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mercoledì 18 giugno 2014

Mantua: alla ricerca di origini italiane sull'Isola di Cuba

Fonte TTC:

Mantua: alla ricerca di origini italiane sull’isola di Cuba
Pubblicato da Redazione TTC in Destinazioni giugno 16, 2014 0 6 Visite



Una storia di secoli, dall’estremo occidente cubano ai giorni nostri.
La fondazione della cittadina di Mantua, avvenuta nella metà del XVII secolo, sarebbe attribuibile ad insediamenti di marinai italiani. Le ricerche effettuate per raccogliere prove sui presunti naufraghi che si insediarono durante l’epoca coloniale, così come confermato dallo storiografo Pedro Luis Hernández, sarebbe compatibile con la tradizione orale del luogo e con le testimonianze che, per generazioni, hanno dichiarato la presenza italiana in queste zone (che corrispondono alla provincia di Pinar del Rio).
Secondo tradizione, l’origine di Mantua sarebbe quindi attribuibile alla presenza di marinai italiani naufragati, che giunsero sulle coste del nordovest cubano dopo aver perso la loro nave. Tra le prove esistenti in merito si possono citare antiche iscrizioni (scoperte nel libro parrocchiale) e la venerazione della cosiddetta “Vergine delle Nevi”, (culto che appartiene alla tradizione italiana originaria nella Basilica di Santa Maria Maggiore, prima e più antica chiesta di Roma e di Mantova; e che a Cuba risulta usanza esclusiva di questa zona). Attualmente, la cittadina di Mantua è uno degli 11 municipi di Pinar del Río (provincia famosa nel mondo per l’eccellenza del suo tabacco).
Secondo lo storiografo Hernández, prove dell’originario insediamento italiano sarebbero presenti anche a Minas de Matahambre (zona nota per l’abbondanza di minerali che possiede giacimenti a cielo aperto e sotterranei). Le ricerche hanno infatti messo in evidenza la presenza di italiani nelle piantagioni di caffè della Sierra del Rosario (1793-1804), create dopo la rivoluzione di Haiti.
Parzialmente distrutte, queste piantagioni hanno lasciato la loro impronta nell’ambiente architettonico e culturale della regione (che apparteneva alla vecchia provincia di Artemisia).


Punto di vista: Esplorando le profondità di Cuba

Fonte TTC:

Punto di Vista: Esplorando le profondità di Cuba
Pubblicato da Redazione TTC in Destinazioni giugno 17, 2014 0 10 Visite




La Habana Vieja (la parte antica della città), ricca di capolavori architettonici.
Di J.F Demore per NorthernLife.ca


