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giovedì 26 gennaio 2012

Humour cubano

- ¿El mundo se acababa en el 2012?
- Mentira, encontré una lata de atún que vence en el 2013!!!


- Mami, ¿hay gelatina?
- Que yo sepa, hay i latina, i griega, pero, ¿G latina?, no, creo que no hay…


- ¿Qué es una hipoteca?
- Es el lugar donde los hipopótamos van a bailar los fines de semana.


- ¿Aló, aló, aeropuerto?
- Si
- ¿Puede decirme cuánto dura el vuelo de San Juan a Madrid?
- Sí, un minuto...
- ¡Ay!, muchas gracias...- y colgó el teléfono…-


- Oye, te veo bien preocupada…
- Es que el médico me dijo que me tomara tres muestras de orina, pero solo me tomé dos, es que sabe tan amargo!


- ¿Qué opinas de la destitución del Alcalde Moreno?
- Ay no me parece, es muy triste que hayan personas tan racistas.


- ¿Y de qué murió tu amigo?
- Creo que en una pelea, porque afuera dice SEPELIO, pero no dice con quién...


- ¿Quién fue Juana de Arco?
- Era una drogadicta!!! En el libro de historia, dice que murió por heroína...

mercoledì 25 gennaio 2012

Gualtiero Menoni, quasi una leggenda a Milano

Ricevo dal gentile lettore Roberto Dalzoppo, già autore di uno scritto sulla Santeria pubblicato sul blog, un ricordo del vecchio amico Gualtiero Menoni. lo pubblico per chi lo ha conosciuto e chi no...ricordo anche che sono ben accetti testi da pubblicare.


Ricordo di Gualtiero Menoni –fondatore della Bodeguita del Medio di Milano.

Di Cuba e della sua terra rossa e del suo Popolo lui, Gualtiero Menoni, ne raccontava di tanto e bene perché amava veramente quel Paese. C’era ancora Fulgencio Batista quando iniziò a compiere i suoi primi viaggi e poi altri ancora, dopo la rivoluzione, fino alla decisione nell’anno 1981 di proporre la Bodeguita del Medio di calle Empedrado, a La Habana Vieja, nella sua Milano.
Era un uomo, un “signore” d’altri tempi, come adesso è difficile, se non rarissimo, trovarne di altri. Generoso d’animo, garbato nei movimenti e nel dialogo sempre sereno ed espressivo, di buon ingegno e fantasia, aveva umiltà e sapeva ascoltare, comunista, meglio, pareva interpretare come sue le parole che il Comandante Ernesto Guevara ha lasciato quale testamento ai suoi figli Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernesto: “Sobre todo, sean siempre capaces de sentir en lo más hondo cualquier injusticia cometida contra cualquiera en cualquier parte del mundo. Es la cualidad más linda de un revolucionario.”
Nella mattinata, verso le dieci all’incirca, era solito uscire dal portone della casa di via Col di Lana: alzava la testa al cielo, in modo strano, come per vedere che “tempo buttava” e come chi, bella o brutta fosse stata la giornata, era comunque determinato a sbrigare tutte le sue faccende.
Dice la storia, correva l’anno 1780, che in un albeggiare nitido da una “vista” sopra la Gran Piedra nel cuore della Sierra Maestra, poco distante dalla città di Santiago de Cuba, Sebastián Kindelán O’Reagan, colonnello e cavaliere dell’Ordine di Santiago e governatore del Distretto Orientale di Cuba e l’emigrato francese Prudencio Cassimajor, quest’ultimo sfuggito agli sconvolgimenti accaduti sull’isola di Haiti, espressero il sogno, poi diventato realtà, di rendere fertile per la produzione del caffè la maggior parte dei terreni delle montagne orientali.
Dice ancora la storia, correva l’anno 1860, che con Facundo Bacardì y Mazò iniziò il segreto, tramandato da padre in figlio, del “ron” più famoso al mondo. Ma Alfonsito Matamoros e Mariano Lavigne, addetti alla produzione tra i pochi che potevano entrare nella camera della “mezcla” e che sapevano anche dei componenti “l’essenza”, affermavano più semplicemente che, oltre al “taglio” con “ron” invecchiato lunghissimi anni, il metodo sta in una buona acquavite e che l’acquavite dipende da una buona melassa e a tale proposito la “miel” dello zuccherificio Algodonales è la migliore.
La Bodeguita del Medio di Milano è ciò che è stato il sogno di un uomo, Gualtiero Menoni, il segreto: la passione e la voglia di dare un senso alla vita, costruendo. A partire dalla quotidianità, dagli affetti, dall’esperienza umana che ti trasmettono, dal talento e dal sapere, dalle cose in cui si crede, dalle cose e dalle persone che si amano, dai valori per cui si è disposti a sacrificare qualcosa.
Gualtiero Menoni sarà sempre lì, seduto al tavolo delle “donne” di Gauguin, sotto la palma reale, ad accogliere la sua gente, la gente della Bodeguita del Medio che lo ricorderà “para siempre”.

