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mercoledì 17 dicembre 2014

Il mondo in attesa di ulteriori sviluppi

Oggi, poco dopo mezzogiorno, sono stato chiamato dal GR1 della RAI che voleva conoscere le prime impressioni dopo le dichiarazioni del presidente Raúl Castro a reti unificate e riassunte nel post precedente.
Naturalmente, essendo appena terminato l’intervento mediatico, era prematuro poter dire “come la gente ha vissuto questo intervento”., Uscendo, poco dopo l'annuncio, non ho trovato un’Avana “diversa” dal solito.  Nel pomeriggio invece sono iniziate  le manifestazioni di gioia, particolarmente,  per la liberazione dei tre anti terroristi in carcere da 16 anni e condannati a pene spropositate, da tribunali sicuramente non imparziali, per reati  in alcuni casi nemmeno provati o portati nelle tesi dell'accusa. 
Più che altro i cubani sono pieni di speranza che con questo frammento di disgelo si possa progredire oltre ed arrivare alla fine dell’assurdo, anacronistico e controproducente embargo economico, finanziario e commerciale. Qualche ottimista lo da già per scontato e forse ha ragione, ma credo che comunque Obama debba fare i conti con il suo Parlamento che non è detto sia compatto nell’accogliere la proposta. Credo che lui farà di tutto per finire il suo secondo e ultimo mandato con questo asso tolto dalla manica.
Nel frattempo al di la degli aspetti, comunque fortemente positivi il nodo dell’embargo non è stato affrontato e nemmeno si è chiarito se ristabilendo le relazioni diplomatiche cuba verrà tolta dalla “strana” lista dei paesi patrocinatori del terrorismo, redatta dagli Stati Uniti che peraltro non vi si includono...

Nel frattempo, l'amico Luca Lombroso, sempre attento, mi ha inviato l'articolo del giornalista Gennaro Carotenuto che condivido e pubblico

http://www.gennarocarotenuto.it/27748-cuba-usa-se-obama-cita-jose-marti-riconosce-non-americani/

Cuba-USA, se Obama cita José Martí e riconosce che non solo loro sono americani



Dopo oltre mezzo secolo di fallimentare politica d’isolamento, come ammette coraggiosamente Barack Obama, le relazioni tra Stati Uniti e Cuba vivono questo 17 dicembre 2014 un nuovo storico inizio. “Per oltre mezzo secolo abbiamo fatto la cosa sbagliata sperando che Cuba collassasse, ma ciò non è accaduto”. Cuba non solo non è collassata ma, come solo gli informatori onesti hanno raccontato, da oltre due lustri ha rotto l’isolamento teso dalla superpotenza del Nord e incrudelito dopo la caduta del muro di Berlino, rendendo quell’embargo inutile e antistorico.
Che piaccia o no, la Rivoluzione cubana è così sopravvissuta non solo al fallimento del socialismo reale ma anche a quello del neoliberismo reale, le atrocità del quale, la fame, la violenza, la dissoluzione di parti fondamentali della convivenza civile date dallo stato sociale, sono state risparmiate in questi decenni al popolo cubano. Il processo che inizia oggi con il ristabilimento delle relazioni diplomatiche, e una lunga serie di misure che comportano una significativa apertura reciproca tra i due paesi, compreso lo scambio di prigionieri che mette fine alla vicenda dei cinque antiterroristi cubani detenuti negli USA, e che prosegue con la battaglia parlamentale per l’eliminazione di un embargo che negli USA è legge dello Stato, è stato reso possibile da una serie di fattori.
Il primo è che la resistenza del popolo cubano in tutti questi anni si è dimostrata essere non ideologica ma rispondente a precise esigenze storiche nazionali. Che piaccia o no, – nonostante in particolare nei primi anni Settanta abbia vissuto periodi opachi – Cuba non è mai stata il gulag tropicale descritto dal modello disinformativo mainstream. In un paese dove circolano liberamente milioni di stranieri non si sopravvive alla crudezza del periodo speciale senza un consenso di massa, che non può essere basato sulla repressione. Questa partita, che doveva concludersi con la capitolazione dell’isola e la sua sottomissione al gigante del Nord, passa invece dal riconoscimento della dignità e della sovranità di Cuba, qualcosa di elementare che da Kennedy a Bush nessun presidente statunitense aveva mai pensato di fare.
Quello che muore definitivamente oggi è dunque l’emendamento Platt, quell’articolo inserito dagli USA nella prima Costituzione dello stato cubano dopo la fine del colonialismo spagnolo, che sanciva che l’indipendenza di Cuba fosse condizionata agli interessi degli USA. Gli USA non hanno riconosciuto le ragioni della Rivoluzione ma oggi si sono dovuti inchinare di fronte alla dignità del popolo cubano che avevano sempre negato in 116 anni di storia. Non dev’essere stato facile per Obama citare José Martí e ammettere che «todos somos americanos» così come Raúl nel chiedere rispetto per Obama comincia a smantellare una parte della retorica rivoluzionaria.
Ciò non significa né la risoluzione dei conflitti tra i due paesi, né il declinare di differenze sostanziali su libertà individuali ed economiche, sulla forma dello Stato e sul concetto di democrazia. In quest’ambito, l’apertura necessaria per Cuba, un paese che continua a vivere in situazione di notevole penuria, è appena all’inizio. Cuba, la Rivoluzione, la società cubana saranno da domani chiamate ad accettare una sfida sulla quale è impossibile fare pronostici: più interscambio economico e culturale, più contatti, più rimesse, più facilità di spostamenti modificano oggettivamente la situazione. Si amplierà un processo che, al di là delle dichiarazioni modificherà nel profondo il modello socialista provando a salvare le conquiste della Rivoluzione. Solo tra qualche anno sarà possibile capire in che direzione e se il saldo sarà positivo. Molti – nei due campi, soprattutto da lontano – possono cominciare a storcere la bocca fin d’ora. Potremmo costruire un dizionario dei termini sui quali cubani e statunitensi non trovano un accordo, da libertà a democrazia a diritti umani. Sapendo che nessuno ha l’esclusiva sulla ragione e sulla verità, da domani potranno finalmente dialogarne.
TODO CAMBIA
Tutto ciò accade in un momento storico nel quale gli USA devono prendere atto che il loro ruolo del mondo e nel Continente è quello di una grande potenza non più onnipotente. Le strutture regionali, da Unasur al Mercosur, hanno oscurato negli ultimi anni la primazia degli USA e il ruolo della OEA. In ogni sede Cuba può contare sull’appoggio di tutti i paesi più importanti della regione, a partire dal Brasile. Prima Hugo Chávez, poi tutti gli altri leader integrazionisti latinoamericani, da Lula a Correa, da Evo a Kirchner a Mujíca, avevano riconosciuto a Fidel Castro e alla Rivoluzione cubana una primogenitura morale che si può ritrovare nella storia delle generazioni che hanno lottato e perduto contro dittature e regimi neoliberali, per vedere riconosciute le loro ragioni solo in questo scorcio di XXI secolo.
Un altro attore diplomatico va citato in questa vicenda. Nel 1998 il viaggio a Cuba di Karol Wojtyla era stato il primo segnale della fine dell’isolamento; Joseph Ratzinger aveva risolto ogni conflitto tra Santa Sede e Cuba; Jorge Bergoglio ha riportato la diplomazia vaticana ad un ruolo centrale nella regione. Paradossalmente la debolezza dell’anatra zoppa Obama ha fatto il resto, rendendo possibile quanto aveva cominciato a preparare già dal 2006 l’ex ministro degli esteri cubano Felipe Pérez Roque, che, forse per il passo eccessivamente veloce, ci rimise la carriera. Per quanto difficile possa essere ora la battaglia parlamentare negli USA per la cancellazione dell’embargo, il cammino appare segnato. Comincia un dialogo difficile ma basato sul riconoscimento dell’altro e della differenza, basato sul rispetto della reciproca sovranità e autodeterminazione. Nostalgici della guerra fredda astenersi.




