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martedì 9 dicembre 2014

Lettere allo scriba, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 7/12/14



Non pochi messaggi elettronici e chiamate telefoniche sono state motivate dalla mia risposta alla richiesta del lettore Pedro M. Calzada Ajete, pubblicata nella pagina corrispondente al 26 di ottobre scorso. Calzada Ajete si interessava a Rezo en la noche, canzone di Francisco Escorcia interpretata da Benny Moré e voleva conoscere se era stata presentata per la prima volta nel 1957 e che reazione aveva provocato, allora, nelle autorità batistiane.
Questo pezzo dice: “Oggi dedico il mio canto alle madri che soffrono l’assenza/del figlio adorato che coraggiosamente cadde/difendendo il sacro diritto alla libertà/e alla patria, a cui aveva solennemente giurato lealtà/oggi dedico il mio canto alle madri che soffrono l’assenza del figlio adorato che non tornerà più/alla moglie che soffre in silenzio il crudele abbandono/al bimbo innocente che domanda: dov’è papà? Dov’è il mio papà?”.
Lo scriba ricorda perfettamente il testo, di cui riproduce solo un frammento e dubita che avesse esordito, come dice il lettore, nel 1957. La censura batistiana che si esercitava dal Ministero delle Comunicazioni e anche dal medesimo Palazzo Presidenziale, non avrebbe permesso una cosa simile.
José Galiño, investigatore dell’Istituto Cubano per l’Arte e industria Cinematografica, commenta al riguardo: “Effettivamante lei ha ragione sull’anno di esordio di Rezo en la noche. È fuori di qualsiasi logica che si permettesse questo oltraggio da parte del regime di Batista. Ma non incolpiamo il lettore Pedro M. Calzada per questo errore, giacché investigatori eccellenti come Cristóbal Díaz Ayala e José Reyes Fortún collocano questa canzone nel 1957 e perfino il film cubano El Benny, mostra il protagonista cantandola prima della vittoria rivoluzionaria.
La realtà è che Rezo en la noche fu incisa da Benny Moré nell’aprile del 1959 e uscí in un disco a 78 giri assieme a Se te cayó el tabaco, altro numero che si riferisce alla fine della tirannia”.
Galiño offre un dato rivelatore, anche se non lo fondamenta. Escorcia compose Rezo en la noche nei giorni finali della II Guerra Mondiale e rimase inedita. Un altro lettore, Raúl Menejías Álvarez, dice che il pezzo è conosciuto anche come Susurro en la noche e fu incisa da Benny con la Victor nel 1959.
Il Dottore in Scienze Roberto González Valdés: “Lei ha ragione. Questa canzone venne fatta conoscere in un atto pubblico per il Giorno della Madre del 1959. Ebbi il privilegio di essere presente in quell’atto che si tenne, se non mi sbaglio, nella Ciudad Libertád. Dico questo perché sono matanzero ed allora non conoscevo bene l’Avana. A questo atto erano presenti nientemeno che i Comandanti Ernesto Guevara e Camilo Cienfuegos, oltre all’oggi Generale d’Armata Raúl Castro”.
Con relazione a questo atto, Galiño afferma: “Per finire, aggiungo un aneddoto che raccontò Benny Moré davanti alle camere della TV nel 1960. Egli disse che in un atto in cui c’era il Comandante Camilo Cienfuegos interpretò Rezo en la noche e al termine gli si avvicinò Camilo pregandolo che non cantasse più quella canzone in sua presenza: la tristezza che gli causò, lo mise al bordo delle lacrime.

La patriótica

Con relazione alla pagina del 2 novembre (Il genero cubano di Juarez) scrive al sottoscritto il colonnello della riserva Hugo Crombet, autore del libro intitolato La expedición del honor, testo che ha ispirato la serie televisiva Duaba, la odisea del honor.
Riferisce Crombet che il nome di Pedro Antonio Santacilia y Palacios, il genero cubano del Benemerito delle Americhe, gli divenne famigliare molti anni fa, quando in Costa Rica raccoglieva materiale per il suo libro sulla spedizione che portò Antonio Maceo e suo nonno Flor, a Cuba. Durante il suo soggiorno nel Paese centroamericano, “ho potuto comprovare che il suo poema A Cuba,  in questo Paese si convertì in un inno”.
Aggiunge che si canta col maggior rispetto in atti ufficiali e precisa che ha visto anche presidenti di questo Paese intonarlo con fervore al termine di un atto pubblico. Dice anche che non sono pochi i costaricani a considerare che il poema in questione, conosciuto lì  con il titolo di La patriótica, doveva essere il vero inno del Paese.
Importanti giornali hanno dedicato spazio al tema. Lo storico Armando Vargas Araya – l’uomo che conosce di più sul soggiorno di Maceo in Costa Rica  - lo affronta anche nel suo libro La vía costarricense, specificamente al capitolo 17 che ha un titolo eloquente: “La patriótica è costaricana ed è cubana”.

Vive come Carmelina

Grazie alla posta elettronica, in questi giorni circola a profusione una nota su Carmelina Arechabala, donna agiata nata nella città matanzera di Cárdenas che per il suo modo di vita, dette piede a una frase che rimase registrata nell’immaginario popolare. Vive come Carmelina che conduce una vita piena di lussi e comodità.
Chi fu Carmelina Arechabala? Fu davvero lei che ispirò la frase in questione? Così si diceva già da molti anni in un articolo che apparse nella rivista Bohemia. Si trattava di un materiale che sembrava molto ben fondato e che lo scriba ha letto con interesse, ma contrariamente a quanto fa normalmente, non lo schedò né conservò nei suoi archivi. Credo di ricordare che lo scrisse una donna.
Adcesso l’amico e collega Ernesto de Juana, fra gli altri lettori, mi chiede che affronti il tema. Chi scrive ciò non può assicurare se Carmen Arechabala Hurtado de Mendoza è la Carmelina della frase, ma ha informazioni sulla fortuna che accumulò.
Nel 1958, Arechabala S.A. con uffici a Cárdenas e nella Plaza de la Catedral dell’Avana, raggruppava, scrive Guillermo Jiménez nel suo libro Los propietarios de Cuba, un gran complesso industriale con impianti per confetture, lievito, sciroppi; magazzini di zucchero, terminal marittimo, cantieri navali e altre produzioni derivate dallo zucchero. Erano proprietari dello zuccherificio Progreso e commercianti di zucchero sul mercato mondiale. Possedeva, in virtù della sua produzione, la quarta raffineria del Paese, l’undicesima distilleria e una fabbriuca di liquori. Producevano anice, grappa, crema e gin di marca Arechabala, cognac di marca Relicario e Tres Arbolitos e rum Havana Club. Arechabla rappresentava, a Cuba, il whisky Chivas Regal, fra le altre bevande.
Questo emporio cominció nel 1862 quando, José Arechabala Aldama, antenato di Carmelina, giunse a Cuba e cominciò a lavorare a Matanzas con un familiare, poi come impiegato della casa Bea, fino a che Julián de Zulueta, marchese di Avala, lo nominò suo rappresentante a Cárdenas. Nel 1878 si mise per conto proprio fondando La Vizcaya, distilleria e raffineria, origfine dell’azienda. Perse e rifece la sua fortuna varie volte. Era nato in Biscaglia nel 1847 e si sposò nel 1874 con Carmen Hurtado de Mendoza.
Non è facile seguire le peripezie di questa famiglia che nel 1958, si calcolava come una delle più ricche di Cuba. I suoi componenti usavano sposarsi fra di loro e i nomi si ripetono varie volte. Carmen Arechabala y Hurtado de Mendoza, contrasse matrimonio con José Arechabala Sainz che era suo primo cugino. I figli del matrimonio portavano, obviamente, il doppio cognome Arechabala. A una di essi, Carmen. Toccò presiedere la ditta tra il 1948 e il 1953.
Fu lei che dette origine alla frase?

