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martedì 9 dicembre 2014

Lettere allo scriba, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 7/12/14



Non pochi messaggi elettronici e chiamate telefoniche sono state motivate dalla mia risposta alla richiesta del lettore Pedro M. Calzada Ajete, pubblicata nella pagina corrispondente al 26 di ottobre scorso. Calzada Ajete si interessava a Rezo en la noche, canzone di Francisco Escorcia interpretata da Benny Moré e voleva conoscere se era stata presentata per la prima volta nel 1957 e che reazione aveva provocato, allora, nelle autorità batistiane.
Questo pezzo dice: “Oggi dedico il mio canto alle madri che soffrono l’assenza/del figlio adorato che coraggiosamente cadde/difendendo il sacro diritto alla libertà/e alla patria, a cui aveva solennemente giurato lealtà/oggi dedico il mio canto alle madri che soffrono l’assenza del figlio adorato che non tornerà più/alla moglie che soffre in silenzio il crudele abbandono/al bimbo innocente che domanda: dov’è papà? Dov’è il mio papà?”.
Lo scriba ricorda perfettamente il testo, di cui riproduce solo un frammento e dubita che avesse esordito, come dice il lettore, nel 1957. La censura batistiana che si esercitava dal Ministero delle Comunicazioni e anche dal medesimo Palazzo Presidenziale, non avrebbe permesso una cosa simile.
José Galiño, investigatore dell’Istituto Cubano per l’Arte e industria Cinematografica, commenta al riguardo: “Effettivamante lei ha ragione sull’anno di esordio di Rezo en la noche. È fuori di qualsiasi logica che si permettesse questo oltraggio da parte del regime di Batista. Ma non incolpiamo il lettore Pedro M. Calzada per questo errore, giacché investigatori eccellenti come Cristóbal Díaz Ayala e José Reyes Fortún collocano questa canzone nel 1957 e perfino il film cubano El Benny, mostra il protagonista cantandola prima della vittoria rivoluzionaria.
La realtà è che Rezo en la noche fu incisa da Benny Moré nell’aprile del 1959 e uscí in un disco a 78 giri assieme a Se te cayó el tabaco, altro numero che si riferisce alla fine della tirannia”.
Galiño offre un dato rivelatore, anche se non lo fondamenta. Escorcia compose Rezo en la noche nei giorni finali della II Guerra Mondiale e rimase inedita. Un altro lettore, Raúl Menejías Álvarez, dice che il pezzo è conosciuto anche come Susurro en la noche e fu incisa da Benny con la Victor nel 1959.
Il Dottore in Scienze Roberto González Valdés: “Lei ha ragione. Questa canzone venne fatta conoscere in un atto pubblico per il Giorno della Madre del 1959. Ebbi il privilegio di essere presente in quell’atto che si tenne, se non mi sbaglio, nella Ciudad Libertád. Dico questo perché sono matanzero ed allora non conoscevo bene l’Avana. A questo atto erano presenti nientemeno che i Comandanti Ernesto Guevara e Camilo Cienfuegos, oltre all’oggi Generale d’Armata Raúl Castro”.
Con relazione a questo atto, Galiño afferma: “Per finire, aggiungo un aneddoto che raccontò Benny Moré davanti alle camere della TV nel 1960. Egli disse che in un atto in cui c’era il Comandante Camilo Cienfuegos interpretò Rezo en la noche e al termine gli si avvicinò Camilo pregandolo che non cantasse più quella canzone in sua presenza: la tristezza che gli causò, lo mise al bordo delle lacrime.

La patriótica

Con relazione alla pagina del 2 novembre (Il genero cubano di Juarez) scrive al sottoscritto il colonnello della riserva Hugo Crombet, autore del libro intitolato La expedición del honor, testo che ha ispirato la serie televisiva Duaba, la odisea del honor.
Riferisce Crombet che il nome di Pedro Antonio Santacilia y Palacios, il genero cubano del Benemerito delle Americhe, gli divenne famigliare molti anni fa, quando in Costa Rica raccoglieva materiale per il suo libro sulla spedizione che portò Antonio Maceo e suo nonno Flor, a Cuba. Durante il suo soggiorno nel Paese centroamericano, “ho potuto comprovare che il suo poema A Cuba,  in questo Paese si convertì in un inno”.
Aggiunge che si canta col maggior rispetto in atti ufficiali e precisa che ha visto anche presidenti di questo Paese intonarlo con fervore al termine di un atto pubblico. Dice anche che non sono pochi i costaricani a considerare che il poema in questione, conosciuto lì  con il titolo di La patriótica, doveva essere il vero inno del Paese.
Importanti giornali hanno dedicato spazio al tema. Lo storico Armando Vargas Araya – l’uomo che conosce di più sul soggiorno di Maceo in Costa Rica  - lo affronta anche nel suo libro La vía costarricense, specificamente al capitolo 17 che ha un titolo eloquente: “La patriótica è costaricana ed è cubana”.