Nell’aprile 1999, Gualtiero Menoni scrisse: “Mani fraterne, da un orizzonte all’altro, unite nello spirito.”


Prima stesura 9 aprile 2000

Proprietà letteraria riservata
© by Roberto Dalzoppo

martedì 24 gennaio 2012

Hanno ragione anche loro, però!: canzone tango

Caro tassista che dichiari 1000 euro al mese, che non si sa chi te l’ha fatto fare allora di
comprarti la licenza a duecentomila, forse c’hai pure ragione quando dici che la
liberalizzazione dei taxi come la soluzione di tutti i problemi dell’Italia è un’ingiustizia.

Caro onorevole deputato che non arrivi alla fine del mese con i 16.000 euro di indennità,
forse c’hai pure ragione che non è abbassandovi lo stipendio di qualche euro che si
risolvono i problemi dell’Italia.

Caro farmacista che ti “tocca” ereditare un’attività dei cui servizi in molti vorrebbero
poter fare a meno ma nessuno può, forse c’hai ragione pure te quando dici che non è
liberalizzando il mercato delle farmacie che si risolvono i problemi dell’Italia.

Caro vescovo, che ti tocca stare una vita senza trombare, forse c’hai ragione pure te,
quando mi dici che se la chiesa pagasse l’ici non ci farebbe più tutto quel bene che c’ha
fatto in questi secoli di oscurantismo culturale.

Caro benzinaio che mi vendi la benzina manco fosse chianti, forse c’hai ragione pure te a
dirmi che le liberalizzazioni non mi faranno calare il prezzo e ti metteranno pure sul
lastrico.

Caro povero possessore di uno Yacht da 19 metri o di un Porche Cayenne, lo so che ti tocca
fare gli straordinari in miniera per poterti pagare le rate di quell’unica soddisfazione che
ti sei potuto concedere in una vita fatta di sacrifici e rinunce, forse c’hai ragione pure
te quando mi dici, che se ti ci metto pure la tassa ti rovino, te e tutti gli operai che
lavorano nei cantieri e nelle fabbriche della Porche per quel discorso dell’offerta e della domanda.

Caro amico notaio, della cui professione devo ancora riuscire a comprendere l’utilità, c’hai
ragione pure tu quando me dici che il lavoro è l’unica cosa buona che ti può lasciare tuo
padre dopo averti condannato fin dall’infanzia alla certezza che avresti fatto quel
mestiere, tanto che apponevi timbro e firma pure sugli scambi delle figurine alle elementari
in cambio della merendina, e che non ce la possiamo prendere con voi, che in fondo siete
solo 6000, che cosa vuoi che contino 6000 persone su una popolazione di 60 milioni.
Mò che ci penso, stai a vedere che il problema sono proprio io, io che vi sto ancora ad
ascoltare invece che venire in piazza a darvi foco uno per uno.
Che per fortuna sono contro la violenza.

Che mi chiedo dove eravate simpatici amici, quando i governi di un colore o dell’altro si
inventavano la flessibilità spazzando via ogni garanzia per chiunque non fosse vostro figlio
e noi scendevamo in piazza a prendese manganellate e lacrimogeni?
Dove eravate quando il governo giocava a sudoku con le nostre date di nascita e i contributi
versati? Dove eravate quando Fiat, Omsa & Co. licenziavano e trasferivano gli stabilimenti
all’estero?

Dove eravate mentre amichevoli poliziotti manganellavano studenti che in piazza chiedevano
una scuola e una università più giuste ed efficienti anche per i vostri figli?
Dove eravate piccole amorevoli teste di cazzo, quando pur di non controllare i vostri
negozi, le vostre attività, si cercava di dare la colpa della crisi a quattro disgraziati di
immigrati, per esempio prendendosela con le “frutterie etniche” (sic.) o i negozi di kebab.
Ecco io non so dove eravate, ma so dove vorrei mandarvi: affanculo.

p.s. può darsi mi sia dimenticato qualcuno.