Pattinaggio sul ghiaccio

“C’è qualcosa che vorrei sapere, ho una disputa con un amico che dice che è impossibile. Io gli dico che nell’antico Palazzo dello Sport (Paseo y Malecón) e nell’attuale anfiteatro della Ciudad Deportiva si praticava pattinaggio sul ghiaccio. Ho ragione o no?”, chiede il lettore René Acevedo.
Risposta: Ha ragione e no. In effetti ci fu una pista di pattinaggio sul ghiaccio nello scomparso Palazzo dello Sport e un’altra, tempo dopo, nel tatro Blanquita – attuale Carlos Marx -, ma non nella Ciudad Deportiva.
Nel Palazzo dello Sport la pista si situò nel centro della costruzione. Nel Blanquita si toglievano le poltrone, o parte di esse, per installarla. Erano piste aperte al pubblico che comprava il suo biglietto per utilizzarle.
La pattinatrice nordamericana Sonja Heine fece le sue rappresentazioni in quella del Palazzo dello Sport. Fu qualcosa di favoloso. Quelli che la videro la ricordano ancora con ammirazione.
C’è qualche lettore che può ampliare l’informazione sulle rappresentazioni di Sonja e le piste di ghiaccio? Lo scriba gli sarà molto grato.

Ampia, luminosa, sobria

Il lettore Manuel Águila domanda sul Santuario di San Antonio de Padua. Appartenente all;Ordine dei Francescani, questa chiesa cattolica aprì le sue porte nel 1949. Sita nella calle 60 angolo Quinta Avenida a Miramar, è opera di due eccellenti architetti cubani dell’epoca, Salvador Figueras e Eloy Norman. Entrambi la idearono e la plasmarono d’accordo ai gusti e le esigenze dell’arte moderna più pura.
È ampia, luminosa, di linee sobrie e di un insieme semplice, armonioso e bellissimo. In realtà  è uno dei più completi esempi di architettura religiosa a Cuba.

Cándamo y Cauniego, vescovo ausiliare

Jorge Luis Rodríguez Aguilar, vicedirettore dell’Accademia di Arti Plastiche di San Alejandro dell’Avana, mi toglie dalla mia ignoranza. Nella pagina intitolata Lapidi, dello scorso 30 novembre, lo scriba si riferiva alle prime sepolture che si fecero nel cimitero di Espada. Dissi che si trattava dei resti del governatore Diego Antonio de Manrique, morto quando contava solo con 13 giorni al potere e del vescovo Cándamo del quale non può chi scrive, annotai, precisare il suo nome ne altri particolari.
Rodríguez Aguilar mi illustra: si chiamò José González de Cándamo y Cauniego, fu vescovo titolare di Milasa e vescovo ausiliare di San Cristóbal. Rodríguez Aguilar dice che esercitò il suo servizio ausiliare tra il 1798 e 1801, anno in cui morì. Fu il primo vescovo ausiliare dell’Avana giacché questa fu elevata a diocesi nel 1787. Da lì venne scelto per essere sepolto nuovamente con l’inaugurazione del cimitero di Espada.


Cartas al escribidor

Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
6 de Diciembre del 2014 21:59:04 CDT

No pocos mensajes electrónicos y llamadas telefónicas motivó mi
respuesta a la solicitud del lector Pedro M. Calzada Ajete, publicada
en la página correspondiente al 26 de octubre pasado. Se interesaba
Calzada Ajete por Rezo en la noche, canción de Francisco Escorcia
interpretada por Benny Moré, y quería conocer si se había estrenado en
1957 y qué reacción había provocado entonces en las autoridades
batistianas.
Dice dicha pieza: “Hoy dedico mi canto a las madres que sufren la
ausencia / del hijo idolatrado que valientemente cayera /defendiendo
el sagrado derecho de la libertad / y a la patria, que solemnemente
jurara lealtad / hoy dedico mi canto a las madres que sufren la
ausencia / del hijo idolatrado, que nunca jamás volverá / a la esposa
que sufre en silencio el cruel abandono / y al nené que inocente
pregunta: ¿Dónde está papá? ¿Dónde está mi papá?”.
El escribidor recuerda perfectamente la letra, de la que reproduce
solo un fragmento, y duda que fuera estrenada, como dice el lector, en
1957. La censura batistiana, que se ejercía desde el Ministerio de
Comunicaciones y también desde el mismo Palacio Presidencial, no
hubiese permitido algo así.
Al respecto comenta José Galiño, investigador del Instituto Cubano del
Arte e Industria Cinematográficos: “Efectivamente usted tiene la razón
sobre el año del estreno de Rezo en la noche. Está fuera de toda
lógica que se permitiera por el régimen de Batista ese desacato. Pero
no culpemos al lector Pedro M. Calzada de ese error, ya que
investigadores tan destacados como Cristóbal Díaz Ayala y José Reyes
Fortún sitúan dicha canción en el año 1957, y hasta el filme cubano El
Benny muestra al protagonista cantándola previo al triunfo
revolucionario.
La realidad es que Rezo en la noche fue grabada por Benny Moré en
abril de 1959 y salió en un disco de 78 rpm conjuntamente con Se te
cayó el tabaco, otro número que alude al fin de la tiranía”.
Galiño ofrece un dato revelador, aunque no lo fundamenta. Escorcia
compuso Rezo en la noche en los días finales de la II Guerra Mundial y
quedó inédito. Otro lector, Raúl Menejías Álvarez, dice que la pieza
es conocida también como Susurro en la noche y fue grabada por Benny
para la Víctor en 1959.
Asegura el Doctor en Ciencias Roberto González Valdés: “Ud. tiene
razón. Dicha canción se dio a conocer en un acto por el Día de las
Madres de 1959. Tuve el privilegio de estar en dicho acto que se
celebró, si no me equivoco, en Ciudad Libertad. Digo esto pues soy
matancero y no conocía bien La Habana en aquel entonces. En ese acto
estaban presentes nada más y nada menos que los Comandantes Ernesto
Guevara y Camilo Cienfuegos, y además el hoy General de Ejército Raúl
Castro”.
Con relación a ese acto, afirma Galiño: “Ya para terminar, añado una
anécdota que contó Benny Moré ante las cámaras de TV en 1960. Dijo él
que en un acto donde estaba el Comandante Camilo Cienfuegos interpretó
Rezo en la noche y al finalizar se le acercó Camilo y le rogó que no
cantase más esa canción en su presencia: la tristeza que le provocó lo
había puesto al borde de las lágrimas”.