Rilasciati i tre agenti antiterroristi cubani e ristabilimento delle relazioni diplomatiche

Con un discorso a catena su tutte le emittenti, Raúl Castro Ruz ha confermato il rientro a Cuba dei tre agenti cubani che erano ancora in carcere negli Stati Uniti. Raúl ha ringraziato il Vaticano e il Canada per aver collaborato alla conversazione sostenuta ieri con il presidente Barak Obama. I tre agenti, Gerardo Hernández, Antonio Guerrero e Ramón Labañino, sono stati oggetto di uno scambio di prigionieri (fra i quali Alan Gross, detenuto a Cuba da 5 anni per spionaggio), fra altre conversazioni. Per il momento rimane, però, vigente l'embargo, ma questo passo è molto importante in vista della sua abolizione.
Raúl, ha sottolineato la volontà di dialogo, pubblico e privato, in corso con il Governo degli Stati Uniti e i progressi ottenuti nelle relazioni bilaterali, conservando la propria autodeterminazione.

martedì 16 dicembre 2014

Intervista al regista Giuseppe Sansonna e docufilm sulla vita di Tomás Milián

Ricevo dall'Architetto Marini della IXCO, coproduttrice del film:

Gentilissimi, in anteprima sul docufilm di questa sera, in programma alle 23,10 su RAI MOVIE, vi segnalo questa intervista di Gianluca Nicoletti al regista Giuseppe Sansonna sulla vicenda della vita di Tomas Milian e sui giorni passati insieme a La Havana. Buon ascolto




Para todos aquellos que no reciben las transmisiones de la RAI italiana, señalo un enlace donde se puede ver la película con Tomas Milian "EL HAMLETO CUBANO", realizada por IXCO y por la dirección de Giuseppe Sansonna.
Disfrutelo!






password: tomas

Tutta la vita di Osvaldo Farrés, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 14/12/14


Sembra una cosa da film, una di quelle storie che commuovono nelle riviste rosa. Osvaldo Farrés coincide, nei corridoi di una grande stazione radio, con Finita del Peso. È una semplice visitatrice: una donna giovane, elegante e carina che accompagna la sorella, allora attrice famosa. Lui avanza di fretta verso una cabina di trasmissione perché è sul punto di andare in onda col programma che ogni settimana cattura l’attenzione degli ascoltatori. Cammina teso, come sempre quando deve lavorare in diretta, una tensione che scompare di colpo appena si installa davanti al microfono e saluta il pubblico, invisibile.
Nonostante la tensione e la fretta, nota quella ragazza. Lo colpisce la sua distinzione. Deve farglielo sapere. Si lancia in profondità. “Queste gambe che mostra – domanda -, sono sue o glie le ha prestate un angelo?”.
Finita non si aspetta un commento come questo o forse se lo aspetta, ma si turba, si senta accaldata, rimane senza parole. Si scambiano i numeri di telefono e nel trascorso dei giorni combinano un incontro e cominciano a vedersi segretamente. Ma la famiglia di lei vigila e si oppone a quella relazione. Farrés avrà tutta la fama che si vuole, ma è troppo anziano per Finita. Ha 30 anni di più e per colmo è divorziato!
Lei non vuole sentire ragioni e lascia la famiglia senz’altra alternativa che farla andare via dall’Avana. La distanza, a volte è un buon rimedio, ma in questo caso non è servita. La coppia cer a il modo di rimanere in contatto e un giorno lei riceve un telegramma in cui il compositore le chiede di non perdere l’audizione del suo prossimo programma nemmeno per un milione in gioielli. Finita segue il consiglio e quasi muore per l’emozione quando ascolta il messicano Pedro Vargas, il Tenore delle Americhe, che canta Toda la vida, la canzone che Farrés ha appena composto per lei e che non tarderà a convertirsi in inno per gli innamorati e che li manterrà uniti oltre la morte.

A Londra e anche a Betlemme

Osvaldo Farrés è fra i più importanti compositori cubani, di quelli dall’opera più estesa e riconosciuta, tanto dalla critica che dal pubblico. Una notte di pioggia e freddo, in una strada londinese, qualcuno gli passò vicino fischiettando un pezzo suo. Più tardi, a Betlemme, un taxista israeliano, venendo a sapere chi fosse il passeggero che portava a bordo, fermò il veicolo e, con un viandante sconosciuto, canto in duetto un’altra delle sue melodie.
I suoi successi seguono in forma quasi torrenziale, dice il musicologo Cristóbal Díaz Ayala, cantando all’amore e alla donna in modo diretto che non è lo stesso di semplice.
Corre l’anno 1947 e la cantante messicana Chela Campos chiede al cubano che componga una canzone per lei. Farrés rifiuta, vacilla, non si sente sufficientemente motivato. Ma la messicana non si da per vinta. Insiste. “Andiamo, Maestro, se con tre parole si fa una canzone”, gli dice, e Farrés accetta la sfida. Compone la canzone che gli ha chiesto Chela Campos e la intitola esattamente così: Tres palabras.
Già allora, Farrés era entrato a Hollywood dalla porta principale quando, nel 1940, il suo bolero Acercate más che era già stato un successo con la voce di Toña la Negra, fu il tema di una pellicola che interpretarono esther Williams e Van Johnson.
Tres palabras apparve in un film di Walt Disney. Quizás, quizás, quizás fu cantata da sarita Montiel nel film Bésame. In realtà la Montiel interpretò diverse canzoni di Farrés in sei dei film che protagonizzò. Nat “King” Cole lasciò anch’egli la sua versione di Quizás, quizás, quizás...e No me vayas a engañar fu uno dei grandi successi di Antonio Machín.
Opere di Osvaldo Farrés si utilizzarono anche in pellicole argentine e messicane. En el mar, cantata dall’interprete Carlos Argentino con l’appoggio della Sonora Matancera, fu inclusa nel film messicano Sube y baja, nella quale si distingue il lavoro del geniale Mario Moreno, “Cantinflas”.
Un altro dei suoi pezzi enmblematici é Madrecita, composta nel 1954, Se fu tutta la vita, come si disse l’inno degli innamorati, Madrecita si cantava fino allo sfinimento nel Giorno della Madre. Farrés la compose in omaggio alla sua, ma la buona donna non poté mai sentirla perché era sorda come una campana.
Altri pezzi suoi sono: Te lo diré cantando, Piensa bien lo que me dices, Acariciame, Dejate querér e Para que sufras.