Il link originale è: http://www.demopazzia.it/2012/01/17/caro-amico-tassista-notaio-onorevole-farmacista

venerdì 20 gennaio 2012

Diminuiscono le tariffe per i cellulari

E' stato annunciato oggi che dal prossimo mese di Febbraio, diminuiranno le tariffe per l'uso dei telefoni cellulari nella rete nazionale e sarà abolito il pagamento per le chiamate ricevute.

venerdì 13 gennaio 2012

Podismo a Cuba nel 2012 e incontri gradevoli nel mondo dello Sport

Oggi ho avuto il piacere di essere stato invitato alla presentazione dei programmi di Cubadeporte per il 2012 ed ho avuto due gradite sorprese: la prima di incontrare, dopo 21 anni, due grandissimi campioni dell'atletica cubana come Ana Fidelia Quirot e Xavier Sotomayor che avevo fotografato e intervistato durante i Giochi Panamericani del 1991. Con loro c'era un'altra stella dello Sport: Mireya Luis, indimenticabile capitana delle “Morenas del Caribe” di pallavolo che non avevo avuto il piacere di conoscere prima.
Oggi Ana Fidelia è responsabile delle Relazioni Pubbliche della Federazione di Atletica, mentre Xavier ne è il Manager organizzativo. Mireya, invece, è rimasta “sul campo” come responsabile tecnico della Squadra Nazionale di Beach Volley. Tutti e tre, comunque praticano ancora esercizio fisico e conservano un fisico invidiabile.
Dopo la presentazione del programma il Direttore di Cubadeporte ha avuto la cortesia di accompagnarmi alla sede dell'Impresa dove lo attendeva un mio vecchio e carissimo amico: Riccardo Fraccari, Presidente della IBAF (Federazione Internazionale del Baseball)nonché di quella Italiana. Lo conobbi quando era Presidente della Federazione Italiana degli Arbitri e validissimo collaboratore e amico dell'indimenticabile Aldo Notari. Sono passati oltre 20 anni e l'incontro è stato davvero ricco di emozioni e ricordi.
Qua sotto pubblico il calendario previsto per le attività podistiche di quest'anno, e le caratteristiche previste per ogni tipo di evento, nel caso ci fosse qualche appassionato che, venendo a Cuba, volesse unire l'utile al dilettevole.









Mireya Luis, Xavier Sotomayor, un intruso..., Ana Fidelia Quirot


Il Presidente Riccardo Fraccari


Il salto della vitoria dei panamericani e relitivo record dei Giochi: 2.35


Mi spiace che la risoluzione del blog non consenta una agevole lettura dei programmi...chi fosse VERAMENTE interessato può richiedermeli. Si prega di evitare perditempo. Grazie.

mercoledì 11 gennaio 2012

Fosse vero...Londra e Cuba mete più ambite dal turismo nel 2012

Tra le notizie di agenzia che escono "di spalla" al blog, ho letto un articolo apparso su "Repubblica Viaggi" secondo il quale Londra e Cuba sarebbero le mete preferite dal turismo internazionale per il 2012. Una delle motivazioni, per quel che riguarda Cuba, sarebbe che "i cittadini americani da quest'anno potranno andare a Cuba senza restrizioni di tipo famigliare". Ora, queste "restrizioni" reintrodotte da George W. Bush, sono state abolite da Barack Obama già nel 2010, ma...riguardano i cittadini americani DI ORIGINE CUBANA e non gli statunitensi in generale. Quindi niente di nuovo sotto il sole (dei Caraibi). A meno che l'autrice, Sara Ficocelli, non abbia notizie privilegiate dal Dipartimento del Tesoro degli USA...

