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venerdì 27 dicembre 2013

Consorteria

CONSORTERIA: sfortunato

Le foto di Franco 3





giovedì 26 dicembre 2013

Consorte

CONSORTE: fortunato

Le foto di Franco 2





mercoledì 25 dicembre 2013

Consorella

CONSORELLA: assieme a una figlia dei medesimi genitori

martedì 24 dicembre 2013

Italiani a Cuba: Franco Oriot, fotografo




Milanese di nascita, Franco Oriot, come molti suoi concittadini ha la passione per girare il mondo. A questa passione si è unita quella, grande, per la fotografia che da hobby è diventata ormai il suo lavoro principale. Ha lasciato un’attività imprenditoriale nella ristorazione per conoscere e immortalare nuovi orizzonti. Adesso la sua sfida è a Cuba, dove si è introdotto con energia nel campo della fotografia commerciale con risultati di tutta soddisfazione, introducendo un modo nuovo di concepire le classiche fotografie da cerimonia. Coi suoi 50 anni portati con disinvoltura, un fisico asciutto da chi non indugia negli ozi, nel suo “vagabondaggio” ha vissuto diversi anni in Africa dove ha realizzato una impressionante serie di immagini d’ambiente e, naturalmente, di animali. Il suo ricco archivio oltre a raccogliere immagini di praticamente tutti, o quasi, i Paesi dell’Africa Australe, contiene anche fotografie fatte in Asia, particolarmente Cambogia e Vietnam. La qualità delle immagini parla da sola, eccellente la composizione, l'illuminazione, l’accostamento cromatico e un’impeccabile messa a fuoco, spesso effettuata in condizioni non proprio ideali. Franco mi ha autorizzato a pubblicare una parte delle sue immagini, lasciandomi la discrezione e l’imbarazzo di scegliere i soggetti. Credo che avrò materiale in abbondanza da sottoporre ai lettori, non senza un ringraziamento all’autore.

La prima immagine selezionata ha ottenuto il 4° premio al Foto Contest Internazionale 2013, indetto dalla rivista Oasis per la categoria Gente e Popoli, le altre appartengono a una serie sui battesimi nelle chiese cubane.










Conserva

CONSERVA: avere una collaboratrice familiare (termine in disuso da molti anni in quanto "unpolitically correct")

lunedì 23 dicembre 2013

Congegno

CONGEGNO: accompagnarsi a una mente brillante

Le carte private di Clavelito, di Ciro Bianchi Ross pubblicato su Juventud Rebelde del 22/12/13

