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domenica 23 agosto 2015
venerdì 21 agosto 2015
Un pezzo di Cuba a Modena
Una volta di più, Modena, riceve un "pezzettino" di Cuba. Esiste un passato abbastanza recente di comunicazione e iniziative della città emiliana rivolte a Cuba ed ai cubani.
Questa volta si tratta di una mostra fotografica effettuata congiuntamente da due professionisti che operano in altro settore e che sono uniti, oltre che da amicizia personale dalla passione per la fotografia. Si tratta del dottor Luca Lombroso, volto noto dei notiziari meteo e primo collaboratore di Fabio Fazio nella trasmissione "Che tempo che fa". Oltre ad essere professore, è autore di articoli, saggi e libri sulla Meteorologia e sulla conservazione dell'ambiente. Il suo omologo, si può considerare il "Bernacca" cubano, mi si passi il paragone anche se può risultare irrispettoso, ma è fatto con affetto verso l'indimenticato e indimenticabile colonnello. José Rubiera è colui che ha introdotto i notiziari meteorologici alla televisione cubana fin dai primi anni '60.
Oggi, il dottor Rubiera, oltre a continuare ad apparire negli spazi meteo, anche di Cubavision International, dove ha creato un suo "format" sulla Meteorologia internazionale, dirige il Centro Nazionale di Meteorologia, è membro di varie organizzazioni internazionali e considerato uno dei massimi esperti di uragani tropicali, di cui è responsabile di settore nell'organizzazione per le Americhe.
La mostra ha per tema, per adesso non ancora ufficiale o ufficializzato, il fatto che la Meteorologia e la Fotografia non hanno confini o frontiere, entrambe sono diffuse in tutto il pianeta, ciascuna nella propria dimensione.
Qua sotto fornisco le prime informazioni, inviatemi dall'amico Luca, per chi volesse prenderne nota e visitare la mostra:
Questa volta si tratta di una mostra fotografica effettuata congiuntamente da due professionisti che operano in altro settore e che sono uniti, oltre che da amicizia personale dalla passione per la fotografia. Si tratta del dottor Luca Lombroso, volto noto dei notiziari meteo e primo collaboratore di Fabio Fazio nella trasmissione "Che tempo che fa". Oltre ad essere professore, è autore di articoli, saggi e libri sulla Meteorologia e sulla conservazione dell'ambiente. Il suo omologo, si può considerare il "Bernacca" cubano, mi si passi il paragone anche se può risultare irrispettoso, ma è fatto con affetto verso l'indimenticato e indimenticabile colonnello. José Rubiera è colui che ha introdotto i notiziari meteorologici alla televisione cubana fin dai primi anni '60.
Oggi, il dottor Rubiera, oltre a continuare ad apparire negli spazi meteo, anche di Cubavision International, dove ha creato un suo "format" sulla Meteorologia internazionale, dirige il Centro Nazionale di Meteorologia, è membro di varie organizzazioni internazionali e considerato uno dei massimi esperti di uragani tropicali, di cui è responsabile di settore nell'organizzazione per le Americhe.
La mostra ha per tema, per adesso non ancora ufficiale o ufficializzato, il fatto che la Meteorologia e la Fotografia non hanno confini o frontiere, entrambe sono diffuse in tutto il pianeta, ciascuna nella propria dimensione.
Qua sotto fornisco le prime informazioni, inviatemi dall'amico Luca, per chi volesse prenderne nota e visitare la mostra:
"Nel prossimo mese di settembre Josè Rubiera, volto noto della meteorologia cubana ed esperto internazionale di uragani, sarà in Italia.
Oltre ai suoi impegni professionali e personali, grazie al contatto e all’amicizia con Luca Lombroso, sono in corso di organizzazione alcune iniziative a Modena ed in particolare;
· Una mostra di fotografia presso la Galleria Photogallery (via Peschiera 6, Modena) curata da Sara Cestari, fotografa modenese. La mostra sarà visitabile dal 20 al 30 settembre dalle 16 alle 19, seguiranno i dettagli sull’inaugurazione e sulla data di un incontro con Josè nella giornata in cui sarà a Modena
· Una conferenza al Dipartimento di Ingegneria Enzo Ferrari dell’Università di Modena e Reggio Emilia, anche qui data e dettagli in corso di definizione.
maggiori info saranno a disposizione nei prossimi giorni su questo blog e sul sito e i social network di Luca Lombroso".
giovedì 20 agosto 2015
Alberto Juantorena eletto vice presidente della IAAF
Nell'ultima elezione per i vertici della Federazione Internazionale di Atletica il britannico Sebastian Coe è stato eletto Presidente, mentre fra i quattro vice è stato eletto il cubano Alberto Juantorena.
mercoledì 19 agosto 2015
lunedì 17 agosto 2015
I lettori scrivono, di Ciro Bianchi Ross
Pubblicato su Juventud Rebelde del 16/8/15
Il lettore Rolando Estévez e
una lettrice che firma Cristi il suo messaggio elettronico e che deve muoversi
nell’ambito della cinematografia, scrivono al fine di richiamare l’attenzione
sull’errore che hanno riscontrato nella pagina della settimana scorsa, apparsa
col titolo “Dal fructuoso mi hanno mandato un messaggio” che si è dedicata al
prestigioso Ospedale Ortopedico Fructuoso Rodríguez in occasione del 70
anniversario della sua apertura.