Disegnatore e pubblicista

In realtà Osvaldo Farrés non leggeva la musica né suonava nessuno strumento. Non poteva portare le sue ispirazioni al pentagramma. Parole emusica gli sorgevano contemporaneamente e le memorizzava – con gli anni e con l’aiuto di Finita – finoa a che qualcuno portava la melodia al pentagramma. Non mancò, così, chi dubitasse della paternità delle sue opere. Ma gli intenditori scartano questo argomento in virtù della omogeneità e coerenza che risultano ben evidenti nei suoi lavori, specialmente nei suoi maggiori pezzi.
Nato nella città di Quemado de Güines, nel centro dell’Isola, il 13 gennaio del 1902, Farrés erea un magnifico disegnatore e un pubblicista conosciuto quando seppe di avere il dono di comporre melodie belle e appiccicose.
Scoprì questa faccetta per caso. Nel 1937 preparava, con 5 ragazze nello studio di CMQ radio, una promozione della birra Polar, quando un presentatore commentò: “ Lì c’è Farrés con le sue cinque figlie...”. Al momento Farrés si impegnò a scrivere una guaracha con questo titolo. Alla fine non sarebbero cinque figlie, ma cinque figli: Pedro, Pablo, Chucho, Jacinto e José che non tarderanno ad essere conosciuti in tutta Cuba dopo che Miguelito Valdés montò il pezzo  con l’orchestra Casino de la Playa.
“Non avrei mai pensato di convertirmi in compositore. Né la canzone né la musica rientravano nei miei piani e men che meno che arrivassi a vivere di ciò”, disse in un’occasione. Senza dubbio riuscì a farlo, ebbene non tarderà a convertirsi nel compositore di moda a Cuba, un uomo capace di tramutare in successo quello che scriveva.
Diaz Ayala precisa che alla fine degli anni ’30 e inizio della decade del ’40 del secolo scorso, si fece sentire un vuoto nella musica romantica cubana. Chiaro che esisteva un Lecuona, ma per la complessità della sua musica non tutti potevano suonarlo o cantarlo. Si richiedeva, inoltre, di una musica che la caslinga, l’operaio o l’artigiano potevano canticchiare mentre svolgevano i loro compiti e non c’era nemmeno questa. Questa carenza di musica romantica la andavano riempiendo Agustín Lara e altri compositori messicani, come Gonzalo Curiel e Abel Domínguez. È Osvaldo Farrés fra coloro che iniziano la redenzione della canzone romantica, anche se il suo primo successo fu quel Mis cinco hijos che è una guajira, un genere con cui è difficile avere successo in qualsiasi epoca.

Il bar melodico

Nel q939 il pianista René Touzet compone un bolero che percorre il mondo e che nonostante il tempo trascorso non perde valore: No te importe saber, un pezzo decisivo nell’auge della canzone e del bolero cubani. Come si è detto, Farrés fu un altro dei compositori che aiutò molto in questo.
“Il successo di Farrés ispirò una serie di cubani che cominciarono a comporre”, dice Cristóbal Ayala. Tutti contribuirono al cine messicano con la loro produzione, alcuni di loro si domiciliarono anche in Messico, apparendo in alcuni film. Questo fu il caso di Juan Bruno Tarraza, con un’estesa produzione che comprende successi come Besar, Soy tuya, Soy felíz, Alma libre e molti altri. Fu il pianista accompagnatore di Toña la Negra, María Victoria e Amparo Montes. Diaz Ayala menziona anche Felo Bergaza, autore di ispirati boleri come Infeliz  e Miedo e Julio Gutiérrez che con il suo Inolvidable, dette il titolo a una pellicola messicana. Figuarano anche, in questo elenco, Fernando Mulens che fu pianista accompagnatore di Pedro Vargas e lasci e lasciò boleri come Qué te pedí, Habana e De corazón a corazón e Bobby Collazo, autore di Tenía que ser así, Vivía de los recuerdos e sopratutto di quel grande successo che fu La última noche.
Altri boleristi cubani che non risiedettero in Messico, ma portarono le loro canzoni agli scenari e al cine di questo Paese furono: Orlando de la Rosa, Mario Fernández Porta, Carbó Menéndez, Adolfo Guzmán, Isolina Carrillo e molti altri.
Ferrés scrisse, nel 1948, la musica che sostenne la campoagna elettorakle di Carlos Prío Socarrás. Quando egli, già presidente eletto volle ricompensarlo, Ferré gli disse che aveva compostro per l’amico, non per il politico.
Fu l’unico compositore cubano che si permise di installare un’editrice in pieno Stato di New York, sotto il nome di Osvaldo Ferrés Music Corporation (1949) e che curava anche la rappresentanza dei suoi interessi in quel Paese.
Altro centro di Farrés fu il programma El bar Melódico che cominciò in radio  e poi terminò in TV. In un  mezzo o nell’altro rimase in onda, ininterrottamente, per 13 anni. Il suo formato e intenzioni furono copiati in altri paesi. Da El bar melódico di Osvaldo Farrés passò il megli che venne a Cuba, anche i nostri migliori interpreti e qualunque talento che sorgesse nell’Isola, giovani valori che grazie a quella spinta non tardavano a consacrarsi.
Toda una vida che compose nel 1943 dette a Farrés la fama definitiva. Nel 1964. Un altro suo pezzo, Un caramelo para Margot, si convertì in sucesso per la voce di Pacho Alonso che la cantò in ritmo pilón e che non tardò ad essere interpretato da altre raggruppazioni, fra di loro il quartetrto Los Modernistas.
Osvaldo Farrés morì nel New Jersey il 22 dicembre del 1985, mentre guardava un programma di televisione.

Toda la vida de Osvaldo Farrés

Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
13 de Diciembre del 2014 20:23:06 CDT

Parece cosa de película, de esas historias que conmueven en las
revistas del corazón. En los pasillos de una poderosa radioemisora
habanera se topa Osvaldo Farrés con Finita del Peso. Es una simple
visitante; una mujer muy joven, elegante y bonita que acompaña a su
hermana, entonces una destacada actriz. Él avanza de prisa hacia una
cabina de transmisión porque está a punto de salir al aire el programa
con que cada semana acapara la atención de la audiencia. Va tenso,
como siempre que debe trabajar en vivo, una tensión que desaparece de
golpe en cuanto se instala ante los micrófonos y saluda al público
invisible.
Pese a la tensión y la prisa, repara en aquella muchacha. Lo
impresiona su distinción. Tiene que hacérselo saber. Se tira a fondo.
“Esas piernas que luce --pregunta--, ¿son suyas o se las prestó un
ángel?”.
Finita no espera un requiebro como ese, o tal vez lo espera, pero se
turba, siente que se acalora, se queda sin palabras. Intercambian
números telefónicos y en el transcurso de los días arreglan un
encuentro y empiezan a verse en secreto. Pero la familia está sobre
aviso y se opone a aquella relación. Farrés será todo lo famoso que se
quiera, pero es muy mayor para Finita. Le lleva 30 años y, para colmo,
¡es divorciado!
No quiere ella oír razones y deja a la familia sin otra alternativa
que la de sacarla de La Habana. La distancia es a veces un buen
remedio, pero no resultó en este caso. Busca la pareja la manera de
seguir en contacto y un día ella recibe un telegrama en que el
compositor le pide que ni por un millón en joyas se pierda la
siguiente audición de su programa. Sigue Finita la sugerencia y casi
muere de la emoción cuando escucha al mexicano Pedro Vargas, El tenor
de las Américas, que canta Toda una vida, la canción que Farrés
acababa de componer para ella y que no demoraría en convertirse en
himno para los enamorados y que los mantendría a ellos unidos más allá
de la muerte.