“L’inverno senza fine di quest’anno mi ha praticamente costretto a cercare i giorni caldi e pieni di sole dei Caraibi. Per me, da veterano turista “zaino in spalla”, la possibilità di oziare a bordo piscina in un resort non mi avrebbe fornito la tregua che desideravo; così, anziché cercare la tipica vacanza tutto-compreso delle destinazioni di sole e mare, ho deciso di creare una vacanza che potesse combinare un po’ di cultura, avventura e interazione con la gente del posto.
Dopo alcune ricerche su Internet, ho capito che Cuba poteva fornirmi sia lo “shock culturale” che sognavo, sia il necessario apporto di vitamina D (sole e spiagge) di cui avevo bisogno. Cuba faceva per me. In quanto uno dei paesi più sicuri (con il più alto numero di medici pro capite nel mondo, le persone più istruite, i più alti tassi di alfabetizzazione degli Stati Uniti, e il più alto standard di vita nella zona) l’ho subito identificato come Paese ideale per “viaggiatori intrepidi in cerca di sole”.
Accompagnato da un amico d’infanzia di Azilda, Roch Belisle, siamo arrivati a L’Avana, capitale del paese, dove abbiamo trascorso le prime due notti prenotate a La Habana Vieja (la parte antica della città), ricca di capolavori architettonici.
Nel tentativo di non “incasellarci” nel classico tour turistico abbiamo ingaggiato una guida turistica (il suo nome era Yariley), che ci ha guidato attraverso la città rispondendo senza tregua, e sempre volentieri, alle nostre domande. Yariley ci ha spiegato la storia del Paese e l’ascesa di Fidel Castro, che ha istituito un sistema marxista-socialista una volta salito al potere nel 1959. Il socialismo è ancora vivo e vegeto, nella più grande isola dei Caraibi.
Casa, istruzione, cibo e beni di prima necessità sono forniti gratuitamente dallo Stato, mentre l’imposta sul reddito è praticamente inesistente per i proprietari che non sono imprenditori. Recentemente, il governo cubano ha lasciato il posto ad altre forme di proprietà, quali le imprese private per promuovere il turismo. Un esempio sono le Casas Particulares (dove Roch ed io avremmo dormito per circa 10/15 CUC ciascuno).
Dopo aver trascorso due notti a L’Avana Vecchia, ci siamo diretti verso il Vedado, la parte più moderna della città (fondata dagli americani prima della rivoluzione socialista) che ha una vita notturna più attiva. Abbiamo impegato il nostro tempo in questa zona per godere del “colore locale”, gustando nel frattempo ottimi mojitos. Anche se le automobili “vintage” di Cuba rendevano la città molto fotogenica e affascinante, lo smog e i gas dei tubi di scarico ci hanno spinto in breve tempo verso luoghi più sani. A bordo di un bus locale ci siamo così diretti verso Viñales, un pittoresco paesino ai piedi delle rigogliose piantagioni di tabacco del sud-ovest di Cuba.
Appena scesi dal bus siamo stati avvicinati dai proprietari di case del luogo e subito abbiamo trovato una camera doppia (dotata di ampio balcone con vista sulle montagne). María, la nostra affabile padrona di casa, ci ha praticamente “adottati” (preparandoci uova fresche e pancetta per colazione ed enormi code di aragosta per cena), aiutandoci nel frattempo ad organizzare il nostro viaggio verso le piantagioni vicine. Gli ampi spazi circostanti, coltivati secondo tradizione, sono un sollievo dal trambusto della capitale. Percorrendo con lo sguardo i verdi campi di tabacco circondati da case, le piantagioni di banane e i fiumi tortuosi, ho capito che questa non è certamente la Cuba che si vede nei depliant turistici; per questo, la sua bellezza è ancora più apprezzabile.
Ci siamo presi del tempo lontano dalle zone turistiche per trascorrere una serata come la gente del luogo e immergerci nel passatempo sportivo nazionale, il baseball. Ci siamo così diretti verso il centro industriale di Pinar del Río e abbiamo comprato i biglietti migliori in prima fila per $2 ciascuno.
L’atmosfera nello stadio era elettrica, dal momento che la squadra di casa cercava di conquistare il primo posto nel Campionato Nazionale. Le prodezze della squadra di casa alla battuta erano ben superiori a quelle della squadra ospite (infatti la squadra di Pinar del Río ha schiacciato gli avversari di otto punti; per la gioia dei fan che cantavano il loro sostegno al ritmo delle molte band “non autorizzate” presenti tra la folla).
Dopo solo una settimana dall’arrivo, e senza aver fatto ancora neanche un tuffo nelle acque dei Caraibi, abbiamo noleggiato un taxi per arrivare alla tranquilla cittadina costiera di Playa Larga (ossia nella famigerata “Baia dei Porci”, il sito della fallita invasione di Cuba “sponsorizzata” dagli Stati Uniti nel 1961). Abbiamo pagato $15 a notte per una camera in una casa sulla spiaggia (con un giardino ben tenuto, una bella ringhiera di ferro battuto e una splendida vista su chilometri di costa sabbiosa).
Famosa per le sue immersioni, questa zona ha una varietà impressionante di pesci e coralli e permette di effettuare immersioni all’interno dei cosiddetti “cenotes” (pozze in pietra calcarea situate nell’entroterra). Dopo la mia prima immersione, ho subito deciso di fare il corso per ottenere il brevetto con l’istruttore locale. Superato il corso sono passato a immersioni più avanzate (tra caverne sotterranee e immersioni fino a 38 metri).
Sospeso dal giubbotto di salvataggio nel buio assoluto delle grotte, mi sentivo come un astronauta immerso nel silenzio e alla scoperta di un nuovo territorio sconosciuto. In quei momenti mi è tornata alla mente la voce di mio padre (che mi ripeteva sempre “non fare niente di stupido”) e mi chiedevo se questa esperienza non fosse un po’ troppo estrema. Sono comunque sceso sempre più in profondità nella grotta per esplorare alcune piscine colorate e formazioni calcaree simili a cattedrali presenti ovunque sulle pareti intorno a noi.
Dopo cinque giorni trascorsi in questa tranquilla cittadina, in compagnia di gente del posto, mangiando “pizza” per meno di un dollaro al pezzo e scambiando racconti di viaggio con gli altri viaggiatori, ci siamo collegati all’unico computer con accesso a internet disponibile e abbiamo programmato il nostro viaggio a Cienfuegos e Trinidad, le successive destinazioni.
L’antica roccaforte pirata della città di Cienfuegos era abitata da immigrati francesi che hanno lasciato il segno nella meravigliosa architettura che offre la città. Dopo il comfort della sonnolenta cittadina di mare, non abbiamo indugiato a lungo a Cienfuegos e ci siamo diretti a Trinidad, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Fondata esattamente 500 anni fa, nel 1514, questa città era un luogo di svago per i proprietari delle piantagioni di zucchero e tabacco da fiuto.
Come città storica è stata ben conservata ed offre strade di ciottoli e architettura coloniale spagnola, musei e gallerie d’arte. Infatti, è ormai diventata una classica “trappola per turisti” (con relativa moltitudine di autobus e gente del luogo impegnata a vendere souvenir di ogni tipo per le strade).
Cercando di evitare accuratamente i turisti e tutto il loro assordante contorno, abbiamo continuato il nostro viaggio verso una piccola cittadina sul mare a pochi chilometri di distanza. Il gioiello di questa città è stato certamente il servizio cordiale del proprietario della casa, Elpidio.
Dopo qualche bicchiere di rum di alta qualità, Elpidio ha condiviso con noi la storia della sua vita, degna di un romanzo (eccola: da giovane, dopo aver vinto un concorso organizzato da Havana Club e aver ricevuto come premio un viaggio a Roma per promuovere il rum nella capitale italiana, prima di essere tornarea Cuba, Elpidio fuggì e si rifugiò nel nord Italia. Dopo aver ottenuto la cittadinanza, cominciò a considerare l’idea di tornare al suo paese natale. Ora trascorre la stagione turistica a Cuba gestendo la sua casa con la famiglia. E ogni estate torna in Italia ogni per “integrare” le proprie entrate…).
Abbiamo trascorso i nostri ultimi giorni a Cuba prendendo il sole e godendo della compagnia dei nostri compagni di viaggio, scoprendo dal terrazzo di Elpidio la magnifica vista sul mare dei Caraibi e sulla Sierra del Escambray. L’ultima tappa del nostro viaggio è stata la cosmopolita città di Santa Clara, sede del mausoleo dedicato a Ernesto “Che” Guevara.
Dopo 18 giorni, il nostro volo di rientro ci ha portati a casa, nuovamente lontani da questo Paese caldo e accogliente, pieno di sorprese e di suggestioni. La nostra vacanza ci ha portato faccia a faccia con una cultura e modo di vivere che ci ha “sconessi” dal tipico consumismo occidentale. Un’esperienza importante, che ci ha ricordato che cosa veramente conta nella vita. E che ci ha insegnato ad apprezzare quello che abbiamo. Onestamente, ad una vacanza non si poteva chiedere di più.
A cura di TTC