Nonostante, forse qualcuno lo metta in dubbio, il vero nome di Miguel Alfonso Pozo, meglio conosciuto con l’appellativo di Clavelito, era proprio Clavelito. Così almeno lo fu dal 18 agosto del 1954 fino alla sua morte il 21 giugno del 1975. Vuol dire che ci furono due soggetti in una sola persona. Uno di essi si chiamò Miguel Alfonso Pozo da quando nacque a Ranchuelo, attuale provincia di Villa Clara, il 29 settembre del 1908 e un altro che a partire dal 1954 si chiamerà Clavelito Miguel Alfonso Pozo fino al termine della vita.
Il cambio si effettuò in virtù di quanto disposto dal Ministro della Giustizia che era a sua volta protetto dal Decreto Legge n. 1951 del 1954 che obbligava l’annotazione d’ufficio di detta modifica nel libro del Registro Civile. Così consta al foglio 361 del tomo 17 del Registro Speciale di Cambio, Aggiunta e Modifica di Nomi e Cognomi del Ufficio del Registro e Notariato del Ministero di Giustizia.
Perché questo cambio? Il secondo cognome della madre di Miguel Alfonso Pozo era Clavero. Come succede molte volte, il cognome più sonoro è quello che predomina per identificare una famiglia. Non importa che sia del padre o della madre, nemmeno che sia il primo o secondo cognome. A Ranchuelo la famiglia di Miguel era la famiglia Clavero o i Claveros e come lui era il più piccolo dei fratelli, la gente lo conosceva come Clavelito. Fin da bambino trascinò con sé questo soprannome che divenne il suo nome d’arte e quello proprio.
Era un buon poeta di stornelli. Le rime che scrisse per la serie radiofonica di Pepe Cortés – un bandito romantico come Manuel García rubava ai ricchi per dividere il bottino fra i poveri – gli valsero la celebrità e la sua popolarità fu enorme grazie a quelle controversie tra le bionde e le more, le magre e le grasse, le nubili e le sposate...che sostenne con La Calandría ne El Rincón Críollo, spazio trasmesso dalla CMQ.
Però Miguel Alfonso Pozo – Clavelito – animato, diceva, dal desiderio fervente di aiutare il prossimo, un giorno cominciò a farlo a mezzo del suo programma radiofonico e la sua fama crebbe come la schiuma. La gente allora lo vide come un “preoccupato e attento consigliere” a chi si poteva chiedere la soluzione di un problema pratico o di un problema sentimentale e anche la cura della salute malmessa, cosa che lo convertì “nel primo ciarlatano del Paese, appoggiato a un microfono dalla lontana e profonda risonanza”.
Questa celebrità, già nella decade del ’50, gli fece pensare alla possibilità di dedicarsi alla politica. Poteva candidarsi a un posto come rappresentante alla Camera. C’era un solo inconveniente: il Codice Elettorale esigeva che il candidato a qualunque incarico elettivo, utilizzasse il nome con cui era iscritto al Registro di Stato Civile. Non erano validi appellativi, pseudonimi o soprannomi. Non si potevano utilizzare nemmeno, nel caso che il candidato lo avesse, il secondo nome al posto del primo. Il nome di Miguel Alfonso Pozo non diceva niente a nessuno. Quello di Clavelito trascinava un popolo.
Lo scriba non può precisare, adesso, se giunse a candidarsi. Il figlio minore, Narciso, crede che lo fece. Non è sicuro, non era ancora nato a quel tempo. In ogni modo, se lo fece non venne eletto. Sua figlia Rosita mi disse, tempo fa in un messaggio elettronico: “In realtà egli non era un politico, ma i politici dell’epoca lo scelsero perché era famoso e aveva molti seguaci”.
Se ami la vita, non perdere il tempo
Fu proprio Narciso che mise nelle mie mani il documento sul cambio di nome, fra le altre carte private di suo padre. Fra queste ci sono due documenti firmati das Alejo Carpentíer, allora vice presidente del già scomparso Consiglio Nazionale della Cultura. Sono del 29 marzo del 1962 e ciascuno certifica la pubblicazione di cui l’autore è Clavelito: Clarivel, romanzo d’amore e dolore apparsa nel 1961 con il marchio di Cárdenas e Compagnia e una tiratura di mille copie; l’altro, dello stesso anno e lo stesso marchio, con cinquemila copie, si intitola Verso la felicità (Un viaggio attraverso gli astri).
Altri titoli suoi sono: L’uomo del destino e I miracoli. Inoltre: I canti di Clavelito e Controversie. È anche autore di una Enciclopedia della felicità.
Nelle pagine di questo ultimo titolo mise molteplici consigli scritti, con gran uso di sintesi. Massime concise che condensano un pensiero maturato a lungo ed esprimono tutta una filosofia di vita.
Eccone alcuni esempi:
Non usiamo mai nessun cammino contorto. La semplicità e la giustizia devono essere sempre presenti nel nostro pensiero”.
La felicità è uno stato d’animo e come tale si crtea e risiede in noi stessi, dentro di ciascuno”.
Nel matrimonio, che la legge sia uguale per entrambi”.
Se ami la vita, non perdere tempo”.
Non c’è sole che duri tutto il giorno”.
Se vuoi sapere quanto vale il denaro, chiedilo in prestito”.
Chi vive di illusioni, muore di fame”.
Un altro documento, un “Foglio di dichiarazioni di opere”, svela il letterato e compositore. È autore di oltre 25 “pezzi” tra sones montunos, guajiras, danzones, guarachas, canciones, tonadas e rumbas (ritmi cubani. n.d.t.), alcuni di loro molto popolari come El caballo y la montura e La guayabera, entrambe con musica di Eduardo Saborít, altre volte la musica è di Miguel Ojeda, in altre la musica è del proprio Clavelito e le parole di Saborít, anche se non mancano quelle in cui Clavelito è autore della musica e dei testi.
Si conserva anche un contratto firmato fra l’artista e l’emittente Unión Radio per il periodo compreso fra il 1° di luglio del 1953 e il 30 giugno dell’anno successivo. L’azienda si impegna a pagargli un salario di 500 pesos mensili più 45 pesos e 45 centavos corrispondenti al 9,09 del riposo retribuito. In cambio, l’artista “a carattere esclusivo di 100 prestazioni mensili nei programmi di radio determinati dalla medesima, considerando come prestazione l’incisione di un disco o un corto pubblicitario”.
Più avanti il documento stipula che l’artista si impoegna a non realizzare, nel territorio nazionale, nessun’altra attività in radio e in nessuna altro mezzo senza preventiva autorizzazione dell’azienda e non potrà realizzare attività che potranno essere trasmesse posteriormente per radio o televisione. Si dice: “L’artista potrà effettuare comparizioni televisive negli studi di Radio-Televisione El Mundo e Unión Radio-Televisión”. E prosegue: “L’artista col suo carattere di cantante, attore, compositore e autore interpreterà le opere e spettacoli scelti dall’azienda e si atterrà, in ogni caso, alle istruzioni che riceva dai registi dei programmi o persone delegate dall’azienda”.
Prosegue con una clausola sulla quale vale la pena di meditare: “L’azienda concederà, d’accordo con quanto previsto dalla legge, la licenza pagata di un giorno di riposo nel caso di morte del padre, madre, figlio o figlia, fratello o sorella, moglie o marito dell’artista; e anche tale licenza in caso di parto della moglie del medesimo; per non oltre tre giorni al mese e senza che possano eccedere i 9 giorni all’anno nel caso di malattia dell’artista che sia impossibilitato allo svolgimento del suo lavoro, previa giustificazione con il corrispondente certificato medico”.
Il documento stabilisce che senza l’espressa autorizzazione di Unión Radio l’artista non potrà uscire dall’Isola per compiere attività artistiche o altri affari e pur autorizzandolo, l’azienda si riserva di prorogare i termini del contratto per lo stesso tempo che l’artista sia stato assente, mantenendo in completa efficenza e vigore questo contratto al suo ritorno.
Alla fine, l’artista, si impegna a non prestare il suo nome, fotografie o testimonoanze scritte o verbali a faviore di nessun prodotto, industria, commercio o persona di qualunque indole, senza la preventiva autorizzazione scritta di Uniòn Radio che a mezzo di questo contratto resta autorizzata a utilizzare il nome, le fotografie, le testimonianze scritte o verbali dell’artista a proprio beneficio e dei suoi clienti senza che per questo debba pagare nessun compenso.
Metti il tuo pensiero in me
Una ben combinata musica di “claves” e ghitarre apriva El buzón de Clavelito che andava in onda da Unión Radio-TV e servì da sottofondo per la voce del trovatore:
Metti il tuo pensiero in me/e farai che in questo momento/la forza del mio pensiero/eserciti il bene su di te”. La musica si andava sviluppando ed entrava il presentatore dicendo: “Un miracolo della natura nella delizia di una canzone contadina. Manifesto degli elementi che contribuiscono al successo, alla salute, all’amore, alla felicità. Poeta, interprete dei cuori incompresi. Messaggero di buona fortuna, Se non siete felici, se avete qualche problema, se non avete salute, se non avete un lavoro, se il denaro non vi rende, se non avete l’amore...Ascoltate Clavelito in silenzio, in silenzio, per favore...”.
Il programma proseguì col vento in poppa fino a che Unión Radio decise di creare una parentesi lungo tutta la sua programmazione per, oltre allo spazio di Clavelito, dare risposta a quelli che avevano chiesto consigli al cantante che obbligava gli interessati a mantenersi collegati all’emittente per tutto il giorno. E questo sì che non lo tollerò la concorrenza che sapeva – afferma il saggista Reynaldo González – che l’utenza preferiva sentire la soluzione del proprio romanzo che seguire i lamentosi argomenti altrui. Fu così che la Commissione di Etica Radiofonica, l’Associazione degli Annunciatori di Cuba e il Blocco Cubano di Stampa si scagliano contro il programma e riescono a farlo sospendere il 5 agosto del 1952.
I suoi figli dicono che lo accusarono di “miracolista” e “truffatore” e che la polizia irruppe violentemente nello studio nel mome nel momento in cui il programma andava in onda, lo sospese e si portò via Clavelito agli arresti. Aggiungono che alcuni giorni dopo, davanti alle proteste popolari, il programma riapparse “con lo stesso successo”. Però ormai non fu la stessa cosa.
Suo figlio minore riferisce che Gaspar Pumarejo, lo scaltro impresario di radio e TV, fu quello dell’idea del bicchiere d’acqua sopra l’apparecchio radio (segno di scongiuro, n.d.t.). Smentisce che suo padre facesse soldi con i consigli. Aveva, questo sì, un buon ingresso. Fu, d’altra parte, proprietario del laboratorio che elaborava i cosmetici “Mapclavé”, nome che è una combinazione delle iniziali dell’artista e la contrazione di Clavelito, così come il negozio dove si vendevano al pubblico i prodotti del laboratorio. Clavelito tornò ai suoi versi bucolici. Lavorò come annunciatore. Tra le sue carte private c’è un tesserino del Collegio Nazionale degli Annunciatori che lo accredita. Lavorò anche come ventriloquo. Di fatto questo fu il suo ultimo lavoro. Si presentava travestito da negretto nel circo di Iris Torres, la sorella di Roberto, il pagliaccio Chorizo. Andò in pensione nel 1964.


