Pubblicato su Juventud Rebelde del 3/1/16
Carlos Fonseca deve
essere stato il lustrascarpe più quotato dell’Avana, all’inizio del XX secolo.
Non solo lucidava le scarpe a don Tomás Estrada Palma, allora presidente della
Repubblica, ma erano suoi clienti altri tre che col tempo, avrebbero occupato
il primo magistero: il maggior generale Mario García Menocal, il laureato
Alfredo Zayas e il generale Gerardo Machado. Chairo che non tutti gli utenti
del suo seggiolone erano “presidenziabili”. Fonseca prestava servizio anche a
gente come Rafael Montoro, figura di spicco dell’autonomia a Cuba e a non pochi
veterani dell’Indipendenza, come il generale Sánchez Figueiras che fu con Maceo
nel combattimento di San Pedro e che finita la guerra, si sposò con una ragazza
bellissima che poteva essere sua nipote e che lasciò vedova cinque anni dopo
averla sposata.
Fonseca aveva il suo
seggiolone nel cafè El Guanche, in Belascoaín e Neptuno, di fronte al cafè El Siglo
XX che esiste ancora e arrivava fino a quell’angolo...col tram, don Tomás.
Risulta che Frank Steinhart,
presidente della Havana Electric, l’azienda proprietaria dei tram avaneri, mise
a disposizione uno di questi veicoli per Estrada Palma che lo utilizzò per raggiungere la
sua presa di possesso come Presidente della Repubblica il 20 maggio del 1902 e
poi continuò utilizzandolo in non poche delle sue gestioni ufficiali e private.
Il presidente
abbordava il tram nelle vicinanze del Palazzo Presidenziale (gall’altezza giá
Palazzo dei Capitani Generali), nella Plaza de Armas; il veicolo usciva
dall’Avana Vecchia, si addentrava nel centro della città e nell’entrare in
Belascoaín faceva una breve fermata all’altezza di Neptuno perché scendesse il
Presidente. Una volta che gli lucidassero le scarpe, don Tomás aspettava che il
tram che aveva fatto il giro da Reina, passasse a raccoglierlo, stavolta in
Neptuno.
Machado e gli aerei
Gerardo Machado fu il
primo presidente cubano che volò in aereo, uno dei primi presidenti del mondo a
farlo.
Charles Lindberg, il
primo aviatore a sorvolare da solo e senza scalo l’oceano Atlantico, invitò il
dittatore a sorvolare l’Avana e Machado non solo accettò la proposta, ma ci
prese gusto in tal maniera che a partire da quel momento, ogni volta che avesse
necessitá di spostarsi all’oriente dell’Isola, chiedeva a Cubana de Aviación che
ponesse a sua disposizione un apparecchio, per risparmarsi la strada.
Il 20 maggio del
1927, Lindbergh partì dall’aeroporto Roosvelt di New York. Pilotava un
apparecchio di un solo motore, ridisegnato da lui stesso che aveva per nome
Spirit of Saint Louis. Trentatré ore e 32 minuti dopo, arrivava all’aerodromo
Le Bourget, vicino a Parigi e consumava l’impresa che lo avrebbe convertito in
uno degli aviatori più famosi di tutti i tempi. A partire da questo volo e
sempre a bordo del suo monoplano, visitò vari Paesi latinoamericani col
proposito di aprire nuove rotte aeree. In tutte le nazioni che visitò venne
ricevuto in pompa magna e gli si tributavano gli onori che meritava. Cuba non
sarebbe stata l’ecezione. L’8 febbraio 1928, Lindbergh data del suo arrivo
all’Avana, proveniente da Haiti, si dichiarò il “Giorno di Lindbergh”. Il
popolo avanero si recò a dargli il benvenuto all’aerodromo del campo militare
di Colombia e poi lo acclamò alla terrazza nord del Palazzo Presidenziale. Il
generale Alberto Herrera, capo dell’Esercito e il dottor Orestes Ferrara,
Segretario di Stato, lo condussero immediatamente dal presidente Machado che
gli consegnerà un’importante onorificenza. Cuba fu l’ultimo Paese che visitò il
famoso aviatore nordamericano a bordo dello Spirit of Saint Loui edello Spazio
di Washington. Lindbergh tornerà nella capitale cubana nel febbraio del 1929 a
bordo dell’aereo “Aquila solitaria”.
