Pubblicato su Juventud Rebelde del 7/12/14
Non pochi messaggi
elettronici e chiamate telefoniche sono state motivate dalla mia risposta alla
richiesta del lettore Pedro M. Calzada Ajete, pubblicata nella pagina
corrispondente al 26 di ottobre scorso. Calzada Ajete si interessava a Rezo en la noche, canzone di Francisco
Escorcia interpretata da Benny Moré e voleva conoscere se era stata presentata
per la prima volta nel 1957 e che reazione aveva provocato, allora, nelle
autorità batistiane.
Questo pezzo dice: “Oggi
dedico il mio canto alle madri che soffrono l’assenza/del figlio adorato che
coraggiosamente cadde/difendendo il sacro diritto alla libertà/e alla patria, a
cui aveva solennemente giurato lealtà/oggi dedico il mio canto alle madri che
soffrono l’assenza del figlio adorato che non tornerà più/alla moglie che
soffre in silenzio il crudele abbandono/al bimbo innocente che domanda: dov’è
papà? Dov’è il mio papà?”.
Lo scriba ricorda
perfettamente il testo, di cui riproduce solo un frammento e dubita che avesse
esordito, come dice il lettore, nel 1957. La censura batistiana che si
esercitava dal Ministero delle Comunicazioni e anche dal medesimo Palazzo
Presidenziale, non avrebbe permesso una cosa simile.
José Galiño, investigatore
dell’Istituto Cubano per l’Arte e industria Cinematografica, commenta al
riguardo: “Effettivamante lei ha ragione sull’anno di esordio di Rezo en la noche. È fuori di qualsiasi
logica che si permettesse questo oltraggio da parte del regime di Batista. Ma
non incolpiamo il lettore Pedro M. Calzada per questo errore, giacché
investigatori eccellenti come Cristóbal Díaz Ayala e José Reyes Fortún
collocano questa canzone nel 1957 e perfino il film cubano El Benny, mostra il protagonista cantandola prima della vittoria
rivoluzionaria.
La realtà è che Rezo en la noche fu incisa da Benny
Moré nell’aprile del 1959 e uscí in un disco a 78 giri assieme a Se te cayó el tabaco, altro numero che
si riferisce alla fine della tirannia”.
Galiño offre un dato
rivelatore, anche se non lo fondamenta. Escorcia compose Rezo en la noche nei giorni finali della II Guerra Mondiale e
rimase inedita. Un altro lettore, Raúl Menejías Álvarez, dice che il pezzo è
conosciuto anche come Susurro en la
noche e fu incisa da Benny con la Victor nel 1959.
Il Dottore in Scienze
Roberto González Valdés: “Lei ha ragione. Questa canzone venne fatta conoscere
in un atto pubblico per il Giorno della Madre del 1959. Ebbi il privilegio di
essere presente in quell’atto che si tenne, se non mi sbaglio, nella Ciudad
Libertád. Dico questo perché sono matanzero ed allora non conoscevo bene
l’Avana. A questo atto erano presenti nientemeno che i Comandanti Ernesto
Guevara e Camilo Cienfuegos, oltre all’oggi Generale d’Armata Raúl Castro”.
Con relazione a questo atto,
Galiño afferma: “Per finire, aggiungo un aneddoto che raccontò Benny Moré
davanti alle camere della TV nel 1960. Egli disse che in un atto in cui c’era
il Comandante Camilo Cienfuegos interpretò Rezo
en la noche e al termine gli si avvicinò Camilo pregandolo che non cantasse
più quella canzone in sua presenza: la tristezza che gli causò, lo mise al
bordo delle lacrime.
La
patriótica
Con relazione alla pagina
del 2 novembre (Il genero cubano di Juarez) scrive al sottoscritto il
colonnello della riserva Hugo Crombet, autore del libro intitolato La expedición del honor, testo che ha
ispirato la serie televisiva Duaba, la odisea del honor.
Riferisce Crombet che il
nome di Pedro Antonio Santacilia y Palacios, il genero cubano del Benemerito
delle Americhe, gli divenne famigliare molti anni fa, quando in Costa Rica
raccoglieva materiale per il suo libro sulla spedizione che portò Antonio Maceo
e suo nonno Flor, a Cuba. Durante il suo soggiorno nel Paese centroamericano,
“ho potuto comprovare che il suo poema A
Cuba, in questo Paese si convertì in
un inno”.
Aggiunge che si canta col
maggior rispetto in atti ufficiali e precisa che ha visto anche presidenti di
questo Paese intonarlo con fervore al termine di un atto pubblico. Dice anche
che non sono pochi i costaricani a considerare che il poema in questione,
conosciuto lì con il titolo di La patriótica, doveva essere il vero
inno del Paese.