En Londres y también en Belén

Osvaldo Farrés es de los más importantes compositores cubanos, de los
de obra más extensa y reconocida, tanto por la crítica como por el
público. Una noche de frío y lluvia, en una calle londinense, alguien
pasó a su lado silbando una pieza suya. Y más tarde, en Belén, un
taxista israelí, enterado de quién era el viajero que llevaba a bordo,
detuvo el vehículo y a dúo con un caminante desconocido, cantó otra de
sus melodías.
En forma casi torrencial se sucedían sus éxitos, dice el musicólogo
Cristóbal Díaz Ayala, cantándole al amor y a la mujer en una forma
directa y sencilla, que no es lo mismo que simple.
Corre el año 1947 y la cantante mexicana Chela Campos pide al cubano
que componga una canción para ella. Farrés se niega, vacila, no se
siente suficientemente motivado. Pero la mexicana no se da por
vencida. Insiste. “Vamos, Maestro, si con tres palabras se hace una
canción”>, le dice, y Farrés acepta el reto. Compone la canción que
Chela Campos le pide y la titula precisamente así: Tres palabras.
Ya para entonces Farrés había entrado en Hollywood por la puerta ancha
cuando en 1940 su bolero Acércate más, que ya había sido un éxito en
la voz de Toña la Negra, fue el tema de una película que interpretaron
Esther Williams y Van Johnson.
Tres palabras apareció en una cinta de Walt Disney. Quizás, quizás,
quizás la cantó Sarita Montiel en la película Bésame. En verdad, la
Montiel interpretó varias canciones de Farrés en seis de los filmes
que protagonizó. Nat King Cole dejó también su versión de Quizás... y
No me vayas a engañar fue uno de los grandes éxitos de Antonio Machín.
Obras de Osvaldo Farrés se utilizaron también en películas argentinas
y mexicanas. En el mar, cantado por el intérprete Carlos Argentino con
el respaldo de la Sonora Matancera, se incluyó en la cinta mexicana
Sube y baja, en la que se destaca la labor del genial Mario Moreno,
“Cantinflas”.
Otra pieza suya, emblemática, es Madrecita, compuesta en 1954. Si Toda
una vida fue, como se dijo, el himno de los enamorados, Madrecita se
cantaba hasta la fatiga en el Día de las Madres. Farrés la compuso en
homenaje a la suya. Pero la buena señora nunca pudo oírla porque era
sorda como una tapia.
Otras piezas suyas son Te lo diré cantando, Piensa bien lo que me
dices, Acaríciame, Déjate querer y Para que sufras.

Dibujante y publicista

En realidad Osvaldo Farrés no leía música ni tocaba instrumento
alguno. No podía llevar sus inspiraciones al papel pautado. Música y
versos le brotaban al mismo tiempo y los memorizaba --con los años, con
la ayuda de Finita-- hasta que alguien llevaba la melodía al papel
pautado. No faltó, así, quien dudara de la paternidad de sus obras.
Pero los entendidos descartan ese argumento en virtud de la
homogeneidad y coherencia que resultan bien evidentes en su quehacer,
sobre todo en sus piezas mayores.
Nacido en la ciudad de Quemado de Güines, en el centro de la Isla, el
13 de enero de 1902, Farrés era un magnífico dibujante y un publicista
aventajado cuando descubrió que tenía el don de componer bellas y
pegajosas melodías.
Halló esa veta por casualidad. En 1937 preparaba con cinco muchachas,
en un estudio de CMQ Radio, una promoción de la cerveza Polar cuando
un locutor comentó: “Ahí está Farrés con sus cinco hijas...”. En el
acto, Farrés se comprometió a escribir una guaracha con ese título. Al
cabo, no serían cinco hijas, sino cinco hijos: Pedro, Pablo, Chucho,
Jacinto y José, que no tardarían en ser conocidos en toda Cuba luego
de que Miguelito Valdés montara la pieza con la orquesta Casino de la
Playa.
“Jamás pensé en convertirme en un compositor. Ni la canción ni la
música entraban en mis planes, y mucho menos imaginé que llegaría a
vivir de ellas”, dijo en una ocasión. Y logró hacerlo sin embargo,
pues no demoraría en convertirse en el compositor de moda en Cuba, un
hombre capaz de trocar en éxito cuanto escribía.
Precisa Díaz Ayala que a fines de los años 30 y comienzos de la década
de los 40 del siglo pasado, se hacía sentir un vacío en la música
romántica cubana. Claro que existía un Lecuona, pero por las
dificultades de su música no todo el mundo podía cantarlo o tocarlo.
Se requería además de una música que el ama de casa, el operario, el
artesano pudieran tararear mientras hacían sus tareas y tampoco la
había. Esa carencia de música romántica la iban llenando Agustín Lara
y otros compositores mexicanos, como Gonzalo Curiel y Abel Domínguez.
Es Osvaldo Farrés de los que inicia la redención de la canción
romántica, aunque su primer triunfo fuera aquel Mis cinco hijos, que
es una guajira, un género con el que es difícil triunfar en cualquier
época.

El bar melódico

En 1939 el pianista René Touzet compone un bolero que recorre el mundo
y que pese al tiempo transcurrido no pierde vigencia: No te importe
saber, una pieza decisiva en el auge de la canción y el bolero
cubanos. Como ya se dijo, Farrés fue otro de los compositores que
ayudó mucho en eso.
“El éxito de Farrés inspiró a una serie de cubanos que empezaron a
componer”, dice Cristóbal Díaz Ayala. Todos contribuyeron al cine
mexicano con su producción, pero algunos de ellos incluso se
domiciliaron en México, apareciendo en algunas películas. Ese fue el
caso de Juan Bruno Tarraza, con una extensa producción que incluye
éxitos como Besar, Soy tuya, Soy feliz, Alma libre y otros muchos. Fue
pianista acompañante de Toña la Negra, María Victoria y Amparo Montes.
Menciona además Díaz Ayala a Felo Bergaza, autor de inspirados boleros
como Infeliz y Miedo, y a Julio Gutiérrez, que con su Inolvidable dio
título a una película mexicana. Figuran además en esta cuerda Fernando
Mulens, que fue pianista acompañante de Pedro Vargas y dejó boleros
como Qué te pedí, Habana y De corazón a corazón, y Bobby Collazo,
autor de Tenía que ser así, Vivir de los recuerdos y sobre todo de ese
gran éxito que fue La última noche.
Otros boleristas cubanos que no se asentaron en México, pero llevaron
sus canciones a los escenarios y al cine de ese país fueron Orlando de
la Rosa, Mario Fernández Porta, Carbó Menéndez, Adolfo Guzmán, Isolina
Carrillo y otros muchos.
Farrés escribió en 1948 la música que calzó la campaña electoral de
Carlos Prío Socarrás. Cuando el ya presidente electo quiso
recompensarlo, Farrés le dijo que había compuesto aquello para el
amigo, no para el político.
Fue el único compositor cubano que se permitió instalar una editora en
pleno estado de Nueva York, bajo el nombre de Osvaldo Farrés Music
Corporation (1949), y que atendía asimismo la representación de sus
intereses en ese país.
Otro acierto de Farrés fue su programa El bar melódico, que comenzó en
la radio y fue a parar luego a la TV. En un medio y otro, se mantuvo
en el aire, de manera ininterrumpida, durante 13 años. Su formato e
intención fueron copiados en otros países. Por El bar melódico de
Osvaldo Farrés pasó lo mejor que vino a Cuba y también nuestros
mejores intérpretes y cuanto talento surgía en la Isla, jóvenes
valores que gracias a aquel espaldarazo no demorarían en consagrarse.
Toda una vida, que compuso en 1943, dio a Farrés la fama definitiva.
En 1964 otra pieza suya, Un caramelo para Margot, se convirtió en un
éxito en la voz de Pacho Alonso, que la cantó en ritmo pilón y que no
demoró en ser interpretada por otros grupos, entre esos el cuarteto
Los Modernistas.
Osvaldo Farrés murió en Nueva Jersey, el 22 de diciembre de 1985,
mientras disfrutaba de un programa de televisión.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/



Oracolo

ORACOLO: adesso faccio l'infusione

lunedì 15 dicembre 2014

Oppure

OPPURE: ho anche (Roma)

