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domenica 24 aprile 2016

Un vice presidente degli U.S.A. ha giurato a Limonar, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 24/4/16

Il senatore James Buchanan che con l’andare del tempo (1857) risulterà eletto presidente degli Stati Uniti, scriveva alla sua amica Cornelia Roosvelt, in occasione dell’assenza del suo amico, il pure senatore e più tardi vice presidente della nazione, William Rufus King, ciò che segue: “Adesso sono solo, solitario, perché non ho compagnia in casa con me. Ho corteggiato diversi cavalieri, ma non ho avuto successo con nessuno di loro. Sento che per un uomo non è belloe essere solo e non mi stupirei di trovarmi sposato, un gioeno, con una zitellona che mi curi quando sono malato, mi faccia dei buoni cibi quando sto bene e che non si aspetti da me nessuna affetto ardente e romantico”.
Gli storici nordamericani consumarono molte pagine nell’analisi della relazione fra questi due ambiziosi uomini politici che nel 1844 decisero di candidarsi come presidente e vice presidente del Paese, cosa che gli impedì il Partito Democratico, al quale appartenevano entrambi. Anche se alcuni esperti dicevano che non c’era niente di strano, all’epoca che due uomini condividessero lo stesso letto e che i termini affettivi che potevano usare nella corrispondenza trasmessa tra di loro, non significava nessun indizio romantico e catalogarono Buchanan e Rufus come “asessuati e scapoloni”, l’amicizia tra i due  suscitò la curiosità dei loro compagni al Congresso che finirono per definirli “ la signorina Nancy” e la “zia Nancy”, eufemismi usati allora per indicare che un uomo era effemminato. A Buchanan e Rufus che vennero a sapere di questi commenti, non importò mai molto e continuarono la loro vita in comune e il loro lavoro di legislatori. Dal 1834 fino a che Rufus fu nominato ambasciatore in Francia – separazione che motivò la lettera di Buchanan a Cornelia – condiviso lo stesso tetto a Washington e assistevano assieme agli atti in Campidoglio e agli eventi sociali.
Un legislatore diceva che Rufus era la “mezza mela” di Buchanan e un altro si riferiva a loro come ai “gemelli siamesi”, ebbene, stavano sempre assieme. Rufus diceva che questa amicizia era una “comunione”.
Buchanan ebbe una fidanzata con cui ruppe prima di arrivare al matrimonio interessato, sopratutto com’era, alla dote della ragazza. A Rufus non si conobbe nessuna relazione con donne. Alla morte di entrambi – Rufus morì nel 1853 e Buchanan nel 1868 – le rispettive famiglie distrussero  la corrispondenza fra di loro. Le lettere che si salvarono, senza dubbio lasciarono molti argomenti interessanti.

