Translate

Il tempo all'Avana

+28
°
C
H: +28°
L: +23°
L'Avana
Lunedì, 24 Maggio
Vedi le previsioni a 7 giorni
Mar Mer Gio Ven Sab Dom
+28° +29° +29° +28° +29° +29°
+24° +24° +24° +24° +24° +24°

martedì 10 dicembre 2013

Via una nave, ne arriva un'altra

Appena salpata la Thomson Dream, è arrivata al porto dell'Avana la Semester at Sea, battente bandiera bahamense che trasporta 600 studenti universitari per la maggior parte statunitensi. I passeggeri nordamericani rientrano nei casi di eccezione alla proibizione di visitare Cuba dal momento che questa crociera è con fini didattici e culturali ed è auspicata dall'Università della Virginia e prima delle restrizioni imposte da George W. Bush, la Semester at Sea era già stata all'Avana in 10 occasioni tra il 1999 e il 2004. Questo è l'ultimo scalo del viaggio iniziato a Londra lo scorso agosto ed è un'altra manifestazione del clima di distensione che si è creato negli ultimi tempi fra i due Paesi, manifestatosi anche con la stretta di mano fra Barak Obama e Raul Castro che si trovano in Sudafrica per i funerali di Nelson Mandela. Fatto indubbiamente storico e mai verificatosi tra i presidenti dei due Stati negli scorsi 50 anni.




Comparare

COMPARARE: dilemma di un portiere davanti a un calcio di rigore

lunedì 9 dicembre 2013

La matita-pistola della spia di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde dell'8/12/13

A proposito della pagina dedicata alla spia tedesca catturata e fucilata all’Avana nel 1942, apparsa in questo spazio un paio di settimane fa Ernesto Aramís Álvarez Blanco, museologo e investigatore del Museo Oscar María de Rojas di Cárdenas, in provincia di Matanzas, apporta un dato interessante. Dice che la matita-pistola di Heinz August Kunning, conosciuto anche come Enrique Augusto Luning, si esibisce in questa istituzione culturale.
Nella perquisizione che si fece al momento della sua detenzione nella camera che occupava nella pensione ubicata al secondo piano dell’edificio contrassegnato dal numero 336 della calle Teniente Rey, tra Villegas e Aguacate, nell’Avana Vecchia, si trovarono carte geografiche, rilievi topografici, mappe di centri commerciali e un potente apparecchio radio che gli permetteva di ricevere e trasmettere messaggi. C’erano inoltre documenti che dimostravano i suoi contatti con altri agenti nazi e la curiosa arma che viene classificata dentro alle cosiddette “pistole da taschino” che posteriormente ai fatti, finì al museo cardenese.
A questo proposito Ernesto Aramís Álvarez Blanco scrive:
“Per le persone che visitano il museo Oscar María de Rojas è sempre interessante conoscere dettagli della storia dell’arma sequestrata a Luning. Misura 14,5 centimetri di lunghezza per 2,5 di larghezza. Fu fabbricata negli Stati Uniti e presenta l’iscrizione: <The Lake Erie Chemical Co. Cleveland Chic USA>”.
Álvarez Blanco precisa che si tratta di una pistola di calibro 12 mm, a un solo colpo e con un grilletto a forma di bottone. “È un’arma che divenne di moda alla fine del XIX secolo e che durante le prime 4 decadi del XX secolo era diffusa tra viaggiatori, giocatori di professione, donne licenziose e spie di diverse nazioni. Una curiosità, per dirlo in una parola”.
Con la detenzione di Luning, si relaziona il messaggio di Sergio Varela Sánchez. Questo lettore espone che sua madre e a sua nonna raccontarono e sentì molte volte raccontare dai vicini, della citata pensione. Riferivano che quando le autorità cubane decisero di procedere all’arresto della spia, chiesero agli inquilini delle case vicine di rimanere all’interno delle loro abitazioni e preferibilmente stare sotto i letti.
Aggiunge che non è d’accordo con il nordamericano Thomas D. Schoonover, professore dell’Università della Luisiana, in Lafayette, quando nel suo libro su Luning a Cuba dice che non seppe mai usare l’attrezzatura radiotelegrafica e che pertanto non poté mai mettersi in contatto con nessun sommergibile tedesco. Varela Sánchez puntualizza che a casa sua ha sempre sentito parlare delle gabbie di uccelli che la spia aveva nella sua camera perché il cinguettare dei volatili dissimulava e copriva il suono della trasmittente.
Alla fine, il lettore, chiede sulla partecipazione cubana alla II Guerra Mondiale.

Vittoria cubana

Nella prima conflagrazione mondiale, cuba dichiarò guerra alla Germania il 7 di aprile del 1917. Sebene ci fossero stati cubani che ebbero una partecipazione rilevante in questa lotta, nell’ordine strettamente militare, la Prima Guerra raggiunse solo una ripercussione interna degna di memoria: l’istituzione del Servizio Militare Obbligatorio per i maschi tra i 21 e i 30 anni, misura che non ebbe altra conseguenza pratica che quella di anticipare precipitosamente molti matrimoni.
Per la Seconda Guerra, il decreto legge numero 7 del 1942 dispose l’ampliamento e la riorganizzazione dell’Esercito e la Marina cubani e si tornò a stabilire il Servizio Militare che, stavolta, si tradusse in chiamata a grandi file di coscritti anche se, come nel conflitto anteriore, nessun cubano uscì da Paese per combattere in suolo straniero, se non come volontario. Non esistono dati precisi, ma si calcola che non meno di 3000 compatrioti si aggiunsero alle forze alleate. Di questo rimane costanza in molti racconti giornalistici e perlomeno in due libri: Dall’Hudson all’Elba, del volontario holguinero Armando Díaz Fernández e Memorie di uno studente soldato che valse al suo autore, Roberto Esquenazi Mayo, il Premio Nazionale di Letteratura del 1951.
Tre cubani combatterono nelle file dell’esercito sovietico: Enrique Vilar e i fratelli Aldo e Jorge Vivó. Aldo e Enrique trovarono la morte nel conflitto. I genitori di entrambi furono dirigenti prominenti del primo Partito Comunista di Cuba, Jorge Vivó e César Vilar. Il primo occupò la segreteria generale di questa organizzazione politica. César, il cosiddetto “Compagno Pi”, fu alla testa della Conferenza Nazionale Operaia di Cuba, sempre dalle fila del Partito fu delegato alla convenzione che elaborò la Costituzione del 1940 e posteriormente fu eletto senatore della Repubblica. Ma, nel 1953, i suoi criteri favorevoli all’attacco alla caserma Moncada e la posizione politica di Fidel, motivarono la sua esclusione dall’organizzazione a cui aveva consacrato la sua vita.
Il contributo cubano alla Seconda Guerra fu nel mare, anche se i nostri aviatori pattugliavano il Golfo del Messico nel triangolo compreso tra Mérida, l’Avana e Miami. Marinai cubani vigilavano le acque del Mar dei Caraibi e del Golfo e custodirono più di un milione e mezzo di tonnellate di merci che si trasportarono con navi di altri Paesi, in missioni che li obbligarono a percorrere oltre 300.000 miglia. Due mercantili cubani: Manzanillo e Santiago de Cuba, furono vittime di sommergibili tedeschi il 12 agosto del 1942, col saldo di 76 compatrioti morti.
Non ci si può dimenticare l’impresa dell’equipaggio del cacciasottomarini CS-13, che il 15 maggio del 1943 affondò il sottomarino tedesco U-173 di fronte alla costa di Las Villas, all’altezza di Cayo Mégano. La nave nazi era comandata da Reiner Dieriksen che aveva meritato la Croce di Ferro dell’alto comando tedesco per aver affondato oltre dieci navi nei mesi iniziali del conflitto. Il Tenente di Fregata Mario Ramírez era al comando del cacciasommergibili cubano quando l’addetto al sonar Norberto A. Collado, che sarà il timoniere del Granma nel 1956, rilevò con i suoi apparecchi la presenza del nemico e guidò i suoi alla caccia e alla distruzione dell’avversario.