martedì 17 giugno 2014

Grifone

GRIFONE: Genoa crickett end football club

lunedì 16 giugno 2014

Gratitudine

GRATITUDINE: ringraziamento friulano

Siamo stati a Sancti Spiritus, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud rebelde del 15/6/14

Lo scriba vuole permettersi di cominciare, oggi, la pagina con un ricordo di famiglia. Succede che nel 1947 o 48 suo padre, un umile cameriere di bar caffé, ricevette l'incarico dal padrone dell'esercizio in cui prestava servizio, un baretto situato nel vestibolo di un edificio di Paseo del Prado, di fronte al Capitolio, di trasferirsi a Sancti Spiritus.
Tutti gli anni, in occasione della Fiera del bestiame che si effettuava lì, era il padrone del bar che si trasferiva in questa città della regione centrale al fine di montare e gestire il bar che assieme a José María, proprietario del negozio La Sirena di quella località, improvvisava nella rassegna del bestiame. Lorenzo García, il padrone del caffé e José María – lo scriba non ha mai saputo il suo cognome -, entrambi spagnoli, erano soci in affari che comprendevano un terreno di canna da zucchero. Li univa una lunga amicizia che si rinnovava in occasione dei viaggi di José María all'Avana e di quella visita annuale di García alla città chiamata del Yayabo (nome indigeno del fiume che l’attraversa, n.d.t.). Per una ragione o per l'altra, già in quella data lontana, Garcí non poté fare il viaggio previsto e affidò l'incarico a mio padre. E qua viene il ricordo di famiglia che voglio raccontare.
Il primo giorno della Fiera, appena aperto il bar, si avvicinò al banco un signore di una certa età. Lo accompagnava una donna giovane e chiese un bicchiere di cognac Felipe II per sé e un'altra, di vino di mele, per la ragazza. Bevvero le consumazioni il cui prezzo non doveva arrivare a un peso di allora e l'uomo allungò un biglietto a mio padre. Mio padre gli diede il resto e...
-Mi scusi, giovane, qua c'é un errore – disse l'uomo – Ho pagato con un biglietto da 20 pesos e lei mi da il resto di cinque.
-No, lei mi ha dato cinque pesos – rispose mio padre che era una lince per i numeri.
-No, no le ho dato 20 pesos – e senza dare il tempo a mio padre di rispondere, domandò: -Lei lo sa chi sono io?
-E come posso non saperlo lei è conosciuto in tutta Cuba. Lei è il dottor Miguel Mariano Gòmez, il sindaco dell'Avana ed ex Presidente della Repubblica.
-Pensa che un uomo come me le ruberebbe un resto?
La domanda lasciò mio padre senza parole. Chiaro che non concepiva un ex presidente della nazione, agiato allevatore per di più, rubando a un dipendente di un caffé. Però era sicuro che Miguel Mariano aveva pagato con un biglietto da cinque pesos. In quel momento, José María che seguiva la scena dalla porta del magazzino chiamò mio padre per sapere cosa succedeva.
Se dice che ti ha dato 20 pesos, ti ha dato 20 pesos, come se ti dicesse che te ne ha dati cento. Gli si da il resto e basta. A Sancti Spiritus non si discute con Miguel Mariano e men che meno in questa casa, disse il comproprietario del bar.
Mio padre doveva riparare l'errore che non aveva commesso. Passò dalla cassa e prese il resto dei soldi.
Mi scusi, dottore,  effettivamente lei mi ha pagato con un biglietto da 20. Ecco il suo resto completo. Non disse altro. Miguel Mariano gradí il gesto, sorrise, prese i soldi e uscí dal bar dalla stessa parte in cui entrò.
Fu grande la sorpresa di mio padre nel vederlo riapparire con lo stesso sorriso, la stessa ragazza e le sue folte ciglia. Fece la stessa ordinazione del giorno precedente, solo che al momento di pagare prese un biglietto da un rotolo voluminoso che aveva in tasca e allungandolo a mio padre disse:
-Guardi bene che sono 20 pesos.
Mio padre assentì. Senza dubbio erano 20 pesos. Quando tornò col resto, Miguel Mariano gli disse che non lo voleva per nessuna ragione, che il resto era suo. Tornò il giorno seguente e l'altro e l'altro, fino a che si concluse la Fiera del bestiame e si smontò il bar, lo fece sempre con la stessa accompagnatrice – probabilmente sua figlia – e la sua richiesta invariabile di “Felipe II e vino di mele per la ragazza”, per lasciare, alla fine quella mancia smisurata di circa 19 pesos contanti e sonanti. Mio padre aveva già comprato, per il suo matrimonio, un arredamento per la sala e una ghiacciaia usata, quando tornò all'Avana comprò, nuovo di zecca, l'arredamento per la camera da letto che gli mancava per potersi sposare. Come il lettore può immaginare, lì nacqui io e quei mobili girano ancora da qualche parte per ciò che noi cubani pretendiamo che qualcosa ci duri tutta la vita e lasciarlo a quelli che arrivano poi.