Papeles privados de Clavelito

Ciro Bianchi Ross •
digital@juventudrebelde.cu
21 de Diciembre del 2013 17:15:54 CDT

Aunque algunos lectores tal vez lo pongan en duda, el nombre verdadero
de Miguel Alfonso Pozo, más conocido por el apelativo de Clavelito,
era precisamente Clavelito. Al menos, así lo fue desde el 18 de agosto
de 1954 hasta su muerte, el 21 de junio de 1975. Quiere decir que hubo
dos sujetos que fueron una sola persona. Uno de ellos se llamó Miguel
Alfonso Pozo desde que nació en Ranchuelo, actual provincia de Villa
Clara, el 29 de septiembre de 1908, y otro que a partir de 1954 va a
nombrarse Clavelito Miguel Alfonso Pozo hasta el final.
El cambio se llevó a cabo en virtud de lo dispuesto en un decreto del
Ministro de Justicia, que se amparaba a su vez en la Ley-Decreto 1951
de 1954, lo que obligaba a la anotación de oficio de dicha
modificación en los libros del Registro Civil. Así consta en el folio
361 del tomo 17 del Registro Especial de Cambio, Adición y
Modificación de Nombres y Apellidos del Negociado de Registros y
Notariados del Ministerio de Justicia.
¿Por qué ese cambio? El segundo apellido de la madre de Miguel Alfonso
Pozo era Clavero. Como ocurre muchas veces, el apellido más sonoro es
el que predomina para identificar a una familia. No importa que sea el
del padre o el de la madre, tampoco que sea el primero o el segundo
apellido. En Ranchuelo, la familia de Miguel era la familia Clavero o
los Claveros, y como él fue el más pequeño de los hermanos, la gente
lo identificó como Clavelito. Desde niño arrastró ese sobrenombre que
terminó siendo su nombre artístico y su nombre propio.
Era un buen poeta repentista. Las espinelas que escribió para la serie
radial de Pepe Cortés —un bandolero romántico que como Manuel García
robaba a los ricos para repartir el botín entre los pobres— le
valieron celebridad, y su popularidad fue enorme gracias a aquellas
controversias entre las rubias y las morenas, las flacas y las gordas,
las solteras y las casadas… que sostuvo con La Calandria en El Rincón
Criollo, espacio que transmitía CMQ.
Pero Miguel Alfonso Pozo —Clavelito— animado, decía, por el deseo
ferviente de ayudar a los demás, comenzó un día a hacerlo a través de
su programa de radio y su fama creció como la espuma. La gente lo vio
entonces como «un preocupado y atento consejero» al que podía
pedírsele la solución de un problema práctico o de un asunto amoroso,
e incluso la cura de la salud quebrantada, lo que lo convirtió en «el
primer curandero del país apoyado en un micrófono de profundas y
lejanas resonancias».
Esa celebridad, ya en la década de los 50, le hizo pensar en la
posibilidad de dedicarse a la política. Podía postular un acta de
representante a la Cámara. Solo había un inconveniente. El Código
Electoral exigía que el candidato a cualquier cargo electivo utilizara
el nombre con que había sido inscrito en el Registro Civil. No valían
apodos, seudónimos ni sobrenombres. Tampoco podía utilizarse, en caso
de que el aspirante lo tuviera, el segundo nombre en suplantación del
primero. El nombre de Miguel Alfonso Pozo no decía nada a nadie. El de
Clavelito arrastraba a un pueblo.
No puede precisar ahora el escribidor si llegó a postularse. El hijo
menor, Narciso, cree que sí lo hizo. No está seguro, pues no había
nacido entonces. De cualquier manera, si lo hizo no resultó electo. Me
dijo hace algún tiempo su hija Rosita en un mensaje electrónico: «En
realidad, él no era político, pero los políticos de la época lo
escogieron porque era famoso y tenía muchos seguidores».