Combustibile in veicoli per il trasporto di latte

Ed a proposito dei sommergibili tedeschi, Horacio Torres Triana domanda, da Camagüey, sul rifornimento del combustibile e degli alimenti di detti sommergibili, vista l’enorme distanza tra la Germania e la nostra zona geografica.
Un cubano, morto a Miami da circa 25 anni, confessò ad un collaboratore di questa colonna che nella tenuta della sua famiglia a Camagüey si rifufgiavano sommergibilisti nazi. C’era, li, una baracca abilitata all’uopo e vi passavano fino a due o tre mesi. Buon cibo, assistenza medica; si arrivò a praticare perfino estrazioni di appendice, in luogo, mentre il sottomarino restava camuffato sulla costa.
Questa fonte, di cui potrei rivelare il nome, raccontò anche al mio informatore, sulle operazioni del combustibile. Nei fine settimana lo rubavano dal deposito della compagnia petrolifera Shell all’Avana e lo trasportavano fino a Camagüey nei camion di un'azienda di trasporto del latte di proprietà di uno spagnolo falangista. Circa 400 uomini, alcuni di loro figure conosciute della radio  e dello sport, partecipavano nella vicenda. La polizia, al comando di Manuel Benítez, non li ha mai scoperti o non volle farlo.
Il giornalista Juan Chongo Leíva ha pubblicato, anni fa, - e le edizioni sono completamente esaurite – due libri utili e interessanti che ben meriterebbero la riedizione: La morte viaggia col passaporto nazi, su Kunning e La sconfitta di Hitler a Cuba, attorno alle organizzazioni fasciste che sorsero qua. Però il fatto del quintacolonnismo nell’Isola, durante la Seconda Guerra Mondiale e prima, resitette ad altri avvicinamenti. Gli si passa sopra con troppa fretta e in buona misura, dati che a suo tempo riportò la stampa, rimasero congelati nelle pagine di giornali e riviste nei quali si pubblicarono senza che nessuno si preoccupasse di verificarli mentre, molto di quello che si dice sul tema, continua a far parte delle supposizioni, senza che si sappia con certezza cosa fosse verità e cosa bugia.
Nelle alte sfere del Governo cubano dell’epoca, non erano pochi quelli che simpatizzavano con Hitler e la sua politica. Senza andare molto lontano, il cancelliere José Manuel Cortina dovette rinunciare al suo incarico dopo che in un’interpellanza parlamentare lo si accusò di antidemocratico e di fare affari coi passaporti degli emigrati ebrei. D’altra parte le autorità d’immigrazione accusavano gli ebrei ricchi di essere agenti nazi e li rinchiudevano nella Stazione di Quarantena di Tríscornia a Casablanca, per esigere poi la somma di dieci mila dollari per esonerarli da carichi, mentre che gente come il principe Ruspoli, direttore della beneficenza italiana a Cuba, si muoveva liberamente per l’Isola nonostante l’opinione pubblica cubana lo tacciava di quintacolonna.
Nel maggio del 1943, nel Centro Radiotelegrafico della Segreteria (ministero) delle Comunicazioni, ubicata nel reparto Kohly, si sequestrarono 17 documenti che contenevano – si dice – prove dello spionaggio che funzionari cubani esercitavano a favore della Germania. Eduardo Chibás accusó un ex direttore di questo Centro e l’accusa provocó un’aspra polemica fra un figlio di questi e il parlamentare, nella quale emersero non pochi panni sporchi di funzionari governativi. La discussione arrivò a tal punto che il pubblico ministero del Tribunale Supremo sollecitò all’Auditoria avanera il giudizio dei contendenti. Chibás gettò in faccia al pubblico ministero di non aver proceduto con la denuncia, supportata, dei 17 documenti sequestrati in Kohly. E che non vi avrebbe nemmeno proceduto. Un incendio, mai chiarito, nel Centro Radiotelegrafico mise fine alla vicenda e il generale Manuel Benítez, capo della Polizia Nazionale, assunse il controllo dell’entità.

Cubanismo assoluto

Un altro messaggio elettronico, firmato da Andrés, senza cognomi, allude all’esistenza di un partito nazi a Cuba al quale si riferì lo scriba nella sua pagina del 24 novembre scorso. Scrive il mittente: “Effettivamente, poco più di dieci anni or sono, ho realizzato un’investigazione sul razzismo a Cuba e cercando, cercando, ho trovato che nell’ottobre 1938 si era creato un partito nazi a Cuba. Incredibile, ma vero. È un capitolo della nostra storia che si conosce poco. Il partito fu creato dal giornalista Juan Prohias ed era composto principalmente da piccoli commercianti e alcuni membri della classe media, tutti portatori di un’ideologia razzista, profondamente anticomunista e ultranazionalista (cubanismo assoluto, dicevano loro). Nei suoi primi statuti c’erano clausole che avocavano apertamente alla discriminazione razziale, per cui all’inizio della nuova decade, non fu accettata la richiesta d’iscrizione per essere contro lo stipulato rispetto alla Costituzione del 1940. Più tardi si omisero convenientemente tutti i riferimenti razziali per poter ottenere status legale. Oltre a questo partito, esistettero simultaneamente il Partito Fascista Nazionale, la Legione Nazionale Rivoluzionaria Sindacalista e la Legione Studentesca di Cuba che compartivano tutte la medesima  base ideologica. Queste organizzazioni ebbero presa, fondamentalmente,  all’Avana e Las Villas”.

Andrés conclude il suo messaggio: “Per fortuna ci fu, a Cuba, un forte movimento antifascista”.

