Cosa c’era all’angolo di 23
e N, prima che vi si costruisse il Pabellón Cuba? Si sa che questo edificio che
coniuga, dicono gli specialisti, una
grande semplicità formale con una elegante monumentalità si costruì nel 1963,
si giunge alla conclusione che l’area che occupa fu uno degli ultimi spazi
liberi della Rampa avanera. Probabilmente l’ultimo.
Chiamata così per la sua
accentuata inclinazione, si aprì in un batter d’occhio da quando, nel 1947, si
inaugura il teatro Warner (attuale cinema Yara) e l’anno seguente l’edificio
Radio Centro. Non si tardò a edificare l’edificio Ambar Motors (attuale
Ministero del Commercio Estero), destinato allora a uffici e sedi dei
distributori, a Cuba, delle automobili Cadillac, Oldsmobile e Chevrolet e dove,
inoltre, si installarono gli studi del Canale 2 della TV e una scuola di
croupiers per le sale da gioco...
Questi immobili furono
situati ai due estremi della Rampa e in marciapiedi opposti, cosa che dette
impulso allo sviluppo della zona. A partire da lì e in meno di dieci anni vi si
costruì una quantità di edifici per
abitazione, commercio, uffici, agenzie di pubblicità e luoghi di divertimento
che diventa impossibile, per ragioni di spazio descriverli in dettaglio. Si
dice che uno dei modi di misurare l’attività commerciale di una zona è col
numero di agenzie bancarie stabilite nella stessa. Non meno di otto uffici
centrali e succursali si stabilirono nella Rampa e altre tre, che rimasero
senza spazio, lo fecero nelle strade adiacenti. La Rampa fu anche il miracolo del
commercio avanero. Nonostante la gente fosse abituata ad uscire per acquisti in
strade sostanzialmente pianeggianti i cui portici proteggevano dal sole e dalla
pioggia, niente di ciò vi era sulla Rampa e ciò nonostante si impose.
La calle 23 che si tracciònel
1862 e si chiamò Paseo de Medína, dal contrattista di opere pubbliche dello
stesso nome, che risiedeva di fronte a quello che con l’andare del tempo
sarebbe stato il cinmena Riviera, arrivava fino alla calle M. La calzada de
Infanta era in terra battuta a partire da San Lázaro. Nel 1916, durante il
Governo del generale Menocal si
pavimentò Infanta e la 23 si estese fino a questa calzada. Le costruzioni,
senza dubbio, non proliferarono nella zona, caratterizzata da anfratti e fosse
che bordeggiavano la strada. Crepe di tale grandezza, ancora visibili in alcuni
posti, che dopo la mareggiata del 9 settembre del 1919 una famiglia che era
uscita in automobile per osservare i disastri causati dal fenomeno, cadde in
una di queste e fu impossibile riscattarla con vita.
Per anni, solo poche
edificazioni si impadronirono di quella che sarà la Rampa. La sede dell’agenzia
Ford e il cabaret Hollywood, dove successivamente si costruirà l’edificio per
il Ministero dell’Agricoltura e la casa del’ex presidente Carlos Manuel de
Céspedes, figlio del Padre della Patria, in 23 e M. Di fronte, attraversando la
M, la funeraria Caballero che ra stata fondata nel 1857 nella calle Concordia e
cercò questa nuova ubicazione. Di fronte a lei, attraversando la 23, l’edificio
Alaska.
L’hotel Habana Hilton,
rinominato Libre, non esistì fino al 1958. L’isolato dov’è situato, compreso
fra le calles L, M, 23 e 25 che era un buco, lo occupava un parco di
divertimento per bambini con veri pony. In 25 e L si trovava la casa del dottor
Kurie, dove viveva Raúl Roa, suo genero. Quando si volle iniziare la
costruzione dell’albergo, il Sindacato dei Lavoratori Gastronomici, che ne
sarebbe stato il proprietario, dovette pagare una fortuna alla vedova di
Céspedes. Se lei non vendeva, non ci sarebbe stato albergo.
