Translate

Il tempo all'Avana

+28
°
C
H: +28°
L: +23°
L'Avana
Lunedì, 24 Maggio
Vedi le previsioni a 7 giorni
Mar Mer Gio Ven Sab Dom
+28° +29° +29° +28° +29° +29°
+24° +24° +24° +24° +24° +24°

martedì 3 maggio 2016

Piazza della Cattedrale, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 1°/5/16


Tre domeniche fa abbiamo fatto, in questa pagina, una rapida visita alla Plaza de San Francísco per poi passare a quella de Armas e per ultima alla cosiddetta Plaza Vieja. Allora si era detto che per ragioni di spazio, la Plaza de la Catedral sarebbe stata rimandata ad altra occasione. Quello che faremo adesso.
Ai suoi inizi si chiamò Plaza de la Cienaga (Palude, n.d.t.). Passò il tempo. L’Isola si divise in due diocesi e il vescovo José de Tres Palacios che reggeva la parte occidentale, ricostruì coi suoi soldi e con quelli dei suoi fedeli, la Santa Casa Lauretana, edificata dall’ordine gesuita, già espulsa dai domini spagnoli e la trasformò nella Santa Iglesia Catedral. Allo stesso tempo, il collegio che avevano costruito i gesuiti si ampliò per convertirsi in quello che doveva essere il famoso seminario di San Carlos y San Ambrosio.
Con l’apertura del nuovo tempio, il carattere e l’aspetto della piazza cambiarono. Nella zona esistevano già case di bello stile, ma a partire da allora si trasformarono tutte in magioni signorili di figure che ostentavano titoli di Castiglia e lo spazio cessò di essere conosciuto col suo vecchio nome dispregiativo, per cominciare ad essere la Plaza de la Catedral.
“L’antico pantano utilizzato come mercato e recinto del bestiame che fu sito di riunioni di pescatori, scrive lo storico Emilio Roig, si convertì in uno dei posti più eleganti della capitale, scenario di feste fastuose e cerimonie che cominciò a disputare la supremazia de la Plaza de Armas”.
Oggi continua ad essere la parte più bella e armoniosa della capitale. “La zona del primo incantesimo avanero”, la chiamò il grande scrittore cubano José Lezama Lima. E Alejo Carpentier, altro avanero irriducibile pur essendo nato a Losanna, in Svizzera, affermava che la facciata della Cattedrale era nientemeno che “musica trasformata in pietra”.

Recinto per muli e immondezzaio

Quella che sarebbe stata la Plaza de la Catedral prima fu, come si rileva dal suo nome originario, un posto pantanoso, malsano. Lì nel 1857, il governatore Gabriel de Luján, aprofittando delle sorgenti che sgorgavano in quel posto, fece costruire un contenitore o cisterna che manteneva sempre una quantità d’acqua sufficiente per rifornire le imbarcazioni in porto e la popolazione della città. Il flusso abbondante di queste sorgenti si  mantenne per lunghi anni, tanto che ancora nel secolo XIX, riforniva una installazione che col nome di “Bagni della Cattedrale” si installò all’angolo del Callejon del Chorro, dove apre le sue porte la galleria Víctor Manuel.
L’atto del Cabildo (antenato coloniale del municipio, n.d.t.) dell’Avana corrispondente al 23 agosto del 1577 rende conto che la palude impedisce il passaggio degli abitanti che vivono “all’altro lato della città, verso la vecchia fortezza” e li ostacola ad assistere alla messa. Da qui il Cabildo raccomanda la costruzione di un ponte e chiede che il fatto si comunichi ai pergiudicati e con loro si veda “le giornate che potrebbero dare per fare un ponte come si conviene”.
Nalla stessa data in cui si costruiva la cisterna, il governatore Luján incitava gli abitanti a costruire le loro case nell’area. Si erano già edificate alcune belle case e se ne costruivano altre per cui, affermava il  governatore, “questo luogo si va nobilitando”.
La terra si asciugava poco a poco e già nel 1623 si parlava della piazzetta della Palude. Nel 1625 il Cabildo proibiva negoziare parcelle nel centro dello spazio, “al fine che da ora in poi serva da piazza e da ornamento di quel quartiere e non si spiani né si conceda per edificio a nessuna persona”. E una Bolla Reale riaffermava, nel 1632, “che non si venda né si ceda per mercede, ma che si conservi per la città nello stato originale in cui si trova”.
Gli abitanti che si sentivano pregiudicati dalla misura protestarono.Uno di loro, a cui si negò il terreno per edificare la sua casa si lamentava, nel 1636, dello stato deplorevole dal quale la località non ne usciva, diceva, recinto di muli e immondezzaio con acqua che imputridiva; Il  danneggiato aggiungeva che si trattava di un’area molto brutta in una città che si stava abbellendo e costruendo begli edifici.
Una piazzetta deserta che causa solo inconvenienti e che si manteneva sopratutto per ricoverare il bestiame destinato al mattatoio.
Già dal 1597 la Zanja Real  sboccava nel cosiddetto Callejón del Chorro.
Sul posto c’è lapide che ricorda il fatto.