La pistola-lapicero del espía

Ciro Bianchi Ross • 
digital@juventudrebelde.cu
7 de Diciembre del 2013 19:05:12 CDT

CON motivo de la página dedicada al espía alemán capturado y fusilado
en La Habana en 1942, y que apareció en este espacio hace un par de
semanas, Ernesto Aramís Álvarez Blanco, museólogo e investigador del
Museo Óscar María de Rojas, de Cárdenas, en la provincia de Matanzas,
aporta un dato de interés. Dice que la pistola-lapicero de Heinz
August Kunning, conocido también como Enrique Augusto Luning, se
exhibe en esa institución cultural.
En el registro que se practicó en el momento de su detención, en la
habitación que ocupaba en la casa de huéspedes ubicada en el segundo
piso del edificio marcado con el número 366 de la calle Teniente Rey,
entre Villegas y Aguacate, en La Habana Vieja, se encontraron mapas,
croquis y planos de centros comerciales y un potente aparato de radio
que le permitía transmitir y recibir mensajes. Había además documentos
que demostraban sus contactos con otros agentes nazis y la curiosa
arma aludida, que cae dentro de las llamadas «pistolas de bolsillo» y
que con posterioridad a los hechos fue a parar al museo cardenense.
Escribe al respecto Ernesto Aramís Álvarez Blanco:
«Para las personas que visitan el museo Oscar María de Rojas resulta
siempre interesante conocer detalles de la historia del arma ocupada a
Luning. Mide 14,5 centímetros de largo por 2,5 de ancho. Fue fabricada
en Estados Unidos de América y presenta la inscripción: “The Lake Erie
Chemical Co. Cleveland Chic USA”».
Precisa Álvarez Blanco que se trata de una pistola de 12 milímetros de
calibre, un solo tiro y un disparador en forma de botón. «Es un arma
que se puso de moda a fines del siglo XIX y que durante las primeras
cuatro décadas del siglo XX fue frecuente entre viajeros, jugadores
profesionales, mujeres licenciosas y espías de diversas naciones. Una
curiosidad, para decirlo en una palabra».
Con la detención de Luning se relaciona el mensaje de Sergio Varela
Sánchez. Expone este lector lo que le contaron su madre y su abuela y
escuchó muchas veces relatar a los suyos, vecinos de la ya aludida
casa de huéspedes. Referían que cuando las autoridades cubanas
decidieron proceder a la detención del espía, pidieron a los
inquilinos de las viviendas aledañas que permanecieran en el interior
de sus domicilios, preferiblemente debajo de las camas.
Añade que no está de acuerdo con el norteamericano Thomas D.
Schoonover, profesor de la Universidad de Luisiana, en Lafayette,
cuando en su libro sobre Luning en Cuba dice que nunca supo manejar el
equipo de radiotelegrafía y que por tanto jamás logró comunicarse con
submarino alemán alguno. Puntualiza Varela Sánchez que siempre escuchó
hablar en su casa de las jaulas con pájaros que el espía tenía en su
habitación porque el piar de las aves disimulaba y encubría el sonido
del transmisor.
Por último inquiere el lector acerca de la participación de Cuba en la
II Guerra Mundial.

Victoria cubana

Cuando la primera conflagración mundial, Cuba declaró la guerra a
Alemania el 7 de abril de 1917. Aunque hubo cubanos que tuvieron una
participación muy destacada en esa contienda, en el orden
estrictamente militar la Primera Guerra solo alcanzó una repercusión
interna digna de memoria: el establecimiento del Servicio Militar
Obligatorio para los varones entre los 21 y los 30 años, medida que no
tuvo otra consecuencia práctica que la de precipitar numerosos
matrimonios.
Cuando la Segunda Guerra, el Acuerdo-Ley número 7 de 1942 dispuso la
ampliación y la reorganización del Ejército y la Marina cubanos y se
volvió a establecer aquí el Servicio Militar, que esa vez sí se
tradujo en el llamado a filas de muchos de los conscriptos aunque, al
igual que en el conflicto anterior, ningún cubano salió del país para
pelear en suelo extraño, salvo como voluntario. No existen datos
precisos, pero se calcula que no menos de 3 000 compatriotas se
sumaron a las fuerzas aliadas. De eso queda constancia en muchos
relatos periodísticos y por lo menos en dos libros: Del Hudson al
Elba, del voluntario holguinero Armando Díaz Fernández, y Memorias de
un estudiante soldado, que valió a su autor, Roberto Esquenazi Mayo,
el Premio Nacional de Literatura en 1951.
Tres cubanos combatieron en las filas del ejército soviético: Enrique
Vilar y los hermanos Aldo y Jorge Vivó. Aldo y Enrique encontraron la
muerte en la conflagración. Los padres de ambos fueron prominentes
dirigentes del primer Partido Comunista de Cuba, Jorge Vivó y César
Vilar. El primero ocupó la secretaría general de esa organización
política. César, el llamado «Camarada Pi», encabezó la Confederación
Nacional Obrera de Cuba y, siempre desde las filas del Partido, fue
delegado a la convención que elaboró la Constitución de 1940 y con
posterioridad resultó electo senador de la República. Pero en 1953 sus
criterios favorables sobre el ataque al cuartel Moncada y la posición
política de Fidel, motivaron su exclusión de la organización a la que
había consagrado su vida.
La contribución cubana a la Segunda Guerra estuvo sobre todo en el
mar, aunque también nuestros aviadores patrullaron el Golfo de México
en el triángulo comprendido entre Mérida, La Habana y Miami. Marinos
cubanos vigilaron las aguas del Caribe y del Golfo y custodiaron más
de un millón y medio de toneladas de mercancías que se transportaban
en buques de otros países, en misiones que los obligaron a recorrer
más de 300 000 millas. Dos cargueros cubanos, Manzanillo y Santiago de
Cuba, fueron víctimas de submarinos alemanes el 12 de agosto de 1942,
con el saldo de 76 compatriotas muertos.
No puede olvidarse la hazaña de la tripulación del cazasubmarinos
CS-13, que el 15 de mayo de 1943 hundió al submarino alemán U-173
frente a la costa norte de Las Villas, a la altura del faro de Cayo
Mégano. La nave nazi era comandada por Reiner Dieriksen, que había
merecido la Cruz de Hierro del alto mando alemán por haber hundido más
de diez buques durante los meses iniciales del conflicto. El alférez
de fragata Mario Ramírez estaba al frente del cazasubmarinos cubano
cuando el sonadista Norberto A. Collado, que sería el timonel del yate
Granma en 1956, detectó con sus equipos la presencia del enemigo y
guió a los suyos en la persecución y aniquilamiento del adversario.