Il Festi...và

Questa edizione del Festival del Nuovo Cine Latinoamericano dell’Avana, si è conclusa con un caloroso messaggio di Geraldine Chaplin che pur essendo di casa da queste parti non ha potuto essere presente a questa edizione dove ha ottenuto il premio “Coral” come miglior attrice protagonista per il film Dólares de arena di Israel Cárdenas e Laura Amelia Guzmán (Repubblica Dominicana, Argentina, Messico). La Chaplin, oltre ai doverosi saluti e ringraziamenti si è detta particolarmente felice per la coincidenza del premio con il luogo ove è stato consegnato, ovvero il cinema che porta il nome di suo padre, l’immenso Charlie Chaplin, mentre il miglior attore protagonista è andato al giovanissimo ed esordiente Armando Valdéz Freire per “Conducta” di Ernesto Daranas (Cuba).
Lo stesso film ha ottenuto anche il “Gran Premio Coral”.
Il premio assegnato dal pubblico è andato alla pellicola cubana “Vestido de novia” la cui regista Marilyn Solaya ha ricevuto il premio dalle mani di Matt Dillon, ospite del Festival.
La lista dei premi è lunga e risulterebbe tediosa, gli interessati la possono certamente trovare nei vari siti specializzati o su quelli della stampa cubana.

La premiazione è stata accompagnata da un’esibizione del Trio di Hermán López Nussa con musiche originali dell’autore per diversi film, in concorso e no. 






domenica 14 dicembre 2014

Opprimente

OPPRIMENTE: schiaccia il cervello

Festival - Assegnati i premi collaterali

Alla vigilia della chiusura sono stati asegnati i premi messi a disposizione da Enti e Associazioni per questa 36ma edizione del Festival del Nuovo Cine Latinoamericano, ecco com'è andata:


Premio UNETE (UNESCO): Refugiado di Diego Lerman (Argentina, Colombia, Francia, Germania)

Premio Unicef: Conducta di Ernesto Daranas (Cuba)

Premio ASPE/FEISAL: Democracia em preto e branco di Pedro Asbeg (Brasile)

Premio UNEAC: Conducta di Ernesto Daranas (Cuba)

Premio Associazione Cubana Produttori del Cine: La pared de las palabras di Fernando Pérez Valdés (Cuba)

Premio “Caminos” Associazione Martin Luther King: Vestido de novia di Marilyn Solaya (Cuba, Spagna)
menzione speciale a: El regreso di Patricia Eleanne Ortega (Venezuela)

Premio Telesur: Viaje al País que ya no existe di Isabel Santos (Cuba, Vietnam)

Menzione a: Ajedrez, clases particulares di Inés Grah e Javier Hayrabedian (Uruguay)
El tigre y el venado di Sergio Alberto Sibrián (El Salvador)

Premio Red de Realizaciones cubanas: Vestido de novia  di Marilyn Solaya (Cuba, Spagna)

Premio “El Mégano” cineclubs: La pared de las palabras di Fernando Pérez Valdés (Cuba)1

Premio “Glauber Rocha” – Prensa Latina: Relatos salvajes di Damián Szifrón (Argentina, Spagna)
E menzione a: Conducta di Ernesto Daranas (Cuba)

Premio Casa de Las Américas: Güeros di Alonso Ruízpalacios (Messico)

Premio Documentales Memoria Pablo de la Torriente Brau: La muerte de Jaime Roldós di Manolo Sarmiento e Lisandra I. Rivera (Ecuador, Argentina)
Menzione a: El futuro es nuestro  di Ernesto Ardito e Virna Molina (Argentina) e Manos Unidas di Roly Santos (Argentina, Bolivia, Cile)

Premio “Vijía” della sub sede di Matanzas: Conducta  di Ernesto Daranas (Cuba)

Premio Circolo Culturale UPEC: Conducta di Ernesto Daranas (Cuba)







sabato 13 dicembre 2014

Festiv...Italia

Anche l’Italia è presente a questo Festival, mancava da qualche edizione, ma finalmente il ritorno. Sono stati presentati 5 film, ovviamente non in concorso: “Smetto quando voglio”, di Sydney Sibilia, pluripremiata in varie occasioni, candidata a 12 David di Donatello e considerata la miglior commedia della stagione 2013/14 al Globo d’Oro, “I nostri ragazzi” di Ivano De Matteo, “Fino a qui tutto bene” un film indipendente di basso costo di Roan Johnson, “Io, Arlecchino” di Matteo Bini e Giorgio Pasotti e per finire un documentario nella sua presentazione speciale “Archivio Segreto Vaticano – Un viaggio nella storia” di Luca Duran, prodotto dal centro Televisivo della Città del Vaticano.
Questa presenza è stata possibile grazie alla Fondazione Ente dello Spettacolo e la Commisssione Filmica Roma Lazio ed è stata presentata nella sezione speciale “Encuentro Internacional Panorama Italia - Shooting. Production Industry”.

Una rappresentanza della Commissione Filmica e il regista Johnson hanno tenuto un incontro coi partecipanti e con la stampa illustrando la situazione della produzione e diffusione del cinema in Italia e uno sguardo alle realizzazioni e/o possibilità di coproduzioni con altri Paesi tendendo una mano verso Cuba di cui hanno apprezzato la filmografia, con l’augurio di incrementare questa possibilità.


Opposto

OPPOSTO: si dice dopo la prenotazione

venerdì 12 dicembre 2014

Festivaleando

Presentato dall’autrice ed editrice il libro World film locations Havana di Anne Marie Stock (U.S.A.) che racchiude indicazioni, piantine e fotografie delle “locations” di molti film girati all’Avana, con lei, parte dei suoi coillaboratori alla ricerca e realizzazione del progetto.






Successivamente conferenza stampa sui film: “Gente de bien”, “La pared de las palabras”, “Mr. Kaplan” e “Venecia” rispettivamente di Franco Lolli (Colombia/Francia), Fernando Pérez (Cuba), Álvaro Brechner (Uruguay/Spagna/Germania) e Enrique Álvarez Martínez (Cuba/Colombia) con la presenza di tre degli autori e alcuni degli interpreti fra cui Jorge Perugorría, René de la Cruz e Isabel Santos.




Il Trailer di The cuban Hamlet

Ringrazio l'architetto Marco Marini, coproduttore con la IXCO del film, per avermi inviato il link per il trailer del documentario sulla vita di Thomas Milian, recentementre girato all'Avana con la sua partecipazione in un incontro che non avveniva da circa 60 anni e che andrà in onda, come già pubblicato, il prossimo 16 alle 23.15 sul canale RAI Movie.

http://raimovie.blog.rai.it/2014/12/11/the-cuban-hamlet-storia-di-tomas-milian/?refresh_ce

Opposizione

OPPOSIZIONE: sono un "buon partito"

giovedì 11 dicembre 2014

Festiv..americano

Altro invitato di lusso è l'attore e regista statunitense Matt Dillon del quale però non è stata annunciata nessuna conferenza stampa. Finora ha rilasciato solo un'intervista esclusiva al Noticiero Nacional del Televisión.


Operetta

OPERETTA: possiedo un accessorio per enteroclisma

mercoledì 10 dicembre 2014

Messa in onda di The Cuban Hamlet

Come da notizia ricevuta dal regista, Giuseppe Sansonna, il film biografico sulla vita di Thomas Milian o Tomás Milián...va in onda sul canale di RAI Movie il 16 dicembre alle 23,15 peccato non poterlo vedere...almeno per adesso.

