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mercoledì 6 gennaio 2016

Diritto di paravento, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 3/1/16

Carlos Fonseca deve essere stato il lustrascarpe più quotato dell’Avana, all’inizio del XX secolo. Non solo lucidava le scarpe a don Tomás Estrada Palma, allora presidente della Repubblica, ma erano suoi clienti altri tre che col tempo, avrebbero occupato il primo magistero: il maggior generale Mario García Menocal, il laureato Alfredo Zayas e il generale Gerardo Machado. Chairo che non tutti gli utenti del suo seggiolone erano “presidenziabili”. Fonseca prestava servizio anche a gente come Rafael Montoro, figura di spicco dell’autonomia a Cuba e a non pochi veterani dell’Indipendenza, come il generale Sánchez Figueiras che fu con Maceo nel combattimento di San Pedro e che finita la guerra, si sposò con una ragazza bellissima che poteva essere sua nipote e che lasciò vedova cinque anni dopo averla sposata.
Fonseca aveva il suo seggiolone nel cafè El Guanche, in Belascoaín e Neptuno, di fronte al cafè El Siglo XX che esiste ancora e arrivava fino a quell’angolo...col tram, don Tomás.
Risulta che Frank Steinhart, presidente della Havana Electric, l’azienda proprietaria dei tram avaneri, mise a disposizione uno di questi veicoli per Estrada Palma che lo utilizzò per raggiungere la sua presa di possesso come Presidente della Repubblica il 20 maggio del 1902 e poi continuò utilizzandolo in non poche delle sue gestioni ufficiali e private.
Il presidente abbordava il tram nelle vicinanze del Palazzo Presidenziale (gall’altezza giá Palazzo dei Capitani Generali), nella Plaza de Armas; il veicolo usciva dall’Avana Vecchia, si addentrava nel centro della città e nell’entrare in Belascoaín faceva una breve fermata all’altezza di Neptuno perché scendesse il Presidente. Una volta che gli lucidassero le scarpe, don Tomás aspettava che il tram che aveva fatto il giro da Reina, passasse a raccoglierlo, stavolta in Neptuno.

Machado e gli aerei

Gerardo Machado fu il primo presidente cubano che volò in aereo, uno dei primi presidenti del mondo a farlo.
Charles Lindberg, il primo aviatore a sorvolare da solo e senza scalo l’oceano Atlantico, invitò il dittatore a sorvolare l’Avana e Machado non solo accettò la proposta, ma ci prese gusto in tal maniera che a partire da quel momento, ogni volta che avesse necessitá di spostarsi all’oriente dell’Isola, chiedeva a Cubana de Aviación che ponesse a sua disposizione un apparecchio, per risparmarsi la strada.
Il 20 maggio del 1927, Lindbergh partì dall’aeroporto Roosvelt di New York. Pilotava un apparecchio di un solo motore, ridisegnato da lui stesso che aveva per nome Spirit of Saint Louis. Trentatré ore e 32 minuti dopo, arrivava all’aerodromo Le Bourget, vicino a Parigi e consumava l’impresa che lo avrebbe convertito in uno degli aviatori più famosi di tutti i tempi. A partire da questo volo e sempre a bordo del suo monoplano, visitò vari Paesi latinoamericani col proposito di aprire nuove rotte aeree. In tutte le nazioni che visitò venne ricevuto in pompa magna e gli si tributavano gli onori che meritava. Cuba non sarebbe stata l’ecezione. L’8 febbraio 1928, Lindbergh data del suo arrivo all’Avana, proveniente da Haiti, si dichiarò il “Giorno di Lindbergh”. Il popolo avanero si recò a dargli il benvenuto all’aerodromo del campo militare di Colombia e poi lo acclamò alla terrazza nord del Palazzo Presidenziale. Il generale Alberto Herrera, capo dell’Esercito e il dottor Orestes Ferrara, Segretario di Stato, lo condussero immediatamente dal presidente Machado che gli consegnerà un’importante onorificenza. Cuba fu l’ultimo Paese che visitò il famoso aviatore nordamericano a bordo dello Spirit of Saint Loui edello Spazio di Washington. Lindbergh tornerà nella capitale cubana nel febbraio del 1929 a bordo dell’aereo “Aquila solitaria”.
Il 12 febbraio un aereo fu addobbato a festa nell’aeroporto di Boyeros per accogliere il ppresidente di Cuba e il più famos degli aviatori che lo piloterà. Era un Ford a tre motori con capacità per dieci passaggeri e due membri dell’equipaggio. A partire da lì questoi stesso apparecchio o un altro dalle stesse caratteristiche che faceva allora i voli Avana-Santiago de Cuba con scalo nella città di Camagüey, rimase al servizio di Machado ogni volta che il dittatore lo richiedeva. Senza dubbio gli mancò il giorno della fuga, il 12 agosto del 1933. Chiese due aerei, da dodici posti ciascuno, per fuggire alla giustizia popolare con i suoi più vicini collaboratori, ma dovette accontentarsi di un aereo a sei posti.
Questo Ford a tre motori, di proprietà della Pan American Airways e che Cubana de Aviación affittava fu venduto, nei giorni della II Guerra mondiale, all Repubblica Dominicana che lo utilizzò come aereo presidenziale. Dopo che il satrapo Leónidas Trujillo si stancò di usarlo, l’apparecchio tornò negli Stati Uniti e quellaeronave utilizzata da dittatori cominciò a essere utilizzata per lavori di affumicazione, fino agli anni ’60, quando si tolse dalla circolazione, ma...qualche ano fa il vecchio aereo fu restaurato
 E si sta usando per viaggi turistici nella citta di Grand Rapids, in Michigan. Fanno pagare 50 dollari per passeggero in cambio di un giro di 15 minuti.