Attraversando
la L
La calle L allora era a
doppio senso di circolazione. Nello spazio non costruito a fianco del cine
Yara, ebbe la sua residenza il generale Alberto Herrera, capo di Stato Maggiore
dell’Esercito cubano tra il 1922 e il 12 agosto del 1933, data della caduta
della dittatura di Machado che sostituì per alcune ore alla presidenza della
Repubblica prima di rifugiarsi nell’hotel Nacional e abbandonare il Paese sotto
la protezione dell’ambasciatore nordamericano. La casa di Herrera fu demolita
nel 1954 con l’intenzione di costruire un edificio che non fu mai eretto. Fu
demolita anche, ed oggi è un parcheggio, la casa del comandante Rogerio Zayas
Bazán, ministro del Governo (Interni) di Machado, morto nel 1932 in un duello
irregolare nelle vicinanze del ponte di Pote, all’entrata di Miramar.
Di fronte al Yara, dove si
costruì la gelateria Coppelia, c’era l’ospedale Reina Mercedes. Si chiamò così
per la moglie del re Alfonso XII di Spagna, trisnonno dell’attuale re Felipe
VI. Mercedes morì poco dopo del matrimonio e la sua morte dette luogo, a
Madrid, a un poemetto che è giunto fino ad oggi: “Dove vai Alfonso XII?/ dove
vai così triste?/Vado in cerca di Mercedes/che ieri nel pomeriggio ho perduto”.
Nonostante il dolore della perdita Alfonso XII si risposò. L’ospedale diventò
allora Nuestra Señora de las Mercedes, ma gli avaneri terminarono chiamandolo
semplicemente Mercedes. Funzionò fino a metà degli anni ’50, quando si costruì
l’ospedale che si chiamerà Fajardo.
I suoi terreni che costarono
7.000 pesos nel 1886, si vendettero poi per quasi 300.000. Una compagnia
costruttrice si impegnò a edificarvi un albergo di 500 stanze. La vittoria
della Rivoluzione troncò il progetto e nello spazio del demolito ospedale
Mercedes si costruì il Parco INIT – Istituto Nazionale dell’Industria Turistica
- un centro ricreativo con palco
galleggiante, bar, caffetteria, ristorante per 500 commensali e il cabaret
Nocturnal. Così giunse l’anno 1966. Si dice che in un congresso celebrato
nell’hotel Habana Libre, sorse l’iniziativa di convertire la zona ricreativa in
questione in uno spazio più silenzioso e famigliare. Fu così che qualcuno
propose l’idea della gelateria. Quando l’architetto Mario Girona seppe che gli
si era affidata l’esecuzione del progetto, si sentì smarrito. Si voleva una
cosa familiare, ma quella gelateria con oltre mille coperti, sarebbe stato un
esercizio troppo grande.
Dicono, e lo scriba non ha
potuto comprovarlo, che dove si ubicò il Pabellón Cuba c’era una piccola
rivendita di tamales (involtini di
mais ripieni, n.d.t.) e altri piatti leggeri a cuis i accdeva dalla calle 21.
In solo 70 giorni, l’architetto Juan Campos edificò questa costruzione aperta
alla brezza e alla prospettiva, una sfida all’architettura dove le leggere pendenze
avanzano verso la vegetazione. Siostruì in occasione della celebrazione
all’Avana del VII Congresso dell’Unione Internazionale degli Architetti. A
partire da lì, accoglierà altri eventi, la Prima Mostra della Cultura Cubana,
nel 1967; poi l’importante Salone di Maggio che portò a Cuba, da Parigi, ciò
che nel mondo si faceva nelle arti plastiche.
Ci sono cambi evidenti nella
zona. Il locale che fu dell’Agricoltura è, da molti anni, il Ministero del
Lavoro, l’edificio Alaska non esiste più: è un parcheggio e la Funeraria
Caballero, che nel 1968 si convertì in uno splendido centro culturale, è una
dipendenza della Televisione. Quello che fu il centro commerciale della Rampa
alloggia ufici di agenzie di viaggio e compagnie di aviazione.
In
cerca del Gato Tuerto (orbo,
n.d.t.)
I bohemiens dicono che la
notte più lunga dell’Avana si passa al gato Tuerto, il bar ristorante della
calle O, quasi di fronte all’hotel Nacional, nel Vedado. Asseriscono che per
risvegliarsi, l’Avana, aspetti che El
Gato chiuda le sue porte. Perché non c’è altro posto nell’Isola che si impegni
tanto per perpetuare le notti. Come ci riesce? Il narratore Hugo Luìs Sánchez
dice: “Il segreto consiste nella combinazione di un ristorante al piano
superiore dell’edificio, col meglio della cucina internazionale e cubana, con
un cafè concerto nel pianterreno. All’uscita il contorno del Malecón, scelto
dagli avaneri per giurarsi, sul suo ampio muro, l’amore vero”.