Pericolo di crollo

Nel secolo XVII, la futura Plaza de la Catedral era un luogo poco considerato dagli avaneri. La situazione cambiò col tempo. Già nel 1704 il Procuratore Generale della città si opponeva al proposito dei gesuiti di costruire lì la loro chiesa. Il Procuratore asseriva che non aveva un’altra piazza per lo svago degli abitanti, l’esercito aveva alienato al pubblico la Plaza de Armas. Quella della Ciénaga, in cambio, serviva per feste, esercitazioni e sfilate militari e poteva essere utilizzata anche come mercato. Aggiungeva che la città disponeva di poche marine e in quella della Ciénaga si poteva prestare un grande servizio alla Flotta in quanto a cucire vele, torcere cordami e immagazzinare l’acqua necessaria.
Siccome già allora la legge si rispettava, ma non si compiva, ci fu chi fece orecchie da mercante alla disposizione del Re, agli accordi del Cabildo e commerciò terreni che non pregiudicavano il tracciato della piazza. Il vescovo Compostela acquistò per 10.000 pesos la parcella dove si eleverà la missione e il collegio dei padri gesuiti che è lo stesso spazio che col tempo occuperà la Cattedrale. Sarebbe, da principio, un umile oratorio di travi e tetto di foglie, molto simile alle capanne dei pescatori erette in luogo. Muore Compostela, suo protettore e la Compagnia di Gesù convertirà la cappella in un edificio ampio che potesse ospitare la chiesa, il convento e il collegio. Il Procuratore tornò a occuparsene. Ai suoi vecchi argomenti aggiungeva, forse a ragione che la zona era conveniente e magari imprescindibile per la difesa dell’Avana.
I gesuiti vinsero la partita e nel 1748 conseguirono, non senza altri ostacoli, di collocare la prima pietra del loro edificio che avrebbero messo sotto la protezione di Nostra Signora di Loreto. Quasi 20 anni dopo terminarono la costruzione del collegio, non la chiesa né il convento, ma Carlos III li espulse dai loro domini.
Nel 1772 la Chiesa Parrocchiale Maggiore, situata di fronte alla Plaza de Armas –occupava parte di quello che sarà il Palazzo dei Capitani Generali, oggi Museo della Città-, presentava pericolo di crollo. Si determinò il suo trasloco per l’oratorio di San Felipe Neri, nella calle Aguiar e il 9 dicembre del 1977 i trasferì solennemente nell’edificio costruito dai gesuiti. Come si è già detto, il vescovo Tres Palacios gli fece modifiche per adeguarlo a Santa Chiesa Cattedrale, dedicata alla Santissima Concezione, mentre il collegio dei gesuiti fu ampliato e convertito nel Seminario di San Carlos y San Ambrosio.