sabato 7 gennaio 2012

3 Settembre 1989: una data tragicamente indimenticabile

Il 3 Settembre del 1989, una data da ricordare, tragicamente, per Cuba e l'Italia, purtroppo è caduta nell'oblio. Anche se non è la data della ricorrenza, cercherò di rivedere i fatti, così come li ho vissuti:
Poco dopo le 19, stavo rincasando e nello scendere dall'auto una folata di vento ha sbattuto la porta, così come ho sentito altre porte, negli appartamenti, sbattere. E' durato pochi secondi, ma è stato un piccolo “tornado”. In quel preciso istante il volo CU 9646, pilotato dall'esperto comandante Armando Olivero Argüelles, aveva preso posto alla testa della pista di decollo dell'aeroporto Josè Martí per dirigersi a Milano con 112 persone a bordo. Le condizioni meteo erano perturbate, aveva iniziato a piovere e la torre ha chiesto al comandante se non volesse attendere qualche minuto. Dalla cabina la risposta fu che preferiva partire subito per evitare che la situazione peggiorasse. La nave (un IL62M), aveva pochi mesi di vita e il pilota con migliaia di ore di volo accumulate, era considerato uno dei migliori dell'aviazione civile cubana anche se un po' "guascone". Ricevuto l'ok reticente, della torre, il pilota ha spinto al massimo i motori e iniziato la manovra di decollo arrivando a 62 metri di altitudine, proprio in corrispondenza all'edificio dall'allora unico “terminal 1” e della torre di controllo. Improvvisamente, come una sciabolata, quel “piccolo tornado” si era abbattuto sotto forma di “windshire” sull'apparecchio spingendolo verso il suolo. Il secondo pilota, Miguel Ruiz Ravelo, incitava ripetutamente il comandante a “tirare su il naso”, questi invece, e sembra sia stata la manovra tecnicamente più corretta, anche se disperata, ha fatto affidamento sul massimo di spinta per “forare” la tromba d'aria in profondità. A detta di piloti e tecnici dell'aviazione, però, l'altitudine era troppo poca, la potenza e la portanza alare del velivolo insufficienti, nella fattispecie, forse un altro tipo di aereo ce l'avrebbe fatta. L'IL62 venne così proiettato al suolo battendo i piani di coda al termine della pista, rimbalzando miracolosamente sopra la avenida di Rancho Boyeros e ripiombando in un terreno incolto, ma insufficiente a neutralizzare l'impatto del bolide che terminava schiantandosi con la cabina contro il muro di una fabbrica, al limte del terreno mentre le ali e pezzi di fusoliera abbattevano diverse casupole del villaggio di Lutgardita che si trova tra Calabazar e la pista. L'ingente carico di carburante, sufficiente per il volo transatlantico, ha trasformato l'aereo in una bomba di notevole potenza. Oltre a molte case sono stati coinvolti anche veicoli che transitavano all'interno del villaggio. Un'apocalisse. Non si è mai conosciuto con certezza il numero delle vittime cubane al suolo né quello delle decine di feriti con diversa gravità. Nell'aereo non è sopravvissuto nessuno ad eccezione di un giovane ragazzo di Parma: Luigi Capalbo, di 22 anni che è stato visto emergere dall'inferno gridando per il terrore e il dolore provocato dalle fiamme che lo avviluppavano. Il giovane, appassionato e a sua volta giocatore di baseball, era venuto a cuba per conoscere da vicino i “segreti” e le tecniche dei giocatori considerati tra i migliori al mondo. Alcuni suoi amici avevano prolungato la vacanza recandosi a Varadero per una settimana, riuscendo a scampare alla tragedia.
Di li a poco mi chiamò per telefono la allora corrispondente del'ANSA, Giannina Bertarelli, chiedendomi se sapessi qualcosa “dell'incidente al volo charter in partenza per Milano”. Naturalmente non ne sapevo niente e mi disse di informarmi all'Ambasciata perché sembrava ci fosse stato un grave incidente pochi minuti prima. Naturalmente le autorità aeroportuali avevano avvisato immediatamente la nostra sede diplomatica che, essendo domenica sera, era praticamente sguarnita. Immediatamente mi recai alla vecchia sede di Paseo mettendomi a disposizione per qualunque necessità. Fra i pochi diplomatici reperibili ci fu, fortunatamente, l'Ambasciatore Carlo Civiletti che aveva subito espresso la volontà di accorrere sul posto del disastro. Con molto poca professionalità, ma convinto di essere più utile aiutando il poco personale a coordinare le visite agli ospedali e all'Istituto di Medicina Legale, dove stavano già arrivando le prime salme, rimasi a disposizione in Ambasciata, lasciando a un altra persona l'incarico di guidare l'auto dell'Ambasciatore visto che il suo autista non era reperibile. Sul luogo venne accolto da Fidel Castro che si era immediatamente mobilitato per accertarsi dell'accaduto. Sinceramente, non so se rimpiango o no, la possibilità di “scoop” che avevo rifiutato.
Nel frattempo le linee telefoniche dell'Ambasciata che cominciavano ad arroventarsi, stranamente, cedettero per rimanere con una sola linea a attiva e utilizzabile dal centralino ove si era installato l'Ambasciatore, rientrato dal luogo del sinistro. Le altre linee vennero riattivate solo dopo tre giorni.
Trascorsa la notte, quando ormai i corpi di morti e feriti, cubani e italiani, erano stati evacuati, mi recai sul posto dell'incidente dove erano ancora al lavoro le squadre di soccorso per il recupero del poco recuperabile e dei pezzi del velivolo. Nell'aria si respirava ancora la puzza del kerosene combusto e l'odore tragico della carne bruciata. Uno scenario di guerra: case distrutte, veicoli bruciati e frammenti di bagagli e loro contenuto ovunque. Dopo il sopralluogo decisi di andare al Calixto Garcia dove era ricoverato, in una stanza sterile, l'unico sopravvissuto di cui non si conoscevano ancora le generalità. Era bendato almeno all'80% del corpo e mantenuto in coma artificiale per evitargli sofferenze. Col cuore stretto gli ho scattato alcune foto (che conservo), al volto, con l'intenzione di inviarle in Italia. Aveva i lineamenti stravolti dal gonfiore e dalle ustioni, però speravo che i famigliari lo riconoscessero. Mi recai alla sede della France Presse che fu ben contenta di svilupparmi il materiale e trasmetterlo, per me, al “Corriere” a cambio di qualche immagine in esclusiva per loro. Nel frattempo, erano passate oltre 18 ore, gli amici di Luigi avendo avuto notizia dell'incidente erano venuti all'Avana riconoscendo, a mia insaputa, il povero ragazzo. Quando arrivarono le immagini, il “Corriere” pensò di non pubblicare la foto di quel viso straziato dal momento che era stato, comunque, già identificato. La lasciò circolare nel circuito ANSA, dove venne pubblicata in prima pagina da “La Notte”, un giornale sensazionalista dell'epoca.
Iniziò l'arrivo a raffica dei giornalisti italiani ed ebbi la possibilità di “affiancare” Andrea Purgatori, inviato dal quotidiano di via Solferino. Molti erano giovani cronisti che poi si sono affermati, alcuni già con certa esperienza. Fra i giovani che sono diventati popolari o comunque famosi c'erano Antonio di Bella per la RAI, Leonardo Cohen e Daniele Mastrogiacomo per “Repubblica”. In seguito arrivarono molti dei parenti delle vittime, una commissione d'inchiesta di Civilavia e un B52 dell'Areonautica Militare inviato per il rimpatrio delle salme. La storia, per quel che ne so, è rimasta aperta per anni con un contenzioso aperto dai familiari. Non so se, a quasi 23 anni di distanza, si sia risolta...