Si amas la vida, no pierdas el tiempo

Fue precisamente Narciso quien puso en mis manos el documento sobre el
cambio de nombre, entre otros papeles privados de su padre. Entre
ellos hay dos documentos firmados por Alejo Carpentier, vicepresidente
entonces del ya desaparecido Consejo Nacional de Cultura. Son del 29
de marzo de 1962 y cada uno de ellos certifica la publicación de un
libro de la autoría de Clavelito: Clarivel, novela de amor y dolor
aparecida en 1961 con el sello de Cárdenas y Compañía, y una tirada de
mil ejemplares; el otro, también del mismo año y el mismo sello, y
cinco mil ejemplares, se titula Hacia la felicidad (Un viaje de través
de los astros).
Otros títulos suyos son: El hombre del destino y Los milagros. También
Los cantos de Clavelito y Controversias. Es autor asimismo de una
Enciclopedia de la felicidad.
En las páginas de este último título legó múltiples consejos, escritos
con gran poder de síntesis. Máximas concisas que condensan un
pensamiento largamente madurado y expresan toda una filosofía de la
vida.
Vayan algunos ejemplos:
«No empleemos nunca ningún camino torcido. La sencillez y la justicia
deben presidir siempre nuestros pensamientos».
«La felicidad es un estado de ánimo y como tal se crea y reside en
nosotros mismos, dentro de cada uno».
«En el matrimonio, que la ley sea igual para los dos».
«Si amas la vida no pierdas el tiempo».
«No hay sol que dure todo el día».
«Si quieres saber lo que vale el dinero, pídelo prestado».
«El que vive de ilusiones se muere de hambre».
Otro documento, una «Hoja de declaración de obras», revela al letrista
y compositor. Es autor de más de 25 piezas entre sones montunos,
guajiras, danzones, guarachas, canciones, tonadas y rumbas, algunas de
ellas muy populares como El caballo y la montura y La guayabera, ambas
con música de Eduardo Saborit. Otras veces la música es de Miguel
Ojeda, y en otras, la música es del propio Clavelito y la letra, de
Saborit, aunque no faltan aquellas en las que Clavelito es el autor de
la música y la letra.
Se conserva además un contrato suscrito entre el artista y la emisora
Unión Radio para el período comprendido entre el 1ro. de julio de 1953
y el 30 de junio del año siguiente. La empresa se compromete a pagarle
un salario mensual de 500 pesos más 45 pesos con 45 centavos
correspondientes al 9,09 del descanso retribuido. A cambio contrata al
artista «con carácter exclusivo en 100 actuaciones mensuales en los
programas de radio que la misma determina, considerando como una
actuación la grabación de un disco o corto comercial».
Estipula más adelante el documento que el artista se compromete a no
realizar en el territorio nacional ninguna otra actuación en radio ni
en ningún otro medio sin previa autorización de la empresa, ni podrá
realizar actuaciones que posteriormente puedan transmitirse por radio
o televisión. Expresa: «El artista únicamente podrá efectuar
actuaciones de televisión en las plantas de Radio-Televisión El Mundo
y Unión Radio-Televisión». Consigna a renglón seguido: «El artista en
su carácter de cantante, actor, compositor y autor interpretará las
obras y espectáculos que la empresa seleccione y se ajustará en cada
caso a las instrucciones que reciba de los directores de programas o
personas en quienes la empresa delegue».
Sigue una cláusula sobre la que vale la pena meditar: «La empresa
concederá al artista, de acuerdo con lo que estipula la ley, una
licencia retribuida de un día de descanso en el caso del fallecimiento
del padre, madre, hijo o hija, hermano o hermana, esposa o esposo del
artista; y también igual licencia en el caso del alumbramiento de la
esposa del mismo; y por no más de tres días al mes, sin que pueda
exceder de nueve días en el año en el caso de enfermedad del artista
que lo imposibilite para el desempeño de su trabajo, previa
justificación de enfermedad con el correspondiente certificado
médico».
Establece el documento que sin la autorización expresa de Unión Radio,
el artista no podrá salir de la Isla a cumplir actuaciones o para
asuntos de cualquier otro género, y aun autorizándolo la empresa se
reserva el derecho de prorrogar el término del contrato por el mismo
tiempo que haya estado ausente el artista, manteniendo en todo su
vigor y fuerza este contrato a su regreso.
Por último, el artista se compromete a no prestar su nombre,
fotografías o testimonios escritos o verbales a favor de ningún
producto, industria, comercio o persona de cualquier índole, sin la
previa autorización por escrito de Unión Radio, que por medio de este
contrato queda autorizada a utilizar el nombre, las fotografías o
testimonios escritos o verbales del artista en beneficio propio o de
sus anunciantes, sin que por ello tenga que pagar cantidad alguna.

Pon tu pensamiento en m
Una bien acoplada música de claves y guitarras abría El Buzón de
Clavelito, que salía al aire por Unión Radio-TV y servía de fondo a la
voz del trovador:
«Pon tu pensamiento en mí/ y harás que en ese momento/ mi fuerza de
pensamiento/ ejerza el bien sobre ti». La música iba desenvolviéndose
y entraba entonces el locutor y decía: «Un milagro de la naturaleza en
el deleite de una canción guajira. Manifiesto de los elementos que
contribuyen al éxito, a la salud, al amor, a la felicidad. Poeta,
intérprete de los corazones incomprendidos. Mensajero de la buena
suerte. Si usted no es feliz, si tiene algún problema, si no tiene
salud, si no tiene empleo, si el dinero no le rinde, si no tiene amor…
Oiga a Clavelito en silencio, en silencio, por favor…».
El programa avanzó viento en popa hasta que Unión Radio decidió crear
paréntesis a lo largo de toda su programación para, más allá del
espacio de Clavelito, dar respuesta a los que habían pedido consejo al
cantante, lo que obligaba a los interesados a mantenerse atados a esa
emisora durante todo el día. Y eso sí que no lo toleró la competencia
que sabía —afirma el ensayista Reynaldo González— que la audiencia
prefería oír la solución de su propia novela a seguir los lagrimeantes
argumentos ajenos. Es así que la Comisión de Ética Radial, la
Asociación de Anunciantes de Cuba y el Bloque Cubano de Prensa
arremeten contra el programa y logran que sea suspendido el 5 de
agosto de 1952.
Dicen sus hijos que lo acusaron de «milagrero» y «estafador», y que la
policía irrumpió de manera abrupta en el estudio en el momento en que
el programa salía al aire, lo suspendió y se llevó detenido a
Clavelito. Añaden que días después, ante el reclamo popular,
reapareció el programa «con el mismo éxito». Pero ya nada fue igual.
Refiere su hijo menor que Gaspar Pumarejo, el avispado empresario de
la radio y la TV, fue el de la idea del vaso de agua sobre el aparato
de radio. Y desmienten que su padre hiciera dinero con los consejos.
Tenía, eso sí, una buena entrada. Fue, por otra parte, propietario del
laboratorio que elaboraba los cosméticos «Mapclavé», nombre que es una
combinación de las iniciales del artista y la contracción de
Clavelito, así como de un establecimiento donde se vendían al por
menor las producciones del laboratorio. Clavelito volvió a sus versos
bucólicos. Y trabajó como locutor. Hay entre sus papeles privados un
carné del Colegio Nacional de Locutores que lo acredita. Trabajó
también como ventrílocuo. De hecho, ese fue su último empleo. Se
presentaba disfrazado de negrito en el circo de Iris Torres, la
hermana de Roberto, el payaso Chorizo.
Se jubiló en 1964.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/

Buon Natale e prospero 2014 a tutti i lettori

domenica 22 dicembre 2013

Confuso

CONFUSO: avente un attrezzo per filare

sabato 21 dicembre 2013

Appello di Vittorio Garatti

Ricevo, dall'architetto Marco Marini, questo appello lanciato dal suo collega Vittorio Garatti:

Carissimi amici e colleghi, ricevo questo appello da Vittorio Garatti, un uomo, un architetto, che nella sua vita ha lottato per affermare idee universali: un Maestro.