La patriótica

Con relación a la página del 2 de noviembre (El yerno cubano de
Juárez) escribe al
escribidor el coronel (r) Hugo Crombet, autor del libro titulado La
expedición del honor, texto que inspiró el serial televisivo Duaba, la
odisea del honor.
Refiere Crombet que el nombre de Pedro Antonio Santacilia y Palacios,
el yerno cubano del Benemérito de las Américas, se le hizo familiar
desde hace muchos años, cuando acopiaba en Costa Rica materiales para
su libro sobre la expedición que trajo a Cuba a Antonio Maceo y a su
abuelo Flor. Durante sus estancias en el país centroamericano “pude
comprobar que su poema A Cuba se convirtió en ese país en un himno”.
Añade que se canta con el mayor respeto en actos oficiales y precisa
que ha visto incluso a presidentes de ese país entonarlo con fervor al
finalizar un acto público. Dice asimismo que no son pocos los
costarricenses que consideran que el poema en cuestión, que allí se
conoce con el título de La patriótica, debía ser el verdadero himno
del país.
Importantes periódicos ticos han dedicado espacio al tema. El
historiador don Armando Vargas Araya --el hombre que más conoce acerca
de la estancia de Maceo en Costa Rica-- también lo aborda en su libro
La vía costarricense, específicamente en el capítulo 17 que lleva un
título elocuente: “La patriótica es costarricense y es cubana”.

Vive como carmelina

Gracias al correo electrónico circula con profusión por estos días una
nota sobre Carmelina Arechabala, mujer acaudalada nacida en la ciudad
matancera de Cárdenas que, por su modo de vida, dio pie a una frase
que quedó registrada en el imaginario popular. Vive como Carmelina
quien lleva una vida colmada de lujos y comodidades.
¿Quién fue Carmelina Arechabala? ¿Fue ella en verdad quien inspiró la
frase en cuestión? Así se aseguraba hace ya muchos años en un artículo
que apareció en la revista Bohemia. Se trataba de un material que
parecía muy bien fundamentado y el escribidor lo leyó con interés,
pero contrario a lo que hace habitualmente, no lo fichó ni conservó en
sus archivos. Creo recordar que lo escribió una mujer.
Ahora el amigo y colega Ernesto de Juana, entre otros lectores, me
pide que aborde el tema. No puede asegurar quien esto escribe si
Carmen Arechabala Hurtado de Mendoza es la Carmelina de la frase. Pero
tiene información acerca de la fortuna que la arropó.
En 1958 Arechabala S.A., con oficinas en Cárdenas y en la Plaza de la
Catedral de La Habana, agrupaba, escribe Guillermo Jiménez en su libro
Los propietarios de Cuba, un gran complejo fabril con plantas de
confituras, levadura y sirope; almacenes de azúcar, terminal marítima,
astilleros y otras producciones derivadas del azúcar. Eran
propietarios del central azucarero Progreso y corredores de azúcar en
el mercado mundial. Poseía, en virtud de su producción, la cuarta
refinería del país y la oncena destilería y una fábrica de licores.
Producían anís, aguardiente, crema y ginebra de la marca Arechabala.
Coñac marcas Relicario y Tres Arbolitos y ron Havana Club. Arechabala
representaba en Cuba el whisky Chivas Regal, entre otras bebidas.
Este emporio comenzó en 1862 cuando José Arechabala Aldama, antecesor
de Carmelina, llegó a Cuba y comenzó a trabajar en Matanzas con un
familiar y luego como empleado de la casa Bea, hasta que Julián de
Zulueta, marqués de Avala, lo nombró su apoderado en Cárdenas. En 1878
se estableció por cuenta propia al fundar La Vizcaya, destilería y
refinería, origen de la empresa. Perdió y rehízo su fortuna varias
veces. Había nacido en Vizcaya, en 1847, y se casó en 1874 con Carmen
Hurtado de Mendoza.
No es fácil seguir las peripecias de esta familia, que en 1958 se
contaba entre las más ricas de Cuba. Sus componentes solían casarse
entre sí y los nombres se repiten una y otra vez. Carmen Arechabala y
Hurtado de Mendoza, hija de Arechabala Aldama y Carmen Hurtado de
Mendoza, contrajo matrimonio con José Arechabala Saínz, que era su
primo hermano. Los hijos de este matrimonio llevaban lógicamente el
doble apellido Arechabala. A uno de ellos, Carmen, le tocó presidir la
firma entre 1948 y 1953.
¿Fue ella la que dio origen a la célebre frase?


Patinaje sobre hielo

“Hay algo que quisiera saber, pues tengo una porfía con un amigo que
dice que es imposible. Yo le explico que en el antiguo Palacio de los
Deportes (Paseo y Malecón) y en el actual coliseo de la Ciudad
Deportiva se practicaba patinaje sobre hielo. ¿Estoy en lo cierto o
no?”, inquiere el lector René Acevedo.
Respuesta: Está en lo cierto y no lo está. Hubo, en efecto, una pista
de patinaje sobre hielo en el desaparecido Palacio de los Deportes y
otra, tiempo después, en el teatro Blanquita --actual Karl Marx. Pero
no en la Ciudad Deportiva.
En el Palacio de los Deportes la pista se emplazó en el centro de la
edificación. En el Blanquita, se retiraban las lunetas o parte de
ellas para instalarla. Eran pistas abiertas al público, que compraba
su papeleta para utilizarlas.
La patinadora norteamericana Sonja Heine hizo sus presentaciones en la
del Palacio de los Deportes. Fue algo fabuloso. Los que la vieron
todavía la recuerdan con admiración.
¿Puede algún lector ampliar la información sobre las presentaciones
habaneras de Sonja y las pistas de hielo? Mucho lo agradecerá el
escribidor.

Amplia, luminosa, sobria

Sobre el Santuario Nacional de San Antonio de Padua pregunta el lector
Manuel Águila. Perteneciente a la Orden de los Franciscanos, esta
iglesia católica abrió sus puertas en 1949. Situada en la calle 60
esquina a Quinta Avenida, en Miramar, es obra de dos excelentes
arquitectos cubanos de la época, Salvador Figueras y Eloy Norman.
Ambos la idearon y la plasmaron de acuerdo con los gustos y exigencias
del más depurado arte moderno.
Es amplia, luminosa, de líneas sobrias y de un conjunto sencillo,
armonioso y bellísimo. Es en realidad, uno de los más acabados
exponentes de la moderna arquitectura religiosa de Cuba.