Tropicana, Montmartre o Sans
Soucí presentavano produzioni tanto fastose che non avevano niente da
invidiare alle migliori di Parigi.
L’intensità delle notti avanere e la qualità dei suoi spettacoli avevano
raggiunto di ubicare la città fra le più importanti del mondo se di
divertimenti di ogni tipo e di vita mondana si trattava. Tra il 1957 e 1958 i
cabaret di lusso avaneri sperimentarono un autentico momento di splendore. In
poco tempo, davanti allo sguardo attonito della città si costruirono, nel
Vedado, gli hotels Habana Riviera, Capri e Habana Hilton, tre grandi e sontuosi
esercizi. In Galiano e Malecón, il Deauville, aprì le sue porte il 17 luglio
del 1958 e altrettanto succedeva nella città di Santa Clara nel centro del
paese, con l’apertura nel gennaio 1957, del cabaret Venecia e il suo elegante
casinò.
Nel febbraio del 1959 Nat
Kahn, gerente dell’hotel Riviera dichiarava: “Tre nuovi alberghi di lusso
furono fattori decisivi per strappare la clientela alla Florida”. Col gioco
legalizzato, come attrazione principale, l’Avana ebbe la sua miglior stagione
turistica tra il 1957 e il 1958.
I cabaret chiamati di
“seconda” – Ali Bar, Sierra, Alloy, Las Vegas...- costituivano ulteriori
opzioni alla notte avanera. Nonostante non ci fossero, in questi, grandi
produzioni, presentavano uno spettacolo di varietà e una o due figure
importanti. Contvano anche di una nutrita clientela i cabaret della Playa de
Marianao, per natura molto più popolari.
I grandi cabarte, anche di
seconda o terza, rappresentavano comunque una certa tradizione bohemienne.
Giusto al finale degli anni 50 cominciano a sorgere, guarda caso nelle
prossimità della Rampa, piccoli locali che rompono un poco con questa notte che
si sta facendo convenzionale. Senza tanto lusso e senza utilizzare riviste
musicali, l’ambiente intimo e disinvolto, proprio di questi luoghi, permetteva
di godere della esibizione spontanea di un gruppo musicale o della voce di
Elena Burke, diciamo, con Frank Domínguez o Meme Solís al piano.
Così, a metà del 1960,
nell’hotel Saint John’s cominciano a programmarsi esibizioni con la
partecipazione di Doris de la Torre, Elena Burke e Frank Dominguez, Pacho
Alonso, Felo Bergaza, Dandy Crawford e il duo Rné e Nelia, fra le altre figure
della moda feeling.
Ma il grande avvenimento fu
l’apertura, il 31 agosto di quell’anno, de El Gato Tuerto, idea di Felito Ayón, un a nimale notturno che fu
colui che ideò e diede nome alla Bodeguita del Medio. Si restaurò e decorò la
grande casa della calle O. Quadri di Amelia (Pelaéz, n.d.t.), Mariano
(Rodríguez, n.d.t.), Martínez Pedro, Tapía Ruano, Aberto Falcón e Acosta León pendevano
dalle pareti di questo luogo, già di fatto diverso, dove c’era luce sufficiente
per o scrivera e dove si poteva arrivare
alle sei del pomeriggio senza molto o nessun protocollo. Lì c’erano esposizioni
di pittura e vendita di libri o dischi. Nicolás Guillén era un visitatore
frequente. Anche il narratore argentino Julio Cortázar durante i suoi soggiorni
cubani e i giovani di allora, come Miguel Barnet. Godevano delle
rappresentazioni di Elena con Frank Domínguez come accompagnatore al piano,
Miguel de Gonzalo, Meme Solís, Doris de la Torre, Maggi Prior e il duo Las
Capellas, Miriam Acevedo cantava e recitava
poemi di Virgilio Piñera. Anche se non si sa se altri poeti lo fecero,
si conserva un disco di Nicolás Guillén letti dalla sua voce che porta il
timbro delle Edizioni Gato Tuerto.