Questo messaggio/invito a tutti voi è il
mio piccolo contributo alla battaglia di Vittorio contro una possibile
alterazione di quanto da lui pensato e realizzato con grandi sacrifici
nell'arco di un'intera vita.
Chi ha conosciuto questa sua opera nè è rimasto sempre in qualche modo fortemente impressionato; chi non ha avuto ancora modo di conoscerla può consultare, tra i tanti, questo sito che la descrive adeguatamente:

http://www.arquine.com/blog/utopia-y-realidad-en-cuba/

Vi ringrazio dell'attenzione, Marco Marini
Ciao -

Ho appena iniziato una petizione su Change.org che riguarda una questione per me molto importante. Più persone firmeranno la mia petizione più facile sarà vincerla.
Mi aiuterai firmando?
Grazie,

Vittorioone, Marco Marini



Confesso

CONFESSO: accompagnarsi a un sempliciotto

venerdì 20 dicembre 2013

Liberalizzata la vendita di auto nuove, ma non solo

Proseguono le riforme verso una "normalità" di Cuba, rispetto al resto del mondo. È stato annunciato che in breve, data non ancora stabilita, uscirà sulla Gaceta Oficial il decreto che autorizza i concessionari di auto a vendere liberamente ai privati. Secondo quanto annunciato la vendita verrà scaglionata lasciando la priorità a chi fosse già in possesso della lettera di autorizzazione prevista dalle vecchie norme, ma poi verrà aperto il flusso a chiunque possa e voglia acquistare una vettura sia nuova che usata, disponibile nelle agenzie di vendita. Verrà anche riaperta la possibilità di importazione, secondo regole non ancora note, per tutti i cittadini cubani o stranieri residenti in modo temporaneo o permanente e per le persone giuridiche.

Assieme a questa importante riforma, è stata annunciata anche l'apertura del primo mercato all'ingrosso per i prodotti agricoli. Vedrò di avere maggiori dettagli sulla sua ubicazione e il suo funzionamento.

Confederale

CONFEDERALE: assieme a un alto gerarca del passato

giovedì 19 dicembre 2013

Cartoline da Orlando 2







Condito

CONDITO: normalmente si usa l'indice

mercoledì 18 dicembre 2013

Condiscendente

CONDISCENDENTE: assieme a figlio o nipote

martedì 17 dicembre 2013

Cartoline da Orlando







Concorrente

CONCORRENTE: linea elettrica attiva

lunedì 16 dicembre 2013

Assegnati i premi Coral al Festival cinematografico dell'Avana

Il vincitore del Primo Premio Coral alla 35ma edizione del Festival avanero è stato il film messicano Heli di Amat Escalante mentre al secondo e terzo posto si sono classificati rispettivamente El lugar del hijo di Manuel Níeto (Uruguay) e Gloria di Sebastián Lelio (Cile) Miglior attrice è risultata essere l'ecuadoriana Vanesa Alvariño per la sua interpretazione in No robarás, a menos que no sea necesario , mentre il premio maschile è andato a Diego Peretti per La reconstrucción (Argentina). Un premio Coral alla carriera è stato assegnato all'attore cubano Reynaldo Miravalles, attualmente residente a Miami che è stato accolto con un'ovazione dal pubblico presente.
Il premio del pubblico è andato a Boccacerias habaneras di Arturo Soto per la sua satira del Decamerone in chiave caraibica che ha vinto anche per il miglior soggetto.

Il cadavere di Boca Ciega di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 15/12/13