Vive come Carmelina

Grazie alla posta elettronica, in questi giorni circola a profusione una nota su Carmelina Arechabala, donna agiata nata nella città matanzera di Cárdenas che per il suo modo di vita, dette piede a una frase che rimase registrata nell’immaginario popolare. Vive come Carmelina che conduce una vita piena di lussi e comodità.
Chi fu Carmelina Arechabala? Fu davvero lei che ispirò la frase in questione? Così si diceva già da molti anni in un articolo che apparse nella rivista Bohemia. Si trattava di un materiale che sembrava molto ben fondato e che lo scriba ha letto con interesse, ma contrariamente a quanto fa normalmente, non lo schedò né conservò nei suoi archivi. Credo di ricordare che lo scrisse una donna.
Adcesso l’amico e collega Ernesto de Juana, fra gli altri lettori, mi chiede che affronti il tema. Chi scrive ciò non può assicurare se Carmen Arechabala Hurtado de Mendoza è la Carmelina della frase, ma ha informazioni sulla fortuna che accumulò.
Nel 1958, Arechabala S.A. con uffici a Cárdenas e nella Plaza de la Catedral dell’Avana, raggruppava, scrive Guillermo Jiménez nel suo libro Los propietarios de Cuba, un gran complesso industriale con impianti per confetture, lievito, sciroppi; magazzini di zucchero, terminal marittimo, cantieri navali e altre produzioni derivate dallo zucchero. Erano proprietari dello zuccherificio Progreso e commercianti di zucchero sul mercato mondiale. Possedeva, in virtù della sua produzione, la quarta raffineria del Paese, l’undicesima distilleria e una fabbriuca di liquori. Producevano anice, grappa, crema e gin di marca Arechabala, cognac di marca Relicario e Tres Arbolitos e rum Havana Club. Arechabla rappresentava, a Cuba, il whisky Chivas Regal, fra le altre bevande.
Questo emporio cominció nel 1862 quando, José Arechabala Aldama, antenato di Carmelina, giunse a Cuba e cominciò a lavorare a Matanzas con un familiare, poi come impiegato della casa Bea, fino a che Julián de Zulueta, marchese di Avala, lo nominò suo rappresentante a Cárdenas. Nel 1878 si mise per conto proprio fondando La Vizcaya, distilleria e raffineria, origfine dell’azienda. Perse e rifece la sua fortuna varie volte. Era nato in Biscaglia nel 1847 e si sposò nel 1874 con Carmen Hurtado de Mendoza.
Non è facile seguire le peripezie di questa famiglia che nel 1958, si calcolava come una delle più ricche di Cuba. I suoi componenti usavano sposarsi fra di loro e i nomi si ripetono varie volte. Carmen Arechabala y Hurtado de Mendoza, contrasse matrimonio con José Arechabala Sainz che era suo primo cugino. I figli del matrimonio portavano, obviamente, il doppio cognome Arechabala. A una di essi, Carmen. Toccò presiedere la ditta tra il 1948 e il 1953.
Fu lei che dette origine alla frase?

Pattinaggio sul ghiaccio

“C’è qualcosa che vorrei sapere, ho una disputa con un amico che dice che è impossibile. Io gli dico che nell’antico Palazzo dello Sport (Paseo y Malecón) e nell’attuale anfiteatro della Ciudad Deportiva si praticava pattinaggio sul ghiaccio. Ho ragione o no?”, chiede il lettore René Acevedo.
Risposta: Ha ragione e no. In effetti ci fu una pista di pattinaggio sul ghiaccio nello scomparso Palazzo dello Sport e un’altra, tempo dopo, nel tatro Blanquita – attuale Carlos Marx -, ma non nella Ciudad Deportiva.
Nel Palazzo dello Sport la pista si situò nel centro della costruzione. Nel Blanquita si toglievano le poltrone, o parte di esse, per installarla. Erano piste aperte al pubblico che comprava il suo biglietto per utilizzarle.
La pattinatrice nordamericana Sonja Heine fece le sue rappresentazioni in quella del Palazzo dello Sport. Fu qualcosa di favoloso. Quelli che la videro la ricordano ancora con ammirazione.
C’è qualche lettore che può ampliare l’informazione sulle rappresentazioni di Sonja e le piste di ghiaccio? Lo scriba gli sarà molto grato.