Cándamo y cauniego, obispo auxiliar

Jorge Luis Rodríguez Aguilar, subdirector de la Academia de Artes
Plásticas San Alejandro, de La Habana, me saca de mi ignorancia. En la
página titulada Lápidas, del pasado 30 de noviembre, aludía el
escribidor a los primeros enterramientos que se llevaron a cabo en el
cementerio de Espada. Dije que se trataba de los restos del gobernador
Diego Antonio de Manrique, muerto cuando llevaba solo 13 días en el
poder, y del obispo Cándamo, del cual no puede quien esto escribe,
anoté, precisar su nombre ni otros detalles.
Rodríguez Aguilar me ilustra: se llamó José González de Cándamo y
Cauniego, fue obispo titular de Milasa y obispo auxiliar de San
Cristóbal. Dice Rodríguez Aguilar que ejerció su auxiliatura entre
1798 y 1801, año en que falleció. Fue el primer obispo auxiliar de La
Habana ya que, como tal, esta fue elevada a diócesis en 1787. De ahí
que fuera escogido para ser nuevamente enterrado en la inauguración
del cementerio de Espada.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/




Festi...valore

Affollata conferenza stampa di Benicio del Toro per parlare del suo ultimo film, nelle sale, sula vita di Pablo Escobar e di altro fra cui l'annuncio di un film in uscita nei prossimi giorni e altri due in post produzione, quindi anch'essi di prossima uscita.




Onorario

ONORARIO: seguo tempi precisi

lunedì 8 dicembre 2014

Festiv...andando

Non solo Cinema, ma nel festival si parla anche di TV, audiovisivi in generale e cartellonistica. Il Direttore della manifestazione Ivan Girou, introduce i delegati al seminario sulle serie televisive. Oggi circolava per l'hotel Nacional, sede dell'evento il regista cubano Fernando Pérez, uno dei più prolifici delle ultime decadi e regista di "La vita è un fischio", proiettata anche in Italia negli anni '90.





Omissione

OMISSIONE: devo svolgere un incarico

domenica 7 dicembre 2014

Un gradito ritorno: Rolando Díaz


Rivedo con piacere dopo molti anni Rolando Díaz, regista cubano che da anni vive all’estero. Prima in Spagna, a Santa Crúz de Tenerífe, dove era il responsabile della cinemateca locale e oggi nella Repubblica Dominicana. È tornato al festival dell’Avana presentando un docu-fiction di produzione spagnola: I cammini di Aissa: la drammatica storia di una ragazza africana che è giunta legalmente in Spagna grazie alla ricongiunzione famigliare con la madre che già vi risiedeva, ció nonostante è costretta a percorrere cammini diversi, come i tanti mestieri precari e le traversie a cui è sottoposta per vivere, con tutti i pregiudizi e le difficoltà che incontrano gli immigrati, specie se africani.

A Cuba, ma anche dopo, Rolando era specialista nelle commedie brillanti, ha esordito nel lungometraggio di fiction nel 1984 con “Los pajaros tirandole a la escopeta”, un classico della commedia cubana che viene riproposto ancora oggi e contava con un cast di prim’ordine: Alberto Pujol, Beatrríz Valdés, Reynaldo Miravalles e la compianta Consuelito Vidal, però a un certo grado della sua maturazione professionale ha ritenuto di dover passare anche al drammatico. La sua prossima opera, però, mi ha detto che sarà ancora una commedia. Il primo amore non si scorda mai.



















Questa sera Corál Honoris Causa a Benicio del Toro

Sarà riconosciuto il Premio Coral all'attore portoricano per i suoi meriti. In particolare, fra i suoi numerosi film si ricordano quelli in cui ha vestito i panni di due personaggi, ciascuno carismatico a modo suo, un con milioni di seguaci passati, presenti e futuri, Ernesto Guevara de la Serna, detto "Che" che ha interpretato in una dicotomia, Che el argentino e Che: Guerrilla , nel 2007 l'altro, certamente un personaggio meno positivo, anzi negativo, ma che ha avuto un certo carisma su alcune piccole minoranze: Pablo Escobar Gaviria nel film "Escobar, paradiso perduto" diretta dall'italiano Andrea di Stefano. peraltro il tema del traffico di droga è presente in molti dei suoi lavori anche passati. Oltre che come attore, del Toro ha anche realizzato pellicole da regista, una delle quali con un episodio in "Siete días en La Habana.

Opposto

OPPOSTO: ho messo, situato

sabato 6 dicembre 2014

Fiera dell'Artigianato

Si è aperta oggi, al pubblico, la 18ma edizione della Fiera Internazionale dell'Artigianato. Peccato non avere il dono dell'ubiquità

Benicio del Toro in Festi...VÁL

Oggi, al centro dell'attenzione c'era un invitato di lusso: Benicio del Toro






Ognora

OGNORA: il padre e la madre (Comandamiento)

venerdì 5 dicembre 2014

L'Avana in Festival

In un hotel Nacional nei cui giardini passeggiano animali che si pavoneggianti, è iniziata la seconda giornata di festival che si è aperta con la conferenza della produttrice inglese Mia Bays, vincitrice di un premio Oscar per la produzione che ha offerto una disquisizione sugli aspetti economici e industriali del cinema che ha spiegato come opera con la sua casa di produzione Missing In Action che le cui iniziali formano parte del suo nome.
Successivamente c'è stata la tradizionale conferenza stampe della Fondazione del Nuovo Cine Latinoamericano presentata dalla sua direttrice Alquimia Peña che ha ricordato il grande apporto dato da Gabriel García Márquez alla cinematografia latinoamericana.
Il sottoscritto è poi stato intervistato dalla giornalista Jaqueline Sam per la rubrica "Noticine" che va in onda tutte le domeniche nello spazio Arte7 dedicato all'arte della celluloide.







giovedì 4 dicembre 2014

Ancora sugli investimenti stranieri

L`investimento straniero a Cuba: contesto degli affari per il suo consolidamento

Pubblicato da Redazione TTC 



Tra i primi settori che si aprono all'investimento straniero si trova il turismo.
Da: MSc. Eng. Vilma I. Altet Casas, Consultente, Centro Internazionale dell`Avana