Omicidio o suicidio? Emilio Vicente Driggs che aveva sostituito la personalità dell’esploratore Ibeau I. Monsi, capitano dell’esercito canadese, nato in Senegal, aveva ucciso la giovane Dottoressa Aurora Méndez del Castillo che chiamava Miss Dawn per poi bruciarne il cadavere e seppellirlo nella sabbia? O fu lei che pose fine alla propria vita ed egli si limitò a inumarla per nasconderne i resti, non essere coinvolto nella faccenda e cancellare indizi che potessero portare la polizia a stabilire qualunque vincolo fra di loro?
Il fatto, all’epoca, non poté essere chiarito del tutto e dopo i quasi 90 anni trascorsi da allora, il cadavere di Boca Ciega, all’est dell’Avana, continua ad essere uno degli enigmi più impenetrabili della cronaca rossa (gialla, nd.t.) cubana. Nonostante si sapesse che il presunto Monsi uscì da Cuba col nome di Robert Moore, cittadino nordamericano nato a Pasadena, scapolo di 35 anni e poi riapparì in California come Pantaleón Ramos, nato nella Canarie, le autorità dell’Isola non giunsero mai a mettergli le mani addosso e nemmeno hanno potuto comprovare la veridicità del messaggio con cui il tale Pantaleón chiedeva al capitano Alfonso L. Fors, capo della Polizia Giudiziaria cubana, a carico delle indagini, che smettesse di perseguitarlo, diceva: orbene “anche se sono realmente il capitano Ibeau Monsi, indicato come autore della morte di Aurora, è certo che mi sento morire”. Quando si erano effettuate tutte le pratiche per la sua estradizione, il presunto colpevole moriva per un’infezione laringea che lo aveva privato della voce.
Tutto rimane nel campo delle ipotesi. Si disse, allora, che il falso capitano e noto truffatore si innamorò veramente della bella e intelligente giovane che conobbe nella città orientale di Puerto Padre. Fu a causa di questo amore che decise di non nasconderle per altro tempo la sua vera identità, raccontarle del suo soggiorno in carcere e raccontarle il destino del vero capitano Monsi. Per rivelarle i suoi segreti scelse, per tranquilla e appartata, la spiaggia di Boca Ciega, località che avevano visitato anteriormente. Li si scatenò la tragedia perché, si disse anche che davanti alle rivelazioni, la sfortunata Miss Dawn, lo affrontò con durezza e lo minacciò di rivolgersi alla polizia. Decise quindi di ucciderla, bruciare il cadavere e sparire dal luogo. Non mancarono, però quelli che dissero che davanti alle confessioni del suo amante lei avrebbe visto la sua vita distrutta e svanire i suoi sogni, quindi piena di dolore e paura per il “cosa diranno”, decise di togliersi la vita dandosi fuoco. Il timore che lo accusassero della morte della ragazza lo spinse a disfarsi del cadavere. Lo seppellì nella sabbia a 50 metri dalla costa e ad altri 250 dalla casa più vicina. Fu una sepoltura superficiale e per sfortuna del falso Monsi, i cani randagi scoprirono il corpo e misero in vista le ossa che ne portarono alla scoperta.
Elementi del posto della Guardia Rurale di Guanabacoa assunsero il caso e al principio apportarono dati utili e d’interesse, ma lo sconcertante del fatto e l’allarme che creò nella società, fecero si che le investigazioni si affidassero alla Polizia Giudiziaria. Il capitano Fors ebbe l’aiuto del detective Mariano Torrens.
Già da allora i forensi assicuravano che si trattava del cadavere di una donna sconosciuta di età compresa fra i 25 e 30 anni, della quale non potevano stabilire le cause della morte. Si imponeva identificare la vittima e chiarire se si suicidò o se fu oggetto di un crimine, al fine di trovare chi l’avesse uccisa, bruciata e sepolta oppure se si fosse solo limitato a seppellirla dopo averla trovata morta. L’idea del suicidio avrebbe potuto reggere di fronte al ritrovamento di un corpo bruciato, ma l’inumazione del suo corpo calcificato supponeva l’intenzione di nascondere un delitto. Fors e il suo aiutante conclusero che la ragazza era stata uccisa in maniera brutale, bruciata e alla fine sepolta. Non dubitarono quindi che dovevano cercare un assassino freddo e vile.

Chi è la vittima? Chi è il suo assassino?

In breve si seppe che sette giorni prima del ritrovamento dei resti, un tipo dalle strane apparenze aveva proposto a Saturnino Gayón, proprietario della bottega la Viña di Guanabo, di vendergli indumenti femminili. Chiese per loro 20 pesos dicendo di essere necessitato di fare con urgenza la vendita perché era in procinto di fare un viaggio d’esplorazione per le Antille. Nel ricevere i soldi, per ringraziamento, donò al bottegaio due libri –Baldwin Headers Fourth Years- e ¿Quiere usted aprender el inglés sin maestro?- Nella loro pagina iniziale, entrambi i volumi avevano questa dedica: “To Miss Dawn. From Captain Ibeau Monsi. Cuba, Marzo 1924”.
Quello del capitano Ibeau Monsi sembrò, alla polizia, uno pseudonimo più che un nome reale, ma dawn in inglese significa “alba, inizio del giorno, aurora”. E con questa parola il capitano Fors e il detective Torres intuirono che probabilmente era il nome della donna uccisa.
Entrambi lavoravano giorno e notte, senza tregua, senza trascurare il minimo indizio, senza scartare il minimo sospetto. Aquilino López, proprietario di un ristorante vegetariano nella calle Neptuno, mise a disposizione della polizia dettagli interessanti. Mostrò lettere dirette a Monsi e firmate da una misteriosa Miss Dawn. Rivelavano un amore appassionato, senza limiti. Mise le autorità sulla pista giusta quando disse che si trattava di un capitano dell’esercito canadese nato in Senegal e aggiunse che era un tipo che mangiava vegetali e dormiva sui tetti. Disse anche che si era accomiatato perché sarebbe partito per l’America Centrale.
Fors non ci mise molto a constatare che Monsi e il gibarense Emilio Vicente Driggs erano la stessa persona e tracciò la linea che lo portava verso Aurora Méndez del Castillo, data per scomparsa. Ma a questo punto Monsi non poteva essere catturato. Era uscito dall’Isola a bordo del vapore Cuba, dal molo dell’Arsenale, col nome di Robert Moore, nordamericano.
Driggs, alias Monsi, lavorò per la compagnia che operava le centrali zuccheriere Delicias e Chaparra. Divenne macchinista, ma presto lo cacciarono dall’azienda come ladro. Vagò per Banes, Antilla e Mayarí e in questa località rapì una bella minorenne che non tardò ad abbandonare. La famiglia della ragazza lo denunciò. Riuscì a scappare, ma lo giudicarono in contumacia. Si arruolò come marinaio in una nave da carico e durante i cinque anni successivi viaggiò per il mondo, quasi sempre in navi che trasportavano riso che toccavano l’India. Così apprese varie lingue, specialmente l’inglese e anche il cinese. Tornò a Cuba nel 1920. Era un uomo raffinato. Parlava spagnolo con accento e vestiva come un esploratore inglese. Sfoggiava un casco bianco e portava al collo una macchina fotografica e un binocolo. A Gibara, già col nome falso di Ibeu Monsi, tenne conferenze di argomenti storici e geografici. Poco a poco ebbe un gruppo di ammiratori che ascoltavano i suoi lunghi discorsi sulle sue avventure in Cina, Giappone, India e i Paesi più remoti e che non sospettavano fosse gibarense come loro.
Un pomeriggio, sua madre lo riconobbe in un parco e gli si gettò fra le braccia. Driggs la respinse e le chiese in inglese da dove avesse tratto l’idea che fosse suo figlio. La poveretta rimase stupefatta. Lei lo sapeva bene – lo sentiva – che quel giovane era frutto del suo ventre, ma davanti al suo iroso diniego lasciò il parco con gli occhi pieni di lacrime. Il fatto giunse alle orecchie delle autorità. Si aprì una piccola investigazione e si inviò il falso esploratore a Santiago de Cuba. Per il fatto della ragazza ingannata a Mayarí, La corte santiaghera lo condannò a un anno, otto mesi e 21 giorni di prigione che scontò nel carcere della città, oltre a pagare un indennizzazione di 200 pesos alla ragazza.
Il 14 ottobre del 1921, Driggs usciva dal carcere e si trasferiva a Porto Padre. Tornava ad essere l’esploratore Ibeu I. Monsi e una prestigiosa istituzione locale lo contrattò per una conferenza. Un’ovazione scrosciante chiuse le sue parole. Una rappresentanza delle classi in vista si premurò di complimentarsi con lui. Lo invitarono al ballo che quella stessa sera si teneva alla Colonia Spagnola. Monsi accettò l’invito, compiaciuto, ed alla festa si trasformò nella figura centrale della serata. Fra le persone importanti presenti alla Colonia, faceva spicco una giovane dai capelli neri e un sorriso adorabile. Monsi non le toglieva gli occhi di dosso e qualcuno li presentò. Era Aurora, aveva 26 anni ed era Dottoressa in Pedagogia all’Università dell’Avana dove studiava anche Lettere e Filosofia. Parlava inglese e francese alla perfezione. Un vero gioiellino. A partire da quel momento, Monsi si accaparrò Aurora per tutta la festa e nei giorni successivi non perse le sue tracce, nonostante l’occhio vigile di suo fratello, il Dottor Aurelio Méndez del Castillo, medico e poeta, tutta una celebrità locale.
La relazione tra Monsi e Aurora si fece sempre più profonda. Li si vedeva assieme sul molo che guarda verso cayo Juan Claro o lungo la passeggiata che nasce vicino al Fuerte de la Loma. A volte navigavano in barca lungo La Boca o Cascarero. Così, fino al giorno in cui Monsi sparì da Porto Padre senza salutare e qualche ora dopo spariva anche Aurora. Si sarebbero trovati all’Avana. Gli studi universitari lasciavano alla ragazza il tempo sufficiente per trovarsi col suo amato, dapprima in luoghi pubblici, con misura, per lasciarsi andare poi, in luoghi isolati, ad una passione sfrenata.