Combustible en carros de leche

Y a propósito de los submarinos alemanes, Horacio Torres Triana
pregunta desde Camagüey sobre el reabastecimiento de combustible y
alimentos de dichos sumergibles, dada la enorme distancia que media
entre Alemania y nuestra zona geográfica.
Un cubano que falleció en Miami hace unos 25 años confesó a un
colaborador de esta columna que en la finca de su familia en Camagüey
se refugiaban submarinistas nazis. Había allí una barraca habilitada
para ese propósito y pasaban en ella hasta dos y tres meses. Buena
comida y asistencia médica; hasta extirpaciones de apéndice llegaron a
practicarse en el lugar mientras el submarino permanecía camuflado en
la costa.
Esa fuente, cuyo nombre podría revelar, contó también a mi informante
sobre la operación del combustible. Se lo robaban los fines de semana
del depósito de la petrolera Shell, en La Habana, y lo transportaban
hasta Camagüey en camiones de una compañía lechera propiedad de un
español falangista. Unos 400 hombres, algunos de ellos figuras
notables de la radio y el deporte, participaban en ella. La Policía,
al mando de Manuel Benítez, nunca los descubrió o no quiso hacerlo.
El periodista Juan Chongo Leiva publicó hace años —y están ya
totalmente agotados— dos libros útiles e interesantes que bien merecen
su reedición: La muerte viaja con pasaporte nazi, sobre Kunning, y El
fracaso de Hitler en Cuba, acerca de las organizaciones fascistas que
surgieron aquí. Pero el asunto del quintacolumnismo en la Isla durante
la Segunda Guerra Mundial, y antes, resistiría otros acercamientos. Se
le pasa por encima con demasiada celeridad y, en buena medida, datos
que en su momento aportó la prensa quedaron congelados en las páginas
de periódicos y revistas donde se publicaron sin que nadie se haya
preocupado de rastrearlos, mientras mucho de lo que se repite acerca
del tema sigue siendo parte de las suposiciones, sin que se sepa con
certeza qué fue verdad y qué fue mentira.
En las altas esferas del Gobierno cubano de la época no eran pocos los
que simpatizaban con Hitler y su política. Sin ir muy lejos, el
canciller José Manuel Cortina tuvo que renunciar a su cargo luego de
que en una interpelación parlamentaria se le acusara de antidemócrata
y de negociar con los pasaportes de los emigrados judíos. Por otra
parte, las autoridades de Inmigración acusaban de agentes nazis a
judíos ricos y los encerraban en la Estación Cuarentenaria de
Triscornia, en Casablanca, para exigirles luego sumas de hasta diez
mil dólares para exonerarlos de cargos, mientras que gente como el
príncipe Rúspoli, director de la Beneficencia Italiana en Cuba, se
movía libremente por la Isla pese a que la opinión pública cubana lo
tachaba de quintacolumnista.
En mayo de 1943, en el Centro Radiotelegráfico de la Secretaría
(ministerio) de Comunicaciones, ubicado en el reparto Kholy, se
ocuparon 17 documentos que contenían —se dice— pruebas del espionaje
que funcionarios cubanos ejercían a favor de Alemania. Eduardo Chibás
acusó a un ex director de ese centro, y la inculpación provocó una
áspera polémica entre un hijo de este y el parlamentario en la que
relucieron no pocos trapos sucios de funcionarios gubernamentales. La
discusión llegó a tal punto que el fiscal del Tribunal Supremo
solicitó a la Audiencia habanera el procesamiento de los
contendientes. Chibás echó en cara al fiscal no haber procedido con la
denuncia sustentada en los 17 documentos ocupados en Kholy. Ni
procedería tampoco. Un incendio nunca esclarecido en el Centro
Radiotelegráfico puso fin al asunto y el general Manuel Benítez, jefe
de la Policía Nacional, asumió el control de la entidad.

Cubanismo absoluto

Otro mensaje electrónico, firmado por Andrés, sin apellidos, alude a
la existencia de un partido nazi en Cuba a la que se refirió el
escribidor en su página del 24 de noviembre pasado. Escribe el
remitente: «Efectivamente, hace poco más de diez años realicé una
investigación sobre el racismo en Cuba y buscando y buscando encontré
que en octubre de 1938 se había creado un partido nazi en Cuba.
Increíble, pero cierto. Es un capítulo de nuestra historia que se
conoce poco. El partido fue creado por el periodista Juan Prohias y
estaba compuesto fundamentalmente por pequeños comerciantes y algunos
miembros de la clase media, portadores todos de una ideología racista,
profundamente anticomunista y ultranacionalista («cubanismo absoluto»,
decían ellos). En sus primeros estatutos había cláusulas abogando
abiertamente por la discriminación racial, por lo que al principio no
fue aceptada la solicitud de inscripción por ir en contra de lo
estipulado al respecto en la Constitución de 1940. Más tarde omitieron
convenientemente todas las referencias raciales para poder obtener
estatus legal. Además de este partido, existieron simultáneamente el
Partido Fascista Nacional, la Legión Nacional Revolucionaria
Sindicalista y la Legión Estudiantil de Cuba, y todas compartían la
misma base ideológica. Estas organizaciones tuvieron su arraigo en La
Habana y Las Villas fundamentalmente».
Concluye Andrés su mensaje: «Por suerte, hubo en Cuba un fuerte
movimiento antifascista».

Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/


Commovente

COMMOVENTE: con motivo di compiere un delitto

35 anni del gruppo Sintesis

Sabato sera, nella sala Covarrubias del Teatro Nacional si è svolta la gala per festeggiare i (già superati) 35 ani di attività artistica del gruppo Sintesis, fondato da Carlos Alfonso e dalla sua compagna di vita Ele Valdés. L'originalità dei due musicisti non è rappresentata, solo, dal fatto di aver dato ai loro figli lettere di alfabeto come nomi: L, M, X, ormai lanciati nella carriera da solisti o con propri gruppi musicali,ma sopratutto nella loro musica, credo unica al mondo. La fusione di canti in lingua yoruba con il rock e il sinfonico credo non abbia uguali da nessuna parte. Uno spettacolo veramente entusiasmante: il pubblico ha partecipato con cori e ballo accompagnando quanto si svolgeva sullo scenario. Degna di nota anche anche l'ultima acquisizione del gruppo, la cantante e percussionista Yaimi Karell.






domenica 8 dicembre 2013

Comignolo

COMIGNOLO: col dito opposto al pollice

Veterani (e giovanissimi) cubani del calcio a Miami

Durante il mio recente passaggio da Miami, ho avuto occasione di essere invitato al Big Five Club, dove il sabato e/o la domenica si svolgono le partitelle de “la Polar en el exilio”, come scherzosamente si definiscono loro e dove c’è un centro di addestramento curato dal Parma Calcio. L’organizzatore è il giornalista sportivo di Telecaribe Omar Claro che oggi (domenica 8/12) mette a disposizione nelle sale del circolo l’uniforme completa, borsa compresa, utilizzata da Rafael Rodríguez Argüelles, l’unico cubano che abbia giocato contro Pelé. Fatto avvenuto il 6 giugno del 1973 quando Pelé giocò in amichevole col Santos contro la squadra dei Miami Toros dove militava Argüelles che aveva lasciato Cuba da poco.
Molti componenti del gruppo di calciatori veterani di Miami sono stati recentemente all’Avana per un incontro amichevole con i loro ex compagni dell’Isola e Omar sta progettando di ripetere l’esperienza, magari con motivo di inaugurazione, l’anno prossimo, dell’impianto rinnovato della Polar.













sabato 7 dicembre 2013

S. Ambrogio

Auguri a tutti i miei concittadini

Comandare

COMANDARE: in che modo recarsi

Cubatur apre la stagione crocieristica invernale

È arrivata al porto dell’Avana la prima nave da crociera della stagione invernale. Si tratta della Thomson Dream battente bandiera maltese, ma di proprietà della compagnia inglese Thomson & Thomson. La nave trasporta 1500 passeggeri, per la maggior parte britannici, che compiono una crociera nei Caraibi con un itinerario che non tocca porti statunitensi. Per potervi accedere, la Thomson Dream dovrebbe aspettare sei mesi stando alla legge extraterritoriale Helms-Burton che a metà egli scorsi anni ’80 ha complementato la legge sull’embargo americano a Cuba.