Festiv...andando

Conferenza stampa di Jorge Perugorría, regista, con I principali interpreti del suo film: “Fatima o el Parque de la Fraternidád”, Tomás Cao, Mirthas Ibarra e Carlos Enrique Almirante. Il film racconta una storia d’amore nel mondo degli omosessuali e travestiti che si muovono, nelle notti, attorno al Capitolio. Perugorría è conosciuto anche in Italia in particolare come interprete dei film degli anni ’90, “Fragole e cioccolata”, assieme a Mirtha Ibarra, nominato all’Oscar come miglior film straniero, “Lista d’attesa” e "Guantanamera". Il suo percorso è proseguito ed ha raggiunto i 50 film come attore a cui si sono aggiunti i suoi ultimi lavori dietro la cinepresa. Jorge però non ha tralasciato la recitazione ed è impegnato, per tutto il 2015, nelle riprese di 4 pellicole tratte da altrettanti romanzi di Leonardo padura Fuentes in cui sarà l’interprete dell’atipico poliziotto Mario Conde, una specie di “Tenente Colombo” cubano.





Opera

OPERA: possiedo un frutto dolce di forma conica

martedì 9 dicembre 2014

Lettere allo scriba, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 7/12/14



Non pochi messaggi elettronici e chiamate telefoniche sono state motivate dalla mia risposta alla richiesta del lettore Pedro M. Calzada Ajete, pubblicata nella pagina corrispondente al 26 di ottobre scorso. Calzada Ajete si interessava a Rezo en la noche, canzone di Francisco Escorcia interpretata da Benny Moré e voleva conoscere se era stata presentata per la prima volta nel 1957 e che reazione aveva provocato, allora, nelle autorità batistiane.
Questo pezzo dice: “Oggi dedico il mio canto alle madri che soffrono l’assenza/del figlio adorato che coraggiosamente cadde/difendendo il sacro diritto alla libertà/e alla patria, a cui aveva solennemente giurato lealtà/oggi dedico il mio canto alle madri che soffrono l’assenza del figlio adorato che non tornerà più/alla moglie che soffre in silenzio il crudele abbandono/al bimbo innocente che domanda: dov’è papà? Dov’è il mio papà?”.
Lo scriba ricorda perfettamente il testo, di cui riproduce solo un frammento e dubita che avesse esordito, come dice il lettore, nel 1957. La censura batistiana che si esercitava dal Ministero delle Comunicazioni e anche dal medesimo Palazzo Presidenziale, non avrebbe permesso una cosa simile.
José Galiño, investigatore dell’Istituto Cubano per l’Arte e industria Cinematografica, commenta al riguardo: “Effettivamante lei ha ragione sull’anno di esordio di Rezo en la noche. È fuori di qualsiasi logica che si permettesse questo oltraggio da parte del regime di Batista. Ma non incolpiamo il lettore Pedro M. Calzada per questo errore, giacché investigatori eccellenti come Cristóbal Díaz Ayala e José Reyes Fortún collocano questa canzone nel 1957 e perfino il film cubano El Benny, mostra il protagonista cantandola prima della vittoria rivoluzionaria.
La realtà è che Rezo en la noche fu incisa da Benny Moré nell’aprile del 1959 e uscí in un disco a 78 giri assieme a Se te cayó el tabaco, altro numero che si riferisce alla fine della tirannia”.
Galiño offre un dato rivelatore, anche se non lo fondamenta. Escorcia compose Rezo en la noche nei giorni finali della II Guerra Mondiale e rimase inedita. Un altro lettore, Raúl Menejías Álvarez, dice che il pezzo è conosciuto anche come Susurro en la noche e fu incisa da Benny con la Victor nel 1959.
Il Dottore in Scienze Roberto González Valdés: “Lei ha ragione. Questa canzone venne fatta conoscere in un atto pubblico per il Giorno della Madre del 1959. Ebbi il privilegio di essere presente in quell’atto che si tenne, se non mi sbaglio, nella Ciudad Libertád. Dico questo perché sono matanzero ed allora non conoscevo bene l’Avana. A questo atto erano presenti nientemeno che i Comandanti Ernesto Guevara e Camilo Cienfuegos, oltre all’oggi Generale d’Armata Raúl Castro”.
Con relazione a questo atto, Galiño afferma: “Per finire, aggiungo un aneddoto che raccontò Benny Moré davanti alle camere della TV nel 1960. Egli disse che in un atto in cui c’era il Comandante Camilo Cienfuegos interpretò Rezo en la noche e al termine gli si avvicinò Camilo pregandolo che non cantasse più quella canzone in sua presenza: la tristezza che gli causò, lo mise al bordo delle lacrime.

La patriótica

Con relazione alla pagina del 2 novembre (Il genero cubano di Juarez) scrive al sottoscritto il colonnello della riserva Hugo Crombet, autore del libro intitolato La expedición del honor, testo che ha ispirato la serie televisiva Duaba, la odisea del honor.
Riferisce Crombet che il nome di Pedro Antonio Santacilia y Palacios, il genero cubano del Benemerito delle Americhe, gli divenne famigliare molti anni fa, quando in Costa Rica raccoglieva materiale per il suo libro sulla spedizione che portò Antonio Maceo e suo nonno Flor, a Cuba. Durante il suo soggiorno nel Paese centroamericano, “ho potuto comprovare che il suo poema A Cuba,  in questo Paese si convertì in un inno”.
Aggiunge che si canta col maggior rispetto in atti ufficiali e precisa che ha visto anche presidenti di questo Paese intonarlo con fervore al termine di un atto pubblico. Dice anche che non sono pochi i costaricani a considerare che il poema in questione, conosciuto lì  con il titolo di La patriótica, doveva essere il vero inno del Paese.
Importanti giornali hanno dedicato spazio al tema. Lo storico Armando Vargas Araya – l’uomo che conosce di più sul soggiorno di Maceo in Costa Rica  - lo affronta anche nel suo libro La vía costarricense, specificamente al capitolo 17 che ha un titolo eloquente: “La patriótica è costaricana ed è cubana”.

Vive come Carmelina

Grazie alla posta elettronica, in questi giorni circola a profusione una nota su Carmelina Arechabala, donna agiata nata nella città matanzera di Cárdenas che per il suo modo di vita, dette piede a una frase che rimase registrata nell’immaginario popolare. Vive come Carmelina che conduce una vita piena di lussi e comodità.
Chi fu Carmelina Arechabala? Fu davvero lei che ispirò la frase in questione? Così si diceva già da molti anni in un articolo che apparse nella rivista Bohemia. Si trattava di un materiale che sembrava molto ben fondato e che lo scriba ha letto con interesse, ma contrariamente a quanto fa normalmente, non lo schedò né conservò nei suoi archivi. Credo di ricordare che lo scrisse una donna.
Adcesso l’amico e collega Ernesto de Juana, fra gli altri lettori, mi chiede che affronti il tema. Chi scrive ciò non può assicurare se Carmen Arechabala Hurtado de Mendoza è la Carmelina della frase, ma ha informazioni sulla fortuna che accumulò.
Nel 1958, Arechabala S.A. con uffici a Cárdenas e nella Plaza de la Catedral dell’Avana, raggruppava, scrive Guillermo Jiménez nel suo libro Los propietarios de Cuba, un gran complesso industriale con impianti per confetture, lievito, sciroppi; magazzini di zucchero, terminal marittimo, cantieri navali e altre produzioni derivate dallo zucchero. Erano proprietari dello zuccherificio Progreso e commercianti di zucchero sul mercato mondiale. Possedeva, in virtù della sua produzione, la quarta raffineria del Paese, l’undicesima distilleria e una fabbriuca di liquori. Producevano anice, grappa, crema e gin di marca Arechabala, cognac di marca Relicario e Tres Arbolitos e rum Havana Club. Arechabla rappresentava, a Cuba, il whisky Chivas Regal, fra le altre bevande.
Questo emporio cominció nel 1862 quando, José Arechabala Aldama, antenato di Carmelina, giunse a Cuba e cominciò a lavorare a Matanzas con un familiare, poi come impiegato della casa Bea, fino a che Julián de Zulueta, marchese di Avala, lo nominò suo rappresentante a Cárdenas. Nel 1878 si mise per conto proprio fondando La Vizcaya, distilleria e raffineria, origfine dell’azienda. Perse e rifece la sua fortuna varie volte. Era nato in Biscaglia nel 1847 e si sposò nel 1874 con Carmen Hurtado de Mendoza.
Non è facile seguire le peripezie di questa famiglia che nel 1958, si calcolava come una delle più ricche di Cuba. I suoi componenti usavano sposarsi fra di loro e i nomi si ripetono varie volte. Carmen Arechabala y Hurtado de Mendoza, contrasse matrimonio con José Arechabala Sainz che era suo primo cugino. I figli del matrimonio portavano, obviamente, il doppio cognome Arechabala. A una di essi, Carmen. Toccò presiedere la ditta tra il 1948 e il 1953.
Fu lei che dette origine alla frase?