È passato il tempo. Sono
trascorsi già 54 anni dall’apertura del Gato Tuerto. Ma l’ambiente continua ad
essere quello di sempre.
Del Pabellón, El Gato y otros
lugares
6 de
Septiembre del 2014 20:32:00 CDT
¿Qué hubo
en la esquina de 23 y N antes de que se construyera allí el Pabellón Cuba?
Cuando se conoce que ese edificio que conjuga, dicen los especialistas, una
gran sencillez formal con una elegante monumentalidad, se construyó en 1963, se
llega a la conclusión de que el área que ocupa fue uno de los últimos espacios
yermos de la Rampa habanera. Tal vez el último.
Llamada
así por su acentuada inclinación, se edificó en un abrir y cerrar de ojos desde
que en 1947 se inaugurara el teatro Warner (actual cine Yara) y al año
siguiente el edificio Radio Centro. No tardó en construirse el edificio Ámbar
Motors (actual Ministerio del Comercio Exterior), destinado entonces a oficinas
y sede de los distribuidores en Cuba de los automóviles Cadillac, Oldsmobile y
Chevrolet, y donde se instalaron además los estudios del Canal 2 de la TV, y
una escuela de dealers para casinos de juego...
Fueron
esos inmuebles, situados en los dos extremos de la Rampa y en aceras opuestas,
los que impulsaron el desarrollo de la zona. A partir de esos y en menos de
diez años se construyeron allí tal cantidad de edificios para viviendas,
comercios, oficinas, agencias de publicidad y lugares de esparcimiento que
resulta imposible, por razones de espacio, detallarlos. Se dice que una de las formas
de medir la actividad comercial de una zona es por el número de agencias
bancarias establecidas en ella. No menos de ocho oficinas centrales y
sucursales de bancos se asentaron en la Rampa, y otras tres, que no alcanzaron
espacio, lo hicieron en calles aledañas. La Rampa fue también el milagro del
comercio habanero. Porque la gente se había acostumbrado a salir de compras por
calles sustancialmente planas y cuyos portales protegían del sol y de la
lluvia. Nada de eso había en la Rampa y aun así se impuso.
La calle
23, que se trazó en 1862 y se llamó Paseo de Medina, por el contratista de
obras públicas de ese nombre que tenía su residencia frente a lo que andando el
tiempo sería el cine Riviera, llegaba hasta la calle M. La calzada de Infanta
era de tierra a partir de San Lázaro. En 1916, durante el Gobierno del general
Menocal, se pavimentó Infanta y 23 se extendió hasta esa calzada. Las
construcciones, sin embargo, no proliferaron en la zona, caracterizada por las
furnias y oquedades que bordeaban la calle. Simas de tal magnitud, todavía
visibles en algunos lugares, que, tras el ras de mar del 9 de septiembre de
1919 una familia que había salido en automóvil a observar los destrozos del
meteoro, cayó en una de esas y fue imposible rescatarla con vida.
Durante
años solo unas pocas edificaciones se señorearon en lo que sería la Rampa. La
sede de la agencia Ford y el cabaret Hollywood, donde después se construiría el
edificio para el Ministerio de Agricultura, y la casa del ex presidente Carlos
Manuel de Céspedes, hijo del Padre de la Patria, en 23 y M. Frente, cruzando M,
la funeraria Caballero, que se había fundado en 1857 en la calle Concordia y
buscó esa nueva ubicación. Y frente a ella, cruzando 23, el edificio Alaska.
El hotel
Habana Hilton, sobrenombrado Libre, no existió hasta 1958. La manzana donde
está situado, enmarcada por las calle L, M, 23 y 25, y que era un hueco, la
ocupaba un parque de diversiones para niños, con caballitos de verdad. En 25 y
L se hallaba la casa del doctor Kurie, en la que vivía Raúl Roa, su yerno.
Cuando se quiso acometer la construcción del hotel, el Sindicato de los
Trabajadores Gastronómicos, que era su propietario, tuvo que darle una fortuna
a la viuda de Céspedes. Si ella no vendía, no había hotel.