Ricco profilio di età

Non so se è l'età che ci rende ripetitivi, ma ogni volta che torno a Sancti Spiritus trovo sempre l'occasione per ripetere questa storia.
Siccome, fra tante altre donne, ho avuto la fortuna di sposare una spirituana – in realtà è oriunda di Cabaiguan, ma è lo stesso – sono tornato molte volte e trovo sempre qualcuno che vuole ascoltare il racconto.
Adesso siamo tornati, invitati dal governo spirituano  ai festeggiamenti per i 500 anni di vita della città. Sono stati tre giorni con l'agenda ben colma in una città ringiovanita, nonostante la sua età e che cresce nell'interesse dei visitatori. Per festeggiare l'anniversario si effettuarono molte opere di conservazione e riscatto di edifici pubblici e privati, parchi e piazze, centri gastronomici e commerciali e si eseguirono anche investimenti a carattere economico e sociale.
Sancti Spiritus è la sua architettura, il fulgore delle sue leggende, il fascino delle sue tradizioni, la ricchezza della sua storia l’allegria dei suoi viandanti e il suo forte movimento corale e trovatoriale. Il suo centro storico, conservato grazie all’impegno e alla dedicazione di chi vi abita, è fra i complessi urbani più notevoli dell’Isola. Nell’opinione della Dottoressa Alicia García Santana è la più medievale delle nostre città fondate, ebbene è dibventato comune lì, costruire sul vecchio, ciò ha dato come risultato un ricco profilo di età sovrapposte.
Questa volta siamo tornati ad alloggiarci nel Hostal del Rijo, dalla facciata maestosa e soffitti altissimi; un esercizio di 16 camere dove l’eleganza e il comfort si danno la mano e vi si coniugano tradizione e modernità. Fu la residenza della famiglia di Antonio Rudersindo del Rijo, un medico benefattore assassinato una sera, alla periferia della città, mentre rincasava dopo aver assistito un malato.L’hotel è risultato ideale per le passeggiate in città. Di fronte, praticamente a un sassata, attraversando il giardinetto dove si eleva la statua del Dottor del Rijo, si trova la chiesa Parrocchia Maggiore, restaurata con accuratezza per l’anniversario. È la più antica della città. Ha caratteristiche di evidente ascendenza postmedievale e per opinione della Dottoressa García Santana e il tempio meglio conservato fra quelli costruiti nel XVII secolo. Non sono poche le leggende che si associano a questa edificazione che con le sue campane fuse in oro, argento e bronzo, abilmente manovrate dal campanaro Cuco Pasamontes, sveglia tutti i giorni il vicinato. Altra leggenda vincolata a questo luogo, parla di una certa signora ricca, di cattivo carattere e superba che, già sul letto di morte, chiese di essere inumata sotto l’entrata principale del tempio al fine che chiunque entrasse o salisse passasse sopra i suoi resti. Pretendeva, con questa decisione di raggiungere, prima o poi, l’indulgenza divina. La accontentarono, dice la leggenda e gli spirituani conoscono questa porta come quella del perdono. Si dice che a questo tempio arrivò, un giorno, un pellegrino e chiese permesso per riposare al suo interno. Il vicinato gli fornì gli alimenti attraverso una finestra fino a che sparì senza lasciare traccia.
Allora cominciarono pioggia e vento. Il fiume Yayabo crebbe; un uragano furioso fustigò la località. Quando sopravvenne la calma apparì, in una delle cappelle, l’immagine di Crsto Santo dell’Umiltà e la Pazienza. Lì, nella cappella con questo nome, c’è ancora l’immagine  in una chiesa consacrata allo Spirito Santo, patrono della città, assieme alla fonte battesimale e l’unico arco toroide di legno che è giunto ai nostri giorni, entrambi del secolo XVII.