Pattinaggio sul ghiaccio

“C’è qualcosa che vorrei sapere, ho una disputa con un amico che dice che è impossibile. Io gli dico che nell’antico Palazzo dello Sport (Paseo y Malecón) e nell’attuale anfiteatro della Ciudad Deportiva si praticava pattinaggio sul ghiaccio. Ho ragione o no?”, chiede il lettore René Acevedo.
Risposta: Ha ragione e no. In effetti ci fu una pista di pattinaggio sul ghiaccio nello scomparso Palazzo dello Sport e un’altra, tempo dopo, nel tatro Blanquita – attuale Carlos Marx -, ma non nella Ciudad Deportiva.
Nel Palazzo dello Sport la pista si situò nel centro della costruzione. Nel Blanquita si toglievano le poltrone, o parte di esse, per installarla. Erano piste aperte al pubblico che comprava il suo biglietto per utilizzarle.
La pattinatrice nordamericana Sonja Heine fece le sue rappresentazioni in quella del Palazzo dello Sport. Fu qualcosa di favoloso. Quelli che la videro la ricordano ancora con ammirazione.
C’è qualche lettore che può ampliare l’informazione sulle rappresentazioni di Sonja e le piste di ghiaccio? Lo scriba gli sarà molto grato.

Ampia, luminosa, sobria

Il lettore Manuel Águila domanda sul Santuario di San Antonio de Padua. Appartenente all;Ordine dei Francescani, questa chiesa cattolica aprì le sue porte nel 1949. Sita nella calle 60 angolo Quinta Avenida a Miramar, è opera di due eccellenti architetti cubani dell’epoca, Salvador Figueras e Eloy Norman. Entrambi la idearono e la plasmarono d’accordo ai gusti e le esigenze dell’arte moderna più pura.
È ampia, luminosa, di linee sobrie e di un insieme semplice, armonioso e bellissimo. In realtà  è uno dei più completi esempi di architettura religiosa a Cuba.

Cándamo y Cauniego, vescovo ausiliare

Jorge Luis Rodríguez Aguilar, vicedirettore dell’Accademia di Arti Plastiche di San Alejandro dell’Avana, mi toglie dalla mia ignoranza. Nella pagina intitolata Lapidi, dello scorso 30 novembre, lo scriba si riferiva alle prime sepolture che si fecero nel cimitero di Espada. Dissi che si trattava dei resti del governatore Diego Antonio de Manrique, morto quando contava solo con 13 giorni al potere e del vescovo Cándamo del quale non può chi scrive, annotai, precisare il suo nome ne altri particolari.
Rodríguez Aguilar mi illustra: si chiamò José González de Cándamo y Cauniego, fu vescovo titolare di Milasa e vescovo ausiliare di San Cristóbal. Rodríguez Aguilar dice che esercitò il suo servizio ausiliare tra il 1798 e 1801, anno in cui morì. Fu il primo vescovo ausiliare dell’Avana giacché questa fu elevata a diocesi nel 1787. Da lì venne scelto per essere sepolto nuovamente con l’inaugurazione del cimitero di Espada.


Cartas al escribidor

Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
6 de Diciembre del 2014 21:59:04 CDT

No pocos mensajes electrónicos y llamadas telefónicas motivó mi
respuesta a la solicitud del lector Pedro M. Calzada Ajete, publicada
en la página correspondiente al 26 de octubre pasado. Se interesaba
Calzada Ajete por Rezo en la noche, canción de Francisco Escorcia
interpretada por Benny Moré, y quería conocer si se había estrenado en
1957 y qué reacción había provocado entonces en las autoridades
batistianas.
Dice dicha pieza: “Hoy dedico mi canto a las madres que sufren la
ausencia / del hijo idolatrado que valientemente cayera /defendiendo
el sagrado derecho de la libertad / y a la patria, que solemnemente
jurara lealtad / hoy dedico mi canto a las madres que sufren la
ausencia / del hijo idolatrado, que nunca jamás volverá / a la esposa
que sufre en silencio el cruel abandono / y al nené que inocente
pregunta: ¿Dónde está papá? ¿Dónde está mi papá?”.
El escribidor recuerda perfectamente la letra, de la que reproduce
solo un fragmento, y duda que fuera estrenada, como dice el lector, en
1957. La censura batistiana, que se ejercía desde el Ministerio de
Comunicaciones y también desde el mismo Palacio Presidencial, no
hubiese permitido algo así.
Al respecto comenta José Galiño, investigador del Instituto Cubano del
Arte e Industria Cinematográficos: “Efectivamente usted tiene la razón
sobre el año del estreno de Rezo en la noche. Está fuera de toda
lógica que se permitiera por el régimen de Batista ese desacato. Pero
no culpemos al lector Pedro M. Calzada de ese error, ya que
investigadores tan destacados como Cristóbal Díaz Ayala y José Reyes
Fortún sitúan dicha canción en el año 1957, y hasta el filme cubano El
Benny muestra al protagonista cantándola previo al triunfo
revolucionario.
La realidad es que Rezo en la noche fue grabada por Benny Moré en
abril de 1959 y salió en un disco de 78 rpm conjuntamente con Se te
cayó el tabaco, otro número que alude al fin de la tiranía”.
Galiño ofrece un dato revelador, aunque no lo fundamenta. Escorcia
compuso Rezo en la noche en los días finales de la II Guerra Mundial y
quedó inédito. Otro lector, Raúl Menejías Álvarez, dice que la pieza
es conocida también como Susurro en la noche y fue grabada por Benny
para la Víctor en 1959.
Asegura el Doctor en Ciencias Roberto González Valdés: “Ud. tiene
razón. Dicha canción se dio a conocer en un acto por el Día de las
Madres de 1959. Tuve el privilegio de estar en dicho acto que se
celebró, si no me equivoco, en Ciudad Libertad. Digo esto pues soy
matancero y no conocía bien La Habana en aquel entonces. En ese acto
estaban presentes nada más y nada menos que los Comandantes Ernesto
Guevara y Camilo Cienfuegos, y además el hoy General de Ejército Raúl
Castro”.
Con relación a ese acto, afirma Galiño: “Ya para terminar, añado una
anécdota que contó Benny Moré ante las cámaras de TV en 1960. Dijo él
que en un acto donde estaba el Comandante Camilo Cienfuegos interpretó
Rezo en la noche y al finalizar se le acercó Camilo y le rogó que no
cantase más esa canción en su presencia: la tristeza que le provocó lo
había puesto al borde de las lágrimas”.