Il 28 giugno dell`anno in corso è entrata in vigore a Cuba la Legge 118 dell`Investimento Straniero col suo Regolamento. Quest`azione riafferma questa modalità come una delle principali politiche per lo sviluppo economico del paese per i prossimi anni.
Tra i primi settori che si aprono all`investimento straniero si trovano il settore agricolo e forestale, il commercio all`ingrosso, le industrie, il turismo, l`edilizia, l`energia e mineraria e il trasporto. Particolarmente, le industrie del bestiame e l`industria lattea, l`agricoltura e il cambiamento dell`energia hanno bisogno di un forte finanziamento esterno.
Tra gli obiettivi per attirare l`investimento foraneo ci sono quelli relazionati con l`accesso alla tecnologia avanzata e il finanziamento a media e lunga scadenza per la costruzione di oggetti produttivi. La sostituzione d`importazione, la diversificazione e l`ingrandimento dei mercati d`esportazione e il potenziamento dell`incatenamento produttivo nei settori rilevanti per lo sviluppo nazionale sono anche ritenuti di grande importanza.
L`accesso ai metodi di gerenza efficaci in questa fase si estende ad altri settori inoltre i turismo. La sostenibilità e l`impegno con l`ambiente ed essere fonte di nuovi posti di lavoro costituiscono anche fattori che dovono essere determinati.
La Legge prevede diverse modalità d`investimento diretto o investimento a titolo azionario, o altri titoli – valori, pubblici o privati, per i potenziali investitori. Gli investimenti stranieri possono adottare qualsiasi delle modalità seguenti: impresa mista, contratto d`associazione economica internazionale o impresa con l`uso di capitale totalmente straniero.
Gli investimenti che si stabiliscano nella Zona Speciale di Sviluppo Mariel, conosciuta come la Zona –con una superficie di 465,4 Km2 si trova a 45 km ovest dell`Avana-, acquistano una connotazione speciale.  La Legge 118, il suo Regolamento e la normativa complementare dovranno essere osservati dagli investitori che si stabiliscano nella Zona ed esistono anche regimi speciali più vantaggiosi.
Per tutti gli investitori che vogliano cominciare qualche attività nella Zona o nell`ambito generale della Legge del`Investimento Straniero, esistono imprese consulenti qualificate che saranno d`aiuto nei primi passi per fare l`esplorazione e il posteriore rafforzamento dei loro affari a Cuba.
Per conoscere di più, consultare:


Partito il 36­° Festival del Nuovo Cine Latinoamericano

Con la presentazione dei giurati, le proiezioni nelle sale della capitale e l'esposizione dei manifesti in concorso, è iniziata l'attività della 36ma edizione del Festival del Nuovo Cine Latinoamericano. L'apertura ufficiale si farà questa sera al cinema/tetro Carlos Marx con un concerto di Pablo Milanés e la proiezione del film argentino/spagnolo Relatos salvajes di Damian Szifrón. Quersta edizione è dedicata a Gabriel García Márquez che ha sempre vissuto da "cineasta frustrato" come lui stesso si definiva e a cui si deve in gran parte la spinta e il contributo per la costituzione della Fondazione e della Scuola del nuovo Cine Latinoamericano. All'apertura seguirà un cocktail d'inaugurazione nella piscina dell'hotel Nacional.
A questa edizione partecipano 676 pellicole suddivise in 7 sezioni a loro volta suddivise in sottogruppi. L'Italia è presente con 5 film, fuori concorso, nella sezione "perspectiva Italia", con il giurato per la categoria FIPRESCI, Furio Fossati e la coproduzione con l'Argentina del documentario Francisco de Buenos Aires di Miguel Rodríguez Arias, sulla vita di papa Francesco.




Ogivale

OGIVALE: valido in data odierna (Veneto)

mercoledì 3 dicembre 2014

La TV digitale a Cuba

Anche Cuba si sta avviando a sostituire gradualmente la televisione analogica con quella digitale. Vi è stato un primo periodo sperimentale con "utenti campione" che hanno ricevuto i sintonizzatori/convertitori a prezzo politico (7 pesos in moneta nazionale), dopodiché ne hanno iniziato (si fa per dire) la distribuzione sul mercato. Ho messo tra parentesi il "si fa per dire" dal momento che la distribuzione, come in genere per qualsiasi prodotto, non avviene in modo omogeneo come sarebbe logico. Infatti, le "cajitas", come si chiamano qua vengono vendute come per una roulette russa: oggi qualcuna qua, domani qualcuna là...con grande profitto dei nullafacenti e borsari neri che con un rapido passaparola accorrono all'unico negozio, del momento, che ha ricevuto una relativamente modesta quota di apparecchiature e ne fanno man bassa per rivenderle al doppio del loro prezzo. Credo che la logica, parola sconosciuta a queste latitudini, suggerirebbe di immettere sul mercato i pezzi quando ce ne sono disponibili una congrua quantità per distribuirla sul territorio in maniera uniforme e sufficiente per una equa ripartizione tra i cittadini. Molti mi chiedono: "come si vive a Cuba?", domanda veramente impegnativa. Come si vive dalle altre parti? a Cuba, però, si vive anche così, grazie alle carenze causate dall'embargo statunitense, ma sopratutto dall'embargo dei cervelli di molti cubani dagli incarichi importanti. Credo che la trasformazione del metodo socialista per migliorare l'attenzione al cittadino non preveda le stupidità gratuite.

Oggetto

OGGETTO: lo butto via (roma)

Sempre di moda il vecchio Tomás...