Quello che il lettore
Estévez qualifica come “scivolone”, lo scriba lo definisce come una solenne e
sovrana stupidaggine e ne accetta completamente la responsabilità. Non ha letto
attentamente le sue fonti e nel indicare il sostituto del dottor Martínez Páez
alla direzione di questa casa di salute ha scritto che “il Dr. Blardoni, ha
saputo mantenere fino ad oggi la tradizione docente-assistenziale del
Fructuoso...” Questo risulta impossibile perché il distinto professore si è
ammalato gravemente alla fine del 2008 ed è deceduto nella metà dell’anno
seguente. La direzione, quindi, passò ad altre mani.
Il professor Diego Artiles,
specialista in Ortopedia di questa istituzione, commenta che il carico
assistenziale pregiudicò apparecchi e deteriorò l’edificazione, cosa che
obbligò la chiusura periodica dell’unità chirurgica. Nonostante ciò si continuò
lavorando alacremente nelle sfere docenti-assistenziali e investigative. Un
risultato di grande rilievo furono i 614 interventi di frattura dell’anca che
durante lo scorso anno si realizzarono lì in una sola sala operatoria del Corpo
di Guardia, cifra che costituisce il 34% di questo tipo di fratture operate
all’Avana e il 9,3% degli interventi in tutto il Paese.
Il dottor Artiles precisa
che con motivo dei 70 anni dell’ospedale, si è inaugurata l’unità chirurgica e
una sala di degenza per chirurgia di alta complessità.
Da
Portorico
Con relazione alla pagina
di due settimane fa, scrive due messaggi elettronici da Portorico il lettore
Gerardo Barrera. Il primo di essi dice: “Col tema della poliomelite, mi hai
portato alla memoria la prima metà degli anni ’50 all’Avana, quando vivevamo
tutti terrorizzati da questo maledetto virus che grazie a Dio non ha attaccato
nessuno della mia famiglia. Col passere degli anni, ho conosciuto varie persone
che portavano le conseguenze di questa malattia.
Il dottor Ricardo Machín
che menzioni nel tuo articolo di oggi, era primo cugino di mio padre, ma
siccome nessuno dei due ebbe fratelli maschi, si considerarono fratello fra
loro due.
Ricardo Machín era come
un missionario della Medicina. Riceveva nel suo ambulatorio decine di persone
senza mezzi, ai quali non faceva pagare un centesimo. Per certo, lui e mio
padre, furono arrestati all’aeroporto di Miami negli anni della Seconda Guerra
Mondiale quando andavano a comprare un pezzo di ricambio per una barca, perché
lo zio Ricardo era rappresentante di prodotti medici dei laboratori tedeschi
Merck A.G., i quali non si ricevevano a Cuba fin da poco prima dell’inizio del
conflitto.
Zio Ricardo era padre di
‘Tavo’ Machín che morí in Bolivia assieme al Che. Adesso, come già d’abitudine,
invierò il tuo interessante articolo a circa 50 amici e conoscenti che ne
godono tutte le settimane”.
Nella pagina dell’altra
settimana, lo scriba si riferiva ai fratelli Alberto e Clemente Inclán Costa,
ortopedico il primo e pediatra il secondo, oltre ad essere rettore
dell’Università dell’Avana. Nel suo secondo messaggio, il lettore Barrera
racconta di quello che dice il dottor Enrique Lamoutte Inclán, magistrato del
Tribunale dei fallimenti a Portorico, in relazione a questi due eminenti
professionisti della Salute:
“I dottori Inclán Costa
erano cugini di mio nonno Serafín Inclán Arango. Asturiani. Mio nonno diceva
che gli Inclán professionisti si recarono a Cuba e gli agricoltori a Portorico.
Mamma ricorda quando l’artista Marión Inclán, figlia di uno di loro, rimase con
la famiglia a Portorico. Chiariva sempre che gli Inclán del Messico non erano
parenti”.
Il flagello della Polio
E già che si menzionò che
questo terribile flagello che si eliminò a Cuba dopo il 1959, riproduco alcuni
dati sulla sua incidenza nell’Isola, trovati in vecchi incartamenti. Si dice
che fece la sua apparizione a Cuba nel 1908. Allora si diagnosticarono tre
casi. L’anno seguente si registravano 135 malati a Santa Clara e paesi vicini.
A partire da lì, con intervalli, si succedettero getti epidemici importanti,
come quello di giugno-dicembre del 1935 che registrò oltre 500 vittime. Con un
numero più o meno similare si chiuderà l’epidemia del 1946.
La casa di Marina
Sulla casa di Marina
chiede un lettore di cui non colto il nome.
Marina Cuenya fu la più
famosa maitresse dell’Avana anteriore al 1959. Era di origine galiziana e aveva
due figli. Un maschio e una femmina che viveva in Argentina alla quale faceva
periodici invii di denaro.
Ci furono molti
postriboli all’Avana prima del 1959. L’unico che passà alla cronaca è quello di
Marina, nella calle Colón numero 258, nel molto avenero quartiere dallo stesso
nome, una della zone di tolleranza della capitale cubana dell’epoca. Marina non
ebbe mai case in Infanta né nella calle Marina. Quello che succede è che col
suo nome si è battezzata più di una proprietaria di bordelli.
Per le sue tariffe e le
personalità che lo frequentavano, era un luogo abbastanza esclusivo. Il
“servizio” si prestava per dieci pesos – una fortuna nella decade del 1940 – e
la porta principale si apriva solo al cliente conosciuto o, a discrezione, a
chi arrivava raccomandato o poteva chiamare per nome qualcuna delle ragazze che
“lavoravano” nella casa. La saletta dove si esibiva una grande immagine in
rilievo di Santa Barbara, enorme, con la
sua corona e la spada d’oro, apriva il passaggio al patio centrale arredato con
un bar ben assortito. Lì, ragazze ben vestite e profumate aspettavano il
cliente per perdersi nela piano superiore.