Menocal e il divino Galimatías

Il dottor Ramón Grau San Martín, presidente di Cuba per la seconda volta tra il 1944 e il 1948 era così. Non per niente si guadagnò il detto di Divino Galimatías. Il suo linguaggio era oscuro e confuso; tipo Cantínflas. Lui, tutto un maestro per evadere impegni e raggirare o evadere i temi dei quali non gli interessava esprimersi o quelli di cui voleva nascondere il suo pensiero.
I commercianti della calle Muralla gli chiesrro un’incontro a fine di riferirgli temi di loro interesse e per i quali cercavano l’appoggio del primo cittadino. Bisogna dire, in onore alla verità che Grau fece diversi tentativi di riceverli e siccome una maggior responsabilità glie lo impediva sempre, decise di includerli nell’agenda della più vicina udienza pubblica, sessione maratonetica di interviste nella quale uno degli aiutanti o il segretario del Presidente stabilivano l’ordine di priorità nel ricevere e nella quale non mancavano quei personaggi che godevano, a quei tempi, quello che si chiamava “diritto di paravento” che gli apriva la porta senza necessità di nessuna attesa.
Alle sei del pomeriggio, i commercianti di Murallas arrivarono al Palazzo ed era oltre l’una di notte quando li fecero passare nello studio del Presidente. Grau, molto serio e con le braccia conserte li aspettava, in piedi, dietro la scrivania.
-So che siete qua da tempo, ma sapete come sono i compiti di un presidente...da sfinimento. La quantità di gente che sono obbligato a ricevere! Immagino, senza dubbio che la vostra attesa non sia stata infruttuosa e che avranno notato il ritratto del presidente Menocal che c’è nellatrio dello studio e visto come cambia espressione a misura che cala la notte.
Nell’udire ciò, i commercianti della calle Muralla rimasero senza parole. Sconforto, scambio di occhiate. Sorrisi forzati. A uno del gruppo scappò uno starnuto. Grau tornava alla carica.
-Non lavete visto? Com’è possibile che abiate sorvolato un dettaglio così evidente? Venite, venite con me.
Il presidente condusse il gruppo nell’atri dello studio presidenziale e li fece mettere davanti al ritratto in questione.
Vedrete come cambia espressione. Osservatelo! – e al punto di svicolare per un corridoio, aggiunse: E continuate osservandolo!
Quella notte i commercianti della calle Muralla non videro più il Presidente, né insistettero più nell’intervista.