Ritorno alla piazza

Quando lo scriba cominciò a percorrere l’Avana Vecchia, verso il 1963, l’Ufficio dello Storico dell’Avana era installato nel Palazzo di Lombillo. Si trova all’angolo di Empedrado, alla sinistra uscendo dalla Cattedrale. Ha due facciate e nonostante essere molto bella, la meno importante è quella che guarda alla Plaza. Si tratta di un edificio che esisteva già nel 1739. Appartenne originariamente alla famiglia Pedroso e poi a quella dei Lombillo, sposato con una Pedroso.
Già nella Repubblica, fu acquistato da un avvocato e politico, Ricardo Dolz; risiedeva in quell’edificio con la sua famiglia e lì aveva il suo studio.
Nel 1932, quando per vendicare il suo amico e correligionario Clemenete Vázquez Bello, morto in un attentato, il dittatore Gerardo Machado ordinò di assassinare varie figure dell’opposizione, Dolz che era anche lui nella lista, salvò miracolosamente la vita perché, avvisato in tempo, riuscì a uscire da una porta mentre i sicari entravano da un’altra.
Nel 1937, vi funzionò il Ministero della Difesa Nazionale fino al suo trasferimento a Empedrado e Monserrate, allora lo occuparono diversi uffici del Municipio. Già in questo secolo, lo Storico vi installò un’altra volta il suo Ufficio e oggi è essenzialmente una sala da esposizioni.
Il palazzo del Marchese di Arcos confina con quello di Lombillo. Esisteva già nel 1739. Due anni dopo veniva acquisito da Diego Peñalver y Angulo, Tesoriere dell’Industria Reale.
 Suo figlio Ignacio fu nominato Marchese di Arcos nel 1792 come pagamento ai servigi prestati alla Corona, durante la presa dell’Avana degli inglesi, nel 1762. Si chiamò la Tesoreria quando la occuparono i Peñalver. Poi l’affittarono all’amministrazione delle poste e ricevette il nome di Casa delle Poste.
Fu, a partire dal 1844, sede del Liceo Artistico dell’Avana. Da lì il murale che ricorda grandi figure della cultura cubana e che si apprezza nella calle Mercaderes, perché questa casa ha due fronti, quello che guarda la Cattedrale e quello che guarda alla calle citata che è sempre stata quella principale.
A parere di specialisti, il Palazzo del Marchese di Arcos è il tipo più perfetto di casa coloniale che ci resta. Non c'è niente di più tipicamente avanero che l’atrio e la scala di questo edificio. La scala è quella dei grandi palazzi del Rinascimento. L’impressione che si ha nel salirvi è di grandezza. È la scala di un palazzo.
Al fondo della Plaza, al lato opposto, e di fronte alla Cattedrale, si eleva l’amabile casa dei conti di Casa Bayona. Anch’essa è anteriore alla Cattedrale; data dal 1720. La si considera uno dei nostri palazzi più tipici nell’aspetto esterno, per la simmetria dei suoi interni, per i materiali che si impiegarono per la sua costruzione...”Grande casa di vita all’interno, fatta per godere l’intimità e che offre solo, al passante, un freddo ermetismo. Che distinzione il suo interno! Le stanze sono ampie e accoglienti, i cortili chiusi, ombreggiati, pieni di rumori di fronde e dell’acqua delle fonti. Le gallerie, ridenti; i saloni vastissimi...” dice uno specialista.
Già nel XX secolo fu acquisita dal Collegio degli Scrivani. Poi vi ebbe sede il giornale La Discusión e più tardi gli uffici della distilleria di rum Arechabala. Oggi è il Museo dell’Arte Coloniale.
Il Palazzo del Marchese di Aguas Claras è l’attuale ristorante El Patio, Francisco Filomeno Ponce de León, lo costruì nel XVIII secolo e i suoi discendenti lo vendettero nel 1870 al Conte di Peñalver. In uno degli appartamenti superiori di questo edificio, visse Victor Manuel, iniziatore della pittura moderna a Cuba.
Completa la piazza un’altra stupenda magione, senza portici, molto meno palazzo e molto meno tipica delle sue vicine. In una delle sue pareti c’è la targa commemorativa della costruzione della prima Zanja (Fossato, n.d.t.)
Merita di essere citata per il destino disgraziato di due dei suoi principali abitanti. Nonostante le loro ricchezze e importanza sociale, entrambi finirono in carcere e vi morirono, in differenti periodi del XVIII secolo. Uno per opporsi al governatore Güemes de Horcasitas, Conte di Revillagigedo; l’altro per aver collaborato con l’occupante britannico nel 1762.