Importanti giornali hanno
dedicato spazio al tema. Lo storico Armando Vargas Araya – l’uomo che conosce
di più sul soggiorno di Maceo in Costa Rica
- lo affronta anche nel suo libro La
vía costarricense, specificamente al capitolo 17 che ha un titolo
eloquente: “La patriótica è
costaricana ed è cubana”.
Vive
come Carmelina
Grazie alla posta
elettronica, in questi giorni circola a profusione una nota su Carmelina Arechabala,
donna agiata nata nella città matanzera di Cárdenas che per il suo modo di
vita, dette piede a una frase che rimase registrata nell’immaginario popolare.
Vive come Carmelina che conduce una vita piena di lussi e comodità.
Chi fu Carmelina Arechabala?
Fu davvero lei che ispirò la frase in questione? Così si diceva già da molti
anni in un articolo che apparse nella rivista Bohemia. Si trattava di un
materiale che sembrava molto ben fondato e che lo scriba ha letto con
interesse, ma contrariamente a quanto fa normalmente, non lo schedò né conservò
nei suoi archivi. Credo di ricordare che lo scrisse una donna.
Adcesso l’amico e collega
Ernesto de Juana, fra gli altri lettori, mi chiede che affronti il tema. Chi
scrive ciò non può assicurare se Carmen Arechabala Hurtado de Mendoza è la
Carmelina della frase, ma ha informazioni sulla fortuna che accumulò.
Nel 1958, Arechabala S.A.
con uffici a Cárdenas e nella Plaza de la Catedral dell’Avana, raggruppava,
scrive Guillermo Jiménez nel suo libro Los
propietarios de Cuba, un gran complesso industriale con impianti per
confetture, lievito, sciroppi; magazzini di zucchero, terminal marittimo,
cantieri navali e altre produzioni derivate dallo zucchero. Erano proprietari
dello zuccherificio Progreso e commercianti di zucchero sul mercato mondiale.
Possedeva, in virtù della sua produzione, la quarta raffineria del Paese,
l’undicesima distilleria e una fabbriuca di liquori. Producevano anice, grappa,
crema e gin di marca Arechabala, cognac di marca Relicario e Tres Arbolitos
e rum Havana Club. Arechabla rappresentava, a Cuba, il whisky Chivas Regal, fra
le altre bevande.
Questo emporio cominció nel
1862 quando, José Arechabala Aldama, antenato di Carmelina, giunse a Cuba e
cominciò a lavorare a Matanzas con un familiare, poi come impiegato della casa
Bea, fino a che Julián de Zulueta, marchese di Avala, lo nominò suo
rappresentante a Cárdenas. Nel 1878 si mise per conto proprio fondando La
Vizcaya, distilleria e raffineria, origfine dell’azienda. Perse e rifece la sua
fortuna varie volte. Era nato in Biscaglia nel 1847 e si sposò nel 1874 con
Carmen Hurtado de Mendoza.
Non è facile seguire le
peripezie di questa famiglia che nel 1958, si calcolava come una delle più
ricche di Cuba. I suoi componenti usavano sposarsi fra di loro e i nomi si
ripetono varie volte. Carmen Arechabala y Hurtado de Mendoza, contrasse
matrimonio con José Arechabala Sainz che era suo primo cugino. I figli del
matrimonio portavano, obviamente, il doppio cognome Arechabala. A una di essi, Carmen.
Toccò presiedere la ditta tra il 1948 e il 1953.
Fu lei che dette origine
alla frase?
Pattinaggio
sul ghiaccio
“C’è qualcosa che vorrei
sapere, ho una disputa con un amico che dice che è impossibile. Io gli dico che
nell’antico Palazzo dello Sport (Paseo y Malecón) e nell’attuale anfiteatro
della Ciudad Deportiva si praticava pattinaggio sul ghiaccio. Ho ragione o
no?”, chiede il lettore René Acevedo.
Risposta: Ha ragione e no.
In effetti ci fu una pista di pattinaggio sul ghiaccio nello scomparso Palazzo
dello Sport e un’altra, tempo dopo, nel tatro Blanquita – attuale Carlos Marx
-, ma non nella Ciudad Deportiva.
Nel Palazzo dello Sport la
pista si situò nel centro della costruzione. Nel Blanquita si toglievano le
poltrone, o parte di esse, per installarla. Erano piste aperte al pubblico che
comprava il suo biglietto per utilizzarle.