Il vice che non fu

Non è interesse dello scriba e lo esprime, a qualsiasi intimità, come usava dire un noto avvocato, prima del 1959 mentre si appoggiava con entrambe le mani al suo bastone, abbondare nell’orientamento sessuale di William Rufus King. Vuole, sì, sottolineare un fatto inedito nella storia degli Stati Uniti. Rufus, tredicesimo vice presidente di questo Paese – con Franklin Pierce come presidente -, giurò per il suo alto incarico nella casa di abitazione dello zuccherificio Adriadna, a Limonar in provincia di Matanzas. Si avvicinava la date del giuramento e collaboratori e amici si convinsero che il soggetto che cercava di recuperarsi a Cuba, non sarebbe arrivato a Washington. Stava tanto male di salute che per la cerimonia si dovette mantenerlo in piedi sostenendolo per le due braccia.
Pass diversi giorni in più nella zona e giunse a casa sua il 17 aprile del 1853. Morì il giorno dopo, nella sua fattoria nella contea di Dallas, in Alabama. Si mantenne in carica solo un mese. Non poté disimpegnare nessun incarico inerente alla sua alta investitura.
Fu lo storico matanzero Raúl Ruíz già deceduto, a portare alla luce, anni fa, questa storia dimenticata, pagine che compilò in un libro quasi introvabile, Aguas de la ciudad.,
Alla fine della decade del 1940 o all’inizio del 1950, la Alabama Historial Society, volle perpetuare il fatto con la collocazione di una targa in una delle colonne vicine all’entrata principale del Palazzo Municipale matanzero: targa non conosciuta dallo scriba.
Nonostante i suoi compagni  di emiciclo si burlavano di un uomo melenso e stravagante che usava coprirsi con parrucche impolverate che ai suoi tempi erano già fuori moda Rufus fu, si dice, un legislatore capace e un oratore impressionante. Alla sua morte, Buchanan lo definì “tra i migliori, più puri e più consistenti uomini pubblici che abbia conosciuto”, ma l’apprezzamento veniva da molto vicino.
In ogni modo la sua carriera politica fu folgorante. Discendente di irlandesi e di ugonotti francesi, William Rufus King nacque nella contea di Sampson, Carolina del Nord, il 7 aprile 1786. La sua era una famiglia grande, benestante e con molti buoni contatti. Fece gli studi universitari e nel 1806 fu eletto deputato alla rappresentanza del suo Stato di nascita. Disimpegnò in tre occasioni l’atto di Rappresentante alla Camera a Washington e partecipò come delegato alla convenzione organizzata dal Governo dello Stato dell’Alabama. Nel 1819, nel riconoscere questo territorio come il ventiduesimo Stato dell’Unione, fu eletto al Senato, camera dove giunse a presiedere la commissione per le Relazioni Esterne.
Alla morte del presidente Zachary Taylor, il vice Millar Filmore occupò la prima magistratura, per cui la vice presidenza rimase vacante. William Rufus King, già vice presidente del Senato, fu posto, come previsto dalla Costituzione, nella prima linea di successione presidenziale.
I suoi contemporanei lo consideravano moderato in temi come la schiavitù, separazione tra il nord e il sud ed espansione verso l’Ovest. Siccome lui e la sua famiglia erano proprietari di grandi piantagioni di cotone e di circa 500 schiavi, si dice che era un difensore della schiavitù.
Il suo maggior successo fu l’elezione, per il Partito Democratico, alla vice presidenza degli Stati Uniti.

Un uomo ammalato

In quel momento era già un uomo molto ammalato. Minato dalla tubercolosi, i medici gli raccomandarono di andare a Cuba in cerca di un possibile ristabilimento della salute. Fece il viaggio subito dopo la sua elezione.
All’inizio del suo soggiorno nell’Isola, alloggiò nella residenza di William Scott Jencks Updicke, proprietario di uno zuccherificio e suo amico personale. Una magnifica magione di due piani ubicata a la Cumbre, attuale reparto Versalles, vicino alla baia matanzera. Era una zona raccomandata dai medici e lì Rufus rimase, dice l’investigatore Raúl Ruíz, per un periodo di due settimane, fino a che le moleste perturbazioni del nord con pioggia e freddo, raccomandarono il suo trasferimento in altro luogo.
Coi due nipoti che lo accompagnavano e i collaboratori, allora si trasferì allo zuccherificio Ariadna, nella zona di Limonar, bel lontano dalla costa e con un clima eccellente, proprietà di JuanChartrand-Dubois, padre di Esteban e Felipe, gli eccellenti paesaggisti. Era la stessa fabbrica di zucchero dove, nel 1851, si era installata la svedese Fredrika Bremer, occasione in cui aprofittò di scfrivere buona parte del suo libro Cartas desde Cuba che lei stessa illustrò.
Rufus, nello zuccherificio Ariadna, vide lo stesso panorama che precedentemente aveva apprezzato la svedese e che lo scriba rivive grazie a lei. Una grande ceiba in pieno vigore e magnificenza. I margini delle strade bordeggiati, alcune da palme, altre da manghi. I frutteti. Il ballo dei negri la domenica, quando gli si permetteva una pausa nel duro lavoro. Il baraccone degli schiavi, una specie di muraglia bassa, costruita attorno ai quattro lati di un gran patio, col portone su un lato che si chiudeva la sera. Dentro questa muraglia c;erano le stanze degli schiavi – una stanza per ogni famiglia e nel centro del patio, la cucina e il lavandino. – Felipe era sui 25 anni e Esteban che giunse ad essere il più famoso dei due sui 20. La signora della casa, la moglie di Chartrand-Dubois, aveva doti musicali e una voce che ara un vero piacere ascoltare. Dimostrava un carattere tranquillo e dolce, come attivo e vivace era quello del marito, un francese oriundo di Santo Domingo che fece la sua ricchezza grazie alla fortuna, era vivace, ciarliero e cortese, possedeva grande acume e sagacia.