Questo è un furto

I dittatori sono taccagni nella loro sconfitta. Fulgencio Batista, a partire dal 1959, non si stancava do declamare la sua povertà, anche se nessuno lo credeva e altrettanto successe con Machado. Il giorno della sua fuga, due dei suoi aiutanti trasportavano lo strano bagaglio del dittatore: otto sacchetti di tela, pesantucci. In essi c’era, in oro, parte della fortuna di Machado. Un’altra parte rimaneva a Cuba, protetta dalle entità bancarie, a quanto sembra sicura.
Nonostante il reclamo popolare, Carlos Manuel de Céspedes che successe a Machado ala presidenza dal 13 agosto, non prese nessuna misura contro i depredatori del tesoro della nazione né confiscò i beni dei malversatori. In cambio, Grau, giunto al potere al calore del colpo di Stato del 4 settembre 1933, raccolse il sentimento della popolazione e nominò un pubblico ministero o accusatore popolare che avrebbe assalito i ladri. Solo in una banca avanera furono dissigillate oltre 12 cassette di sicurezza appartenenti a figure molto vicine alla dittatura sconfitta, far di esse quella di Elvira Machado. Conteneva gioielli di grande valore e oltre un milione di pesos in contanti.
- Questo è un furto! Il contenuto di questa cassetta è la fortuna personale di  mia moglie. I gioielli sono un’eredità famigliare e hanno un valore totale di 106.000 pesos – dichiarò Machado a Montreal, in Canada.
Aggiunse: ”Credo che la storia mi farà giustizia, la mia fortuna attuale non è sproporzionata con quanto avevo quando occupai la presidenza.”
Allora avevo 400.000 pesos per la vendita della Compagnia Cubana di Elettricità e grandi interessi nello zuccherificio Carmita.
Oltre a possedere altre centrali elettriche e fabbriche di ghiaccio in differenti località dell’Isola...” Il processo contro i malversatori proseguiva all’Avana e il capo della Polizia Giudiziaria faceva l’inventario delle cassette di sicurezza aperte e metteva i documenti in mano al dottor Guillermo Montagú, magistrato del Tribunale Supremo e giudice istruttore della causa. Il pubblico ministero o accusatore popolare, da parte sua, trovò e aprì la cassetta di sicurezza dello stesso Machado. ,a questa volta il dittatore si mosse rapidamenbte e corruppe con 150.000 pesos la commissione di incorruttibili che perseguivano i ladri dell’erario.
Siccome Machado non sprecava nessuna opportunità per smentire i commenti sulla favolosa fortuna che gli si attribuiva, assicurando che era “molto povero, come pochi nella mia condizione”, qualcuno decise di giocargli un brutto scherzo. Una sera, una busta indirizzata a suo nome, giunse alla reception dell’albergo canadese dove era alloggiato. Un commesso la port alla stanza dell’ex presidente e Machado ordinò che la aprissero. Sorpresa. Conteneva un centesimo e una nota in cui si leggeva: “ Siccome abbiamo saputo che è così povero, ci compiacia di servirsi di questo modesto aiuto”.
Inutile dire che Machado montò in collera.