La pattinatrice
nordamericana Sonja Heine fece le sue rappresentazioni in quella del Palazzo
dello Sport. Fu qualcosa di favoloso. Quelli che la videro la ricordano ancora
con ammirazione.
C’è qualche lettore che può
ampliare l’informazione sulle rappresentazioni di Sonja e le piste di ghiaccio?
Lo scriba gli sarà molto grato.
Ampia,
luminosa, sobria
Il lettore Manuel Águila
domanda sul Santuario di San Antonio de Padua. Appartenente all;Ordine dei
Francescani, questa chiesa cattolica aprì le sue porte nel 1949. Sita nella
calle 60 angolo Quinta Avenida a Miramar, è opera di due eccellenti architetti
cubani dell’epoca, Salvador Figueras e Eloy Norman. Entrambi la idearono e la
plasmarono d’accordo ai gusti e le esigenze dell’arte moderna più pura.
È ampia, luminosa, di linee
sobrie e di un insieme semplice, armonioso e bellissimo. In realtà è uno dei più completi esempi di architettura
religiosa a Cuba.
Cándamo
y Cauniego, vescovo ausiliare
Jorge Luis Rodríguez
Aguilar, vicedirettore dell’Accademia di Arti Plastiche di San Alejandro
dell’Avana, mi toglie dalla mia ignoranza. Nella pagina intitolata Lapidi,
dello scorso 30 novembre, lo scriba si riferiva alle prime sepolture che si
fecero nel cimitero di Espada. Dissi che si trattava dei resti del governatore
Diego Antonio de Manrique, morto quando contava solo con 13 giorni al potere e
del vescovo Cándamo del quale non può chi scrive, annotai, precisare il suo
nome ne altri particolari.
Rodríguez Aguilar mi
illustra: si chiamò José González de Cándamo y Cauniego, fu vescovo titolare di
Milasa e vescovo ausiliare di San Cristóbal. Rodríguez Aguilar dice che
esercitò il suo servizio ausiliare tra il 1798 e 1801, anno in cui morì. Fu il
primo vescovo ausiliare dell’Avana giacché questa fu elevata a diocesi nel
1787. Da lì venne scelto per essere sepolto nuovamente con l’inaugurazione del
cimitero di Espada.
Cartas al escribidor
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
6 de Diciembre del 2014 21:59:04 CDT
No pocos mensajes electrónicos y llamadas
telefónicas motivó mi
respuesta a la solicitud del lector Pedro M.
Calzada Ajete, publicada
en la página correspondiente al 26 de octubre
pasado. Se interesaba
Calzada Ajete por Rezo en la noche, canción de
Francisco Escorcia
interpretada por Benny Moré, y quería conocer si
se había estrenado en
1957 y qué reacción había provocado entonces en
las autoridades
batistianas.
Dice dicha pieza: “Hoy dedico mi canto a las
madres que sufren la
ausencia / del hijo idolatrado que valientemente
cayera /defendiendo
el sagrado derecho de la libertad / y a la
patria, que solemnemente
jurara lealtad / hoy dedico mi canto a las
madres que sufren la
ausencia / del hijo idolatrado, que nunca jamás
volverá / a la esposa
que sufre en silencio el cruel abandono / y al
nené que inocente
pregunta: ¿Dónde está papá? ¿Dónde está mi papá?”.
El escribidor recuerda perfectamente la letra,
de la que reproduce
solo un fragmento, y duda que fuera estrenada,
como dice el lector, en
1957. La censura batistiana, que se ejercía
desde el Ministerio de
Comunicaciones y también desde el mismo Palacio
Presidencial, no
hubiese permitido algo así.
Al respecto comenta José Galiño, investigador
del Instituto Cubano del
Arte e Industria Cinematográficos: “Efectivamente
usted tiene la razón
sobre el año del estreno de Rezo en la noche.
Está fuera de toda
lógica que se permitiera por el régimen de
Batista ese desacato. Pero
no culpemos al lector Pedro M. Calzada de ese
error, ya que
investigadores tan destacados como Cristóbal
Díaz Ayala y José Reyes
Fortún sitúan dicha canción en el año 1957, y
hasta el filme cubano El
Benny muestra al protagonista cantándola previo
al triunfo
revolucionario.
La realidad es que Rezo en la noche fue grabada
por Benny Moré en
abril de 1959 y salió en un disco de 78 rpm
conjuntamente con Se te
cayó el tabaco, otro número que alude al fin de
la tiranía”.