La patriótica

Con relación a la página del 2 de noviembre (El yerno cubano de
Juárez) escribe al
escribidor el coronel (r) Hugo Crombet, autor del libro titulado La
expedición del honor, texto que inspiró el serial televisivo Duaba, la
odisea del honor.
Refiere Crombet que el nombre de Pedro Antonio Santacilia y Palacios,
el yerno cubano del Benemérito de las Américas, se le hizo familiar
desde hace muchos años, cuando acopiaba en Costa Rica materiales para
su libro sobre la expedición que trajo a Cuba a Antonio Maceo y a su
abuelo Flor. Durante sus estancias en el país centroamericano “pude
comprobar que su poema A Cuba se convirtió en ese país en un himno”.
Añade que se canta con el mayor respeto en actos oficiales y precisa
que ha visto incluso a presidentes de ese país entonarlo con fervor al
finalizar un acto público. Dice asimismo que no son pocos los
costarricenses que consideran que el poema en cuestión, que allí se
conoce con el título de La patriótica, debía ser el verdadero himno
del país.
Importantes periódicos ticos han dedicado espacio al tema. El
historiador don Armando Vargas Araya --el hombre que más conoce acerca
de la estancia de Maceo en Costa Rica-- también lo aborda en su libro
La vía costarricense, específicamente en el capítulo 17 que lleva un
título elocuente: “La patriótica es costarricense y es cubana”.

Vive como carmelina

Gracias al correo electrónico circula con profusión por estos días una
nota sobre Carmelina Arechabala, mujer acaudalada nacida en la ciudad
matancera de Cárdenas que, por su modo de vida, dio pie a una frase
que quedó registrada en el imaginario popular. Vive como Carmelina
quien lleva una vida colmada de lujos y comodidades.
¿Quién fue Carmelina Arechabala? ¿Fue ella en verdad quien inspiró la
frase en cuestión? Así se aseguraba hace ya muchos años en un artículo
que apareció en la revista Bohemia. Se trataba de un material que
parecía muy bien fundamentado y el escribidor lo leyó con interés,
pero contrario a lo que hace habitualmente, no lo fichó ni conservó en
sus archivos. Creo recordar que lo escribió una mujer.
Ahora el amigo y colega Ernesto de Juana, entre otros lectores, me
pide que aborde el tema. No puede asegurar quien esto escribe si
Carmen Arechabala Hurtado de Mendoza es la Carmelina de la frase. Pero
tiene información acerca de la fortuna que la arropó.
En 1958 Arechabala S.A., con oficinas en Cárdenas y en la Plaza de la
Catedral de La Habana, agrupaba, escribe Guillermo Jiménez en su libro
Los propietarios de Cuba, un gran complejo fabril con plantas de
confituras, levadura y sirope; almacenes de azúcar, terminal marítima,
astilleros y otras producciones derivadas del azúcar. Eran
propietarios del central azucarero Progreso y corredores de azúcar en
el mercado mundial. Poseía, en virtud de su producción, la cuarta
refinería del país y la oncena destilería y una fábrica de licores.
Producían anís, aguardiente, crema y ginebra de la marca Arechabala.
Coñac marcas Relicario y Tres Arbolitos y ron Havana Club. Arechabala
representaba en Cuba el whisky Chivas Regal, entre otras bebidas.
Este emporio comenzó en 1862 cuando José Arechabala Aldama, antecesor
de Carmelina, llegó a Cuba y comenzó a trabajar en Matanzas con un
familiar y luego como empleado de la casa Bea, hasta que Julián de
Zulueta, marqués de Avala, lo nombró su apoderado en Cárdenas. En 1878
se estableció por cuenta propia al fundar La Vizcaya, destilería y
refinería, origen de la empresa. Perdió y rehízo su fortuna varias
veces. Había nacido en Vizcaya, en 1847, y se casó en 1874 con Carmen
Hurtado de Mendoza.
No es fácil seguir las peripecias de esta familia, que en 1958 se
contaba entre las más ricas de Cuba. Sus componentes solían casarse
entre sí y los nombres se repiten una y otra vez. Carmen Arechabala y
Hurtado de Mendoza, hija de Arechabala Aldama y Carmen Hurtado de
Mendoza, contrajo matrimonio con José Arechabala Saínz, que era su
primo hermano. Los hijos de este matrimonio llevaban lógicamente el
doble apellido Arechabala. A uno de ellos, Carmen, le tocó presidir la
firma entre 1948 y 1953.
¿Fue ella la que dio origen a la célebre frase?


Patinaje sobre hielo

“Hay algo que quisiera saber, pues tengo una porfía con un amigo que
dice que es imposible. Yo le explico que en el antiguo Palacio de los
Deportes (Paseo y Malecón) y en el actual coliseo de la Ciudad
Deportiva se practicaba patinaje sobre hielo. ¿Estoy en lo cierto o
no?”, inquiere el lector René Acevedo.
Respuesta: Está en lo cierto y no lo está. Hubo, en efecto, una pista
de patinaje sobre hielo en el desaparecido Palacio de los Deportes y
otra, tiempo después, en el teatro Blanquita --actual Karl Marx. Pero
no en la Ciudad Deportiva.
En el Palacio de los Deportes la pista se emplazó en el centro de la
edificación. En el Blanquita, se retiraban las lunetas o parte de
ellas para instalarla. Eran pistas abiertas al público, que compraba
su papeleta para utilizarlas.
La patinadora norteamericana Sonja Heine hizo sus presentaciones en la
del Palacio de los Deportes. Fue algo fabuloso. Los que la vieron
todavía la recuerdan con admiración.
¿Puede algún lector ampliar la información sobre las presentaciones
habaneras de Sonja y las pistas de hielo? Mucho lo agradecerá el
escribidor.

Amplia, luminosa, sobria

Sobre el Santuario Nacional de San Antonio de Padua pregunta el lector
Manuel Águila. Perteneciente a la Orden de los Franciscanos, esta
iglesia católica abrió sus puertas en 1949. Situada en la calle 60
esquina a Quinta Avenida, en Miramar, es obra de dos excelentes
arquitectos cubanos de la época, Salvador Figueras y Eloy Norman.
Ambos la idearon y la plasmaron de acuerdo con los gustos y exigencias
del más depurado arte moderno.
Es amplia, luminosa, de líneas sobrias y de un conjunto sencillo,
armonioso y bellísimo. Es en realidad, uno de los más acabados
exponentes de la moderna arquitectura religiosa de Cuba.

Cándamo y cauniego, obispo auxiliar

Jorge Luis Rodríguez Aguilar, subdirector de la Academia de Artes
Plásticas San Alejandro, de La Habana, me saca de mi ignorancia. En la
página titulada Lápidas, del pasado 30 de noviembre, aludía el
escribidor a los primeros enterramientos que se llevaron a cabo en el
cementerio de Espada. Dije que se trataba de los restos del gobernador
Diego Antonio de Manrique, muerto cuando llevaba solo 13 días en el
poder, y del obispo Cándamo, del cual no puede quien esto escribe,
anoté, precisar su nombre ni otros detalles.
Rodríguez Aguilar me ilustra: se llamó José González de Cándamo y
Cauniego, fue obispo titular de Milasa y obispo auxiliar de San
Cristóbal. Dice Rodríguez Aguilar que ejerció su auxiliatura entre
1798 y 1801, año en que falleció. Fue el primer obispo auxiliar de La
Habana ya que, como tal, esta fue elevada a diócesis en 1787. De ahí
que fuera escogido para ser nuevamente enterrado en la inauguración
del cementerio de Espada.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
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