Con l’Approvazione del Congresso

Gli investigatori non si mettono d’accordo nel fissare il luogo esatto dove William Rufus King giurò come vice presidente degli Stati Uniti.
Alcuni insistono a dire che la cerimonia si effettuò a la Cumbre, la residenza di William Updicke, latifondista e interprete della Marina spagnola. Altri su una nave da guerra che Washington inviò a Matanzas per l’occasione. La versione ufficiale assicura che questo giuramento si portò a termine all’Avana. È poco probabile che a questo punto Rufus che era molto malato, in quello stato, si trasferisse alla capitale dell’Isola. D’altra parte il Fulton, una nave della Marina Militare nordamericana che lo portò a Matanzas, fu lo stesso che lo riportò negli Stati Uniti e questa imbarcazione, col suo illustre passeggero a bordo, salpò dall’Atene di Cuba.
Rimane quindi l’ipotesi sostenuta da Raúl Ruíz che la cerimonia ebbe luogo nei possedimenti dei Chartrand.
Si avvicinava la data della presa di possesso e Rufus capì che gli risultava impossibile fare il viaggio. I suoi correligionari e amici iniziarono allora le pratiche per ottenere l’autorizzazione, al fine che il giuramento si effettuasse a Cuba.
La petizione contò dell’approvazione del Congresso. In virtù della decisione, William Sharley, console degli Stati Uniti all’Avana, si sarebbe presentato a Matanzas e avrebbe preso il giuramento di Rufus nello zuccherificio Adriadna. Giunto il momento, si dovette sostenerlo per le braccia per compiere le formalità.
Conclusa la cerimonia, Rufus King conversò coi presenti e si ritirò in una stanza. Dodici giorni dopo, partiva di ritorno agli Stati Uniti. Nel porto di Mobile, una moltitudine aspettava il passeggero che dopo una breve sosta in luogo, rimontò il fiume Alabama fino alla sua tenuta, di Dallas, dove morì.

La legislatura territoriale dell’Oregon creò la contea di King a suo nome. Molti anni dopo, le autorità di questa località emendarono la designazione e il suo logotipo per onorare la memoria di Martin Luther King, l’eroe afroamericano che lottò contro la discriminazione razziale.



Un Vicepresidente de EE.UU. juró en Limonar

Ciro Bianchi Rossdigital@juventudrebelde.cu
23 de Abril del 2016 20:44:44 CDT

El senador James Buchanan que andando el tiempo (1857) resultaría electo presidente de los Estados Unidos, escribía a su amiga Cornelia Roosevelt, con motivo de la ausencia de su amigo, el también senador y más tarde vicepresidente de la nación, William Rufus King, lo
siguiente: «Ahora estoy solo y solitario porque no tengo compañía en la casa conmigo. He cortejado a varios caballeros pero no he tenido éxito con ninguno de ellos. Siento que no es bueno para un hombre el estar solo, y no me sentiría asombrado de encontrarme un día casado con una solterona que me cuide cuando estoy enfermo, me provea buenas comidas cuando estoy bien y que no espere de mí ningún afecto ardiente y romántico».
Muchas páginas consumieron los historiadores norteamericanos en el análisis de la relación entre esos dos ambiciosos políticos que en 1844 decidieron postularse como presidente y vice del país, lo que les impidió el Partido Demócrata, al que ambos pertenecían. Aunque algunos conocedores plantean que no había nada raro en la época en que dos hombres compartieran la misma cama, que los términos afectivos que podían utilizar en la correspondencia cursada entre ellos no significaba ningún tipo de apego romántico, y catalogan a Buchanan y a Rufus como «asexuales y solterones», la amistad entre ambos despertó la curiosidad de sus compañeros en el Congreso, que terminaron aludiendo a ellos como la «señorita Nancy» y la «tía Nancy», eufemismos empleados entonces para sugerir que un hombre era afeminado. A Buchanan y a Rufus, que llegaron a conocer de esos comentarios, nunca les importó mucho pues prosiguieron su vida en común y su trabajo como legisladores. Desde 1834 hasta que Rufus fue nombrado embajador en Francia —separación que motivó la citada carta de Buchanan a Cornelia—, compartieron en Washington el mismo techo y juntos asistían a las sesiones del Capitolio y a los actos sociales.
Un legislador decía que Rufus era la «media naranja» de Buchanan, y otro se refería a ellos como los «hermanos siameses», pues siempre andaban juntos. Rufus diría que esa amistad era una «comunión».
Buchanan tuvo una novia con la que rompió antes de llegar al matrimonio, interesado como estaba sobre todo, se dice, en la dote de la muchacha. A Rufus no se le conoció ninguna relación con mujeres. A la muerte de ambos —Rufus falleció en 1853, y Buchanan, en 1868— las familias  respectivas destruyeron la correspondencia entre ellos. Las cartas que quedaron, sin embargo, dan mucha tela por donde cortar.