Plaza de la Catedral

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
30 de Abril del 2016 21:41:18 CDT

Hace tres domingos hicimos en esta página una rápida visita a la Plaza de San Francisco para pasar después a la de Armas y, por último, a la llamada Plaza Vieja. Consignamos entonces que, por razones de espacio, la Plaza de la Catedral quedaría para otra ocasión. Lo haremos ahora.
Se le llamó en sus comienzos Plaza de la Ciénaga. Pasó el tiempo. La Isla se dividió en dos diócesis, y el obispo José de Tres Palacios, que regía en su parte occidental, reconstruyó con su dinero y con los de su prelacía, la Santa Casa Lauretana, edificada por la orden jesuita, expulsada ya de los dominios españoles, y la transformó en Santa Iglesia Catedral. Al mismo tiempo, el colegio que construyeron los jesuitas se amplió para convertirse en lo que habría de ser el famoso seminario de San Carlos y San Ambrosio.
Con la apertura del nuevo templo cambió el aspecto y el carácter de la plaza. Existían ya en la zona casas de buen estilo, pero a partir de ahí todas se convirtieron en mansiones señoriales de figuras que ostentaban títulos de Castilla, y el espacio dejó de ser conocido por su nombre viejo y despectivo, para empezar a ser la Plaza de la Catedral.
«El antiguo desaguadero utilizado como mercado y corral de ganado que fue sitio de reunión de pescadores, escribe el historiador Emilio Roig, se convirtió en uno de los lugares más elegantes de la capital, escenario de fiestas fastuosas y ceremonias, que comenzó a disputarle la primacía a la Plaza de Armas».
Hoy sigue siendo la parte más bella y armoniosa de la capital. «La zona del primer hechizo habanero», la llamó el gran escritor cubano José Lezama Lima. Y Alejo Carpentier, otro habanero irreductible aunque nació en Lausana, Suiza, afirmaba que la fachada de la Catedral era nada más y nada menos que «música convertida en piedra».

Muladar y basurero

Lo que sería la Plaza de la Catedral fue antes, como se desprende de su nombre original, un sitio anegadizo, un lugar malsano. Allí, en 1587, el gobernador Gabriel de Luján, aprovechando los manantiales que brotaban en ese sitio, hizo construir un aljibe o cisterna que mantenía siempre una cantidad de agua suficiente para abastecer las embarcaciones en puerto y a la población de la villa. El abundante caudal de esos manantiales se mantendría durante largos años, tantos que todavía en el siglo XIX surtía un establecimiento que, con el nombre de «Baños de la Catedral», se instaló en la esquina del Callejón del Chorro, donde abre sus puertas la galería Víctor Manuel.
El acta del Cabildo de La Habana correspondiente a 23 de agosto de 1577 da cuenta de que la ciénaga impide el paso de los vecinos que viven «en la otra banda de la villa, hacia la fortaleza vieja», y les obstaculiza asistir a misa. De ahí que el Cabildo recomiende la construcción de un puente y pide que el asunto se comunique a los perjudicados y se vea con ellos «los jornales que podrán dar para hacer un puente como conviene».
En la misma fecha en que se construía el aljibe, el gobernador Luján instaba a los vecinos a que construyesen sus viviendas en el área. Ya se han edificado algunas buenas casas y se levantan otras con lo que, afirmaba el Gobernador, «este lugar se va ennobleciendo».
La tierra se secaba poco a poco y ya en 1623 se hablaba de la plazuela de la Ciénaga. En 1625 el Cabildo prohibía mercedar solares en el centro del espacio, «a fin de que ahora y para todo el tiempo sirva de plaza y adorno de aquel barrio, y no se labre ni conceda para edificio a ninguna persona». Y una Real Cédula reafirmaba en 1632 «que no se venda ni enajene por vía de la merced, sino que se conserve para la ciudad en el antiguo estado en que se encuentra».
Protestaban los vecinos que se sentían perjudicados por la medida. Uno de ellos, al que se le negó el terreno para levantar su vivienda, se quejaba, en 1636, del deplorable estado del lugar que no pasaba de ser, expresaba, muladar y basurero, con un agua que se pudre e infecta la ciudad. Añadía el perjudicado que se trataba de un área de mucha fealdad en una urbe que se va ilustrando y hermoseando de edificios.
Una plazuela desierta que solo causa perjuicios y que se utilizaba sobre todo para sustentar el ganado destinado al matadero.
Ya desde 1597 la Zanja Real vertía en el llamado Callejón del Chorro.
Hay en el lugar una lápida que conmemora el suceso.