A gonfie vele "La zattera" di Angelo Rizzo

In pieno svolgimento, a Cojimar, le riprese del film “La zattera” di Angelo Rizzo protagonizzata dall’autore del soggetto e sceneggiatura Renato Converso che nella finzione scenica è fratello di Norberto Midani che coinvolge in una sciagurata, tragicomica, avventura per mare volendo raggiungere Mikònos partendo da Sibari, loro luogo natale. Una commedia gustosa che al tempo stesso lancia messaggi che fanno riflettere. Ho potuto leggere la sceneggiatura di cui ho fatto la traduzione in spagnolo per il personale cubano ausiliario. Risate garantite e un finale a sorpresa che, ovviamente, non si può anticipare per non togliere il gusto allo spettatore. Si può anticipare che i fratelli non si vedevano da oltre 20 anni, uno è un ateo incallito e vive al paesello e l’altro un monsignore, trasferitosi a Milano, che ripresosi dalla telefonata del fratello e col naturale desiderio di rivederlo accetta, suo malgrado, di venire coinvolto nella traversata dove tra pescecani, scafisti albanesi e guardacoste turchi, passeranno momenti anche di apprensione.





Al momento del rientro da Cojimar, dal promontorio che serve come base di partenza per le riprese e che divide il paese di pescatori da Alamar, ho dovuto servirmi del ponticello levatoio di ferro che attraversa il río Cojimar, dove c’è l’ormeggio delle barche da pesca, e che viene usato da molti pedoni e ciclisti che si devono muovere nelle due direzioni. Al di la che non ci sono orari stabiliti per l’entrata e l’uscita delle imbarcazioni e che non essendo dei transatlantici sarebbe bastato alzare la luce del ponte di un paio di metri per poter transitare senza dover aprire e chiudere il passo sul ponte, il motore che aziona il meccanismo levatoio è degno di un Guinness: ci mette ben 15 minuti per alzarsi e altrettanti per abbassarsi a cui vanno aggiunti altri 5/10 minuti di attesa del natante che deve uscire in mare aperto. Tralascio di pubblicare i commenti ascoltati durante l’attesa...


venerdì 6 dicembre 2013

Addio Madiba

Un'altro dei giganti della Storia del XX secolo se n'è andato. Non credo bastino le parole per descriverlo. Hasta siempre Nelson Mandela.

giovedì 5 dicembre 2013

Colosso

COLOSSO: bistecca fiorentina

Presentati "Orloff, il diamante del destino" e "La zattera" di Angelo Rizzo, parte il Festival del Cinema dell'Avana

In una serata particolarmente affollata dalla stampa nazionale, con la presenza anche del corrispondente del Manifesto, Roberto Livi, e dell'Addetta Culturale dell'Ambasciata d'italia e lettrice di Lingua Italiana presso l'Università dell'Avana, dottoressa Emanuela Fusaro, si è svolta al Delirio Habanero la proiezione in anteprima assoluta del film "Orloff, il diamante del destino", girato dal direttore italiano lo scorso anno all'Avana e la presentazione dell'attuale film in lavorazione: "La zattera" con Renato Converso, autore anche del soggetto e della sceneggiatura, Norberto Midani, la cubana July del Rey e l'attrice spagnola Deborah Sánz.
La serata è stata anche prologo all'apertura della 35ma edizione del Festival del Nuovo Cine Latinoamericano che parte oggi con la presenza di circa 500 film di diverso metraggio e contenuto.





mercoledì 4 dicembre 2013

La scomparsa di Tullio Raggi

La stampa cubana ha annunciato la morte, a 75 anni d'età, di Tullio Raggi Gonzáles, uno dei tre grandi del cartone animato cubano, assieme a Juan Padrón e Mario Rivas. Il cognome denuncia la sua origine italiana. Raggi era "specializzato" in cortometraggi animati di carattere etnico, adatti a grandi e piccoli. È stato autore di circa 60 film di animazione.

Collasso

COLLASSO: si è in vantaggio a briscola

martedì 3 dicembre 2013

Codardo

CODARDO: appendice posteriore aguzza

lunedì 2 dicembre 2013

Un agente segreto chiamato Galich di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 01/12/13

UN AGENTE SEGRETO CHIAMATO GALICH

Manuel Galich starebbe compiendo cent’anni in questi giorni, anniversario che la Casa de las Américas sta celebrando in grande con un seminario sulla sua vita e la sua opera, la presentazione di due dei suoi libri e un’esposizione fotografica che raccoglie la sua lunga e fruttifera presenza in questa istituzione culturale cubana. Altri parleranno sulla sua nobiltà d’animo e sapienza, il suo scintillante senso dell’humor, la sua conversazione affascinante. Durante lunghi anni, l’autore di questi titoli imprescindibili che sono: Mappa parlante dell’America Latina nell’anno del Moncada (1973) e I nostri primi padri (1979) fu uno dei pilastri della Casa de las Américas.
Dapprima disimpegnò la vicepresidenza e poi diresse il gruppo di Teatro e la rivista Conjunto.
Il cronista, in occasione del suo primo centenario, vuole evocare un passaggio poco conosciuto della vita di questo prestigioso drammaturgo e saggista guatemalteco, quello che lo portò ad assumere il ruolo di agente segreto del presidente Juan José Arévalo.

Percorso

Nel 1961, nella sua piéce teatrale “El pescado indigesto”, vinse il premio importante che assegna la Casa de las Américas. Quest’anno aveva avuto luogo l’invasione mercenaria di Girón e Galich scrisse ad Haydée Santamaria, presidentessa di questa istituzione culturale, per mettere l’ammontare del premio a disposizione di Cuba. Haydée declinò l’offerta: non le sembrava giusto né umano che un uomo che viveva esiliato a Buenos Ayres, con una situazione economica precaria e sette figli da mantenere, si privasse dei soldi che aveva guadagnato.
Durante il periodo democratico che ci fu in Guatemala fra l’abbattimento di Jorge Ubico (1944) e la caduta di Jacobo Arbenz dieci anni dopo, Galich disimpegnò incarichi importanti. Fu magistrato del Tribunale Superiore Elettorale e ministro dell’Educazione. Occupò anche il portafoglio delle Relazioni Estere e fu ambasciatore in Uruguay e Argentina. Li lo sorprese la deposizione di Arbenz. Il Governo di Juan Domingo Perón, per mezzo del cancelliere Remorino, si preoccupò per risolvere la situazione economica dell'ex Ambasciatore e, senza dilazioni burocratiche, legalizzò il suo soggiorno nel Paese. Poco dopo Peròn veniva deposto – fu lui che diede ai militari “golpisti” il titolo di “gorilla” -; lo status di Galich a Buenos Ayres cambiò radicalmente e dovette lavorare come imbianchino, lavoro che gli apportò più perdite che profitti: nel suo primo contratto confuse gli indirizzi e pitturò l’edificio contiguo a quello che avrebbe dovuto dipingere, con pregiudizio economico conseguente, ciò che mandò all’aria la piccola impresa.
Nel 1962 venne all’Avana come giurato del Premio casa de las Américas, al suo ritorno a Buenos Ayres dette a conoscere con il settimanale “Principios” che dirigeva Leónidas Barletta, dettagli del suo soggiorno sull’Isola.
Raccontò del milione di cubani che si era dato appuntamento nella Plaza de la Revolución per approvare la II Dichiarazione dell’Avana e di come, al suo ritorno in Argentina, attraversando la frontiera col Cile, lo arrestarono nel punto frontaliero di Las Cuevas e lo inviarono a Mendoza.
Poco dopo si scatenava in quel Paese la repressione contro gli intellettuali “pericolosi” e Galich, assieme ad altri 150 scrittori e artisti, fu schiaffato nel carcere di Caseros. Fu sempre convinto che il suo “delitto” fu quel viaggio a Cuba. Quello stesso anno o poco dopo, si installò all’Avana e cominciò a lavorare presso la Casa de las Américas. Avrebbe passato qua i suoi ultimi 22 anni di vita. Non poté tornare mai più in Guatemala.