El vice que no fue

No es interés del escribidor, y lo expresa a toda intimidad, como solía decir un abogado notable antes de 1959 mientras se apoyaba con ambas manos en su bastón, abundar en la orientación sexual de William Rufus King. Quiere, sí, destacar un hecho inédito y hasta ahora no repetido en la historia de Estados Unidos. Rufus, décimo tercer vicepresidente de ese país —con Franklin Pierce como primer mandatario—, juró su alto cargo en la casa de vivienda del ingenio azucarero Adriadna, en Limonar, provincia de Matanzas. Se acercaba la fecha del juramento, y amigos y colaboradores se convencieron de que el sujeto, que intentaba recuperarse en Cuba, no llegaría a Washington. Estaba tan mal de salud que, para que pudiera mantenerse en pie durante la ceremonia, hubo que sostenerlo por ambos brazos.
Pasó varios días más en la zona y llegó a su casa el 17 de abril de 1853. Murió al día siguiente, en su hacienda del condado de Dallas, en Alabama. Se mantuvo en el cargo apenas un mes. No pudo desempeñar ninguna de las funciones inherentes a su alta investidura.
Fue el historiador matancero Raúl Ruiz, ya fallecido, quien sacó a relucir años atrás esta historia olvidada, páginas que compiló en un libro ya casi inencontrable, Aguas de la ciudad. A fines de la década de 1940 o a comienzos de la de 1950, la Alabama Historial Society quiso perpetuar el hecho con la colocación de una tarja en una de las columnas cercanas a la entrada del Palacio Municipal matancero; tarja de la que desconoce el escribidor.
Aunque sus compañeros de hemiciclo se burlaban de un hombre melindroso y cursi, que solía cubrirse con pelucas empolvadas que en su tiempo estaban ya fuera de moda, Rufus fue, se dice, un legislador capaz y un orador impresionante. A su muerte, Buchanan lo ubicó «entre los mejores, más puros y más consistentes hombres públicos que he conocido», pero la recomendación venía desde muy cerca.
De cualquier manera su carrera política fue meteórica. Descendiente de irlandeses y de hugonotes franceses, William Rufus King nació en el condado de Sampson, Carolina del Norte, el 7 de abril de 1786. Era la suya una familia extensa, acaudalada y con muy buenas conexiones. Hizo estudios universitarios y en 1806 fue electo diputado a la legislatura de su estado natal. Desempeñó en tres ocasiones un acta de Representante a la Cámara en Washington y participó como delegado en la convención organizada por el Gobierno del estado de Alabama. En 1819, al reconocerse ese territorio como el vigésimo segundo estado de la Unión, fue electo al Senado, cámara donde llegó a presidir la comisión de Relaciones Exteriores.
A la muerte del presidente Zachary Taylor, el vice Millar Fillmore ocupó la primera magistratura, con lo que la vicepresidencia quedó vacante. William Rufus King, ya presidente del Senado, se colocó, como estipulaba entonces la Constitución, en la primera línea de la sucesión presidencial.
Sus contemporáneos lo consideraron moderado en temas como esclavitud, separación entre el norte y el sur, expansión  hacia el Oeste. Como él y su familia eran propietarios de grandes plantaciones de algodón y de unos 500 esclavos, se dice que era un defensor de la esclavitud.
Su mayor éxito fue su elección en 1852, por el Partido Demócrata, a la vicepresidencia de Estados Unidos.