Il 12 febbraio un
aereo fu addobbato a festa nell’aeroporto di Boyeros per accogliere il
ppresidente di Cuba e il più famos degli aviatori che lo piloterà. Era un Ford
a tre motori con capacità per dieci passaggeri e due membri dell’equipaggio. A
partire da lì questoi stesso apparecchio o un altro dalle stesse
caratteristiche che faceva allora i voli Avana-Santiago de Cuba con scalo nella
città di Camagüey, rimase al servizio di Machado ogni volta che il dittatore lo
richiedeva. Senza dubbio gli mancò il giorno della fuga, il 12 agosto del 1933.
Chiese due aerei, da dodici posti ciascuno, per fuggire alla giustizia popolare
con i suoi più vicini collaboratori, ma dovette accontentarsi di un aereo a sei
posti.
Questo Ford a tre
motori, di proprietà della Pan American Airways e che Cubana de Aviación
affittava fu venduto, nei giorni della II Guerra mondiale, all Repubblica
Dominicana che lo utilizzò come aereo presidenziale. Dopo che il satrapo
Leónidas Trujillo si stancò di usarlo, l’apparecchio tornò negli Stati Uniti e
quellaeronave utilizzata da dittatori cominciò a essere utilizzata per lavori
di affumicazione, fino agli anni ’60, quando si tolse dalla circolazione,
ma...qualche ano fa il vecchio aereo fu restaurato
E si sta usando per viaggi turistici nella
citta di Grand Rapids, in Michigan. Fanno pagare 50 dollari per passeggero in
cambio di un giro di 15 minuti.
Menocal e il divino Galimatías
Il dottor Ramón Grau
San Martín, presidente di Cuba per la seconda volta tra il 1944 e il 1948 era
così. Non per niente si guadagnò il detto di Divino Galimatías. Il suo
linguaggio era oscuro e confuso; tipo Cantínflas. Lui, tutto un maestro per
evadere impegni e raggirare o evadere i temi dei quali non gli interessava
esprimersi o quelli di cui voleva nascondere il suo pensiero.
I commercianti della
calle Muralla gli chiesrro un’incontro a fine di riferirgli temi di loro
interesse e per i quali cercavano l’appoggio del primo cittadino. Bisogna dire,
in onore alla verità che Grau fece diversi tentativi di riceverli e siccome una
maggior responsabilità glie lo impediva sempre, decise di includerli
nell’agenda della più vicina udienza pubblica, sessione maratonetica di
interviste nella quale uno degli aiutanti o il segretario del Presidente
stabilivano l’ordine di priorità nel ricevere e nella quale non mancavano quei
personaggi che godevano, a quei tempi, quello che si chiamava “diritto di
paravento” che gli apriva la porta senza necessità di nessuna attesa.
Alle sei del
pomeriggio, i commercianti di Murallas arrivarono al Palazzo ed era oltre l’una
di notte quando li fecero passare nello studio del Presidente. Grau, molto serio
e con le braccia conserte li aspettava, in piedi, dietro la scrivania.
-So che siete qua da
tempo, ma sapete come sono i compiti di un presidente...da sfinimento. La
quantità di gente che sono obbligato a ricevere! Immagino, senza dubbio che la
vostra attesa non sia stata infruttuosa e che avranno notato il ritratto del
presidente Menocal che c’è nellatrio dello studio e visto come cambia
espressione a misura che cala la notte.
Nell’udire ciò, i
commercianti della calle Muralla rimasero senza parole. Sconforto, scambio di
occhiate. Sorrisi forzati. A uno del gruppo scappò uno starnuto. Grau tornava
alla carica.
-Non lavete visto?
Com’è possibile che abiate sorvolato un dettaglio così evidente? Venite, venite
con me.
Il presidente
condusse il gruppo nell’atri dello studio presidenziale e li fece mettere
davanti al ritratto in questione.