Il vero Ibeau I. Monsi

Tutto sembra indicare che esistette un genuino capitano, esploratore dell’esercito canadese con questo nome che giunse a conoscere Emilio Vicente Driggs quando, in viaggio di studi, era diretto a Cuba su una nave inglese. Durante la traversata Driggs, con la consueta abilità, riuscì a diventare intimo del capitano. Narra questa versione che il vero capitano Monsi spiegó a Driggs i dettagli del suo viaggio: il proposito che lo animava, i risultati che avrebbe ottenuto, senza dimenticare la succulenta borsa in denaro con cui sarebbe stato ricompensato. Si dice che ad un certo momento, approfittando delle ore piccole, Driggs strangolò il vero capitano Monsi, smembrò il suo corpo e lo gettò dall’oblò della cabina. Prese la sua uniforme e i suoi documenti, sbarcando a Cuba sostituendosi alla persona dell’esploratore canadese.
È la versione di una leggenda difficile da comprovare, ma chi può negare che Emilio Vicente Driggs fosse sufficientemente malvagio per compiere un simile atto?
Se il presunto Monsi morì sicuramente in California o si perse nel mondo della delinquenza internazionale, è indubbio che si portò nella tomba la verità attorno al motivo e ai dettagli della morte di Miss Dawn, fatto che cominciò a inquietare Cuba il 1° di agosto del 1924. La uccise il falso Ibeu monsi o lei si suicidò dandosi fuoco ed egli optò per seppellirla nelle allora isolate sabbie dI Boca Ciega?
C’è chi assicura di aver visto il fantasma di una donna che, alcune notti, percorre le sabbie della spiaggia. Se voi la vedete, chiedetele se è Aurora e ditele di raccontare i dettagli della sua morte. Chissà che si degni di rispondere e ci tolga da ogni dubbio.

(Con informazioni del Dottor Ismael Pérez Gutiérrez)


El cadáver de Boca Ciega

Ciro Bianchi Ross • 
digital@juventudrebelde.cu
14 de Diciembre del 2013 18:51:21 CDT