Cruzando L
La calle L
era entonces de doble sentido. En el espacio no construido que queda al lado
del cine Yara, tuvo su residencia el general Alberto Herrera, jefe del Estado
Mayor del Ejército cubano entre 1922 y el 12 de agosto de 1933, fecha de la
caída de la dictadura de Machado, a quien sustituyó por unas horas en la
presidencia de la República antes de refugiarse en el Hotel Nacional y
abandonar el país bajo el amparo del embajador norteamericano. La casa de
Herrera fue demolida en 1954, con la intención de construir allí un edificio
que nunca se ejecutó.
También se
demolió, y es ahora un parqueo, la casa del comandante Rogerio Zayas Bazán,
ministro de Gobernación (Interior) de Machado, muerto en 1932 en un duelo
irregular en las inmediaciones del puente de Pote, a la entrada de Miramar.
Frente al
Yara, donde se construyó la heladería Coppelia, estuvo el hospital Reina
Mercedes. Se llamó así por la esposa del rey Alfonso XII, de España,
tatarabuelo del actual rey Felipe VI. Mercedes murió poco después del
matrimonio. Su muerte dio pie, en el Madrid de aquellos días, a un poemita que
llega hasta hoy. “¿Dónde vas Alfonso XII? / ¿Dónde vas, triste de ti? / Voy en
busca de Mercedes, / que ayer tarde la perdí”. Pese al dolor de la pérdida,
Alfonso volvió a casarse. El hospital pasó a ser entonces Nuestra Señora de las
Mercedes, pero los habaneros terminaron llamándolo Mercedes a secas.
Funcionó
hasta mediados de los años 50, cuando se construyó el hospital que se llamaría
Fajardo.
Sus
terrenos, que en 1886 costaron 7 000 pesos, se vendieron entonces en casi 300
000. Una compañía constructora se empeñó en edificar allí un hotel de 500
habitaciones. El triunfo de la Revolución tronchó el proyecto, y en el espacio
del demolido hospital Mercedes se construyó el Parque INIT --Instituto Nacional
de la Industria Turística-- un centro recreativo con escenario flotante, bar,
cafetería y restaurante para 500 comensales y el cabaret Nocturnal. Llegó así
el año de 1966.
Se dice
que de un congreso celebrado en el hotel Habana Libre surgió la iniciativa de
convertir la zona recreativa en cuestión en un espacio más silencioso y
familiar. Y fue así que alguien precisó la idea de la heladería. Cuando el
arquitecto Mario Girona se enteró de que se le había confiado la ejecución del
proyecto, se sintió anonadado. Se quería una cosa familiar, pero aquella
heladería de mil capacidades, pensó, sería un establecimiento demasiado grande.
Dicen, y
el escribidor no ha podido comprobarlo, que donde se ubica el Pabellón Cuba
hubo un pequeño expendio de tamales y otros platos ligeros al que se accedía
desde la calle 21. En solo 70 días, el arquitecto Juan Campos emplazó esa
edificación abierta a la brisa y a la perspectiva; un alarde de arquitectura
aérea donde las suaves pendientes avanzan hacia la vegetación. Se construyó con
motivo de la celebración en La Habana del VII Congreso de La Unión
Internacional de Arquitectos. A partir de ahí acogería, entre otros eventos, la
Primera Muestra de la Cultura Cubana, en 1967; y luego, el importante Salón de
Mayo, que trajo a Cuba desde París lo que en el mundo se hacía en el campo de
las artes plásticas.
Hay
cambios evidentes en la zona. El local que fue de Agricultura es, desde muchos
años, del Ministerio del Trabajo, el edificio Alaska no existe; es un parqueo,
y la Funeraria Caballero, que en 1968 se convirtió en un espléndido centro
cultural, es una dependencia de la Televisión. Lo que fue el centro comercial
la Rampa aloja oficinas de agencias de viaje y compañías de aviación.
En busca del Gato Tuerto
Dicen los
bohemios y los faranduleros que la noche más larga de La Habana transcurre en
El Gato Tuerto, el bar-restaurante de la calle O, casi enfrente del Hotel
Nacional, en el Vedado. Aseguran que, para amanecer, La Habana espera a que El
Gato cierre sus puertas. Porque no existe otro sitio en la Isla que se empecine
tanto como este para perpetuar las noches. ¿Cómo lo logra? Dice el narrador
Hugo Luis
Sánchez: “El
secreto radica en la combinación de un restaurante en los altos del
establecimiento, con lo mejor de la cocina internacional y cubana, y un café
concert en los bajos. A la salida, el entorno del Malecón, escogido por los
habaneros para, sobre su ancho muro, jurarse amor del bueno”.