Vedrete come cambia
espressione. Osservatelo! – e al punto di svicolare per un corridoio, aggiunse:
E continuate osservandolo!
Quella notte i
commercianti della calle Muralla non videro più il Presidente, né insistettero
più nell’intervista.
Questo è un furto
I dittatori sono
taccagni nella loro sconfitta. Fulgencio Batista, a partire dal 1959, non si
stancava do declamare la sua povertà, anche se nessuno lo credeva e altrettanto
successe con Machado. Il giorno della sua fuga, due dei suoi aiutanti
trasportavano lo strano bagaglio del dittatore: otto sacchetti di tela,
pesantucci. In essi c’era, in oro, parte della fortuna di Machado. Un’altra
parte rimaneva a Cuba, protetta dalle entità bancarie, a quanto sembra sicura.
Nonostante il reclamo
popolare, Carlos Manuel de Céspedes che successe a Machado ala presidenza dal
13 agosto, non prese nessuna misura contro i depredatori del tesoro della
nazione né confiscò i beni dei malversatori. In cambio, Grau, giunto al potere
al calore del colpo di Stato del 4 settembre 1933, raccolse il sentimento della
popolazione e nominò un pubblico ministero o accusatore popolare che avrebbe
assalito i ladri. Solo in una banca avanera furono dissigillate oltre 12
cassette di sicurezza appartenenti a figure molto vicine alla dittatura
sconfitta, far di esse quella di Elvira Machado. Conteneva gioielli di grande
valore e oltre un milione di pesos in contanti.
- Questo è un furto!
Il contenuto di questa cassetta è la fortuna personale di mia moglie. I gioielli sono un’eredità
famigliare e hanno un valore totale di 106.000 pesos – dichiarò Machado a
Montreal, in Canada.
Aggiunse: ”Credo che
la storia mi farà giustizia, la mia fortuna attuale non è sproporzionata con
quanto avevo quando occupai la presidenza.”
Allora avevo 400.000
pesos per la vendita della Compagnia Cubana di Elettricità e grandi interessi
nello zuccherificio Carmita.
Oltre a possedere
altre centrali elettriche e fabbriche di ghiaccio in differenti località
dell’Isola...” Il processo contro i malversatori proseguiva all’Avana e il capo
della Polizia Giudiziaria faceva l’inventario delle cassette di sicurezza
aperte e metteva i documenti in mano al dottor Guillermo Montagú, magistrato del
Tribunale Supremo e giudice istruttore della causa. Il pubblico ministero o
accusatore popolare, da parte sua, trovò e aprì la cassetta di sicurezza dello
stesso Machado. ,a questa volta il dittatore si mosse rapidamenbte e corruppe
con 150.000 pesos la commissione di incorruttibili che perseguivano i ladri
dell’erario.
Siccome Machado non
sprecava nessuna opportunità per smentire i commenti sulla favolosa fortuna che
gli si attribuiva, assicurando che era “molto povero, come pochi nella mia
condizione”, qualcuno decise di giocargli un brutto scherzo. Una sera, una
busta indirizzata a suo nome, giunse alla reception dell’albergo canadese dove
era alloggiato. Un commesso la port alla stanza dell’ex presidente e Machado
ordinò che la aprissero. Sorpresa. Conteneva un centesimo e una nota in cui si
leggeva: “ Siccome abbiamo saputo che è così povero, ci compiacia di servirsi
di questo modesto aiuto”.
Inutile dire che
Machado montò in collera.
Cose del protocollo
Monsignor Manuel
Arteaga Betancourt ricevette, a Roma, la porpora cardinalizia, cosa che lo
convertì nel primo principe cubano della Chiesa e ritornò all’Avana via mare
Quello stesso pomeriggio, il presidente Grau lo ricevette in udienza speciale.
- Eminenza non sa
quanto mi spiace di non poter essere stato al porto a riceverla. Ma il
protocollo non me lo permetteva.
- Sì Presidente,
viviamo schiavi del protocollo – affermò il porporato.