Un album raccoglieva le
foto di tutte le “pupille” di Marina cosa che permetteva al cliente di
risparmiare tempo al momento di scegliere e fare la sua scelta a distanza.
Questo modo di offrire le prostitute, fu tutta una novità all’Avana di quel
tempo. Si dice che l’album circola ancora da qualche parte. L’immagine di Santa
Barbara rimane nella saletta, di quello che fu il postribolo, già senza la sua
corona né la sua spada d’oro.
Un giorno il generale
Quirino Uría, capo della Polizia Nazionale e Lomberto Díaz, ministro degli
Interni, apparvero sul giornale El Mundo, in Virtudes 257, angolo Águila. Si dirigevano al
Palazzo Presidenziale e decisero di fare il tragitto a piedi. Attraversarono il
quartiere di Colón
e arrivarono scandalizzati alla magione dell’Esecutivo. Il ministro suggerì al
presidente Prío che prendesse alcune misure verso la zona di tolleranza e Prìo
gli rispose di fare quello che stimasse conveniente. Da quella conversazione
scaturì il famoso decreto che chiudeva il quartiere di Colón e che ispirò il
compositore Eliseo Grenet quel saporito sucu-sucu
che diceva: “I massaggi non hanno grotta/Felipe Blanco l’ha tappata...già”.
Alcuni giorni dopo,
già con le prostitute sloggiate e i bordelli chiusi, il dottor Hector Garcini,
un distinto avvocato con studio all’Avana, visitò il ministro degli Interni nel
suo studio ufficiale al Collegio di Belén. Andava ad avocare per il quartiere.
Lomberto Díaz gli commentò che i padroni degli immobili che ospitavano i
postriboli dovevano sentirsi contenti dello sfratto, così potevano rivendicare
la zona di Colón e affittare a famiglie locali.
Garcini scosse la
testa in senso negativo. La cosa non era tanto facile. Una famiglia avrebbe
pagato per quelle case tra i 25 e i 40 pesos al massimo, mentre che la stessa
casa adibita a postribolo fruttava non meno di trecento pesos mensili.
L’avvocato aggiunse:
“Si immagini lei la rabbia dei proprietari”. Il ministro domandò quindi a chi
si riferisse e la risposta venne rapidamente.
-A parte di pochi
immobili che appartengono a una o altra persona, il quartiere ha un solo
proprietario – disse l’avvocato e si avvicinò all’orecchio del Ministro per
pronunciare il suo nome che lo scriba, anche se lo sa, non lo va a ripetere per
adesso.
Con il quartiere
chiuso, Marina con le sue ragazze, si installò nella casa delle cupole che si
trova all’uscita del ponte Almendares, alla sinistra se si va dal Vedado verso
Playa. Da lì le sloggiarono le signore del rione Kohly, capitanate dalla moglie
dell’avvocato Dorta Duque, professore dell’Università Cattolica di Santo Tomás
de Villanueva. Fu allora che fabbricò il Mambo Club, al chilometro tre della
strada di Rancho Boyeros, un centro notturno con postribolo compreso.
Col tempo, Colón,
tornó ad aprire come zona di tolleranza. Marina conservava la sua casa, non
l’aveva mai abbandonata del tutto: aveva lasciato in essa un paio di domestiche
con l’incarico di sorvegliare e curare la proprietà. Vinse la Rivoluzione,
cambiarono i patroni sociali e il quartiere entrò in un declino inarrestabile,
fino a che non lo chiusero davvero.
Marina allora dette
incarico a suo marito, molto più giovane di lei, che togliesse dalla casa la
corona e la spada d’oro dall’immagine di Santa Barbara con altri oggetti di
valore. Se ne andò da Cuba e si persero le sue tracce.
Lo sa, lei?
Il dottor Alex Muñoz
Alvarado, investigatore del Centro di Linguistica Applicata, di Santiago de
Cuba, si rivolge allo scriba in cerca di aiuto. Investiga sul nome di alcune
istituzioni e gli urge sapere se il nome ufficiale della gelateria principale
dell’Avana è Coppelia e se questo nome è legato all’omonimo balletto. Scrive
che a Santiago la gelateria principale mostrava una ballerina di danza classica
nell’insegna dell’entrata, per cui la gente si riferisce all’esercizio
chiamandolo Coppelia, mentre il suo nome ufficiale è La Arboleda. Domanda,
infine, se la gelateria della capitale mostrava un’immagine simile a quella di Santiago
o qualcosa che la relazionasse col balletto Coppelia. Se non fosse così, dice,
con cosa ha a che fare questo nome?
Se qualcuno ha delle
risposte per queste domande, per favore si comunichi con il colonnista.
Los lectores escriben
Ciro Bianchi
Ross • digital@juventudrebelde.cu
15 de Agosto del 2015 19:35:46 CDT
15 de Agosto del 2015 19:35:46 CDT
El lector
Rolando Estévez y una lectora que firma Cristi su mensaje electrónico y que
debe moverse en la esfera de la cinematografía, escriben a fin de llamar la
atención sobre el error que advirtieron en la página de la semana pasada,
aparecida con el título Del Fructuoso me han dado un recado, y que se dedicó al
prestigioso Hospital Ortopédico Fructuoso Rodríguez en ocasión del aniversario
70 de su apertura.
Lo que el
lector Estévez califica como “desliz”, el escribidor lo define como un solemne
y soberano disparate, y acepta totalmente su responsabilidad. No contrastó
suficientemente sus fuentes y, al aludir al sustituto del doctor Martínez Páez
en la dirección de esa casa de salud, escribió que “el Dr. Blardoni ha sabido
mantener hasta la actualidad la tradición docente-asistencial del Fructuoso…”.