Cose del protocollo

Monsignor Manuel Arteaga Betancourt ricevette, a Roma, la porpora cardinalizia, cosa che lo convertì nel primo principe cubano della Chiesa e ritornò all’Avana via mare Quello stesso pomeriggio, il presidente Grau lo ricevette in udienza speciale.
- Eminenza non sa quanto mi spiace di non poter essere stato al porto a riceverla. Ma il protocollo non me lo permetteva.
- Sì Presidente, viviamo schiavi del protocollo – affermò il porporato.
E Grau rispose reapidamente:
- Però non mi negherà che ha anche i suoi vantaggi.
(Fonti: testi di José Oller e Newton Briones Montoto e informazioni orali della stampa)


Derecho de mampara

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
2 de Enero del 2016 21:26:21 CDT

Carlos Fonseca debió haber sido el limpiabotas más reputado de La Habana a comienzos del siglo XX. No solo le lustraba el calzado a don Tomás Estrada Palma, entonces presidente de la República, sino que también eran clientes suyos otros tres que, con el tiempo, ocuparían la primera magistratura: el mayor general Mario García Menocal, el licenciado Alfredo Zayas y el general Gerardo Machado. Claro que no todos los usuarios de su sillón eran presidenciables. Fonseca también daba servicio a gente como Rafael Montoro, figura cimera de la autonomía en Cuba, y a no pocos veteranos de la Independencia, como el general Sánchez Figueras, que estuvo con Maceo en el combate de San Pedro y que, ya acabada la guerra, se casó con una muchacha bellísima que podía ser su nieta y a la que dejó viuda cinco años después de haberla desposado.
Tenía Fonseca su sillón en el café El Guanche, en Belascoaín y Neptuno, frente al café El Siglo XX, que todavía existe, y hasta esa esquina llegaba don Tomás… en tranvía.
Resulta que Frank Steinhart, presidente de la Havana Electric, la empresa propietaria de los tranvías habaneros, puso uno de esos vehículos a disposición de Estrada Palma, que lo utilizó para acudir a su toma de posesión como Presidente de la República, el 20 de mayo de 1902, y siguió utilizándolo luego en no pocas de sus gestiones oficiales y particulares.
Abordaba el mandatario el tranvía en las inmediaciones del Palacio Presidencial (antiguo Palacio de los Capitanes Generales), en la Plaza de Armas; salía el vehículo de La Habana Vieja, se internaba en el centro de la ciudad y al entrar en Belascoaín hacía una breve parada a la altura de Neptuno para que descendiera el Presidente. Una vez que le limpiaban los zapatos, don Tomás esperaba a que el tranvía, que había dado la vuelta por Reina, pasara a recogerlo, esta vez por Neptuno.

Machado y los aviones

Gerardo Machado fue el primer presidente cubano que voló en avión, y uno de los primeros mandatarios en hacerlo en el mundo.
Charles Lindbergh, el primer aviador en atravesar solo y sin escalas el océano Atlántico, invitó al dictador a sobrevolar La Habana y Machado no solo aceptó la propuesta, sino que le cogió el gusto de tal forma que a partir de ese momento cada vez que tenía necesidad de desplazarse al oriente de la Isla pedía a Cubana de Aviación que pusiera a su disposición un aparato para ahorrarse la carretera.
El 20 de mayo de 1927, Lindbergh partió del aeropuerto Roosevelt, en Nueva York. Tripulaba un aparato de un solo motor, rediseñado por él mismo, que tenía por nombre Spirit of Saint Louis. Treinta y tres horas y 32 minutos después arribaba al aeródromo de Le Bourget, cerca de París, y consumaba la hazaña que lo convertiría en uno de los aviadores más famosos de todos los tiempos. A partir de ese histórico vuelo y siempre a bordo de su monoplano, visitó varios países latinoamericanos con el propósito de abrir nuevas rutas aéreas. En todas las naciones que visitó se le recibió con gran pompa y se le tributaron los honores que merecía.
Cuba no sería la excepción. El 8 de febrero de 1928, fecha de su llegada a La Habana procedente de Haití, se declaró el Día de Lindbergh. El pueblo habanero fue a darle la bienvenida en el aeródromo del campamento militar de Columbia y lo aclamó luego en la terraza norte del Palacio Presidencial. El general Alberto Herrera, jefe del Ejército, y el doctor Orestes Ferrara, secretario de Estado, lo condujeron enseguida a presencia del presidente Machado, que le otorgaría una importante condecoración. Cuba fue el último país que visitó el famoso aviador norteamericano a bordo del Spirit of Saint Louis. Al regresar a su país decidió que el avión se conservara y exhibiera en el Museo del Aire y el Espacio, de Washington. Lindbergh volvería a la capital cubana en febrero de 1929 a bordo del avión Águila solitaria.
El 12 de febrero un avión se engalanó en el aeropuerto de Boyeros para acoger al presidente de Cuba y al más nombrado de los aviadores, que lo tripularía. Era un Ford de tres motores con capacidad para diez pasajeros y dos tripulantes. A partir de ahí ese mismo aparato u otro con características similares, que hacía entonces los vuelos Habana-Santiago de Cuba con escala en la ciudad de Camagüey, estuvo al servicio de Machado cada vez que el dictador lo solicitaba. Le falló sin embargo el día de la fuga, el 12 de agosto de 1933. Pidió dos aviones, de doce plazas cada uno, para huir de la justicia popular con sus más cercanos colaboradores, y tuvo que conformarse con un aeroplano de seis plazas.
Ese Ford de tres motores, propiedad de la Pan American Airways y que Cubana de Aviación arrendaba, fue vendido, en los días de la II Guerra Mundial, a la República Dominicana, que lo utilizó como avión presidencial. Después que el sátrapa Rafael Leónidas Trujillo se cansó de usarlo, el aparato volvió a Estados Unidos, y aquella aeronave utilizada por dos dictadores empezó a utilizarse en labores de fumigación, hasta los años 60, cuando se sacó de circulación, pero… Hace algunos años el viejo avión fue restaurado y se está usando en viajes turísticos en la ciudad de Grand Rapids, en Michigan. Cobran 50 dólares por pasajero a cambio de una vuelta de 15 minutos.

