche. Non c’era però reciprocità da parte de Governo italiano che richiedeva il visto per l’ingresso dei cubani in Italia.
All’epoca gli stranieri in giro per Cuba erano per la stragrande maggioranza cittadini dei paesi del COMECON, perlopiù sovietici e i pochi italiani che circolavano per le strade venivano avvicinati dai cubani con un approccio tipo: “tovarich, tu soviet?” L’unico turismo di un certo rilievo economico e di presenze era quello canadese, ma era diretto alle spiagge. Non facevano turismo “culturale” nelle città.
Non esistevano strutture per il “turismo individuale” che non veniva accettato, ma si doveva arrivare in gruppi precostituiti e con un itinerario prestabilito. Il servizio era di pensione completa e tutte le visite erano incluse nel “pacchetto”, compreso il celeberrimo cabaret Tropicana. Naturalmente, una volta giunti al luogo di destinazione, nel tempo libero, si aveva la possibilità di girare per conto proprio, ma...l’offerta di servizi o beni non era proprio allettante o soddisfacente la domanda...(continua)

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