martedì 2 dicembre 2014

Offesa

OFFESA: lo dice il macellaio

lunedì 1 dicembre 2014

Lapidi, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 30/11/14

I resti di un governatore generale dell’Isola e di un vescovo, deceduti molti anni prima, furono i primi che ebbero sepoltura nel Cimitero di Espada, dell’Avana, la prima necropoli di cui contò la colonia.
Fino ad allora i cadaveri si inumavano nelle chiese e in quest c’erano dieci spazi destinati alle sepolture. I sepolcri si facevano più cari man mano si facevano più prossimi ai gradini dell’altare maggiore, erano nell’ordine di 137 pesos, mentre si pagavano 3 pesos e quattro reales per una sepoltura ordinaria, dieci per un bambino bianco e due per un bambino negro, meticcio o indio, sempre che fossero liberi. Si pagavano due pesos anche per la sepoltura vicino alla porta del tempio o dietro il coro, di negri o mulatti liberi e otto reales per gli schiavi, sempre dietro al coro. Nella Parrocchiale Maggiore avanera che si trovava dove poi si edificò il Palazzo dei Capitani Generali, la sacrestia si destinò alla sepoltura dei sacerdoti. Il 26 agosto del 1799, il vescovo Felipe de Tres Palacios concesse ai proprietari di zuccherifici, la grazia di avere cimiteri in questi.
In campagna si seppelliva nei boschi e dopo un anno si esumavano le ossa e le si portavano alla Parrocchiale al fine che ricevessero sepoltura ecclesiastica perché riposavano in un luogo benedetto.
Tutto questo finì quando, nello stesso anno 1799 il re Carlos IV, ordinò al Supremo Tribunale di Spagna che facesse compiere la Reale Cedola del 3 aprile del 1787 nella quale il suo predecessore, Carlos III, disponeva che cessassero le sepolture nelle chiese e si costruissero cimiteri nelle periferie dei centri abitati. Siccome le cose di palazzo vanno lentamente e la burocrazia era pazzesca, l’ordine di Carlos IV venne in vigore a Cuba nel 1804, quando le autorità avanere avevano già anticipato le fondamenta di quello che sarebbe stao il cimitero, fuori dalle mura, a un miglio ad ovest dell’Avana, nelle vicinanze della costa chiamata di San lazzaro, nel terreno dell’orto che il dottor Teneza, protomedico reggente e consulente del Santo Uffizio, cedette per la costruzione di un lebbrosario. Si era pensato di situarlo nel campo sito di fronte all’Arsenale –attuale Stazione Centrale delle Ferrovie-, ma gli ingegneri militari vi si opposero. Il vescovo Espada che fu il principale propulsore dell’opera, contò con l’appoggio entusiastico del Capitano Generale marchese di Someruelos. Lo assecondò anche il Comandante Generale della Stazione Navale ed ebbe il concorso del Municipio dell’Avana e della Società Patriottica di Amici del Paese.
Il camposanto ostentava sul fronte sei colonne di porticato con sbarre di ferro e una porta dello stesso metallo. A seguito un giardino e il portone che dava accesso ai cortili. Nella parte superiore del portone si leggeva “Alla religione. Alla salute pubblica. Il Marchese di Someruelos, Governatore. Juan de Espada, Vescovo”.
Quando un defunto, trasportato o in braccio degli accompagnanti superava questa porta, lo si depositava su un tavolo nero e gli si recitava la funzione. Alla destra si trovava la stanza del cappellano del cimitero e gli uffici dell’amministratore, alla sinistra le abitazioni dei necrofori.
Il cimitero era uno spazio rettangolare con due strade acciottolate che lo dividevano in quattro parti. La cappella rimaneva in fondo, verso il centro e fin che visse il vescovo espada si mantenne, nel suo portico, una lampada accesa giorno e notte. L’opera incassò 46.868 pesos e durante i primi giorni il prelato pagò con gli introiti gli stipendi dei suoi impiegati.
I pini e cipressi che si seminarono per l’inaugurazione del camposanto furono, col tempo, sostituiti con allori. Di fronte alla necropoli, espada fece seminare un ameno e ampio giardino di piante medicinali “al fine di diminuire, col suo bell’aspetto – disse il Vescovo -, l’aria scura e malinconica dei sepolcri e di offrire a fronte dei trionfi della morte, i mezzi preziosi per sfuggire ai suoi attacchi”.

Nicchie e volte

Lo scriba controllava la sua biblioteca in supporto digitale trovando un libro che fin ora aveva trascurato. S’intitola Necrópolis de La Habana, si pubblicó nel 1875 e racoglie la storia del cimitero di Espada, anche se nelle sue pretese sembra volesse includere anche quelli di Jesús del Monte, Cerro e Colón. Il suo autore è Domingo Rosain y del Castillo, medico e professore della cattedra di Ostetricia dell’Università avanera - l’unica che ci fosse allora -. Pubblicò anche un Examen y cartillas de parteras, la prima opera che vide la luce nell’Isola su questa materia. Fu il creatore, nel 1828, dell’Academia di ostetriche dell’Ospedale di Paula. Morì nel 1855 a 56 anni d’età.
Rosain cominciò l’investigazione per il suo libro nel 1845, quando nel cimitero di Espada si crearono le nicchie ed egli si impegnò a raccogliere dati e notizie su quelli che in esse si seppellivano. Il nuovo ordine di sepolture fece si che si abbandonassero le volte e a questa data non poche mancavano di iscrizione e perfino di copertura, perciò l’investigatore insistette nel raccogliere la maggior quantità di informazioni possibile “perché la tipografia si incaricasse di conservare le iscrizioni che il tempo ha rispettato”.
Prima di Espada, il benemerito don Luis de las Casas, governatore generale dell’Isola, volle mettere fine a quello che lo storico Jacobo de Pezuela definì come “la fatale e perniciosa pratica di seppellire i cadaveri nelle chiese”. Non poté far niente a causa delle difficoltà per trovare il terreno appropriato per installarlo, ma più di questo per la resistenza che oppose il vescovo Tres Palacios. Espada, nel suo momento dovette affrontare, come Las Casas, molteplici difficoltà e sopratutto l’intransigenza del clero che si beneficiava economicamente di quelle sepolture.
Nato in Spagna nel 1756, Espada fu desigfnato come Vescovo dell’Avana nel 1800, dopo la morte misteriosa del vescovo Montiel quando si affannava a mettere freno alla vita corrotta e sfrenata dei sacerdoti che officiavano nella capitale della colonia. Ci mise due anni per arrivare a Cuba per mettersi al fronte della diocesi e fu sul punto di non poterlo fare, appena mise un piede sull’Isola un attacco violento di febbre gialla lo mise in punto di morte. Si dice che salvo la sua vita grazie alle cure dell’eminente medico cubano Tomás Romay e che da questa circostanza nacque un’amicizia che li unì per sempre.
Quest’amicizia, dice lo storico Emilio Roig, fece che Espada privilegiasse il sistema sanitario che preoccupava tanto Romay, a quello delle sepolture nelle chiese che con lo sviluppo della popolazione, era arrivato a costituire una delle più perniciose e repulsive conseguenze.
In merito a Espada dice Eduardo Torres Cuevas, presidente dell’Accademia della Storia: “Di idee illuminate e avanzate promosse il movimento intellettuale e appoggiò i settori meno favoriti della società cubana... Promosse personalità come Félix Varela, José de la Luz y Caballero e José Antonio Saco. Accusato di essere massone, eretico e indipendentista, si iniziarono nel Vaticano e a Madrid, processi poer la sua scomunica e carcreazione”. Mantenne il Vescovato dell’Avana fino alla sua morte, nel 1832.

Cerimonia inaugurale

Il 2 di febbraio del 1806, si bendì e inaugurò il cimitero di Espada. In lussuose casse foderate di velluto nero, cesellate in oro e con le corrispondenti insegne, si collocarono le ossa di Candamo – chi scrive non può precisare il suo nome né altri particolari -, vescovo di Milasa e goveratore della Mitra dell’Avana e quelle del governatore Diego Antonio de Manrique che si trovava al potere da 13 giorni quando cadde fulminato dal vomito, mentre ispezionava le opere di costruzione della fortezza de La Cabaña. La febbre gialla, che non rispettava fortune, ranghi né dignità, se lo portò con sé per convertirlo in uno dei nove governatori che morirono durante l’incarico.
Dalla cappella della Casa di Beneficenza, dov’erano depositati i resti, furono condotti in processione al cimitero. Erano le 16.30 del 2 febbraio. Apriva la marcia un drappello di dragoni e lo seguivano la cupola ecclesiastica e i resti dell’illustrissimo Candamo. Due reggenti del Municipio e due colonnelli portavano le maniglie della cassa del governatore Manrique. Seguivano il Decano della Cattedrale avanera, dignità ecclesiastiche, il vescovo Espada, rappresentanze dei corpi militare e politico con i rispettivi capi, l’intendente della Real Hacienda, Il Comandante , il Comandante Generale della Stazione Marittima, il conte di Mompox e Jaruco e la municipalità avanera al completo. Chiudeva la comitiva il marchese di Someruelos, governatore generale dell’Isola. Dietro avanzava una compagnia del Reggimento di San Cristóbal, il cosiddetto Fisso dell’Avana.
Le due casse si collocarono in un catafalco collocato al centro del cimitero. Espada, investito di poteri pontifici benedisse il luogo e immediatamente, musicisti della cappella della Cattedrale, interpretarono il pezzo composto per l’occasione. I resti di Manrique si inumarono nella volta destinata ai governatori e quelli di Candamo in quella costruita per i dignitari ecclesiastici. Alle 19 la cerimonia terminò con la ritirata della compagnia del Fisso dell’Avana. Il cimitero era illuminato a profusione con torce.