L'Ambasciatore Carlo Civiletti

Il Generale di Divisione Rogelio Acevedo ricostruisce l'accaduto per la Commissione italiana

Gli aviatori italiani

Omaggio alle vittime dell'Ambasciatore Civileti e il Consigliere d'Ambasciata Trizzino

Il generale Acevedo col Comandante italiano e l'interprete


mercoledì 4 gennaio 2012

Humour cubano

El Genio de la Lámpara le dice a la mujer que le pida un deseo:

Quiero que mi marido me mime, que no pare de verme ni de tocarme, que en la oficina, en la casa, en el restaurante, en el carro y hasta enfrente de mis amigas, que yo sea la primera y que esté siempre pendiente de mi"

Y ZAAAAS!!!!!!. . . la convirtió en CELULAR

La Santeria vista da "fuori"

Ricevo e pubblico un interessante e accurata "osservazione" della Santeria cubana redatta dal lettore Roberto Dalzoppo che ringrazio per avermi concesso la pubblicazione.



La Santería a Cuba

Al sorgere del sole, all’inizio delle notti di luna piena, quale uomo dall’Africa
all’Australia, dall’Europa alle Americhe, nel corso dei secoli, non si è posto
l’interrogazione del perché dopo l’oscurità ritorna la luce, dopo il temporale il
sereno, dopo la primavera l’estate e poi l’autunno in un sincronismo di eventi
quasi magici. Ed ancora sugli uomini che l’hanno preceduto e su coloro che
vivranno dopo, del perché l’acqua del mare sale al cielo per poi sgorgare fresca
e purificata dalle falde del monte.

C’è poi l’arcano delle foreste e degli oceani, l’origine degli animali che vivono
su questa nostra madre terra e delle piante, la bellezza del seme che
germoglia, l’utilità del frumento trasformato in farina. La morte che
sopravviene ed il perché della vita.

Se mai un’altra esistenza ci sarà riservata, ecco che il figlio, stante accanto al
corpo del proprio padre defunto, depone nella bara il vestito bianco che era
stato indossato dal genitore quando, pressoché giovinetto, aveva ricevuto il
“santo”, perché si presenti, secondo la tradizione, alle divinità in cui aveva
creduto.

Vestirsi di bianco è una consuetudine della Santería, conosciuta anche come
Regla de Ocha, liturgia che unifica i diversi riti della più importante religione
africana che esiste a Cuba.

Per uno straniero è abbastanza difficile comprendere a pieno questo
“sincretismo”, vale a dire il processo di mescolanza tra la religione d’origine
africana e la religione cattolica importata dagli spagnoli.

A tale proposito, va annotato che importanti personaggi della cultura cubana si
sono dedicati allo studio della Santería: Fernando Órtiz, Lydia Cabrera, Alejo
Carpentier, Rómulo Lachatañeré, Rogelio Martínez Furé, Miguel Barnet.

Sostanzialmente bisogna risalire da dove trae le sue origini: dall’Africa
equatoriale, e più precisamente dalla regione compresa tra l’antico regno di
Dahomey , Togo, Benin ed il sud ovest della Nigeria dove vissero molte tribù
che avevano come “idioma” lo yoruba.