E Grau rispose
reapidamente:
- Però non mi negherà
che ha anche i suoi vantaggi.
(Fonti: testi di José Oller e Newton Briones Montoto e
informazioni orali della stampa)
Derecho de mampara
2 de Enero
del 2016 21:26:21 CDT
Carlos
Fonseca debió haber sido el limpiabotas más reputado de La Habana a comienzos
del siglo XX. No solo le lustraba el calzado a don Tomás Estrada Palma,
entonces presidente de la República, sino que también eran clientes suyos otros
tres que, con el tiempo, ocuparían la primera magistratura: el mayor general
Mario García Menocal, el licenciado Alfredo Zayas y el general Gerardo Machado.
Claro que no todos los usuarios de su sillón eran presidenciables. Fonseca
también daba servicio a gente como Rafael Montoro, figura cimera de la
autonomía en Cuba, y a no pocos veteranos de la Independencia, como el general
Sánchez Figueras, que estuvo con Maceo en el combate de San Pedro y que, ya
acabada la guerra, se casó con una muchacha bellísima que podía ser su nieta y
a la que dejó viuda cinco años después de haberla desposado.
Tenía
Fonseca su sillón en el café El Guanche, en Belascoaín y Neptuno, frente al
café El Siglo XX, que todavía existe, y hasta esa esquina llegaba don Tomás… en
tranvía.
Resulta
que Frank Steinhart, presidente de la Havana Electric, la empresa propietaria
de los tranvías habaneros, puso uno de esos vehículos a disposición de Estrada
Palma, que lo utilizó para acudir a su toma de posesión como Presidente de la
República, el 20 de mayo de 1902, y siguió utilizándolo luego en no pocas de
sus gestiones oficiales y particulares.
Abordaba
el mandatario el tranvía en las inmediaciones del Palacio Presidencial (antiguo
Palacio de los Capitanes Generales), en la Plaza de Armas; salía el vehículo de
La Habana Vieja, se internaba en el centro de la ciudad y al entrar en
Belascoaín hacía una breve parada a la altura de Neptuno para que descendiera
el Presidente. Una vez que le limpiaban los zapatos, don Tomás esperaba a que
el tranvía, que había dado la vuelta por Reina, pasara a recogerlo, esta vez
por Neptuno.
Machado y los aviones
Gerardo
Machado fue el primer presidente cubano que voló en avión, y uno de los
primeros mandatarios en hacerlo en el mundo.
Charles
Lindbergh, el primer aviador en atravesar solo y sin escalas el océano
Atlántico, invitó al dictador a sobrevolar La Habana y Machado no solo aceptó
la propuesta, sino que le cogió el gusto de tal forma que a partir de ese
momento cada vez que tenía necesidad de desplazarse al oriente de la Isla pedía
a Cubana de Aviación que pusiera a su disposición un aparato para ahorrarse la
carretera.
El 20 de
mayo de 1927, Lindbergh partió del aeropuerto Roosevelt, en Nueva York.
Tripulaba un aparato de un solo motor, rediseñado por él mismo, que tenía por
nombre Spirit of Saint Louis. Treinta y tres horas y 32 minutos después
arribaba al aeródromo de Le Bourget, cerca de París, y consumaba la hazaña que
lo convertiría en uno de los aviadores más famosos de todos los tiempos. A
partir de ese histórico vuelo y siempre a bordo de su monoplano, visitó varios
países latinoamericanos con el propósito de abrir nuevas rutas aéreas. En todas
las naciones que visitó se le recibió con gran pompa y se le tributaron los
honores que merecía.
Cuba no
sería la excepción. El 8 de febrero de 1928, fecha de su llegada a La Habana
procedente de Haití, se declaró el Día de Lindbergh. El pueblo habanero fue a
darle la bienvenida en el aeródromo del campamento militar de Columbia y lo
aclamó luego en la terraza norte del Palacio Presidencial. El general Alberto
Herrera, jefe del Ejército, y el doctor Orestes Ferrara, secretario de Estado,
lo condujeron enseguida a presencia del presidente Machado, que le otorgaría
una importante condecoración. Cuba fue el último país que visitó el famoso
aviador norteamericano a bordo del Spirit of Saint Louis. Al regresar a su país
decidió que el avión se conservara y exhibiera en el Museo del Aire y el
Espacio, de Washington. Lindbergh volvería a la capital cubana en febrero de
1929 a bordo del avión Águila solitaria.