Zacatechi

Come curiosità bisogna dire che nel cimitero di Espada, nel 1841, si inumò il porimo cadavere che fu imbalsamato a Cuba. Fu quello di Isabel Herrera de la Barrera, sposa del marchese di Almendares. La imbalsamò il grande medico avanero José Nicolás Gutiérrez, primo chirurgo di Cuba, fondatore dell’Accademia delle Scienze.
Fu nel 1844 che si stabilì al’Avana il primo servizio delle cosiddette pompe funebri, carri o carretti speciali che portavano le bare al cimitero. Il servizio comprendeva il cocchiere e vari individui che si incaricavano di manovrare il feretro e che vestivano uniformi da lecché con profusione di galloni dorati e cappelli a tre punte. Erano chiamati zacatechi.
Le nicchie che si costruirono nel 1845 risultarono inefficaci per rispondere alla crescita della popolazione avanera. Si dispose la costruzione di una nuova necropoli e per ordine del capitano generale Arsenio Martínez Campos, il cimitero di Espada venne chiuso definitivamente il 3 novembre del 1878. Vi si erano effettuate lì 314.244 inumazioni.

Nel 1908 il governo intervezionista nordamericano dispose la demolizione di questa necropoli e il trasloco a Colón dei resti che rimanavano ancora lì. Tra le moderne edificazioni della calle Aramburu, rimane in piedi un pezzo delle sue vecchie pareti.

Lápidas
Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
29 de Noviembre del 2014 19:23:57 CDT

Los restos de un gobernador general de la Isla y de un obispo,
fallecidos muchos años antes, fueron los primeros que hallaron
sepultura en el Cementerio de Espada, de La Habana, la primera
necrópolis con que contó la Colonia.
Hasta entonces los cadáveres se inhumaban en las iglesias y había en
estas diez tramos destinados a los enterramientos. Los sepulcros se
hacían más caros mientras más próximos estuviesen a las gradas del
altar mayor; estaban en el orden de los 137 pesos, mientras se
abonaban tres pesos con cuatro reales por una sepultura ordinaria,
diez por la de un niño blanco, y dos por las de un niño negro, mestizo
o indio, siempre que fueran libres. También se pagaban dos pesos por
el enterramiento, cerca de la puerta del templo o detrás del coro, de
negros y mulatos libres, y ocho reales por los de los esclavos,
también detrás del coro. En la Parroquial Mayor habanera, que se
ubicaba donde luego se edificó el Palacio de los Capitanes Generales,
la sacristía se destinó para sepultura de los sacerdotes. El 26 de
agosto de 1799 el obispo Felipe de Tres Palacios concedió a los dueños
de ingenios azucareros la gracia de establecer cementerios en estos.
En los campos se enterraba en los montes y al año se exhumaban los
huesos y se llevaban a la Parroquial a fin de que recibiesen sepultura
eclesiástica porque reposarían en lugar bendecido.
Todo esto acabó cuando, en el mismo año de 1799, el rey Carlos IV
ordenó al Supremo Tribunal de España que hiciera cumplir la Real
Cédula de 3 de abril de 1787 en la que su antecesor, Carlos III,
disponía que cesaran los enterramientos en las iglesias y se
construyeran cementerios en las afueras de las poblaciones. Como las
cosas de palacio van despacio y el burocratismo colonial era de anjá,
la orden de Carlos IV se circuló a Cuba en 1804, cuando la autoridades
habaneras tenían ya adelantados los cimientos de lo que sería el
cementerio, en extramuros, a una milla al oeste de La Habana, en las
inmediaciones de la costa llamada de San Lázaro, en el terreno de la
huerta que el doctor Teneza, protomédico regente y consultor del Santo
Oficio, cediera para la construcción del leprosorio. Se había pensado
emplazarlo en el campo situado al frente del Arsenal --actual Estación
Central de Ferrocarriles--, pero los ingenieros militares se opusieron
a ello. El obispo Espada, que fue el propulsor principal de la obra,
contó con el apoyo entusiasta del Capitán General, marqués de
Someruelos. Lo secundó además el Comandante General del Apostadero, y
tuvo el concurso del Ayuntamiento de La Habana y de la Sociedad
Patriótica de Amigos del País.
El camposanto lucía por el frente seis columnas de sillería con verjas
de hierro y una puerta del mismo metal. Seguía un jardín y luego la
portada que daba acceso a los patios. En la parte superior de la
portada, se leía: “A la religión. A la salud pública. El Marqués de
Someruelos, Gobernador. Juan de Espada, Obispo”.
Cuando un difunto, en andas o en hombros de los acompañantes,
traspasaba esa puerta, se depositaba sobre una mesa negra y se le
rezaba el responso. A la derecha se hallaba la habitación del capellán
del cementerio y las oficinas del administrador, a la izquierda, la
vivienda de los sepultureros.
Era la necrópolis un espacio rectangular con dos calles enlosadas que
lo dividían en cuatro partes. La capilla quedaba al fondo, hacia el
centro, y mientras vivió el obispo Espada se mantuvo en su pórtico,
día y noche, una lámpara encendida. La obra importó 46 868 pesos y
durante sus primeros días el prelado abonó de sus rentas los sueldos
de sus empleados.
Los pinos y cipreses que se sembraron para la inauguración del
camposanto fueron, con el tiempo, sustituidos por laureles. Frente a
la necrópolis, Espada hizo sembrar un ameno y dilatado jardín de
plantas medicinales “a fin de disminuir, con su bello aspecto, dijo el
Obispo, el aire sombrío y melancólico de los sepulcros, y de ofrecer a
la frente de los triunfos de la muerte los preciosos medios de
resistir sus despiadados ataques”.