Confidenziale

A metà dell’anno 1947, Manuel Galich, allora magistrato del Tribunale Superiore Elettorale, fu chiamato nel suo ufficio  dal presidente Juan José Arevalo. Molti anni dopo il drammaturgo ricordava le parole del presidente:
“È necessario che un uomo di assoluta fiducia vada all’Avana. La si sta preparando un movimento per abbattere Trujillo. Noi aiuteremo i rivoluzionari dominicani. Ma trujillo ha, all’Avana, uno spionaggio molto abile. Nessuno deve sapere che noi ci relazioniamo con i dirigenti del movimento antitrujillista. Il nostro contatto deve essere maneggiato con disvcrezione assoluta...”.
Si stava organizzando in quei giorni la, piú tardi frustrata, spedizione di cayo Confites, così chiamata per la località della costa nord di Holguin dove gli spedizionari ricevettero addestramento militare. Nella sua organizzazione erano coinvolti il presidente cubano Ramón Grau San Martín e altre figure del Governo. A Cuba, Galich, doveva mettersi in contatto con il dominicano Enrique Cotubanama Henríquez, cognato di Carlos Prío e uno dei dirigenti del movimento. Gli avrebbe consegnato una grossa somma di denaro.
Lo spionaggio trujillista era efficace e così il braccio lungo del sàtrapo dominicano per assassinare i suoi avversari fuori di Santo Domingo e quell’anno del 1947 era quello della nascita del Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR) e dell’inizio della guerra fredda. Il Governo progressista del Guatemala, tacciato di “comunista”, era nel mirino di Washington...Ogni precauzione sarebbe stata poca per l’agente di contatto Manuel Galich.
Prima di partire dal suo Paese, ricevette istruzioni minuziose: all’Avana si alloggerebbe in un hotel discreto, non abborderebbe nessun veicolo né farebbe domande. Per conto proprio, doveva localizzare quelli che i Prío chiamavano “la casa della mamma”, in Malecón 605, dove risiedeva Henríquez. Perché non si distinguesse, in Guatemala lo provvidero di una guayabera (camicia tipica cubana n.d.t.). Solo dopo aver compiuto la sua missione avrebbe reso pubblica la sua presenza sull’Isola: col pretesto di intercambiare informazioni ed esperienze solleciterebbe, quindi, di intervistarsi con magistrati del Tribunale Superiore Elettorale cubano.
Galich prese alloggio nel già scomparso Hotel Bristol, della calle Amistad angolo San Rafael, localizzò la casa dei Prío e consegnò il denaro. Conobbe Mauricio Báez, leader operaio dominicano rifugiato a Cuba. Fatto ciò che doveva fare, ruppe l’incognito e si presentò all’ambasciata del suo Paese nella capitale cubana.
La sorpresa nell'arrivare alla sede diplomatica fu grande. Uscì a riceverlo l’addetto culturale e, mentre lo abbracciava con effusione, proclamava con voce sonante:
“Arrivi in un momento interessante! Qua stiamo preparando una spedizione contro Trujillo. Il reclutamento lo fanno all' hotel San Luis...”
Ricordava, Galich, anni dopo:
“Fu allora che mi sentii “coniglio”. E io che ero andato per l’Avana senza quasi emettere parola! Perché “coniglio”? In Guatemala chiamiamo così quei tipi che non parlano, ma guardano da tutte le parti, con reticenza e dissimulando, come depositari di importanti e pericolose confidenze.. Un “ coniglio” misterioso e stupido”.

1200 uomini

La spedizione antitrujillista giunse a riunire, a Cuba, circa 1200 uomini tra dominicani e cubani. La comandavano gli esiliati Juan Rodríguez e Juan Bosch. La farebbe abortire il generale Genovevo Pérez, capo di Stato Maggiore dell’esercito cubano.
Le cose successero così. Al conoscere dell’organizzazione della spedizione, il generale Marshall, Segretario di Stato nordamericano, istruì Norweb suo ambasciatore all’Avana: doveva fare pressione sul presidente Grau perché la schiacciasse “con rapidità ed efficacia”. Ma Grau non era un uomo facile da pressionare. Forse per quello si optò per invitare Genovevo a Washington. Il militare vi rimase durante i giorni 15 e 16 settembre e al suo ritorno procedette a smantellare la spedizione che era già partita verso la sua destinazione e che fu intercettata da imbarcazioni della Marina Militare cubana.
Si dice che Trujillo ricompensò Genovevo con un’alta somma di denaro. Poco dopo l’insuccesso di cayo Confites, Juan Bosch domandò direttamente, in un incontro nella spiaggia di Guanabo, se quello del pagamento era vero. Il militare si rifiutò di rispondere. Disse che se non fosse arrivato a interrompere la spedizione, sarebbero morti tutti perché Trujillo era stato avvisato ed era pronto a liquidarli. Bosch allora domandò come avesse fatto a convincere Grau perché gli permettesse di fare quello che fece. Gli dissi le stesse cose, rispose Genovevo.
Storici dominicani giunsero alla conclusione  che il generale cubano non disse tutta la verità, perché sebbene il dittatore fosse stato informato dall’Intelligenza nordamericana di quello che si preparava, non gli riferì quello che sapeva bene: navi e aerei degli Stati Uniti avrebbero impedito la spedizione. Il presidente Truman aveva appena finito di proclamare la sua politica di contenzione dell’influenza sovietica e Trujillo era considerato, dal Governo nordamericano, un alleato impagabile.
Fidel Castro, uno di quegli spedizionari che frequentava allora il terzo anno di università e presiedeva l’associazione di alunni della Scuola di Diritto dell’Università dell’Avana e il Comitato per la Democrazia Dominicana in quella casa degli studi, dirà poi in una sua intervista con lo scrittore colombiano Arturo Alape, che considerò che il suo primo dovere fu quello di arruolarsi come soldato in quella spedizione. Precisò: “Senza dubbio, siccome il Governo e figure del medesimo partecipavano alla spedizione e io ero all’opposizione del Governo, non avevo niente a che vedere con l’organizzazione della spedizione...” Aggiunse: “Restammo diversi mesi in cayo Confites, dove si stava addestrando la spedizione.  Mi avevano fatto tenente di un plotone. Alla fine si svolsero dei  fatti a Cuba, si produssero contraddizioni tra il Governo e l’Esercito e questi decise di sospendere la spedizione. Così le cose; alcune persone disertarono di fronte a una situazione di pericolo, mi fecero capo di una delle compagnie di un battaglione di spedizionari. Allora uscimmo, trattammo di raggiungere Santo Domingo. Alla fine ci intercettarono quando mancavano circa 24 ore per arrivare in zona e arrestarono tutti. Non arrestarono me perché mi gettai in mare, non mi lasciai arrestare più che altro per una questione d’onore, mi vergognavo che quella spedizione finisse interrotta. Quindi, nella baia di Nipe mi lanciai in acqua, nuotai fino alla costa di Saetía e me ne andai”.
E Mauricio Báez, quell’esiliato dominicano che Galich conobbe a Cuba? Ebbe una sorte sinistra. Nella notte di domenica 10 dicembre del 1950, agenti di Trujillo lo fecero uscire dalla casa di calle Cervantes numero 8, nel reparto Sevillano e non si seppe mai più niente di lui.