Ello resulta imposible porque el distinguido profesor enfermó de cuidado a
fines de 2008 y falleció a mediados del año siguiente. La dirección pasó
entonces a otras manos.
Comenta el
profesor Diego Artiles, especialista en Ortopedia de esa institución, que la
carga asistencial del hospital perjudicó equipos y deterioró la edificación, lo
que obligó al cierre por períodos de la unidad quirúrgica. Pese a eso se
continuó trabajando arduamente en las esferas docente-asistenciales e
investigativas. Un logro de relieve fueron las 614 intervenciones de fractura
de cadera que durante el año pasado se realizaron allí en un solo quirófano del
Cuerpo de Guardia, cifra que constituye el 34 por ciento de ese tipo de
fracturas operadas en La Habana y el 9,3 por ciento de las intervenidas
en todo el país.
Precisa el
doctor Artiles que con motivo de los 70 años del hospital, se inauguró la
unidad quirúrgica y una sala de hospitalización para cirugía de alta
complejidad.
Desde Puerto Rico
En relación
con la página de hace dos semanas, remite, desde San Juan de Puerto Rico, dos
mensajes electrónicos el lector Gerardo Barrera. Dice el primero de ellos:
“Con el tema
de la poliomielitis, trajiste a mi memoria la primera mitad de los años 50 en
La Habana, cuando todos vivíamos aterrados con ese maldito virus que, gracias a
Dios, no atacó a nadie en mi familia. Con el pasar de los años, conocí a varias
personas que sufrían las secuelas de esa enfermedad.
El doctor
Ricardo Machín, que mencionas en tu artículo de hoy, era primo hermano de mi
padre, pero como ninguno de los dos tuvo hermanos varones, ellos se
consideraban hermanos entre sí.
Ricardo Machín
era como un misionero de la Medicina. Atendía en su consultorio a decenas de
personas sin recursos, a los que no les cobraba un centavo. Por cierto, él y mi
padre fueron arrestados en el aeropuerto de Miami en los años de la Segunda
Guerra Mundial cuando iban a comprar repuestos para una lancha, porque tío
Ricardo era representante de unos productos médicos de los laboratorios
alemanes Merck, A.G., los cuales no se recibían en Cuba desde poco antes de
comenzar el conflicto.
Tío Ricardo
era el padre de ‘Tavo’ Machín, que murió en Bolivia junto al Che. Ahora, como
ya es habitual, voy a enviar tu interesante artículo a unos 50 amigos y
conocidos que todas las semanas lo disfrutan”.
En la página
de la semana antepasada, el escribidor aludía a los hermanos Alberto y Clemente
Inclán Costa, ortopédico el primero, y pediatra el segundo, además de rector de
la Universidad de La Habana. En su segundo mensaje, el lector Barrera da cuenta
de lo que en relación con estos eminentes profesionales de la Salud, le dice el
doctor Enrique Lamoutte Inclán, magistrado del Tribunal de Quiebras, de Puerto
Rico:
“Los doctores
Inclán Costa eran primos de mi abuelo Serafín Inclán Arango. Asturianos. Mi
abuelo decía que los Inclán profesionales fueron a Cuba y los agricultores a
Puerto Rico. Mami recuerda cuando la artista Marion Inclán, hija de uno de
ellos, se quedó con la familia en Puerto Rico. Siempre aclaraba que los Inclán
de México no eran familia”.
El flagelo de la polio
Y ya que se
mencionó ese terrible flagelo, que se eliminó en Cuba después de 1959, voy a
reproducir algunos datos sobre su incidencia en la Isla, encontrados en viejos
papeles.
Se dice que
hizo su aparición en Cuba en 1908. Tres casos se diagnosticaron entonces. Al
año siguiente, 135 enfermos se registraban en Santa Clara y pueblos vecinos. A
partir de ahí, con intervalos, ocurrieron brotes epidémicos de importancia,
como el de junio-diciembre de 1935, que registró más de 500 víctimas. Con un
número más o menos similar cerraría la epidemia de 1946.
La casa de Marina
Sobre la casa
de Marina inquiere un lector cuyo nombre no recogí.
Marina Cuenya
fue la más famosa matrona en La Habana anterior a 1959. Era de origen gallego y
tenía dos hijos. Un varón y una hembra que vivía en la Argentina y a la que
hacía envíos periódicos de dinero.
Hubo muchos
prostíbulos en La Habana anterior a 1959. El único que pasó a la crónica es el
de Marina, en la calle Colón número 258, en el muy habanero barrio del mismo
nombre, una de las zonas de tolerancia de la capital cubana en la época. Marina
no tuvo nunca casas en Infanta ni en la calle Marina. Lo que sucede es que con
su nombre se ha bautizado a más de una propietaria de burdeles.
Era, por sus
tarifas y las personalidades que lo frecuentaban, un sitio bastante exclusivo.
El “servicio” se prestaba por diez pesos —una fortuna en la década de 1940—, y
la puerta principal se abría solo al cliente conocido y, a discreción, al que
llegaba recomendado o podía mencionar, por su nombre, a alguna de las muchachas
que “laboraba” en la casa. La saleta, donde se exhibía una imagen de bulto
enorme de Santa Bárbara, con su corona y su espada de oro, daba paso al patio
central rematado por un bar bien surtido. Allí muchachas bien vestidas y
perfumadas esperaban por el cliente para perderse en el piso de arriba.
Un álbum recogía
las fotos de todas las “pupilas” de Marina, lo que permitía al cliente ahorrar
tiempo a la hora de escoger y hacer su selección a distancia. Esa manera de
ofrecer a las prostitutas fue toda una novedad en La Habana de su tiempo. El
álbum, se dice, todavía anda por ahí. La imagen de Santa Bárbara permanece en
la saleta de lo que fue el prostíbulo, ya sin su corona ni su espada de oro.