Queste tribù condividevano abitudini, tratti culturali e credenze religiose,
specialmente quelle per gli orishas (dei tutelari di ogni gruppo), quantunque
non esisteva una uniformità di culto per identità degli orishas: divinità che
occupano nel territorio yoruba posizioni dominanti in un luogo magari sono
totalmente sconosciuti in altri posti.

Tuttavia la trilogia superiore riconosciuta è la seguente: Olofi – Olodduhare –
Olorun.

E nella pietra (otá) risiedono gli attributi magici del potere.

Con la tratta degli schiavi a Cuba, migliaia facenti parte di queste tribù
africane, non volendo assolutamente abbandonare i propri culti religiosi come
invece sarebbe stato il desiderio dei loro padroni cattolici, identificarono gli
orishas con i santi ed altre figure religiose per l’appunto del cattolicesimo.

L’evento più importante per i cubani seguaci della Santería è il rituale durante
il quale l’orisha, che è forma pura ed immateriale, dotato di particolare potere
(aché) si rende percepibile incorporandosi solamente in un astante prescelto
chiamato elegún, essere “montado”( gún).


A Cuba questa religione è molto legata alla figura della famiglia (vivi e defunti)
ed ampliata ad una fratellanza religiosa (padrino – madrina) che va oltre il
grado di parentela e la consanguineità, dove comunque esiste una omogeneità
nella forma di culto che si dice linea de santo.

Olofi è l’onnipotente, colui che dopo la creazione del mondo decise di ritirarsi a
vivere lontano, dietro il sole, chiamato Olorun, lasciando come suo
rappresentante Obbatalá.

ChangÓ (Santa Barbara) è il più popolare degli orishas. Domina i lampi, i tuoni
ed il fuoco, i tamburi e la danza. Divinità guerriera dal temperamento astuto,
molto irascibile. Personificazione stessa della virilità, dal carattere focoso e
dalla volontà ferrea, è appassionato di tutti i piaceri terreni. Si accompagna
sempre ad Elegguá, di cui si dice sono ocanani, cioè “fatti di un solo cuore”,
inseparabili. ChangÓ trova la sua rappresentazione più evidente nella caduta di
un fulmine. In onore della sua grandezza, ogni volta che viene menzionato i
fedeli si sollevano sulle punte dei piedi o si alzano se stanno seduti. La sua
casa è un castello fortificato. Il rosso ed il bianco i suoi colori, i numeri il
quattro ed il sei. I suoi simboli sono strumenti guerrieri.

Babulú Ayé (San Lazzaro) è uno degli orishas più invocati. Protegge dalla
lebbra e dalle malattie del corpo, dalle epidemie e dalle menomazioni. La sua
raffigurazione è quella di un mendicante storpio, coperto di piaghe, vestito solo
di un poverissimo indumento bianco. Aiuta chi soffre, ed è colui al quale tutti
chiedono la grazia della guarigione e aiuto negli stati di malessere fisico,
avendo problemi di salute propria o di persone care. Il suo colore è il bianco.

Elegguá (San Antonio da Padova) è colui che presiede ad ogni cammino e ad
ogni porta sul mondo. Elegguá è depositario dell’ aché, ovvero del potere
spirituale. Ha per colori il rosso ed il nero, simboli degli opposti. A metà strada
tra gli esseri umani e gli esseri divini, viene personificato in un bambino,
messaggero capriccioso ma anche ingenuo tra questi due mondi: il terreno ed
il divino. E proprio per questo suo ruolo di intermediario tra uomini e divinità
ha una stretta relazione con Orula. In tutti i rituali della Santería a lui è
dedicata la prima offerta sacrificale, poiché apre ogni sentiero e decide se
liberare la strada verso il raggiungimento di un obiettivo o costellarla di
ostacoli e difficoltà. I suoi numeri sono il tre ed il ventuno.

Obbatalá (Virgen de las Mercedes) è il padre benevolo di tutti gli orishas e
dell’umanità. Presiede alla testa ed alla mente degli esseri umani. Olofi creò
l’Universo, ma diede a Obbatalá il compito di organizzare il mondo e di creare
l’umanità. Colore dominante è il bianco, a volte mescolato al rosso, al marrone
od altri che stanno a rappresentare i suoi diversi cammini.

Yemayá (Virgen de Regla, negra como el azabache), questa dea vive e domina
nei mari e nei grandi laghi. Signora della maternità è considerata per l’appunto
come la grande madre universale. Il suo nome è l’abbreviazione di Yeye Omo
Eja, ovvero la madre dei pesci. E’ fonte di tutte le ricchezze che condivide con
la sua sorella minore Ochún. Veste con sette sottane azzurre e bianche.
Indossa gioielli d’argento e di corallo.