Trittico d’oro

Il maestro Blas Cabrera merita di essere ricordato a Sancti Spiritus. Fra le tante altre cose, fu il costruttore del teatro Principale e, in collaborazione con il maestro Domingo Valverde, del ponte sul fiume Yayabo, uno dei simboli della città e per molti, la reliquia coloniale più emblematica di tutto il centro dell’Isola. Gli specialisti assicurano che questo ponte di mattoni, montati su cinque grandi archi a mezzo punto –straordinariamente ben conservato dal passare del tempo – e il teatro Principale, simile al Tacón dell’Avana, conformano assieme all’edificio del Carcere Reale, nella periferia della città, il trittico d’oro dell’architettura spirituana.
Meriatno una visita la Casa della Guayabera, nella tenuta Santa Elena e il Museo di Arte Coloniale, entambi nelle vicinanze del ponte. La prima conserva una collezione di 203 pezzi. Il museo si è installato nella casa della famiglia di Fernando Alonso del Valle, un avanero che si sposò a Sancti Spiritus con Ana Antonia del Castillo, cittadina emerita appartenente bal clan dei fondatori della città.
Fernando e Anna didero vita a una famiglia il cui scudo manifestava tutta la loro arroganza e opulenza. Diceva: “Quello che vale di più non vale come i dei Valle”. E qualcos di sicuro c’erra nel fatto perchè mentre altrettanti benestanti e potenti come loro si rovinavano o vedevano declinare le loro fortune, quella dei del valle aumentava o rimaneva inalterata. L’ultimo Valle abitò la casa fino alla sua morte, nel 1967.
Il parco Serafín Sánchez segna il centro della città. Lo circondano, fra gli altri, gli edifici che ospitano l’hotel Plaza e il Museo Provinciale di Storia. Anche l’edifico dell’antica società El Progreso (oggi biblioteca pubblica) dai cui balconi, nei giorni iniziali del 1959, Fidel si diresse al popolo spirituano nella sua prima visita alla città dopo la vittoria della Rivoluzione. Un altro dei lati del parco lo occupa l’antico hotel Perla e alla fine del boulevard si trova l’edificio che fu della Colonia Spagnola, come disse la collega Rosa Miriam Elizalde corrisponde, per gli spirituani, a quello che è per gli avaneri il Capitolio, tutti esponenti rilevanti dell’architettura eclettica repubblicana. Artisti della plastica come Julio Neira e José Perdomo, coi loro murales e Félix Madrigal, con le sue sculture di personaggi popolari, completano l’immagine della città.

Abbraccio finale

Ci fu anche stavolta, come sempre a Sancti Spiritus, musica di terzetti e l’opportunità di tornare a sentire la fantastica orchestra di ghitarre di Roberto. Si inaugurarono non poche mostre di pittura, come quella di Antonio Díaz, il pittore della città che continua creando nelle sue tele una città reale e immaginata. Ci furono tintinnii di bicchieri e la possibilità di abbracciare e condividere il tempo con amici di sempre come María Antonieta Jiménez Margolles, una delle fonti di informazione più solide e sicure, quando si tratta di storia spirituana.

Nos fuimos a Sancti Spíritus

Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
14 de Junio del 2014 19:57:29 CDT