Ampia, luminosa, sobria

Il lettore Manuel Águila domanda sul Santuario di San Antonio de Padua. Appartenente all;Ordine dei Francescani, questa chiesa cattolica aprì le sue porte nel 1949. Sita nella calle 60 angolo Quinta Avenida a Miramar, è opera di due eccellenti architetti cubani dell’epoca, Salvador Figueras e Eloy Norman. Entrambi la idearono e la plasmarono d’accordo ai gusti e le esigenze dell’arte moderna più pura.
È ampia, luminosa, di linee sobrie e di un insieme semplice, armonioso e bellissimo. In realtà  è uno dei più completi esempi di architettura religiosa a Cuba.

Cándamo y Cauniego, vescovo ausiliare

Jorge Luis Rodríguez Aguilar, vicedirettore dell’Accademia di Arti Plastiche di San Alejandro dell’Avana, mi toglie dalla mia ignoranza. Nella pagina intitolata Lapidi, dello scorso 30 novembre, lo scriba si riferiva alle prime sepolture che si fecero nel cimitero di Espada. Dissi che si trattava dei resti del governatore Diego Antonio de Manrique, morto quando contava solo con 13 giorni al potere e del vescovo Cándamo del quale non può chi scrive, annotai, precisare il suo nome ne altri particolari.
Rodríguez Aguilar mi illustra: si chiamò José González de Cándamo y Cauniego, fu vescovo titolare di Milasa e vescovo ausiliare di San Cristóbal. Rodríguez Aguilar dice che esercitò il suo servizio ausiliare tra il 1798 e 1801, anno in cui morì. Fu il primo vescovo ausiliare dell’Avana giacché questa fu elevata a diocesi nel 1787. Da lì venne scelto per essere sepolto nuovamente con l’inaugurazione del cimitero di Espada.


Cartas al escribidor

Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
6 de Diciembre del 2014 21:59:04 CDT

No pocos mensajes electrónicos y llamadas telefónicas motivó mi
respuesta a la solicitud del lector Pedro M. Calzada Ajete, publicada
en la página correspondiente al 26 de octubre pasado. Se interesaba
Calzada Ajete por Rezo en la noche, canción de Francisco Escorcia
interpretada por Benny Moré, y quería conocer si se había estrenado en
1957 y qué reacción había provocado entonces en las autoridades
batistianas.
Dice dicha pieza: “Hoy dedico mi canto a las madres que sufren la
ausencia / del hijo idolatrado que valientemente cayera /defendiendo
el sagrado derecho de la libertad / y a la patria, que solemnemente
jurara lealtad / hoy dedico mi canto a las madres que sufren la
ausencia / del hijo idolatrado, que nunca jamás volverá / a la esposa
que sufre en silencio el cruel abandono / y al nené que inocente
pregunta: ¿Dónde está papá? ¿Dónde está mi papá?”.
El escribidor recuerda perfectamente la letra, de la que reproduce
solo un fragmento, y duda que fuera estrenada, como dice el lector, en
1957. La censura batistiana, que se ejercía desde el Ministerio de
Comunicaciones y también desde el mismo Palacio Presidencial, no
hubiese permitido algo así.
Al respecto comenta José Galiño, investigador del Instituto Cubano del
Arte e Industria Cinematográficos: “Efectivamente usted tiene la razón
sobre el año del estreno de Rezo en la noche. Está fuera de toda
lógica que se permitiera por el régimen de Batista ese desacato. Pero
no culpemos al lector Pedro M. Calzada de ese error, ya que
investigadores tan destacados como Cristóbal Díaz Ayala y José Reyes
Fortún sitúan dicha canción en el año 1957, y hasta el filme cubano El
Benny muestra al protagonista cantándola previo al triunfo
revolucionario.
La realidad es que Rezo en la noche fue grabada por Benny Moré en
abril de 1959 y salió en un disco de 78 rpm conjuntamente con Se te
cayó el tabaco, otro número que alude al fin de la tiranía”.
Galiño ofrece un dato revelador, aunque no lo fundamenta. Escorcia
compuso Rezo en la noche en los días finales de la II Guerra Mundial y
quedó inédito. Otro lector, Raúl Menejías Álvarez, dice que la pieza
es conocida también como Susurro en la noche y fue grabada por Benny
para la Víctor en 1959.
Asegura el Doctor en Ciencias Roberto González Valdés: “Ud. tiene
razón. Dicha canción se dio a conocer en un acto por el Día de las
Madres de 1959. Tuve el privilegio de estar en dicho acto que se
celebró, si no me equivoco, en Ciudad Libertad. Digo esto pues soy
matancero y no conocía bien La Habana en aquel entonces. En ese acto
estaban presentes nada más y nada menos que los Comandantes Ernesto
Guevara y Camilo Cienfuegos, y además el hoy General de Ejército Raúl
Castro”.
Con relación a ese acto, afirma Galiño: “Ya para terminar, añado una
anécdota que contó Benny Moré ante las cámaras de TV en 1960. Dijo él
que en un acto donde estaba el Comandante Camilo Cienfuegos interpretó
Rezo en la noche y al finalizar se le acercó Camilo y le rogó que no
cantase más esa canción en su presencia: la tristeza que le provocó lo
había puesto al borde de las lágrimas”.