Ochún (Virgen de la Caridad del Cobre, patrona dell’Isola) è la regina delle
acque dolci, dei torrenti, di tutti i corsi d’acqua e dei laghi. Personifica l’amore
e la fecondità. Risolve anche problemi di carattere economico. E’ la più giovane
delle divinità femminili e malgrado questo ha il titolo di iyalode, vale a dire


regina, ed è la seduttrice degli orishas. Il suo colore è il giallo oro, il suo
numero il cinque. A lei appartengono i pavoni reali ed altri uccelli dal
piumaggio colorato. Il suo fiore preferito è il girasole.

Orula (San Francesco d’Assisi), colui che prevede il futuro, eletto tutore della
sapienza e della divinazione. E’ l’unico al quale Olofi permise di essere
testimone della creazione dell’Universo. Ora continua ad essere testimone del
percorso e dei destini degli esseri umani. I suoi colori sono il verde ed il giallo.

Oggún è il dio del ferro, della guerra, del lavoro manuale. Presiede a tutto ciò
che implica tecnica e costruzione tecnologica, sempre però con fine bellico.
Spiana la strada a colpi di macete. Viene rappresentato come una divinità
costantemente presa dal lavoro manuale e dal lavoro pesante. Personalità
schiva, vive lontano dalle folle, nei boschi, sulle montagne. Ha il verde ed il
nero per colori preferiti, il sette come numero.

Ochosi è il terzo membro del gruppo di orishas denominato guerreros. Ai suoi
iniziati offre a protezione la sua freccia giustizialista. E’ un cacciatore che
insegue le sue prede anche attraverso territori sconosciuti ed impervi. Ha il
ruolo di intermediario ed interprete di Obbatalá, con il quale è in stretta
relazione. Blu e giallo i suoi colori, un gallo la sua rappresentazione.

Osaín è il medico degli orishas, colui che conosce perfettamente le virtù
curative di ogni elemento naturale, erbe, alberi, minerali. Vive in ogni luogo, in
un piccolo bicchiere d’acqua come in un bosco infinito. Prima di ogni cerimonia
propria della Regla de Ocha dove sono utilizzati piccole piante e rami d’albero,
scelti accuratamente in funzione delle loro proprietà, è d’obbligo chiedere il
permesso ad Osaín per addentrarsi nei boschi od in altri luoghi a raccogliere
uno qualsiasi di questi elementi. Solitamente la persona che esegue queste
operazioni, regolate da rigorosissime norme di comportamento, è uno
specialista nella manipolazione delle erbe, di cui ne curerà poi anche la
vendita. Si chiama yerbero, figura tradizionale ancora molto diffusa.

Altre divinità alle quali rendono culto i cubani: Oyá, Oba, Orisha Oke, Naná
Burukú, gli jimaguas Ibbeyi che proteggono i bambini, Inle, Aggayú Solá,
Yegguá.

La Regla de Ocha, che come accennavo in apertura unifica i diversi riti yoruba
in una unica liturgia, venne proposta alla fine del XIX secolo dal babalao
Lorenzo Samá.

Babalao, che letteralmente significa padre dei segreti, è il sacerdote di Orula.
Questa categoria sacerdotale è rappresentata solamente da uomini. Ed il
predestinato potrà ricoprire questo incarico quando il babalao che lo ha
formato ne ha la convinzione.

Esiste poi la Regla de Ifá che si deve al babalao Eulogio Gutierrez, ed è l’arte
magica usata dalla Santería per predire il futuro attraverso la manipolazione
della tavola di Ifá o di Orula. Le norme stabiliscono che il rituale venga
compiuto da un sacerdote di Orula. Ciò nonostante i santeros (che possono
essere uomini o donne) praticano la predizione del futuro quando il santo che
hanno ricevuto in affidamento li autorizza. In questo caso la predizione la
realizza o lo stesso orisha che si impossessa del santero (chiamato anche
babalocha o iyalocha) o lo spirito di una persona morta che ritorna, assume
corporeità nel santero e parla attraverso di lui al diretto interessato.


Ifá è la massima capacità divinatoria della Regla de Ocha. Si tratta di un
campo estremamente esoterico e basato essenzialmente sull’abbinamento di
numeri e di leggende da cui il babalao è in grado di trarre previsioni ed
avvertimenti. Gli strumenti di lettura sono l’ékuele (detta anche cadeneta),
collana fatta di otto gusci di lumaca o di noce di cocco, ed il tablero, che
rappresenta il mondo ed i punti cardinali, sul quale viene sparsa una polvere
bianca e lanciati una manciata di semi.

La Santería, detta anche brujeria, ovviamente ha un carattere prammatico ed i
suoi affiliati cercano di risolvere le esigenze spirituali e materiali per suo
tramite.