Un día, el
general Quirino Uría, jefe de la Policía Nacional, y Lomberto Díaz, ministro de
Gobernación (Interior), salieron del periódico El Mundo, en Virtudes 257
esquina a Águila. Se dirigirían al Palacio Presidencial y decidieron hacer el
trayecto a pie. Atravesaron el barrio de Colón y llegaron escandalizados a la
mansión del Ejecutivo. El Ministro sugirió al presidente Prío que tomara alguna
medida con la zona de tolerancia, y Prío le respondió que hiciera lo que
estimara oportuno. De aquella conversación salió el famoso decreto que
clausuraba el barrio de Colón y que inspiró al compositor Eliseo Grenet
aquel sabroso sucu-sucu que decía: “ Los majases no tienen cueva / Felipe
Blanco se la tapó…. Ya”.
Días más
tarde, ya con las putas desalojadas y los prostíbulos cerrados, el doctor
Héctor Garcini, un distinguido abogado con bufete en La Habana, visitó al
Ministro de Gobernación en su despacho oficial del viejo colegio de Belén. Iba
a abogar por el barrio. Lomberto Díaz le comentó que los dueños de los
inmuebles que albergaban los prostíbulos debían sentirse contentos del desalojo,
pues podrían así reivindicar Colón y alquilar a familias los locales.
Garcini movió
la cabeza en sentido de negación. La cosa no era tan fácil. Una familia pagaría
por aquellas casas entre 25 y 40 pesos como máximo, mientras que la misma casa
dispuesta para prostíbulo rentaba no menos de trescientos pesos mensuales.
Añadió el abogado: “Imagine usted el disgusto de los propietarios”. Preguntó
entonces el Ministro a quiénes se refería, y la respuesta llegó rápida.
—Aparte de
unos pocos inmuebles que pertenecen a una o a otra persona, el barrio tiene un
solo propietario —dijo el abogado y se acercó al oído del Ministro, para
pronunciar su nombre y que el escribidor, aunque lo sabe, no va a repetir por
ahora.
Con el barrio
clausurado, Marina, con sus muchachas, se instaló en la casa de las cúpulas que
se halla a la salida del puente Almendares, a la izquierda, según se va del
Vedado hacia Playa. De ahí la desalojaron las señoras del reparto Kohly,
encabezadas por la esposa del abogado Dorta Duque, profesor de la Universidad
Católica de Santo Tomás de Villanueva. Fue entonces que fabricó el Mambo Club,
en el kilómetro tres de la carretera de Rancho Boyeros, un centro nocturno con
prostíbulo incluido.
Con el tiempo,
Colón volvió a abrir como zona de tolerancia. Marina conservaba su casa, pues
nunca la abandonó del todo; había dejado en ella a un par de sirvientas con el
encargo de cuidar y mantener la propiedad. Triunfó la Revolución; cambiaron los
patrones sociales y el barrio entró en un declive indetenible, hasta que lo
cerraron de verdad. Marina entonces encargó a su marido, mucho más joven que
ella, que sacara de la casa la corona y la espada de oro de la imagen de Santa
Bárbara, y otros objetos de valor. Salió de Cuba y se le perdió el rastro.
¿Lo sabe usted?
El doctor Alex
Muñoz Alvarado, investigador del Centro de Lingüística Aplicada, de Santiago de
Cuba, acude al escribidor en busca de ayuda. Investiga sobre el nombre de
algunas instituciones y le urge saber si el nombre oficial de la principal heladería
de La Habana es Coppelia y si ese nombre está ligado al del ballet homónimo.
Escribe que en Santiago la heladería principal mostraba una bailarina de ballet
clásico en el letrero de la entrada, por lo que la gente alude a la instalación
llamándola Coppelia, cuando su nombre oficial es La Arboleda. Inquiere, por
último, si la heladería de la capital mostraba una imagen similar a la de
Santiago o algo que la relacionara con el ballet Coppelia. ¿De no ser así,
expresa, con qué tiene que ver ese nombre?
Si alguien
tiene respuestas para estas interrogantes, favor de comunicarse con este
columnista.
sabato 15 agosto 2015
Kerry visita l'Avana Vecchia
Dopo essere stato ricevuto al Ministero degli esteri dal ministro Bruno Rodríguez Parrilla ed aver partecipato a una conferenza stampa congiunta, Kerry ha fatto un breve percorso in luoghi caratteristici del Centro Storico.
Durante la conferenza non si sono nascoste le differenze politiche, ideologiche ed economiche tra i due Paesi, ma si è stabilito che nella prima o seconda settimana di settembre si riuniranno, all'Avana le Commissioni dei due Paesi per affrontare i problemi, prioritari, su cui lavorare per continuare il cammino di normalizzazione.
Nel pomeriggio Kerry si è riunito con un gruppo della dissidenza ed avrebbe detto loro che fino a che non ci saranno evidenti cambiamenti nelle libertà civili sarà molto difficile che il Congresso nordamericano possa togliere l'embargo. Personalmente credo che sia anche una delle questioni "ufficiali" sul tappeto, non mi sembra abbia fatto dichiarazioni eclatanti ai dissidenti, forse lo avrà detto da "politico" per rassicurarli...