La patriótica

Con relación a la página del 2 de noviembre (El yerno cubano de
Juárez) escribe al
escribidor el coronel (r) Hugo Crombet, autor del libro titulado La
expedición del honor, texto que inspiró el serial televisivo Duaba, la
odisea del honor.
Refiere Crombet que el nombre de Pedro Antonio Santacilia y Palacios,
el yerno cubano del Benemérito de las Américas, se le hizo familiar
desde hace muchos años, cuando acopiaba en Costa Rica materiales para
su libro sobre la expedición que trajo a Cuba a Antonio Maceo y a su
abuelo Flor. Durante sus estancias en el país centroamericano “pude
comprobar que su poema A Cuba se convirtió en ese país en un himno”.
Añade que se canta con el mayor respeto en actos oficiales y precisa
que ha visto incluso a presidentes de ese país entonarlo con fervor al
finalizar un acto público. Dice asimismo que no son pocos los
costarricenses que consideran que el poema en cuestión, que allí se
conoce con el título de La patriótica, debía ser el verdadero himno
del país.
Importantes periódicos ticos han dedicado espacio al tema. El
historiador don Armando Vargas Araya --el hombre que más conoce acerca
de la estancia de Maceo en Costa Rica-- también lo aborda en su libro
La vía costarricense, específicamente en el capítulo 17 que lleva un
título elocuente: “La patriótica es costarricense y es cubana”.

Vive como carmelina

Gracias al correo electrónico circula con profusión por estos días una
nota sobre Carmelina Arechabala, mujer acaudalada nacida en la ciudad
matancera de Cárdenas que, por su modo de vida, dio pie a una frase
que quedó registrada en el imaginario popular. Vive como Carmelina
quien lleva una vida colmada de lujos y comodidades.
¿Quién fue Carmelina Arechabala? ¿Fue ella en verdad quien inspiró la
frase en cuestión? Así se aseguraba hace ya muchos años en un artículo
que apareció en la revista Bohemia. Se trataba de un material que
parecía muy bien fundamentado y el escribidor lo leyó con interés,
pero contrario a lo que hace habitualmente, no lo fichó ni conservó en
sus archivos. Creo recordar que lo escribió una mujer.
Ahora el amigo y colega Ernesto de Juana, entre otros lectores, me
pide que aborde el tema. No puede asegurar quien esto escribe si
Carmen Arechabala Hurtado de Mendoza es la Carmelina de la frase. Pero
tiene información acerca de la fortuna que la arropó.
En 1958 Arechabala S.A., con oficinas en Cárdenas y en la Plaza de la
Catedral de La Habana, agrupaba, escribe Guillermo Jiménez en su libro
Los propietarios de Cuba, un gran complejo fabril con plantas de
confituras, levadura y sirope; almacenes de azúcar, terminal marítima,
astilleros y otras producciones derivadas del azúcar. Eran
propietarios del central azucarero Progreso y corredores de azúcar en
el mercado mundial. Poseía, en virtud de su producción, la cuarta
refinería del país y la oncena destilería y una fábrica de licores.
Producían anís, aguardiente, crema y ginebra de la marca Arechabala.
Coñac marcas Relicario y Tres Arbolitos y ron Havana Club. Arechabala
representaba en Cuba el whisky Chivas Regal, entre otras bebidas.
Este emporio comenzó en 1862 cuando José Arechabala Aldama, antecesor
de Carmelina, llegó a Cuba y comenzó a trabajar en Matanzas con un
familiar y luego como empleado de la casa Bea, hasta que Julián de
Zulueta, marqués de Avala, lo nombró su apoderado en Cárdenas. En 1878
se estableció por cuenta propia al fundar La Vizcaya, destilería y
refinería, origen de la empresa. Perdió y rehízo su fortuna varias
veces. Había nacido en Vizcaya, en 1847, y se casó en 1874 con Carmen
Hurtado de Mendoza.
No es fácil seguir las peripecias de esta familia, que en 1958 se
contaba entre las más ricas de Cuba. Sus componentes solían casarse
entre sí y los nombres se repiten una y otra vez. Carmen Arechabala y
Hurtado de Mendoza, hija de Arechabala Aldama y Carmen Hurtado de
Mendoza, contrajo matrimonio con José Arechabala Saínz, que era su
primo hermano. Los hijos de este matrimonio llevaban lógicamente el
doble apellido Arechabala. A uno de ellos, Carmen, le tocó presidir la
firma entre 1948 y 1953.
¿Fue ella la que dio origen a la célebre frase?