Menocal y el divino Galimatías

El doctor Ramón Grau San Martín, presidente de Cuba por segunda vez entre 1944 y 1948, era así. No por gusto ganó el mote de Divino Galimatías. Su lenguaje era oscuro y confuso; cantinflesco. Y él, todo un maestro para eludir compromisos y rodear o evadir los temas sobre los que no le interesaba definirse o sobre los que quería ocultar su pensamiento.
Los comerciantes de la calle Muralla le pidieron una entrevista a fin de referirle temas de su interés y para los que buscaban el apoyo del primer mandatario. Hay que decir en honor a la verdad que Grau hizo varios intentos por recibirlos y como siempre una responsabilidad mayor se lo impidió decidió incluirlos en la agenda de la más próxima audiencia pública, sesión maratónica de entrevistas en la que uno de los ayudantes o el secretario del Presidente establecía el orden de precedencia en el recibo y en la cual no faltaban aquellos personajes que gozaban de lo que en la época se llamaba «derecho de mampara», que les franqueaba la puerta sin necesidad de espera alguna.
A las seis de la tarde llegaron los comerciantes de Muralla a Palacio y eran más de la una de la madrugada cuando los hicieron pasar al despacho del Presidente. Grau, muy serio y con los brazos en jarra, los esperaba de pie detrás del escritorio.
—Sé que están aquí desde temprano, pero ya saben cómo son las tareas de un mandatario… agobiantes. ¡La cantidad de gente que me vi obligado a recibir! Imagino, sin embargo, que su espera no habrá sido infructuosa porque habrán reparado en el retrato del presidente Menocal que está en el antedespacho y     verían cómo le cambia  el
rostro a medida que cae la noche.
Al oír aquello, los comerciantes de la calle Muralla quedaron sin palabras. Desconcierto. Intercambio de miradas. Sonrisas forzadas. A uno de los del grupo se le escapó un estornudo. Grau volvió a la carga.
—¿No lo vieron? ¿Cómo es posible que pasaran por alto detalle tan evidente? Vengan, vengan conmigo.
El Presidente condujo al grupo a la antesala del despacho presidencial y lo hizo situarse delante del retrato en cuestión.
—Verán cómo le cambia la cara. ¡Obsérvenlo! —Y a punto ya de escurrirse por un pasillo, añadió: ¡Y síganlo observando!
Aquella noche los comerciantes de la calle Muralla no volvieron a ver al Presidente ni insistieron más en lo de la entrevista.