Fonte : El Nuevo Herald
Cuba
AGOSTO 14, 2015
Kerry incluye en su apretada agenda un breve recorrido por La Habana Vieja
El secretario estadounidense de Estado, John Kerry
(c), realiza un recorrido por el centro histórico de La Habana (Cuba),
acompañado por el historiador de la ciudad Eusebio Leal (fuera de cuadro) hoy,
viernes 14 de agosto de 2015, luego de presidir la ceremonia de izado de la
bandera estadounidense en la embajada de ese país en la capital de la isla.Alejandro Ernesto EFE
EFE
LA HABANA
El secretario de Estado de Estados Unidos, John Kerry,
tras encabezar el acto de reapertura formal de la embajada norteamericana,
dedicó hoy un espacio de su apretada agenda de poco más de diez horas en La
Habana, para dar un paseo por el centro histórico de la capital cubana.
En desafío de un sol implacable y alejado del
protocolo oficial, Kerry se quitó la chaqueta y la corbata que lo acompañaba
desde su llegada a Cuba esta mañana, y optó por quedarse en mangas de camisa
para su visita a La Habana Vieja.
Kerry, primer secretario de Estado norteamericano que
visita Cuba desde 1945 y después del deshielo diplomático entre los dos países,
tuvo como anfitrión en el recorrido al historiador de la Ciudad, Eusebio Leal,
principal impulsor de las obras de restauración de la antigua e histórica
Habana Vieja.
Acompañado de integrantes de su delegación y de
periodistas que están cubriendo su visita a la isla, Kerry llegó hasta la
Basílica Menor del antiguo convento San Francisco de Asís, que se levanta en
una plaza del mismo nombre.
Tras esa primera parada en la Plaza del centro
histórico habanero, el secretario estadounidense se detuvo ante un quiosco de
ventas de artesanías y se interesó vivamente por un humidor, una caja para
guardar puros habanos confeccionada con maderas preciosas.
El secretario norteamericano completó su breve
itinerario habanero con una breve mirada al hostal “Marqués de San Felipe” y el
el “Café del Oriente”, guiado por el historiador Leal, quien fue hoy uno de los
invitados a la ceremonia inaugural de la embajada de EE.UU. en La Habana y el
pasado 20 de julio también participó en la apertura de la sede diplomática
cubana en Washington.
Leal dijo a Kerry que anteriormente le había mostrado
La Habana Vieja al expresidente Jimmy Carter, en una de sus visitas a la isla,
pero además se interesó por su estado de salud tras saber que el político
norteamericano reveló que padece cáncer.
Como colofón del trayecto, Kerry tuvo oportunidad de
comprobar el buen estado de conservación de uno de los numerosos autos antiguos
de fabricación norteamericana que todavía circulan por las calles de la isla.
Previamente, Kerry se había reunido con el ministro de
Asuntos Exteriores de Suiza, Didier Burkhalter, con su homólogo cubano, Bruno
Rodríguez, con el que ofreció una rueda de prensa conjunta, y con el cardenal y
Arzobispo de La Habana, Jaime Ortega.
venerdì 14 agosto 2015
Inaugurata ufficialmente la sede dell'Ambasciata USA all'Avana.
Fialmente l’anonimo edificio racchiuso tra Calzada e Malecón si è trasformato ufficialmente in “Embassy of the United States of America” Non è più “l’Ufficio d’Interessi” curato dall’Ambasciata Svizzera. Dopo diversi decenni le note di “The Star-Spangled Wessel” è risuonato sul lungomare avanero, suonato nientemeno che da una banda dei Marines degli Stati Uniti, mentre si innalzava la bandiera del loro Paese. Simbolicamente, il vessillo, è stato consegnato alle nuove generazioni dai tre marines che all'epoca lo avevano ammainato dallo stesso pennone. Mentre la bandiera si nnalzava è partita un'ovazione dala folla presente. In precedenza avevano eseguito “La Bayamesa”, ovvero l’inno nazionale cubano cantato in coro dalla moltitudine partecipante alla cerimonia.
Brevi parole d’introduzione e poi il discorso di John Kerry con il saluto del presidente Obama e un riassunto di quanto è accaduto dal 17 dicembre 2014 e quanto ancora c’é da fare. Ha sottolineato molto “di non avere paura” degli Stati Uniti e che i rapporti diplomatici di entrambi i Paesi, sia dal lato economico che politico, oltre che quello di collaborazione in ogni campo saranno meglio per tutti.
Due ali di folla composta erano di contorno alla manifestazione, nessun cenno di dissenso, persone evidentemente felici di questa distensione. Applausi all’apparire di kerry e alla fine del suo discorso. Un’ovazione quando si è alzata la bandiera a stelle e strisce, poi, tutti a casa.
giovedì 13 agosto 2015
La mediazione del Vaticano tra USA e Cuba
Fonte: El Nuevo Herald
Cuba
AGOSTO 12, 2015
El cardenal cubano Ortega le entregó carta del Papa a Obama en reunión
secreta
El Papa Francisco y el presidente Barack Obama intercambian regalos durante
una audiencia privada el 27 de marzo del 2014 en El Vaticano. GABRIEL BOUYS AFP/Getty Images
NORA GÁMEZ TORRES
Tres meses antes del histórico anuncio que cambió las
relaciones entre Estados Unidos y Cuba, el cardenal cubano Jaime Ortega le
entregó al presidente Barack Obama una carta enviada por el Papa Francisco,
durante un encuentro secreto que tuvo lugar en la Casa Blanca el 18 de agosto
del 2014.
El Papa Francisco envío a Ortega cartas dirigidas a
Raúl Castro y a Obama, esta última con la instrucción específica de que debía
ser entregada al Presidente en persona. En un breve intercambio en un patio
cercano al Rose Garden, el cardenal le entregó a Obama la carta del Papa, en la
que el pontífice ofrecía “ayudar de cualquier modo” en las negociaciones con
Cuba.