Tropicana,
Montmartre o Sans Souci presentaban producciones tan fastuosas que nada tenían
que envidiarles a las mejores de París. La intensidad de la noche habanera y la
calidad de sus espectáculos habían conseguido ubicar a la ciudad entre las más
importantes del mundo si de diversiones de todo tipo y vida mundana se trataba.
Entre
1957 y
1958 los cabarets de lujo habaneros experimentaron un auténtico momento de
esplendor. En corto tiempo y ante la atónita mirada de la ciudad, se edificaron
en el Vedado los hoteles Habana Riviera, Capri y Habana Hilton, tres grandes y
suntuosos establecimientos. En Galiano y Malecón, el Deauville abrió sus
puertas el 17 de julio de 1958 y otro tanto acontecía en la ciudad de Santa
Clara, en el centro del país, con la apertura en enero de 1957 del cabaret
Venecia y su elegante casino.
En febrero
de 1959, declaraba Nat Kahn, gerente del hotel Riviera:
“Tres
nuevos hoteles de lujo en La Habana fueron factores decisivos para arrebatarle
la clientela a la Florida”. Con el juego legalizado como atracción principal,
La Habana tuvo su mejor temporada turística entre 1957 y 1958.
Los
cabarets denominados de segunda --Ali Bar, Sierra, Alloy, Las
Vegas...--
constituían otras de las opciones de la noche habanera. Aunque no había en
estos grandes producciones, presentaban un espectáculo variado y una o dos
figuras importantes. Contaban también con una nutrida clientela los cabarets de
la famosa Playa de Marianao, de naturaleza mucho más popular.
Los
grandes cabarets, y también los de segunda y tercera, representaban una bohemia
con cierta tradición. Justo a finales de la década de los 50 comienzan a
surgir, sin embargo, en las proximidades de la Rampa, pequeños locales que
rompen un poco con esa noche que va haciéndose convencional. Sin demasiado lujo
y sin acudir a revistas musicales, el ambiente íntimo y desenfadado propio de
estos lugares, permitía disfrutar de la descarga espontánea de un combo o la
voz de Elena Burke, digamos, con Frank Domínguez o Meme Solís al piano.
Así, a
mediados de 1960, en el hotel St. John's comienzan a programarse descargas con
la participación de Doris de la Torre, Elena Burke y Frank Domínguez, Pacho
Alonso, Felo Bergaza, Dandy Crawford y el dúo René y Nelia, entre otras figuras
de la onda feeling.
Pero el
gran acontecimiento fue la apertura, el 31 de agosto de ese año, de El Gato Tuerto,
idea de Felito Ayón, un animal de la noche que fue quien ideó y dio nombre a La
Bodeguita del Medio. Se remozó y decoró la vieja casona de la calle O. Cuadros
de Amelia, Mariano, Martínez Pedro, Tapia Ruano, Alberto Falcón y Acosta León
colgaban de las paredes de ese lugar, ya de hecho distinto, donde había luz
suficiente para leer o escribir y al que se podía llegar a las seis de la tarde
sin demasiado protocolo o sin protocolo. Había allí exposiciones de pintura y
venta de libros y discos. Nicolás Guillén era visita frecuente. También el
narrador argentino Julio Cortázar durante sus estancias cubanas, y los jóvenes
de entonces, como Miguel Barnet. Se disfrutaban las presentaciones de Elena con
Frank Domínguez como pianista acompañante, Miguel de Gonzalo, Meme Solís, Doris
de la Torre, Maggi Prior y el dúo Las Capellas. Miriam Acevedo cantaba y
recitaba poemas de Virgilio Piñera. Aunque se desconoce si otros poetas también
lo hicieron, se conserva un disco de poemas de Nicolás Guillén dichos en su voz
que lleva el sello de Ediciones Gato Tuerto.
Ha pasado
el tiempo. Transcurrieron ya 54 años desde la apertura de El Gato Tuerto. El
ambiente sigue siendo el de siempre.
Ciro
Bianchi Ross