¡Eso es un robo!

Los dictadores son tacaños en su derrota. Fulgencio Batista, a partir de 1959, no se cansó de proclamar su pobreza, aunque nadie se lo creyera, y otro tanto sucedió con Machado. El día de su fuga, dos de sus ayudantes transportaban el extraño equipaje del ex dictador: ocho saquitos de lona, pesaditos. En ellos iba, en oro, parte de la fortuna de Machado. Otra parte quedaba en Cuba, al amparo de entidades bancarias, segura al parecer.
Pese al reclamo popular, Carlos Manuel de Céspedes, que sucedió a Machado en la presidencia desde el 13 de agosto, no tomó medida alguna contra los depredadores del tesoro de la nación ni confiscó los bienes de los malversadores. En cambio Grau, llegado al poder al calor del golpe de Estado del 4 de septiembre de 1933, recogió el sentir de la ciudadanía y nombró a un fiscal o acusador popular que les iría arriba a los ladrones. Solo en un banco habanero fueron selladas más de 12 cajas de seguridad pertenecientes a figuras muy vinculadas con la dictadura derrocada, entre ellas la de Elvira Machado. Contenía joyas muy valiosas y más de un millón de pesos en efectivo.
—¡Eso es un robo! El contenido de esa caja es la fortuna personal de mi esposa. Las joyas son una herencia familiar y tienen el valor total de 106 000 pesos —declaró Machado en Montreal, Canadá.
Añadió: «Creo que la historia me hará justicia. Mi fortuna actual no es desproporcionada con la que tenía cuando ocupé la presidencia.
Tenía entonces 400 000 pesos por la venta de la Compañía Cubana de Electricidad y grandes intereses en el central azucarero Carmita.
Además de poseer otras plantas eléctricas y fábricas de hielo en diferentes localidades de la Isla…» El proceso contra los malversadores proseguía en La Habana y el jefe de la Policía Judicial levantaba el inventario de las cajas selladas y ponía los documentos en manos del doctor Guillermo Montagú, magistrado del Tribunal Supremo y juez instructor de la causa. El fiscal o acusador popular, por su parte, localizaba y sellaba la caja de seguridad del propio Machado. Pero esa vez el ex dictador se movió rápido y con 150 000 pesos sobornó a la comisión de insobornables que perseguían a los ladrones del erario.
Como Machado no desaprovechaba oportunidad alguna para desmentir los comentarios sobre la fortuna fabulosa que se le atribuía, asegurando que estaba «más bien pobre, como pocos en mi condición», alguien decidió jugarle una broma pesada. Una noche, un sobre dirigido a su nombre llegó a la carpeta del hotel canadiense donde se alojaba. Un bellboy lo subió hasta la habitación del ex mandatario y Machado ordenó que lo abrieran. Sorpresa. Contenía un centavo y una nota en la que se leía: «Como hemos sabido que está tan pobre, sírvase aceptarnos esta modesta ayuda».
De más está decir que Machado montó en cólera.

Cosas del protocolo

Recibe en Roma el capelo cardenalicio monseñor Manuel Arteaga Betancourt, lo que lo convirtió en el primer príncipe cubano de la Iglesia, y regresa por mar a La Habana. Esa misma tarde, el presidente Grau lo recibe en audiencia especial.
—No sabe cuánto lamenté, Eminencia, no poder ir al puerto a recibirlo.
Pero el protocolo no me lo permitía.
—Sí, Presidente, vivimos esclavos del protocolo —aseveró el purpurado.
Y Grau ripostó, rápido:
—Pero no me negará que también tiene sus ventajas.
(Fuentes: Textos de José Oller y Newton Briones Montoto e informaciones orales y de prensa)


Ciro Bianchi Ross

























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