Galiño ofrece un dato revelador, aunque no lo
fundamenta. Escorcia
compuso Rezo en la noche en los días finales de
la II Guerra Mundial y
quedó inédito. Otro lector, Raúl Menejías
Álvarez, dice que la pieza
es conocida también como Susurro en la noche y
fue grabada por Benny
para la Víctor en 1959.
Asegura el Doctor en Ciencias Roberto González
Valdés: “Ud. tiene
razón. Dicha canción se dio a conocer en un acto
por el Día de las
Madres de 1959. Tuve el privilegio de estar en dicho
acto que se
celebró, si no me equivoco, en Ciudad Libertad.
Digo esto pues soy
matancero y no conocía bien La Habana en aquel
entonces. En ese acto
estaban presentes nada más y nada menos que los
Comandantes Ernesto
Guevara y Camilo Cienfuegos, y además el hoy
General de Ejército Raúl
Castro”.
Con relación a ese acto, afirma Galiño: “Ya para
terminar, añado una
anécdota que contó Benny Moré ante las cámaras
de TV en 1960. Dijo él
que en un acto donde estaba el Comandante Camilo
Cienfuegos interpretó
Rezo en la noche y al finalizar se le acercó
Camilo y le rogó que no
cantase más esa canción en su presencia: la
tristeza que le provocó lo
había puesto al borde de las lágrimas”.
La
patriótica
Con relación a la página del 2 de noviembre (El
yerno cubano de
Juárez) escribe al
escribidor el coronel (r) Hugo Crombet, autor
del libro titulado La
expedición del honor, texto que inspiró el
serial televisivo Duaba, la
odisea del honor.
Refiere Crombet que el nombre de Pedro Antonio
Santacilia y Palacios,
el yerno cubano del Benemérito de las Américas,
se le hizo familiar
desde hace muchos años, cuando acopiaba en Costa
Rica materiales para
su libro sobre la expedición que trajo a Cuba a
Antonio Maceo y a su
abuelo Flor. Durante sus estancias en el país centroamericano
“pude
comprobar que su poema A Cuba se convirtió en
ese país en un himno”.
Añade que se canta con el mayor respeto en actos
oficiales y precisa
que ha visto incluso a presidentes de ese país
entonarlo con fervor al
finalizar un acto público. Dice asimismo que no
son pocos los
costarricenses que consideran que el poema en
cuestión, que allí se
conoce con el título de La patriótica, debía ser
el verdadero himno
del país.
Importantes periódicos ticos han dedicado
espacio al tema. El
historiador don Armando Vargas Araya --el hombre
que más conoce acerca
de la estancia de Maceo en Costa Rica-- también
lo aborda en su libro
La vía costarricense, específicamente en el
capítulo 17 que lleva un
título elocuente: “La patriótica es
costarricense y es cubana”.
Vive como
carmelina
Gracias al correo electrónico circula con
profusión por estos días una
nota sobre Carmelina Arechabala, mujer
acaudalada nacida en la ciudad
matancera de Cárdenas que, por su modo de vida,
dio pie a una frase
que quedó registrada en el imaginario popular.
Vive como Carmelina
quien lleva una vida colmada de lujos y
comodidades.
¿Quién fue Carmelina Arechabala? ¿Fue ella en
verdad quien inspiró la
frase en cuestión? Así se aseguraba hace ya
muchos años en un artículo
que apareció en la revista Bohemia. Se trataba
de un material que
parecía muy bien fundamentado y el escribidor lo
leyó con interés,
pero contrario a lo que hace habitualmente, no
lo fichó ni conservó en
sus archivos. Creo recordar que lo escribió una
mujer.
Ahora el amigo y colega Ernesto de Juana, entre
otros lectores, me
pide que aborde el tema. No puede asegurar quien
esto escribe si
Carmen Arechabala Hurtado de Mendoza es la
Carmelina de la frase. Pero
tiene información acerca de la fortuna que la
arropó.
En 1958 Arechabala S.A., con oficinas en
Cárdenas y en la Plaza de la
Catedral de La Habana, agrupaba, escribe
Guillermo Jiménez en su libro
Los propietarios de Cuba, un gran complejo
fabril con plantas de
confituras, levadura y sirope; almacenes de
azúcar, terminal marítima,
astilleros y otras producciones derivadas del
azúcar. Eran
propietarios del central azucarero Progreso y
corredores de azúcar en
el mercado mundial. Poseía, en virtud de su
producción, la cuarta
refinería del país y la oncena destilería y una
fábrica de licores.
Producían anís, aguardiente, crema y ginebra de
la marca Arechabala.
Coñac marcas Relicario y Tres Arbolitos y ron
Havana Club. Arechabala
representaba en Cuba el whisky Chivas Regal,
entre otras bebidas.