Nichos y bóvedas
Revisaba el escribidor su biblioteca en soporte digital y reparó en un
libro que hasta ahora pasó siempre por alto. Se titula Necrópolis de
La Habana
, se publicó en 1875 y recoge la historia del cementerio de
Espada, aunque parece que sus pretensiones eran las de abarcar además
los de Jesús del Monte, Cerro y Colón. Su autor es Domingo Rosain y
del Castillo, médico y profesor de la cátedra de Obstetricia de la
Universidad habanera --la única que había entonces--. Publicó asimismo
un Examen y cartilla de parteras, primera obra que vio la luz en la
Isla sobre esa materia. Fue el creador, en 1828, de la Academia de
Parteras del Hospital de Paula. Falleció en 1855, a los 56 años de
edad.
Rosain comenzó la investigación para su libro en 1845, cuando en el
cementerio de Espada se crearon los nichos y él se empeñó en recoger
datos y noticias sobre los que en ellos se sepultaban. El nuevo orden
de sepulturas hizo que se abandonasen las bóvedas y en esa fecha no
pocas carecían ya de inscripción y hasta de losa, por lo que el
investigador insistió asimismo en acopiar cuanta información le fue
posible “para que la imprenta se encargase de conservar las
inscripciones que el tiempo ha respetado”.
Antes de Espada, el benemérito don Luis de las Casas, gobernador
general de la Isla, quiso poner fin a lo que el historiador Jacobo de
la Pezuela definió como “la fatal y perniciosa práctica de enterrar
los cadáveres en las iglesias”. Nada pudo hacer debido a las
dificultades para encontrar el terreno apropiado donde lo emplazaría,
pero más que eso por la resistencia que opuso el obispo Tres Palacios.
Espada en su momento debió afrontar, al igual que Las Casas, múltiples
dificultades y, sobre todo, la intransigencia del clero que se
beneficiaba pecuniariamente con aquellos enterramientos.
Nacido en España en 1756, Espada fue designado Obispo de La Habana en
1800, tras la muerte misteriosa del obispo Montiel cuando se afanaba
en poner coto a la vida corrupta y desenfrenada de los sacerdotes que
oficiaban en la capital de la colonia. Demoró dos años en llegar a
Cuba para ponerse al frente de la diócesis. Y estuvo a punto de no
poder hacerlo, pues apenas puso un pie en la Isla un violento ataque
de fiebre amarilla lo puso al filo de la muerte. Se dice que salvó la
vida gracias a los cuidados del eminente médico cubano Tomás Romay, y
de esa circunstancia nació una amistad que los unió para siempre.
Esa amistad, dice el historiador Emilio Roig, hizo que Espada
priorizara el problema sanitario que tanto preocupaba a Romay: el del
enterramiento en las iglesias que, con el desarrollo de la población,
había llegado a constituir un mal de las más repulsivas y perniciosas
consecuencias.
Acerca de Espada dice Eduardo Torres Cuevas, presidente de la Academia
de la Historia: “De ideas ilustradas y avanzadas promovió el
movimiento intelectual y apoyó a los sectores desfavorecidos de la
sociedad cubana... Promovió a personalidades como Félix Varela, José de
la Luz y Caballero y José Antonio Saco. Acusado de masón, hereje e
independentista, se iniciaron en el Vaticano y en Madrid juicios para
su excomunión y encarcelamiento”. Retuvo el Obispado de La Habana
hasta su muerte, en 1832.

Ceremonia inaugural
El 2 de febrero de 1806 se bendijo e inauguró el cementerio de Espada.
En sendas cajas forradas con terciopelo negro, galoneadas de oro y con
sus correspondientes insignias, se colocaron los huesos de Candamo --no
puede quien esto escribe precisar su nombre ni otros detalles--, obispo
de Milasa y gobernador de la Mitra de La Habana, y los del gobernador
Diego Antonio de Manrique, que llevaba 13 días en el poder cuando cayó
fulminado por el vómito mientras inspeccionaba las obras en
construcción de la fortaleza de La Cabaña. La fiebre amarilla, que no
respetaba fortunas, rangos ni dignidades, se lo llevó de cuajo para
convertirlo en uno de los nueve gobernadores que fallecieron en su
puesto.
De la capilla de la Casa de     Beneficencia, donde estaban
depositados los restos, fueron conducidos en procesión al cementerio.
Eran las 4:30 de la tarde del 2 de febrero. Abría la marcha un piquete
de dragones y le seguían el cabildo eclesiástico y los restos del
Ilustrísimo Candamo. Dos regidores del Ayuntamiento y dos coroneles
llevaban las borlas de la caja del ex gobernador Manrique. Seguían el
Deán de la Catedral habanera, dignidades eclesiásticas, el obispo
Espada, representaciones de los cuerpos militares y políticos con sus
jefes, el Intendente de la Real Hacienda, el Comandante General del
Apostadero, el conde de Mompox y Jaruco y el Ayuntamiento habanero en
pleno. Cerraba la comitiva el marqués de Someruelos, gobernador
general de la Isla. Avanzaba detrás una compañía del Regimiento de San
Cristóbal, el llamado Fijo de La Habana.
En un catafalco colocado en el centro del cementerio se colocaron las
dos cajas. Espada, revestido de medio pontifical, bendijo el lugar y
enseguida músicos de la capilla de la Catedral interpretaron la pieza
compuesta para la ocasión. Se inhumaron los restos de Manrique en la
bóveda destinada a los gobernadores, y los de Candamo en la construida
para las dignidades eclesiásticas. A las siete de tarde terminó la
ceremonia con la retirada de la compañía del Fijo de La Habana. El
cementerio estaba profusamente iluminado con antorchas.

Zacatecas

Como cosa curiosa cabe decir que en el cementerio de Espada, en 1841,
se inhumó el primer cadáver que fue embalsamado en Cuba. Fue el de
Isabel Herrera de La Barrera, esposa del marqués de Almendares. La
embalsamó el gran médico habanero José Nicolás Gutiérrez, primer
cirujano de Cuba, fundador de la Academia de Ciencias.
Fue en 1844 cuando se estableció en La Habana el primer servicio de
las llamadas pompas fúnebres; carros o coches especiales que conducían
los ataúdes al cementerio. El servicio incluía al cochero y a varios
individuos que se encargaban de manipular el féretro y que vestían
uniformes de lacayos con profusión de galones dorados y sombreros de
tres picos. Eran los llamados zacatecas.
Los nichos que se construyeron en 1845 resultaron ineficaces para
responder al crecimiento de la población habanera. Se dispuso la
construcción de una nueva necrópolis y, por orden del capitán general
Arsenio Martínez Campos, el cementerio de Espada quedó clausurado
definitivamente el 3 de noviembre de 1878. Se habían efectuado allí
314 244 inhumaciones.
En 1908, el Gobierno interventor norteamericano dispuso la demolición
de esta necrópolis y el traslado a Colón de los restos que todavía
quedaban allí. Permanece en pie, entre edificaciones modernas de la
calle Aramburu, un pedazo de sus viejas paredes.
 
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
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Chiusa la Settimana della Cultura Italiana, commiato a Tomás Milián

Dopo la chiusura della Settimana della Cultura Italiana, l'Ambasciata d'Italia, nella persona dell'Ambasciatore Carmine Robustelli ha offerto un cocktail di commiato alla manifestazione e di saluto all'ospite d'onore Tomás Milián che è stato al centro dell'attenzione degli invitati e ha voluto una foto ricordo col regista Giuspeppe Sansonna.


Oculato

OCULATO: lo dice il medico cinese