Nadie supo de este encuentro porque los datos de
Ortega nunca aparecieron en el libro de visitas de la Casa Blanca.
Todo esto, de acuerdo con un artículo de Peter Kornbluh y William Leogrande publicado el
miércoles en la revista Mother Jones, que resume un nuevo
capítulo de la reedición de Back Channel to Cuba, The Hidden History of Negotiations Between
Washington and Havana, de venta en las
librerías en octubre.
Kornbluh dirige el proyecto de documentación sobre
Cuba del Archivo Nacional de Seguridad, un centro de la Universidad George
Washington, y LeoGrande es profesor de Ciencias Políticas de American
University. Back Channel to Cuba recoge cinco décadas de
diplomacia secreta y diálogos tras bambalinas entre varios presidentes
estadounidenses y básicamente, Fidel Castro. El nuevo capítulo recoge las
negociaciones secretas (hubo más de una) entre Obama y Raúl Castro. Aquí están
algunos de sus argumentos más explosivos:
▪ La idea de involucrar al Papa Francisco en las
negociaciones salió de la Casa Blanca, congresistas y cabilderos que buscaban
el acercamiento, no del Vaticano.
▪ A partir de la colaboración entre EEUU y Cuba
para ayudar a la recuperación de Haití, tras el terremoto del 2010, miembros
del equipo de la entonces secretaria de Estado Hillary Clinton, sostuvieron
negociaciones secretas con funcionarios cubanos sobre la liberación de Alan
Gross, el subcontratista de la USAID que fue encarcelado en Cuba en diciembre
del 2009. Para septiembre del 2011, los cubanos ya habían propuesto
explícitamente canjear a Gross por los cinco espías cubanos de la Red Avispa.
▪ Fueron los negociadores de la Casa Blanca, Ben
Rhodes y Ricardo Zúñiga (a quienes Obama encomendó negociar con el gobierno
cubano a partir de abril del 2013) quienes propusieron canjear al espía Rolando Sarraf, preso en Cuba,
por los restantes miembros de la Red Avispa (René González había sido liberado
en el 2011). La idea intentaba destrabar las negociaciones de “un punto
muerto”: la Casa Blanca no podía canjear a Gross por los espías cubanos porque
no consideraba a Gross un espía.
▪ Rhodes y Zuñiga hicieron saber a los cubanos de
las intenciones del presidente Obama de relajar las regulaciones sobre viajes y
comercio con Cuba durante la reunión final de las negociaciones en el Vaticano
en octubre del 2014.
▪ La Casa Blanca mantuvo en la oscuridad al
Pentágono acerca de las negociaciones para alcanzar un acuerdo con Cuba. Entre
quienes sí sabían de las negociaciones estaban el vicepresidente Joe Biden, el
jefe del gabinete de la Casa Blanca, Denis McDonough, y Susan Rice, consejera
de Seguridad Nacional de la administración Obama. Según los autores, el
secretario de Estado, John Kerry, no estuvo al tanto de una reunión secreta de
negociaciones que se realizó en junio del 2013, pero se le informó
posteriormente.
▪ La Casa Blanca, miembros del Congreso y Trimpa
Group, una firma de cabildeo, actuaron mancomunadamente para producir las
condiciones que permitieron llegar a un acuerdo con Cuba y presentarlo al
público estadounidense sin mayores daños políticos para Obama.
Una funcionaria de la Casa Blanca confirmó a el Nuevo
Herald el encuentro entre Ortega y Obama. También que la sugerencia de
intercambiar a Sarraf vino del equipo estadounidense “bajo el contexto de que
Cuba también estaba realizando concesiones en un número de medidas” y que los
cubanos fueron informados de las intenciones de Obama de eliminar restricciones
de viaje, comercio y telecomunicaciones, “consistente con el entendimiento mutuo
que Cuba iba a liberar a prisioneros políticos al igual que realizar otras
concesiones”.
CABILDEANDO AL PAPA
Kornbluh y LeoGrande alegan que la sugerencia de
involucrar al Papa habría venido del congresista Dick Durbin, demócrata por
Illinois, en una reunión en septiembre del 2013 en la oficina de Rice. Una
funcionaria de la Casa Blanca dijo no tener conocimiento de esta reunión pero
señaló que “muchos de los grupos cubanoamericanos estaban sugiriendo que el
Vaticano podría estar dispuesto a ayudar en el proceso”.
Pero el artículo destaca que el senador Patrick
Leahy–quien fue instrumental en la liberación de Gross y, según se ha revelado,
en la trama que concluyó con la inseminación artificial de la esposa del espía
cubano Gerardo Hernández–envió cartas y mensajes a los cardenales Ortega (La
Habana), Theodore McCarrick (Washington) y Sean O’Malley (Boston) en los que
los instaba a pedirle al Papa que ayudara a resolver el tema de los prisioneros
por cuestiones “humanitarias”.
James Williams, actual director del grupo de cabildeo
Engage Cuba y en aquel entonces director de políticas públicas de Trimpa Group,
confirmó a el Nuevo Herald que estuvo presente en una reunión reseñada en el
artículo con el cardenal O’Malley en la catedral Holy Cross en Boston, en marzo
del 2014. Durante el encuentro, el ex consejero de Obama, el abogado Gregory B.
Craig, entregó la carta de Leahy al cardenal y varios activistas le explicaron
al religioso acerca de los esfuerzos que se estaban realizando para cambiar la
política hacia Cuba.