De: Ciro Bianchi Ross <cirobianchiross@gmail.com>
Enviado el: Sunday, December 1, 2013 9:45 PM
Asunto: Ciro te recomienda

Un agente secreto llamado Galich
 
Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
30 de Noviembre del 2013 17:36:22 CDT

Manuel Galich estaría cumpliendo cien años en estos días, aniversario que la Casa de las Américas está 
celebrando por todo lo alto con un conversatorio acerca de su vida y su obra, presentaciones de dos de sus 
libros, y una exposición fotográfica que recoge su larga y fructífera presencia en esa institución cultural cubana.
Otros hablarán sobre su nobleza y sabiduría, su chispeante sentido del humor, su conversación fascinante. 
Durante largos años, el autor de esos títulos imprescindibles que son Mapa hablado de la América Latina en el 
año del Moncada (1973) y Nuestros primeros padres (1979) fue uno de los pilares de la Casa de las Américas. 
Desempeñó primero su vicepresidencia, y dirigió luego el departamento de Teatro y la revista Conjunto.
Quiere el cronista, en ocasión de su centenario, evocar un pasaje poco conocido de la vida de ese prestigioso 
dramaturgo y ensayista guatemalteco, aquel que lo llevó a asumir en La Habana el papel de agente secreto del 
presidente Juan José Arévalo.

Trayectoria
En 1961 su pieza teatral El pescado indigesto ganó el importante premio que otorga Casa de las Américas. Ese 
año había tenido lugar la invasión mercenaria de Girón, y Galich escribió a Haydée Santamaría, presidenta de 
esa institución cultural, para poner el monto en metálico del galardón a disposición de Cuba. Haydée declinó el
ofrecimiento: no le pareció justo ni humano que un hombre que vivía exiliado en Buenos Aires, con una 
situación económica precaria y siete hijos que mantener, se privara del dinero que había ganado.
Durante el período democrático que existió en Guatemala entre el derrocamiento de Jorge Ubico (1944) y la 
caída de Jacobo Arbenz diez años después, Galich desempeñó cargos de importancia. Fue magistrado del 
Tribunal Superior Electoral y ministro de Educación. Ocupó asimismo la cartera de Relaciones Exteriores y fue 
embajador en Uruguay y la Argentina. Allí lo sorprendió la deposición de Arbenz. El Gobierno de Juan Domingo 
Perón, por intermedio del canciller Remorino, se preocupó por solucionar la situación económica del ex 
Embajador y, sin dilaciones burocráticas, legalizó su estancia en el país. Poco después Perón era derrocado —
fue él quien dio a los militares golpistas el mote de «gorilas»—; el estatus de Galich en Buenos Aires cambió 
radicalmente, y tuvo que emplearse como pintor de brocha gorda, oficio que le reportó más pérdidas que 
ganancias: en su primera contrata, confundió las direcciones y pintó el edificio contiguo al que debía pintar, 
con el perjuicio económico consiguiente, lo que dio al traste con la pequeña empresa.
En 1962 vino a La Habana como jurado del Premio Casa de las Américas, y al retornar a Buenos Aires dio a 
conocer en el semanario Principios, que dirigía Leónidas Barletta, detalles de su estancia en la Isla.
Contó sobre el millón de cubanos que se dio cita en la Plaza de la Revolución para aprobar la II Declaración de 
La Habana, y de cómo a su regreso a la Argentina, al cruzar la frontera con Chile, lo detuvieron en el punto 
fronterizo de Las Cuevas y lo enviaron preso a Mendoza.
Poco después se desataba en ese país la represión contra los intelectuales «peligrosos», y Galich, junto a otros 
150 escritores y artistas, dio con sus huesos en la cárcel de Caseros. Siempre estuvo convencido de que su 
«delito» fue el de aquel viaje a Cuba. Ese mismo año o poco después se instaló en La Habana y empezó a 
trabajar en la Casa de las Américas. Pasaría aquí los últimos 22 años de su vida.
Nunca más pudo regresar a Guatemala.