Este emporio comenzó en 1862 cuando José
Arechabala Aldama, antecesor
de Carmelina, llegó a Cuba y comenzó a trabajar
en Matanzas con un
familiar y luego como empleado de la casa Bea,
hasta que Julián de
Zulueta, marqués de Avala, lo nombró su
apoderado en Cárdenas. En 1878
se estableció por cuenta propia al fundar La
Vizcaya, destilería y
refinería, origen de la empresa. Perdió y rehízo
su fortuna varias
veces. Había nacido en Vizcaya, en 1847, y se
casó en 1874 con Carmen
Hurtado de Mendoza.
No es fácil seguir las peripecias de esta
familia, que en 1958 se
contaba entre las más ricas de Cuba. Sus
componentes solían casarse
entre sí y los nombres se repiten una y otra
vez. Carmen Arechabala y
Hurtado de Mendoza, hija de Arechabala Aldama y
Carmen Hurtado de
Mendoza, contrajo matrimonio con José Arechabala
Saínz, que era su
primo hermano. Los hijos de este matrimonio
llevaban lógicamente el
doble apellido Arechabala. A uno de ellos,
Carmen, le tocó presidir la
firma entre 1948 y 1953.
¿Fue ella la que dio origen a la célebre frase?
Patinaje sobre hielo
“Hay algo que quisiera saber, pues tengo una
porfía con un amigo que
dice que es imposible. Yo le explico que en el
antiguo Palacio de los
Deportes (Paseo y Malecón) y en el actual
coliseo de la Ciudad
Deportiva se practicaba patinaje sobre hielo.
¿Estoy en lo cierto o
no?”, inquiere el lector René Acevedo.
Respuesta: Está en lo cierto y no lo está. Hubo,
en efecto, una pista
de patinaje sobre hielo en el desaparecido
Palacio de los Deportes y
otra, tiempo después, en el teatro Blanquita
--actual Karl Marx. Pero
no en la Ciudad Deportiva.
En el Palacio de los Deportes la pista se
emplazó en el centro de la
edificación. En el Blanquita, se retiraban las
lunetas o parte de
ellas para instalarla. Eran pistas abiertas al
público, que compraba
su papeleta para utilizarlas.
La patinadora norteamericana Sonja Heine hizo
sus presentaciones en la
del Palacio de los Deportes. Fue algo fabuloso.
Los que la vieron
todavía la recuerdan con admiración.
¿Puede algún lector ampliar la información sobre
las presentaciones
habaneras de Sonja y las pistas de hielo? Mucho
lo agradecerá el
escribidor.
Amplia,
luminosa, sobria
Sobre el Santuario Nacional de San Antonio de
Padua pregunta el lector
Manuel Águila. Perteneciente a la Orden de los
Franciscanos, esta
iglesia católica abrió sus puertas en 1949.
Situada en la calle 60
esquina a Quinta Avenida, en Miramar, es obra de
dos excelentes
arquitectos cubanos de la época, Salvador
Figueras y Eloy Norman.
Ambos la idearon y la plasmaron de acuerdo con
los gustos y exigencias
del más depurado arte moderno.
Es amplia, luminosa, de líneas sobrias y de un
conjunto sencillo,
armonioso y bellísimo. Es en realidad, uno de
los más acabados
exponentes de la moderna arquitectura religiosa
de Cuba.
Cándamo y
cauniego, obispo auxiliar
Jorge Luis Rodríguez Aguilar, subdirector de la
Academia de Artes
Plásticas San Alejandro, de La Habana, me saca
de mi ignorancia. En la
página titulada Lápidas, del pasado 30 de
noviembre, aludía el
escribidor a los primeros enterramientos que se
llevaron a cabo en el
cementerio de Espada. Dije que se trataba de los
restos del gobernador
Diego Antonio de Manrique, muerto cuando llevaba
solo 13 días en el
poder, y del obispo Cándamo, del cual no puede
quien esto escribe,
anoté, precisar su nombre ni otros detalles.
Rodríguez Aguilar me ilustra: se llamó José
González de Cándamo y
Cauniego, fue obispo titular de Milasa y obispo
auxiliar de San
Cristóbal. Dice Rodríguez Aguilar que ejerció su
auxiliatura entre
1798 y 1801, año en que falleció. Fue el primer
obispo auxiliar de La
Habana ya que, como tal, esta fue elevada a
diócesis en 1787. De ahí
que fuera escogido para ser nuevamente enterrado
en la inauguración
del cementerio de Espada.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
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