Patinaje sobre hielo

“Hay algo que quisiera saber, pues tengo una porfía con un amigo que
dice que es imposible. Yo le explico que en el antiguo Palacio de los
Deportes (Paseo y Malecón) y en el actual coliseo de la Ciudad
Deportiva se practicaba patinaje sobre hielo. ¿Estoy en lo cierto o
no?”, inquiere el lector René Acevedo.
Respuesta: Está en lo cierto y no lo está. Hubo, en efecto, una pista
de patinaje sobre hielo en el desaparecido Palacio de los Deportes y
otra, tiempo después, en el teatro Blanquita --actual Karl Marx. Pero
no en la Ciudad Deportiva.
En el Palacio de los Deportes la pista se emplazó en el centro de la
edificación. En el Blanquita, se retiraban las lunetas o parte de
ellas para instalarla. Eran pistas abiertas al público, que compraba
su papeleta para utilizarlas.
La patinadora norteamericana Sonja Heine hizo sus presentaciones en la
del Palacio de los Deportes. Fue algo fabuloso. Los que la vieron
todavía la recuerdan con admiración.
¿Puede algún lector ampliar la información sobre las presentaciones
habaneras de Sonja y las pistas de hielo? Mucho lo agradecerá el
escribidor.

Amplia, luminosa, sobria

Sobre el Santuario Nacional de San Antonio de Padua pregunta el lector
Manuel Águila. Perteneciente a la Orden de los Franciscanos, esta
iglesia católica abrió sus puertas en 1949. Situada en la calle 60
esquina a Quinta Avenida, en Miramar, es obra de dos excelentes
arquitectos cubanos de la época, Salvador Figueras y Eloy Norman.
Ambos la idearon y la plasmaron de acuerdo con los gustos y exigencias
del más depurado arte moderno.
Es amplia, luminosa, de líneas sobrias y de un conjunto sencillo,
armonioso y bellísimo. Es en realidad, uno de los más acabados
exponentes de la moderna arquitectura religiosa de Cuba.

Cándamo y cauniego, obispo auxiliar

Jorge Luis Rodríguez Aguilar, subdirector de la Academia de Artes
Plásticas San Alejandro, de La Habana, me saca de mi ignorancia. En la
página titulada Lápidas, del pasado 30 de noviembre, aludía el
escribidor a los primeros enterramientos que se llevaron a cabo en el
cementerio de Espada. Dije que se trataba de los restos del gobernador
Diego Antonio de Manrique, muerto cuando llevaba solo 13 días en el
poder, y del obispo Cándamo, del cual no puede quien esto escribe,
anoté, precisar su nombre ni otros detalles.
Rodríguez Aguilar me ilustra: se llamó José González de Cándamo y
Cauniego, fue obispo titular de Milasa y obispo auxiliar de San
Cristóbal. Dice Rodríguez Aguilar que ejerció su auxiliatura entre
1798 y 1801, año en que falleció. Fue el primer obispo auxiliar de La
Habana ya que, como tal, esta fue elevada a diócesis en 1787. De ahí
que fuera escogido para ser nuevamente enterrado en la inauguración
del cementerio de Espada.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/




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