Quiere el escribidor permitirse comenzar hoy su página con un recuerdo
de familia. Sucede que en 1947 o 48, su padre, un humilde empleado de
café, recibió la encomienda del propietario del establecimiento donde
prestaba servicio, un cafecito radicado en el zaguán de un edificio
del Paseo del Prado, frente al Capitolio, de trasladarse a Sancti
Spíritus.
Todos los años, en ocasión de la feria ganadera que tenía lugar allí,
era el dueño del café quien se trasladaba a esa ciudad de la región
central a fin de montar y atender el bar que en unión de José María,
el propietario de la tienda La Sirena, de aquella localidad,
improvisaba en la exhibición agropecuaria. Lorenzo García, el dueño
del café, y José María --nunca supo el escribidor su apellido--, ambos
españoles, eran socios en negocios que incluían una colonia cañera.
Los unía una larga amistad que se renovaba en ocasión de los viajes de
José María a La Habana y de aquella visita anual de García a la villa
del Yayabo. Por una razón o por otra, en aquella ya lejana fecha,
García no pudo hacer el viaje acostumbrado y confió la tarea a mi
padre. Y aquí viene el recuerdo de familia que quiero relatar.
El primer día de feria, recién abierto el bar, se acercó al mostrador
un señor de cierta edad. Lo acompañaba una mujer joven y pidió una
copa de coñac Felipe II para él y otra de sidra para la muchacha.
Consumieron el pedido, cuyo precio no debe haber llegado a un peso de
los de entonces, y el hombre extendió un billete a mi padre. Le dio mi
padre el cambio y...
--Perdóneme, joven, aquí hay un error --dijo el hombre. Pagué con un
billete de 20 pesos y usted me trae el cambio de cinco.
--No, usted me dio cinco pesos --respondió mi padre, que era un lince
para los números.
--No, no, le di 20 pesos --insistió el hombre y sin dar a mi padre
tiempo a responder, preguntó:
--¿Sabe usted quién soy yo?
--¿Cómo no saber quién es usted? Cuba entera lo conoce. Usted es el
doctor Miguel Mariano Gómez, ex alcalde de La Habana y ex presidente
de la República.
--¿Piensa que un hombre como yo lo timaría a usted en un vuelto?
La interrogante dejó a mi padre sin palabras. Claro que no concebía a
un ex primer mandatario de la nación, acaudalado ganadero por demás,
timando a un dependiente de café. Pero estaba seguro de que Miguel
Mariano había pagado con un billete de cinco pesos. En eso José María,
que seguía  la escena desde la puerta del almacén, llamó a mi padre
para interesarse por lo que pasaba.
--Si dice que te dio 20 pesos, te dio 20 pesos, como si dice que te dio
cien. Se le da el cambio y ya. Con Miguel Mariano no se discute en
Sancti Spíritus, y menos en esta casa, advirtió el copropietario del
bar.
Debía mi padre rectificar el error que no había cometido. Pasó por la
caja y tomó el resto del dinero.
--Perdone, doctor. En efecto, usted me pagó con un billete de 20. Aquí
está su vuelto completo. No dijo más. Miguel Mariano agradeció el
gesto, sonrió, tomó el dinero y salió del bar por donde mismo entró.
Grande sería la sorpresa de mi padre al verlo aparecer al día
siguiente con la misma sonrisa, la misma muchacha y sus cejas peludas.
Hizo igual pedido que el día anterior, solo que a la hora de pagar
cogió un billete del rollo voluminoso que llevaba en el bolsillo y,
extendiéndoselo a mi padre, dijo:
--Fíjese bien que son 20 pesos.
Asintió mi padre. Eran sin duda 20 pesos. Cuando regresó con el
cambio, Miguel Mariano le dijo que no, que de ninguna manera, que el
cambio era suyo. Volvió al día siguiente y al otro y al otro hasta que
concluyó la feria ganadera y se desmontó el bar, y lo hizo siempre con
la misma acompañante --su hija, presumiblemente-- y su pedido invariable
de “Felipe II para mí y sidra para la muchacha”, para dejar al final
aquella propina desmedida de alrededor de 19 pesos contantes y
sonantes. Ya mi padre había comprado para su boda un jueguito de sala
y una neverita de uso, y cuando regresó a La Habana adquirió, nuevo de
paquete, el juego de cuarto que le faltaba para casarse. Como
imaginará el lector, ahí nací yo y aquellos muebles todavía andan por
ahí por aquello que tenemos los cubanos de pretender que algo nos dure
toda la vida y legarlo a los que vienen detrás.

Rico perfil de edades

No sé si es que la edad nos hace repetitivos, pero cada vez que vuelvo
a Sancti Spíritus encuentro siempre ocasión para repetir esa historia.
Como entre muchas mujeres, tuve el acierto de escoger para casarme a
una espirituana --en realidad, es oriunda de Cabaiguán, pero es lo
mismo-- he vuelto muchas veces y encuentro siempre a alguien que quiere
oír el cuento.
Ahora regresamos invitados por el gobierno espirituano a los festejos
por los 500 años de la villa. Fueron tres días con una agenda bien
apretada en una ciudad rejuvenecida, pese a su edad, y que crece en
interés para el visitante. Para festejar el aniversario se acometieron
numerosas obras de conservación y rescate de edificaciones públicas y
privadas, parques y plazas, centros gastronómicos y comerciales, y se
ejecutaron asimismo importantes inversiones  de carácter económico y
social.
Sancti Spíritus es su arquitectura, el fulgor de sus leyendas, el
encanto de sus tradiciones, la riqueza de su historia, la alegría de
sus pasacalles y su fuerte movimiento coral y trovadoresco. Su casco
histórico, conservado sobre todo gracias al empeño y la dedicación de
los que lo habitan, es de los conjuntos urbanos más notables de la
Isla. En opinión de la Doctora Alicia García Santana es la más
medieval de nuestras villas fundacionales pues se hizo habitual allí
construir sobre lo viejo, lo que dio por resultado un rico perfil de
edades superpuestas.
Esta vez volvimos a alojarnos en el Hostal del Rijo, con majestuosa
fachada y techos altísimos; un establecimiento de 16 habitaciones
donde elegancia y confort se dan la mano y se conjugan tradición y
modernidad. Fue la residencia de la familia de Antonio Rudersindo del
Rijo, un médico benefactor asesinado una noche, en las afueras de la
ciudad, cuando regresaba a su casa luego de haber asistido a un
enfermo.
El hotel resultó ideal como centro para las caminatas por la ciudad.
Frente, prácticamente a un tiro de piedra, cruzando el parquecito
donde se alza la estatua del Doctor del Rijo, se halla la iglesia
Parroquial Mayor, restaurada con esmero para el aniversario. Es la más
antigua de la ciudad. Tiene características de evidente ascendencia
mudéjar y en opinión de la Doctora García Santana es el mejor
conservado de todos los templos construidos en el siglo XVII. No son
pocas las leyendas que se asocian a esta edificación que con sus
campanas fundidas en oro, plata y bronce, hábilmente manejadas por el
campanólogo Cuco Pasamontes, despiertan cada día al vecindario.
Otra leyenda vinculada a este sitio habla de cierta señora rica,
malhumorada y altanera quien, ya en su lecho de muerte, pidió ser
inhumada bajo la entrada principal del templo a fin de que todo el que
entrase y saliese pasara por encima de sus restos. Pretendía con esa
determinación alcanzar alguna vez la indulgencia divina. La
complacieron, dice la leyenda, y los espirituanos conocen esa puerta
como la del perdón.
Se dice que a ese templo llegó un día un peregrino y pidió permiso
para reposar en su interior. Los vecinos le pasaron el alimento por
una ventana hasta que desapareció sin dejar rastro.
Comenzaron entonces la lluvia y el viento. El río Yayabo creció; un
furioso huracán azotó la localidad. Cuando sobrevino la calma apareció
en una de las capillas de la iglesia la imagen del Santo Cristo de la
Humildad y la Paciencia. Allí, en la capilla de ese nombre, está
todavía la imagen en una iglesia consagrada al Espíritu Santo, patrono
de la villa, junto a una pila bautismal y el único arco toral de
madera que ha llegado a nuestros días, ambos del siglo XVII.