Confidencial
A mediados del año 1947, Manuel Galich, entonces magistrado del Tribunal Superior Electoral, fue llamado a su 
despacho por el presidente Juan José Arévalo. Muchos años después, el dramaturgo recordaba las palabras del 
mandatario:
«Es necesario que un hombre de absoluta confianza vaya a La Habana. Se está preparando allí un movimiento 
para derrocar a Trujillo. Nosotros vamos a ayudar a los revolucionarios dominicanos. Pero Trujillo tiene en La 
Habana un espionaje muy hábil. Nadie debe saber que nosotros nos relacionamos con los dirigentes del 
movimiento antitrujillista.
Nuestro enlace debe manejarse con absoluta discreción…».
Se gestaba en esos días la después frustrada expedición de cayo Confites, llamada así por el lugar de la costa 
norte holguinera donde los expedicionarios recibieron entrenamiento militar. En su organización estaban 
involucrados el presidente cubano Ramón Grau San Martín y otras figuras del Gobierno. En Cuba, Galich debía 
ponerse en contacto con el dominicano Enrique Cotubanama Henríquez, cuñado de Carlos Prío, y uno de los 
dirigentes del movimiento. Le haría entrega de una gruesa suma de dinero.
El espionaje trujillista era eficaz y largo el brazo del sátrapa dominicano para asesinar a sus adversarios fuera de 
Santo Domingo, y aquel año de 1947 era el del nacimiento del Tratado Interamericano de Asistencia Recíproca 
(TIAR) y del inicio de la guerra fría. El Gobierno progresista de Guatemala, tachado de «comunista», estaba en 
la mirilla de Washington… Todas las precauciones serían pocas para el agente de enlace Manuel Galich. 
Recibió, antes de salir de su país, instrucciones minuciosas: en La Habana se alojaría en un hotel discreto, no 
abordaría vehículo alguno ni haría preguntas. Por su cuenta, debía localizar lo que los Prío llamaban «la casa de 
mamá», en Malecón 605, donde residía Henríquez. Para que no se singularizara, en Guatemala lo proveyeron 
de una guayabera. Solo después de cumplir su misión haría pública su presencia en la Isla: con el pretexto de 
intercambiar información y experiencias solicitaría entonces entrevistarse con magistrados del Tribunal 
Superior Electoral cubano.
Galich se alojó en el ya desaparecido hotel Bristol, en la calle Amistad esquina a San Rafael, localizó la casa de 
los Prío y entregó el dinero. Conoció a Mauricio Báez, líder obrero dominicano refugiado en Cuba. Hecho lo que 
tenía que hacer, rompió el incógnito y se personó en la embajada de su país en la capital cubana.
Grande fue su sorpresa al arribar a la sede diplomática. Salió a recibirlo el agregado cultural y, mientras lo 
abrazaba con efusión, proclamaba a voz en cuello:
«¡Vienes en un momento interesante! Aquí estamos preparando una expedición contra Trujillo. El 
reclutamiento lo hacen en el hotel San Luis…».
Recordaba Galich años después:
«Entonces fue cuando me sentí “conejo”. ¡Y yo que había andado por La Habana casi en punta de pie y sin 
emitir casi nada más que monosílabos! ¿Por qué “conejo”? Así decimos en Guatemala de esos tipos que no 
hablan sino viendo a todos lados, con reticencias y disimulos, como depositarios de importantes y peligrosas 
confidencias… Un “conejo” misterioso y tonto».

1 200 hombres
La expedición antitrujillista llegó a reunir en Cuba a unos 1 200 hombres entre dominicanos y cubanos. La 
comandaban los exiliados Juan Rodríguez y Juan Bosch. La haría abortar el general Genovevo Pérez, jefe del 
Estado Mayor del ejército cubano.
Las cosas sucedieron así. Al saberse de la organización de la expedición, el general Marshall, secretario de 
Estado norteamericano, instruyó a Norweb, su embajador en La Habana: debía presionar al presidente Grau 
para que la aplastara «rápida y eficazmente». Pero Grau no era hombre fácil de presionar. Tal vez por eso se 
optó por invitar a Genovevo a Washington. El militar permaneció allí durante los días 15 y 16 de septiembre, y 
a su regreso procedió a desmantelar la expedición que había salido ya rumbo a su destino y que fue 
interceptada por unidades de la Marina de Guerra cubana.
Se dice que Trujillo recompensó a Genovevo con una crecida suma de dinero. Poco después del fracaso de cayo 
Confites, Juan Bosch le preguntó directamente, durante un encuentro en la playa de Guanabo, si lo del dinero 
era cierto. El militar rehuyó la respuesta. Dijo que si él no hubiera llegado a impedirla, todos los expedicionarios 
estarían muertos porque Trujillo estaba alertado y preparado para liquidarlos.
Preguntó Bosch entonces cómo había logrado convencer a Grau para que le permitiera hacer lo que hizo. Le 
dije lo mismo, respondió Genovevo.
Historiadores dominicanos llegaron a la conclusión de que el general cubano no reveló toda la verdad, porque 
si bien el dictador estaba enterado por la Inteligencia norteamericana de lo que se gestaba, no le refirió lo que 
bien sabía: barcos y aviones de Estados Unidos impedirían la expedición. El presidente Truman acababa de 
proclamar su política de contención de la influencia soviética, y Trujillo era considerado por el Gobierno 
norteamericano un aliado invaluable.
Fidel Castro, uno de aquellos expedicionarios que cursaba entonces el tercer año de la carrera y presidía la 
asociación de alumnos de la Escuela de Derecho de la Universidad de La Habana y el Comité Pro Democracia 
Dominicana en esa casa de estudios, diría después, en su entrevista con el escritor colombiano Arturo Alape, que consideró que su deber primero era el de enrolarse como soldado en aquella expedición. Precisó:
«Sin embargo, como el gobierno y figuras del gobierno participaban en la expedición, y yo estaba en la 
oposición al gobierno, no tenía nada que ver con la organización de la expedición…».
Añadió:
«Estuvimos varios meses en cayo Confites, donde estaba entrenándose la expedición. A mí me habían hecho 
teniente de un pelotón. Al final tienen lugar acontecimientos en Cuba, se producen contradicciones entre el 
gobierno y el ejército y este decide suspender la expedición.
Así las cosas, alguna gente deserta frente a una situación de peligro, y a mí me hacen jefe de una de las 
compañías de un batallón de los expedicionarios. Entonces salimos, tratábamos de llegar a Santo Domingo. Al 
final, nos interceptan cuando faltaban unas 24 horas para llegar a aquella zona y arrestan a todo el mundo. A 
mí no me arrestan porque yo me fui por mar, no me dejé arrestar más que nada por una cuestión de honor, me 
daba vergüenza que aquella expedición terminara arrestada. Entonces en la bahía de Nipe me tiré al agua y 
nadé hasta las costas de Saetía y me fui».
¿Y Mauricio Báez, aquel exiliado dominicano que Manuel Galich conoció en Cuba? Tuvo una suerte siniestra. En 
la noche del domingo 10 de diciembre de 1950, agentes de Trujillo lo sacaron de la casa de la calle Cervantes 
número 8, en el reparto Sevillano, y nunca más volvió a saberse de él.
 
Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/















   

domenica 1 dicembre 2013

Giuseppe verdi trionfa al "Mella"

Grande serata di chiusura della Settimana della Cultura Italiana a Cuba. In realtà le ultime attività si svolgono ancora nella giornata odierna, ma quella di ieri sera è stata quantomeno la chiusura simbolica. Non sarò certo io a scoprire Giuseppe Verdi uomo, musicista e patriota. Di tutto questo si è parlato tra una presentazione e l'altra di alcune delle sue più o meno celebri ouvertures, romanze e duetti. Travolgente inzio con la Marcia Trionfale dell'Aida e altrettanto coinvolgente finale con il Brindisi della Traviata. L'orchestra era composta da "professori" quindicenni...!! dell'Istituto Superiore di Arte (ISA) e anche i cantanti che si sono avvicendati, tutti giovanissimi. Così come le due pianiste chi li accompagnavano alternativamente. Una piacevole sorpresa, così come quella di vedere numerosi giovani e giovanissimi tra il pubblico, cosa estremamente rara per uno spettacolo di questo genere. Complimenti al Ministero della Cultura di Cuba che coltiva questi giovani talenti, veramente bravissimi e anche al nostro Ministero degli Esteri e Amabasciata che hanno organizzato questa XVIma edizione con un grande evento, ricordando i 200 anni della nascita del "Cigno di Busseto", mi perdonino i "roncolesi".

Ciuccio

CIUCCIO: A.C. Napoli