Peligro de derrumbe

En el siglo XVII la futura Plaza de la Catedral era un lugar poco estimado por los habaneros. La situación varió con el tiempo. Ya en 1704 el Procurador General de la ciudad se oponía al propósito de los jesuitas de construir allí su iglesia. Aducía el Procurador que La Habana no contaba con otra plaza para el esparcimiento de los vecinos, pues el Ejército había enajenado al pueblo la de Armas. La de la Ciénaga, en cambio, servía para fiestas, ejercicios y desfiles militares y hasta podía utilizarse como mercado. Añadía que la ciudad disponía de pocas marinas, y en la de la Ciénaga se podía prestar un gran servicio a la Armada en cuanto a coser velas, torcer jarcias y almacenar el agua necesaria.
Como ya entonces la ley se respetaba, pero no se cumplía, hubo quien hizo caso omiso a la disposición del Rey y a los acuerdos del Cabildo y mercedó terrenos que no perjudicaban el trazado de la plaza. El obispo Compostela adquiere por 10 000 pesos la parcela donde se levantaría la misión y el colegio de los padres jesuitas, que es el mismo espacio que con el tiempo ocuparían la Catedral. Sería, de entrada, un humilde oratorio de horcones y techo de guano, muy parecido a las chozas de pescadores erigidas en el lugar. Muere Compostela, su protector, y quiere la Compañía de Jesús convertir la ermita en un edificio amplio que albergase iglesia, convento y colegio. Volvió a oponérsele el Procurador. A sus viejos argumentos añadía quizá con razón que la zona era conveniente y acaso imprescindible para la defensa de La Habana.
Ganaron los jesuitas la partida y en 1748 consiguieron, no sin otros obstáculos, colocar la primera piedra de su edificio, que pondrían bajo la advocación de Nuestra Señora de Loreto. Casi 20 años después terminaron la construcción del colegio, no la iglesia ni el convento, pero Carlos III los expulsó de sus dominios.
En 1772 la Iglesia Parroquial Mayor, situada frente a la Plaza de Armas —ocupaba parte de lo que sería el Palacio de los Capitanes Generales, hoy Museo de la Ciudad—, presentaba peligro de derrumbe. Se determinó su traslado para el oratorio de San Felipe de Neri, en la calle Aguiar, y el 9 de diciembre de 1777 se trasladó solemnemente para el edificio construido por los jesuitas. Como ya se dijo, el obispo Tres Palacios le hizo modificaciones para adecuarlo a la Santa Iglesia Catedral, dedicada a la Santísima Concepción, en tanto que el colegio establecido por los jesuitas fue ampliado y convertido en el Seminario de San Carlos y San Ambrosio.