La Casa Blanca también envío al Vaticano un mensaje
sobre el interés de Obama de discutir sobre ese tema en una visita a Roma en
marzo. En el Vaticano, “Obama le dijo al Papa lo que estábamos haciendo con
Cuba y que sería útil si él jugaba un rol”, dijo un funcionario de la Casa
Blanca a los autores. Es entonces que el Papa decide enviar las cartas a ambos
mandatarios en los que les pide “resolver cuestiones humanitarias de interés
común, incluyendo la situación de ciertos prisioneros, para iniciar una nueva
fase en las relaciones”.
EL PAPEL DE HILLARY CLINTON
El capítulo escrito por Kornbluh y Leogrande llena
muchas lagunas en relación a cómo el presidente de Estados Unidos, con la ayuda
de congresistas y cabilderos logró cambiar una política de cinco décadas.
También da a conocer detalles, hasta ahora desconocidos, como las negociaciones
secretas que tuvieron lugar cuando Hillary Clinton era secretaria de Estado.
La jefa del equipo de Clinton, Cheryl Mills, y la
secretaria adjunta para el Hemisferio Occidental, Julissa Reynosso, se
reunieron en secreto con funcionarios cubanos en restaurantes de Puerto
Príncipe en Haití, bares de Manhattan y un hotel en Santo Domingo, a partir del
2010 y hasta el 2012.
Kornbluh comentó a el Nuevo Herald que las negociaciones
sobre colaboración médica en Haití se enfriaron cuando los cubanos pidieron el
fin del Cuban Professional Medical Parole, un programa de visas para médicos y
especialistas que abandonan las misiones de colaboración del gobierno cubano en
terceros países, pero luego continuaron enfocadas en el tema de los
prisioneros.
Las funcionarias se centraron en la liberación de
Gross mientras los cubanos pidieron visas para las esposas de dos de los espías
cubanos. Eventualmente el Departamento de Estado arregló en secreto las visitas
de las esposas de Gerardo Hernández, el jefe de la red, y René González, en el
2010, mientras los cubanos permitieron a Judy Gross visitar a su esposo en el
hospital militar donde estaba prisionero.
Pero las conversaciones no fueron mucho más lejos y en
mayo del 2012, Clinton recibió un memo de su equipo negociador con la siguiente
recomendación: “Tenemos que seguir negociando con los cubanos sobre la
liberación de Alan Gross, pero no podemos permitir que esta situación bloquee
un avance en las relaciones bilaterales. Los cubanos no van a ceder. O tratamos
con los Cuban Five o dejamos esos dos temas fuera”.
CONECTANDO LOS PUNTOS
Además los autores ubican quiénes fueron los
principales protagonistas que actuaron para impulsar el acuerdo. En el centro
de estos esfuerzos se ubica la firma de lobby Trimpa Group, que recibió una
donación de un millón de dólares de Patty Ebrahimi, la esposa de Fred Ebrahimi,
antiguo dueño de la compañía de software Quark.
Patty Ebrahimi nació en Cuba y, según comentó
Williams, estaba “frustrada de que el gobierno le dijera que no podía viajar” a
la isla . Como ya no tenía familiares vivos en Cuba, Ebrahimi sólo podía viajar
con las restricciones impuestas por las regulaciones de los “viajes pueblo a
pueblo”.
Williams dijo a el Nuevo Herald que la campaña montada
por Trimpa tuvo otros donantes, pero no reveló más detalles. También aclaró que
el grupo “asesora a los donantes, que quieren ver progreso en determinados
temas y crea una estrategia política para ellos. Conectamos donantes con causas
pero no pagamos directamente o damos el dinero”.
No obstante, Trimpa Group sí financió los estudios de
opinión realizados por John Anzalone, encuestador de Obama, el Atlantic Council y FIU sobre el
tema cubano.
Williams dijo a Kornbluh y LeoGrande que las encuestas
tenían la intención de “mostrar amplio apoyo al cambio” y “dar voz a la mayoría
silente”. En otro fragmento del artículo, los autores describen las encuestas
como un intento del Grupo Trimpa de “reforzar” el argumento de que “no habría
retroceso para los demócratas en la Florida si Obama cambiaba su política hacia
Cuba”.
Según el artículo, el lobby montado
por Trimpa contrató además a Luis Miranda, ex director de comunicación de la
Casa Blanca para medios hispanos, y creó la organización #CubaNow, que presionó
para el cambio de política y el levantamiento del embargo.
“#CubaNow fue una creación del Trimpa Group”, alegan
los autores del artículo, una descripción que su director ejecutivo, Ric
Herrero, considera “no es del todo adecuada” ya que está ausente la conexión
cubanoamericana.
“#CubaNow existe gracias a donantes y activistas
cubanoamericanos que estaban cansados de nuestra fallida política de embargo.
Ellos querían ver a nuestro gobierno abrazar una nueva aproximación hacia Cuba,
enfocada en empoderar al pueblo cubano y avanzar los intereses de EEUU y
contrataron a experimentados estrategas como Trimpa, yo y otros para construir
una campaña y hacerlo posible”, declaró Herrero a el Nuevo Herald.
Antes de convertirse en el director ejecutivo de Cuba
Now, Herrero se desempeñaba como vicedirector ejecutivo del Cuba Study Group,
otra organización sin fines de lucro compuesta por empresarios cubanoamericanos
que abogan por el acercamiento con Cuba.
Herrero y Williams ahora dirigen juntos el grupo de
acción política New Cuba Pac, que continúa abogando en el Congreso por eliminar
las restricciones de viaje y comercio con Cuba.
La arquidiócesis de la Habana declinó comentar sobre
el viaje de Ortega a la Casa Blanca. El Departamento de Estado y el Vaticano
tampoco respondieron a peticiones de comentario sobre esta historia.
El reportero Glen Garvin contribuyó a este reporte.
Siga a Nora Gámez Torres en Twitter: @ngameztorres
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