El 12 de
febrero un avión se engalanó en el aeropuerto de Boyeros para acoger al
presidente de Cuba y al más nombrado de los aviadores, que lo tripularía. Era
un Ford de tres motores con capacidad para diez pasajeros y dos tripulantes. A
partir de ahí ese mismo aparato u otro con características similares, que hacía
entonces los vuelos Habana-Santiago de Cuba con escala en la ciudad de
Camagüey, estuvo al servicio de Machado cada vez que el dictador lo solicitaba.
Le falló sin embargo el día de la fuga, el 12 de agosto de 1933. Pidió dos
aviones, de doce plazas cada uno, para huir de la justicia popular con sus más
cercanos colaboradores, y tuvo que conformarse con un aeroplano de seis plazas.
Ese Ford
de tres motores, propiedad de la Pan American Airways y que Cubana de Aviación
arrendaba, fue vendido, en los días de la II Guerra Mundial, a la República
Dominicana, que lo utilizó como avión presidencial. Después que el sátrapa
Rafael Leónidas Trujillo se cansó de usarlo, el aparato volvió a Estados
Unidos, y aquella aeronave utilizada por dos dictadores empezó a utilizarse en
labores de fumigación, hasta los años 60, cuando se sacó de circulación, pero…
Hace algunos años el viejo avión fue restaurado y se está usando en viajes
turísticos en la ciudad de Grand Rapids, en Michigan. Cobran 50 dólares por
pasajero a cambio de una vuelta de 15 minutos.
Menocal y el divino Galimatías
El doctor
Ramón Grau San Martín, presidente de Cuba por segunda vez entre 1944 y 1948,
era así. No por gusto ganó el mote de Divino Galimatías. Su lenguaje era oscuro
y confuso; cantinflesco. Y él, todo un maestro para eludir compromisos y rodear
o evadir los temas sobre los que no le interesaba definirse o sobre los que
quería ocultar su pensamiento.
Los
comerciantes de la calle Muralla le pidieron una entrevista a fin de referirle
temas de su interés y para los que buscaban el apoyo del primer mandatario. Hay
que decir en honor a la verdad que Grau hizo varios intentos por recibirlos y
como siempre una responsabilidad mayor se lo impidió decidió incluirlos en la
agenda de la más próxima audiencia pública, sesión maratónica de entrevistas en
la que uno de los ayudantes o el secretario del Presidente establecía el orden
de precedencia en el recibo y en la cual no faltaban aquellos personajes que
gozaban de lo que en la época se llamaba «derecho de mampara», que les
franqueaba la puerta sin necesidad de espera alguna.
A las seis
de la tarde llegaron los comerciantes de Muralla a Palacio y eran más de la una
de la madrugada cuando los hicieron pasar al despacho del Presidente. Grau, muy
serio y con los brazos en jarra, los esperaba de pie detrás del escritorio.
—Sé que
están aquí desde temprano, pero ya saben cómo son las tareas de un mandatario…
agobiantes. ¡La cantidad de gente que me vi obligado a recibir! Imagino, sin
embargo, que su espera no habrá sido infructuosa porque habrán reparado en el
retrato del presidente Menocal que está en el antedespacho y verían cómo le cambia el
rostro a
medida que cae la noche.
Al oír
aquello, los comerciantes de la calle Muralla quedaron sin palabras.
Desconcierto. Intercambio de miradas. Sonrisas forzadas. A uno de los del grupo
se le escapó un estornudo. Grau volvió a la carga.
—¿No lo
vieron? ¿Cómo es posible que pasaran por alto detalle tan evidente? Vengan,
vengan conmigo.
El
Presidente condujo al grupo a la antesala del despacho presidencial y lo hizo
situarse delante del retrato en cuestión.