Vuelta a la plaza

Cuando el escribidor comenzó a recorrer La Habana Vieja, allá por 1963, la Oficina del Historiador de La Habana estaba instalada en el Palacio de Lombillo. Se halla en la esquina de Empedrado, a la izquierda según se sale de la Catedral. Tiene dos fachadas y pese a ser muy bella, la menos importante es la que mira a la Plaza. Se trata de un edificio que existía ya en 1739. Perteneció originalmente a la familia Pedroso y luego a la de Lombillo, casado con una Pedroso.
Ya en la República fue adquirido por el abogado y político Ricardo Dolz; residía en ese inmueble con su familia y tenía allí su bufete.
En 1932, cuando para vengar a su amigo y correligionario Clemente Vázquez Bello, muerto en un atentado, el dictador Gerardo Machado ordenó asesinar a varias figuras de la oposición, Dolz, que estaba también en la lista, salvó la vida milagrosamente porque avisado a tiempo, logró huir por una de las puertas mientras los sicarios entraban por la otra.
En 1937 funcionó allí el Ministerio de Defensa Nacional hasta su traslado a Empedrado y Monserrate, y lo ocuparon entonces diversas dependencias del Ayuntamiento. Ya en este siglo, el Historiador instaló otra vez allí su Oficina y hoy es esencialmente una sala de exposiciones.
El Palacio del Marqués de Arcos colinda con el de Lombillo. Existía ya en 1739. Dos años después era adquirido por Diego Peñalver y Angulo, Tesorero de la Real Hacienda. Su hijo Ignacio fue nombrado Marqués de Arcos en 1792, en pago a los servicios prestados a la Corona cuando la toma de La Habana por los ingleses, en 1762. Se le llamó de la Tesorería cuando la ocuparon los dos Peñalver. Luego la arrendaron a la administración de correos y recibió el nombre de Casa de Correos.
Fue, a partir de 1844, sede del Liceo Artístico Literario de La Habana. De ahí el mural que recuerda a grandes figuras de la cultura cubana y que se aprecia en la calle Mercaderes, porque esta casa tiene dos frentes, el que mira a la Catedral y el que da a la calle mencionada, que siempre se ha tenido como el principal.
En opinión de especialistas, el Palacio del Marqués de Arcos es el tipo más perfecto de casa colonial que nos queda. No hay nada más típicamente habanero que el zaguán y la escalera de este edificio. La escalera es la de los grandes palacios del Renacimiento. La impresión que se recibe al ascenderla es de grandeza. Es la escalera de un palacio.
En el fondo de la Plaza, en el lado opuesto y frente por frente a la Catedral, se alza la amable casona de los condes de Casa Bayona. Es también anterior a la Catedral; data de 1720. Se le considera una de nuestros palacios más típicos por su aspecto exterior, por la simetría de sus interiores, por los materiales que se emplearon en su construcción… «Casona de vida dentro, hecha para gozar de lo íntimo, que solo brinda al transeúnte un frío hermetismo. ¡Qué distinto su interior! Las habitaciones son amplias y acogedoras, los patios cerrados, umbrosos, pleno de rumores de fronda y del agua de las fuentes. Las galerías rientes; los salones, vastísimos…», dice un especialista.
Ya en el siglo XX fue adquirida por el Colegio de Escribanos. Radicó después allí el periódico La Discusión, y más tarde las oficinas de la ronera Arechabala. Hoy es el Museo de Arte Colonial.
El Palacio del Marqués de Aguas Claras es el actual restaurante El Patio. Francisco Filomeno Ponce de León lo construyó en el siglo XVIII y sus descendientes lo vendieron, en 1870, al Conde de Peñalver. En uno de los apartamentos superiores de este edificio vivió Víctor Manuel, iniciador de la pintura moderna en Cuba.
Completa la Plaza otra hermosa mansión, sin portales, mucho menos palacial y mucho menos típica que sus vecinas. En una de sus paredes está la tarja conmemorativa de la construcción de la Zanja primitiva.
Merece mención por el desgraciado destino de dos de sus moradores principales. Pese a sus riquezas e importancia social, ambos fueron a parar a la cárcel y murieron en ella, en diferentes etapas del siglo XVIII. Uno, por oponerse al gobernador Güemes de Horcasitas, Conde de Revillagigedo; el otro por haber colaborado con el ocupante británico en 1762.

Ciro Bianchi Ross








Nessun commento:

Posta un commento