Nelle cerimonie religiose “animali” e “vegetali” sono messi in relazione con gli
dei. Si tratta soprattutto di tuberi, pollame e montoni. Agli orishas vengono
anche offerte bevande ed alimenti delle “feste”. Sugli altari “casalinghi”, dove
ci sono i simulacri del santo, si vedono spesso contenitori di liquidi, candele,
giocattoli, caramelle ed altri oggetti vari. Il sacrificio degli animali, sempre
secondo la tradizione, è utile per cambiare in meglio la sorte e la vita degli
esseri umani.

Altre due importanti religioni africane sopravvivono a Cuba: la Regla de Palo o
Mayombe ( con al suo interno tre sette: Palo Mayombe – prevalentemente
magia nera , Briyumba – magia bianca, Kimbisa – la più antica) giunta dal
Congo, e la seconda la società segreta Abakuá (ricreata dai membri dell’epke,
leopardo in lingua efik) dalla zona nigeriana del Calabar, sviluppatasi a La
Habana, Matanzas e Cárdenas.

Comunque è bene si sappia che , all’interno di una medesima famiglia, non
tutti i componenti seguono queste pratiche religiose. Ma quella parte del
popolo che lo fa generalmente rispetta, anche a costo di rinunzie personali, i
parametri dettati dalla consuetudine generalizzata.

Si stabiliscono sedi di incontro e di aggregazione dove vengono raggiunti
momenti “forti” di spiritismo che distolgono dalla vita quotidiana e portano ad
una evasione fortificante per la persona.

Luoghi e cerimonie dove il ballo e la musica, nel sangue del popolo cubano,
assumono un aspetto corale importantissimo, e le danze, diverse secondo
l’orisha celebrato, hanno come tema portante i riti della “possessione” e del
“trans”, e la rappresentazione per l’appunto delle vite e delle gesta delle varie
divinità.

Luoghi e cerimonie dove non manca mai ron e cerveza e divisa e tabaco.

La musica è quasi esclusivamente composta da basi ritmiche e melodie vocali
in cui si alterna una voce dominante detta diana o gallo ed un coro. Gli
strumenti utilizzati principalmente sono tamburi chiamati batá (di tre tipi: iyá o
madre, itótele quello di mezzo, okónkolo il più piccolo), dotati di valenza
religiosa e custoditi gelosamente in una stanza “sacra” detta igbodú delle case-
tempio dei santeros e dei babalaos.

Una nota finale mi pare doverosa: tra gli stranieri alcuni sono incuriositi e
chiedono ausilio ai santeros per esigenze di salute, di buona riuscita nel lavoro
o nel rapporto con la persona cara e con i figli, con esito spesso positivo. Altri
la praticano come nuova religione, stimolati anche dai frequenti ritorni a Cuba.

E chi volesse saperne di più, ebbene deve andare proprio sul posto: solo a
Cuba potrà avere risposta limitatamente a certe domande, perché a tutte non


è possibile. Lo capirete quando il santero o la santera vi sorrideranno
mostrando i loro denti bianchissimi, volendo così significare che intendono
custodire il segreto.


Prima stesura 2 maggio 1997

Proprietà letteraria riservata


© by Roberto Dalzoppo

martedì 3 gennaio 2012

Per chi non avesse conosciuto la mitica "Aurika"

Quanto riportato da questa mail circolante a Cuba è ben anteriore al cosiddetto "periodo especial"...


Para que te rías!!!
La Vieja Lavadora Rusa!!!

Estoy seguro que cuando los rusos la inventaron nunca imaginaron el sinfin de utilidades que tendria en Cuba:

Lo primero que se quitaba era la junta plástica plateada que calzaba la tapa, recuerdan? era perfecta para un cinto de mujer, al cual lo único que habia que adaptarle era una hebilla pequena, reciclada de algun par de zapatos viejos, hacerle un par de huecos con un clavo caliente y ya, perfecto!

Luego la secadora, que generalmente funcionaba por muy poco tiempo, se convertia en maceta! Se extraia el cesto de aluminio (era muy "elegante" y sobre todo, no se oxidaba) se llenaba de tierra y.. para las malangas era perfecto!!!

El motor se ajustaba no se como, el hecho es que se convertia en uno de los mas potentes ventiladores en la historia de casi todos los cubanos de la isla, aquellos que hacian un ruido bestial y que vibraban tanto que habia que calzarlos con una frazada o te caminaban por toda la casa..

Por ultimo, la tapa de la lavadora era imprescindible para el cake de cumpleaños!!! La primera pregunta que te hacian los dulceros en Cuba cuando mandabas a hacer un cake era:

"Tienes una tapa de lavadora?" "Si la tienes, traemela!"

Son... Cosas de cubanos!!!