—Verán
cómo le cambia la cara. ¡Obsérvenlo! —Y a punto ya de escurrirse por un
pasillo, añadió: ¡Y síganlo observando!
Aquella
noche los comerciantes de la calle Muralla no volvieron a ver al Presidente ni
insistieron más en lo de la entrevista.
¡Eso es un robo!
Los
dictadores son tacaños en su derrota. Fulgencio Batista, a partir de 1959, no
se cansó de proclamar su pobreza, aunque nadie se lo creyera, y otro tanto
sucedió con Machado. El día de su fuga, dos de sus ayudantes transportaban el
extraño equipaje del ex dictador: ocho saquitos de lona, pesaditos. En ellos
iba, en oro, parte de la fortuna de Machado. Otra parte quedaba en Cuba, al
amparo de entidades bancarias, segura al parecer.
Pese al
reclamo popular, Carlos Manuel de Céspedes, que sucedió a Machado en la
presidencia desde el 13 de agosto, no tomó medida alguna contra los
depredadores del tesoro de la nación ni confiscó los bienes de los
malversadores. En cambio Grau, llegado al poder al calor del golpe de Estado
del 4 de septiembre de 1933, recogió el sentir de la ciudadanía y nombró a un
fiscal o acusador popular que les iría arriba a los ladrones. Solo en un banco
habanero fueron selladas más de 12 cajas de seguridad pertenecientes a figuras
muy vinculadas con la dictadura derrocada, entre ellas la de Elvira Machado.
Contenía joyas muy valiosas y más de un millón de pesos en efectivo.
—¡Eso es
un robo! El contenido de esa caja es la fortuna personal de mi esposa. Las
joyas son una herencia familiar y tienen el valor total de 106 000 pesos
—declaró Machado en Montreal, Canadá.
Añadió:
«Creo que la historia me hará justicia. Mi fortuna actual no es
desproporcionada con la que tenía cuando ocupé la presidencia.
Tenía
entonces 400 000 pesos por la venta de la Compañía Cubana de Electricidad y
grandes intereses en el central azucarero Carmita.
Además de
poseer otras plantas eléctricas y fábricas de hielo en diferentes localidades
de la Isla…» El proceso contra los malversadores proseguía en La Habana y el
jefe de la Policía Judicial levantaba el inventario de las cajas selladas y
ponía los documentos en manos del doctor Guillermo Montagú, magistrado del
Tribunal Supremo y juez instructor de la causa. El fiscal o acusador popular,
por su parte, localizaba y sellaba la caja de seguridad del propio Machado.
Pero esa vez el ex dictador se movió rápido y con 150 000 pesos sobornó a la
comisión de insobornables que perseguían a los ladrones del erario.
Como
Machado no desaprovechaba oportunidad alguna para desmentir los comentarios
sobre la fortuna fabulosa que se le atribuía, asegurando que estaba «más bien
pobre, como pocos en mi condición», alguien decidió jugarle una broma pesada.
Una noche, un sobre dirigido a su nombre llegó a la carpeta del hotel
canadiense donde se alojaba. Un bellboy lo subió hasta la habitación del ex
mandatario y Machado ordenó que lo abrieran. Sorpresa. Contenía un centavo y
una nota en la que se leía: «Como hemos sabido que está tan pobre, sírvase
aceptarnos esta modesta ayuda».
De más
está decir que Machado montó en cólera.
Cosas del protocolo
Recibe en
Roma el capelo cardenalicio monseñor Manuel Arteaga Betancourt, lo que lo
convirtió en el primer príncipe cubano de la Iglesia, y regresa por mar a La
Habana. Esa misma tarde, el presidente Grau lo recibe en audiencia especial.
—No sabe
cuánto lamenté, Eminencia, no poder ir al puerto a recibirlo.
Pero el
protocolo no me lo permitía.
—Sí,
Presidente, vivimos esclavos del protocolo —aseveró el purpurado.
Y Grau
ripostó, rápido:
—Pero no
me negará que también tiene sus ventajas.
(Fuentes: Textos de José Oller y
Newton Briones Montoto e informaciones orales y de prensa)
Ciro Bianchi Ross