Tríptico de oro

El maestro Blas Cabrera merecería ser más recordado en Sancti
Spíritus. Fue, entre otras muchas obras, el constructor del teatro
Principal y, en colaboración con el maestro Domingo Valverde, del
puente sobre el río Yayabo, uno de los símbolos de la villa y, para
muchos, la reliquia colonial más emblemática de todo el centro de la
Isla. Aseguran especialistas que ese puente de ladrillos, montado
sobre cinco grandes arcos de medio punto --extraordinariamente bien
conservado pese al paso y el peso del tiempo--, y el teatro Principal,
similar al Tacón, de La Habana, conforman, junto con el edificio de la
Real Cárcel, en las afueras de la urbe, el tríptico de oro de la
arquitectura colonial espirituana.
Merecen la visita la Casa de la Guayabera, en la quinta Santa Elena, y
el Museo de Arte Colonial, ambos en las inmediaciones del puente. La
primera preserva una colección de 203 piezas. El museo se instaló en
la casa de la familia de Fernando Alfonso del Valle, un habanero que
se casó en Sancti Spíritus con Ana Antonia del Castillo, vecina
principal perteneciente al clan de los fundadores de la ciudad.
Fernando y Ana dieron pie a una familia cuyo escudo ponía de
manifiesto toda su arrogancia y opulencia. Decía: “El que más vale no
vale tanto como vale Valle”. Y algo de cierto había en el asunto
porque mientras otros tan acaudalados y poderosos como ellos se
arruinaban o veían descender sus fortunas, la de los Valle se
incrementaba o permanecía inalterable. El último Valle habitó la casa
hasta su muerte, en1967.
El parque Serafín Sánchez marca el centro de la ciudad. Lo rodean,
entre otros, los edificios que albergan el hotel Plaza y el Museo
Provincial de Historia. También la edificación de la antigua sociedad
El Progreso (hoy biblioteca pública) desde cuyos balcones, en los días
iniciales de 1959, Fidel se dirigió al pueblo espirituano en su
primera visita a la ciudad tras el triunfo de la Revolución. Otro de
los costados del parque lo ocupa el antiguo hotel Perla, y al final
del bulevar se halla el edificio que fuera de la Colonia Española,
que, como dijo la colega Rosa Miriam Elizalde, es para los
espirituanos lo que el Capitolio para los habaneros; todos exponentes
relevantes de la arquitectura ecléctica republicana. Artistas
plásticos como Julio Neira y José Perdomo, con sus murales, y Félix
Madrigal, con sus esculturas de personajes populares, completan una
imagen de la ciudad.

Abrazo final

Hubo esta vez, como siempre en Sancti Spíritus, música de tríos y la
oportunidad de volver a escuchar la fantástica orquesta de guitarras
de Roberto. Se inauguraron no pocas exposiciones de pintura, como la
de Antonio Díaz, el Pintor de la Ciudad, que sigue recreando en sus
lienzos una urbe real e imaginada. Hubo chin chin de copas y la
posibilidad de abrazar y compartir con amigos de siempre como María
Antonieta Jiménez Margolles, una de las fuentes de información más
sólidas y seguras cuando de la historia espirituana se trata.


Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/





sabato 14 giugno 2014

SW 8 street versus NW 7 street, anche questa è Miami





Miami è nota per la forte presenza cubana che nel passato, anche recente, si è manifestata maggiormente come anti-castrista. Di fatto però hanno (quasi) sempre vinto i Democratici, partito più moderato e vagamente possibilista. Solo con George W. Bush avevano vinto i Repubblicani...con una somma di voti inferiore. Cose americane.
La roccaforte dello zoccolo duro, centro direzionale di Little Havana è La Calle 8 con le sue corazzate rappresentate dal ristorante Versalles e dal parco dedicato alla Brigata 2506, quella sconfitta alla Baia dei Porci nel 1961. I due luoghi sono frequentati, ormai, maggiormente da diversamente giovani che hanno sperato e sperano da ormai 55 anni di poter rovesciare il regime comunista a Cuba. I discorsi, quotidiani sono sempre dello stesso tenore di un ottimismo veramente incredibile, dopo tante delusioni e terminano con il classico arrivederci presto in una Cuba libera...
Ma a Miami c’è anche una piccola minoranza di controparte, capitanata dal giornalista Max Lesnik già direttore della rivista Réplica, chiusa dopo aver subito ben 11 attentati dinamitardi. Poi è nata Radio-Miami, un’emittente controcorrente che ha dovuto a sua volta chiudere recentemente a causa della vendita dell’immobile in cui operava. La nuova proprietà non ha concesso l’uso a Lesnik per l’emittente.
Il buon Max (classe 1930) si è rimboccato le maniche e proseguendo nel suo lavoro fino che ha potuto, ha rimesso in piedi la redazione della rivista, dopo 15 anni, ed è pronto ad uscire nelle edicole il 1° luglio con “La nueva Réplica” in edizione quindicinale. Circondato da un gruppo di amici e collaboratori “over 80” con qualche eccezione per settantenni o giù di lì.
Lo zoccoletto duro dei pro-castristi ha veramente dell’incredibile, trovandosi a Miami. E’ composto da antichi compagni di lotta dei barbudos che i casi della vita hanno condotto nelle fauci del “nemico”. Trattandosi di argomento delicato e personale, non ho approfondito i motivi, non certo uguali per tutti loro, per cui si trovino a vivere a Miami ed a parteggiare per il Governo comunista dell’Isola. Probabilmente qualcuno di loro ha avuto piccole divergenze iniziali con il recente costituito Governo Rivoluzionario e poi ha avuto dei ripensamenti. Altri avranno fatto una scelta di riunificazione famigliare al di là delle differenze politiche. Insomma...il perché non si sa, ma rimane il fatto che si tratta di persone molto preparate anche culturalmente e intellettualmente. L'FBI, non li importuna li controlla più o meno discretamente, anche con qualche citazione telefonica. I tempi sono cambiati e il terrorismo di qualunque tendenza è sotto controllo e non alza la testa, pertanto si sentono abbastanza tranquilli di poter continuare nel loro impegno politico.

Ho trascorso un’oretta con loro, accolto da un clima di amicizia e disponibilità potendo percepire che nello stesso modo della numerosa fazione rivale, hanno un unico punto in comune (età a parte): la grande nostalgia di Cuba e la voglia, seppure da punti di vista diversi e contrapposti, di auspicare una vita migliore a chi è rimasto o nasca dall’Altra parte dello Stretto della Florida.

Te la do anch'io l'America 2

La Porsche ad alimentazione mista, elettrica e benzina

Lungo le strade della Florida, passando per newyorkini

Easy rider, che passione

Potrebbero cambiargli il nome in "abbuffate", si mangia a volontà con ampia scelta e prezzi stracciati.

Grassazione

GRASSAZIONE: lubrificazione

venerdì 13 giugno 2014

L'Italia ospite della prossima Fiera Internazionale del Turismo di Cuba

Fonte TTC

È ufficiale: FITCUBA 2015 sarà dedicata all’Italia
Pubblicato da Redazione TTC in Eventi giugno 5, 2014 0 98 Visite




L’Avana– La Fiera Internazionale di Turismo di Cuba, FITCUBA 2015, sarà dedicata all’Italia, in qualità di paese ospite.
Lo ha annunciato Hilda Prieto, presidente della sezione giornalistica specializzata in turismo dell’Unione dei Giornalisti di Cuba (UPEC) durante il Seminario internazionale di Giornalismo e Turismo tenutosi a L’Avana la settimana scorsa.
L’incontro, che si è svolto presso l’Istituto Internazionale di Giornalismo “José Martí”, è stato presentato come “valore aggiunto per lo sviluppo del settore del tempo libero a Cuba”, così come riferito dall’agenzia di stampa cubana “Prensa Latina”.
Circa 60 esperti provenienti da Colombia, Argentina, Ecuador, Cile, Uruguay, Paraguay, Panama, Perù, Nicaragua e Cuba si sono confrontati su questioni come “la destinazione Cuba”; “Hemingway e la sua eredità giornalistica a L’Avana”; “le ultime tendenze nei social networks”; “il sistema dell’industria globale dei viaggi e quella gastronomica”. Per l’occasione, sono inoltre stati realizzati tour nei luoghi di interesse a L’Avana Vecchia e nei negozi di artigianato; oltre ad incontri con gli artisti dell’isola.
Il seminario, come ogni anno negli ultimi 10 anni, si è svolto con l’obiettivo di scambiare esperienze in materia di comunicazione turistica; per promuovere lo sviluppo del turismo, con particolare attenzione ai mercati dell’America Latina.





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GOBBA: Juventus f.c.