Un hombre enfermo

A esas alturas era ya un hombre muy enfermo. Minado por la tuberculosis, los médicos le recomendaron que viajara a Cuba en busca del posible restablecimiento de la salud. Hizo el viaje inmediatamente después de su elección.
Se alojó, al comienzo de su estancia en la Isla, en la residencia de William Scott Jencks Updike, propietario de un ingenio azucarero y su amigo personal. Una magnífica mansión de dos plantas ubicada en la Cumbre, actual reparto Versalles, junto a la bahía matancera. Era una zona recomendada por los médicos y allí Rufus permaneció, dice el investigador Raúl Ruiz, por espacio de dos semanas hasta que los molestos nortes, con lluvia y frío, recomendaron su traslado a otro sitio.
Con los dos sobrinos que lo acompañaban y colaboradores se trasladó entonces al ingenio Adriadna, en la zona de Limonar, bien alejado de la costa y con un clima excelente, propiedad de Juan Chartrand-Dubois, padre de Esteban y Felipe, los excelentes paisajistas. Era la misma fábrica de azúcar donde, en 1851, se había instalado la sueca Fredrika Bremer, ocasión que aprovechó para escribir buena parte de su libro Cartas desde Cuba, que ella misma ilustró.
Rufus, en el ingenio Adriadna, ve el mismo paisaje que antes apreció la sueca y que el escribidor revive gracias a ella. Una gran ceiba en pleno vigor y magnificencia. Las guardarrayas bordeadas, unas de palmas y otras, de mangos. Los frutales. El baile de los negros los domingos, cuando se les permite un alto en el duro trabajo. El barracón de los esclavos, una especie de muralla baja, construida en torno a los cuatro lados de un gran patio, con un portón por un lado, que se cierra por la noche. Dentro de esa muralla están las viviendas de los esclavos —una habitación para cada familia, y en el centro del patio, la cocina y el lavadero. Felipe anda por los 25 años, y Esteban, que llegaría a ser el más famoso de los dos, por los 20. La señora de la casa, la esposa de Chartrand-Dubois, tiene dotes musicales y una voz que es verdaderamente un placer escuchar. Da muestras de un carácter tan tranquilo y suave, como activo y vivaz es el del marido, un francés oriundo de Santo Domingo que hizo su fortuna gracias a la suerte, y es vivo, charlatán y cortés, y posee gran agudeza y sagacidad.

Con la aprobación del congreso

No se ponen de acuerdo los investigadores al fijar el lugar exacto donde William Rufus King juró como vicepresidente de los Estados Unidos.
Algunos insisten en que la ceremonia se efectuó en la Cumbre, la residencia de William Updike, hacendado e intérprete de la Marina española. Otros, en un barco de guerra que Washington envió a Matanzas para la ocasión. La versión oficial asegura que ese juramento se llevó a cabo en La Habana. Es poco probable porque a esas alturas Rufus se encontraba muy enfermo y en ese estado no se trasladaría a la capital de la Isla. Por otra parte, el Fulton, un buque de la Marina de Guerra norteamericana, que lo llevó a Matanzas, fue el mismo que lo regresó a Estados Unidos, y esa embarcación, con su ilustre pasajero a bordo, zarpó de la bahía de la Atenas de Cuba.
Queda entonces la hipótesis sostenida por Raúl Ruiz, de que la ceremonia del juramento tuvo lugar en el predio de los Chartrand.
Se acercaba la fecha de la toma de posesión, y Rufus comprendió que le resultaría imposible hacer el viaje. Sus correligionarios y amigos inician entonces las gestiones para lograr la autorización, a fin de que el juramento se efectuara en Cuba.
La petición contó con la aprobación del Congreso. En virtud de la decisión, William Sharley, cónsul de Estados Unidos en La Habana, se personaría en Matanzas y tomaría juramento a Rufus en el ingenio Adriadna. Llegado el momento, hubo que sostenerlo por los brazos para cumplir con las formalidades.
Concluida la ceremonia, Rufus King conversó con los asistentes y se retiró a una habitación. Doce días después partía de regreso a Estados Unidos. En el puerto de Mobile una multitud aguardaba al viajero que, tras una breve estancia en el lugar, remontó el río Alabama hasta su hacienda, en Dallas, donde murió.
La legislatura territorial de Oregón creó el condado King en su nombre. Muchos años después, las autoridades de esa localidad enmendaron la designación y su logo para honrar la memoria de Martin Luther King, el héroe afroamericano que luchó contra la discriminación racial.

Ciro Bianchi Ross



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