¿Asesinato o suicidio? ¿Mató Emilio Vicente Driggs, que había
suplantado la personalidad del explorador Ibeau I. Monsi, capitán del
ejército canadiense, nacido en Senegal, a la joven Doctora Aurora
Méndez del Castillo, a la que llamaba Miss Dawn, e incineró luego el
cadáver y lo enterró en la arena, o fue ella la que puso fin a su vida
y él se limitó a inhumarla para ocultar los restos, desmarcarse del
incidente y borrar indicios que pudieran llevar a la Policía a
establecer cualquier vínculo entre ellos?
El suceso, en su momento, no pudo ser esclarecido del todo, y a la
vuelta de los casi 90 años transcurridos desde entonces el cadáver de
la playa de Boca Ciega, al este de La Habana, sigue siendo uno de los
enigmas más impenetrables de la crónica roja cubana. Pese a que se
supo que el presunto Monsi salió de Cuba bajo el nombre de Robert
Moore, ciudadano norteamericano nacido en Pasadena, soltero y de 35
años de edad, y luego apareció en California como Pantaleón Ramos,
natural de Canarias, las autoridades de la Isla no alcanzaron nunca a
echarle el guante ni tampoco comprobaron la veracidad del mensaje en
que el tal Pantaleón pedía al capitán Alfonso L. Fors, jefe de la
Policía Judicial cubana, a cargo de las investigaciones, que dejara de
perseguirlo pues, decía, «aunque soy en verdad el capitán Ibeu Monsi,
señalado como autor de la muerte de Aurora, lo cierto es que me siento
morir». Cuando se habían corrido ya todos los trámites para su
extradición, el supuesto culpable fallecía de una afección laríngea
que lo había privado de la voz.
Todo queda en el campo de las suposiciones. Se dijo entonces que el
falso capitán y reconocido timador se enamoró verdaderamente de la
bella e inteligente joven a la que conoció en la ciudad oriental de
Puerto Padre. Fue en aras de ese amor que decidió no ocultarle por más
tiempo su verdadera identidad, relatarle sus estancias en la cárcel y
contarle del destino del verdadero capitán Monsi. Para revelarle sus
secretos escogió, por lo tranquilo y apartado del lugar, la playa de
Boca Ciega, paraje que habían visitado antes. Allí se desencadenaría
la tragedia porque, se dijo también, ante las revelaciones, la
infortunada Miss Dawn lo increpó con crudeza y lo amenazó con la
Policía. Optó entonces él por matarla, quemar el cadáver y esfumarse
del lugar. No faltaron, sin embargo, los que afirmaban que ella, fuera
de sí por las confesiones de su amante, viendo su vida deshecha y roto
su sueño y llena de pesar y miedo por el «qué dirán», decidió privarse
de la vida, incinerándose. El temor de que lo acusaran de la muerte de
la muchacha lo empujó a deshacerse del cadáver. Lo enterró en la
arena, a 50 metros de la costa y a otros 250 de la casa más próxima.
Fue un enterramiento superficial y, para la mala suerte del falso
Monsi, los perros jíbaros lo descubrieron y sacaron a la luz huesos
que condujeron al hallazgo del cadáver.
Elementos del puesto de la Guardia Rural de Guanabacoa asumieron el
caso en un inicio y aportaron indicios de interés y utilidad. Pero lo
desconcertante del suceso y la alarma que generó en la sociedad
hicieron que las investigaciones se confiaran a la Policía Judicial.
El capitán Fors se auxilió del detective Mariano Torrens.
Ya para entonces los forenses aseveraban que se trataba de los restos
de una mujer desconocida de entre 25 y 30 años de edad, de la que no
podían precisar cómo había muerto. Se imponía establecer la identidad
de la víctima y precisar si se suicidó o fue objeto de un crimen a fin
de encontrar al que mató a la muchacha, la incineró y la enterró, o al
que se limitó a inhumarla luego de encontrarla muerta. La idea del
suicidio hubiera podido justificarse frente al hallazgo de un cuerpo
quemado, pero la inhumación de su cuerpo calcinado pretendía de seguro
ocultar un delito. Fors y su ayudante concluyeron que la muchacha
había sido asesinada de manera brutal, quemada después y, por último,
enterrada. Entonces no dudaron que buscaban a un asesino frío y
cobarde.

¿Quién es la víctima? ¿Quién su asesino?

Pronto se supo que siete días antes del hallazgo de los restos, un
sujeto de rara presencia había propuesto a Saturnino Gayón,
propietario de la bodega La Viña, de Guanabo, varias piezas de vestir
de mujer. Pidió por ellas 20 pesos y manifestó que se veía urgido de
hacer aquella venta porque no demoraría en emprender un viaje de
exploración por las Antillas. Al recibir el dinero, en agradecimiento,
obsequió al bodeguero dos libros —Baldwins Headers Fourth Years y
¿Quiere usted aprender inglés sin maestro?—. En su página inicial,
ambos volúmenes llevaban esta dedicatoria: «To Miss Dawn. From Captain
Ibeu Monsi. Cuba, Marzo, 1924».
Lo de captain Ibeu Monsi pareció a la Policía un seudónimo más que un
nombre real, pero dawn, en inglés, significa «amanecer, comienzo del
día, aurora». Y en esa palabra sí repararon el capitán Fors y el
detective Torrens. Quizá Aurora fuese el nombre de la mujer asesinada.
Ambos detectives trabajaban sin descanso, día y noche, sin desdeñar
ningún posible indicio, sin descartar la más ligera sospecha. Aquilino
López, propietario de un restaurante vegetariano de la calle Neptuno,
puso detalles de interés en conocimiento de la Policía. Mostró cartas
y tarjetas dirigidas a Monsi y firmadas por la misteriosa Miss Dawn.
Revelaban un amor apasionado, sin fronteras. Puso a las autoridades en
la pista correcta cuando les dijo que se trataba de un capitán del
ejército canadiense nacido en Senegal. Y añadió que era un tipo que
comía vegetales y dormía en las azoteas. Dijo también que se había
despedido porque viajaría a Centroamérica.
Fors no demoró en constatar que Monsi y el gibareño Emilio Vicente
Driggs eran una sola persona y trazó la línea que lo llevaba hasta
Aurora Méndez del Castillo, reportada como desaparecida. Pero a esa
altura Monsi no podía ser capturado. A bordo del vapor Cuba había
salido de la Isla por el muelle del Arsenal, con el nombre de Robert
Moore, norteamericano.
Driggs, alias Monsi, trabajó para la compañía que operaba los
centrales Delicias y Chaparra. Se hizo maquinista, pero pronto lo
expulsaron de la empresa por ladrón. Vagó por Banes, Antilla y Mayarí
y en esta localidad raptó a una linda menor a la que no tardó en
abandonar. La familia de la muchacha lo denunció. Pudo escapar, pero
lo encausaron en rebeldía. Se enroló como tripulante en un barco de
carga y durante los cinco años siguientes viajó por el mundo, casi
siempre en buques dedicados al transporte de arroz que tocaban la
India. Así aprendió varios idiomas, especialmente el inglés y también
el chino. Regresó a Cuba en 1920. Era un hombre refinado. Hablaba el
español con acento y vestía como un explorador inglés. Se tocaba con
un casco blanco y llevaba al cuello una cámara fotográfica y unos
prismáticos. En Gibara, ya con el nombre falso de Ibeu Monsi,
pronunció conferencias sobre cuestiones históricas y geográficas.
Lentamente fue haciéndose de un grupo de admiradores que escuchaban
las largas peroratas sobre sus aventuras en China, Japón, la India y
los países más remotos sin sospechar que era tan gibareño como ellos.
Una tarde, la madre lo reconoció en el parque y corrió a echarse en
sus brazos. Driggs la rechazó y le preguntó en inglés que de dónde
sacaba ella que él era su hijo. La infeliz quedó estupefacta. Bien
sabía ella —lo sentía— que aquel joven era fruto de su vientre, pero
ante su airada negativa abandonó el parque con los ojos llenos de
lágrimas. El incidente llegó a oídos de las autoridades. Se abrió una
pequeña investigación y se remitió al falso explorador a Santiago de
Cuba. Por el asunto de la menor burlada en Mayarí, la audiencia
santiaguera lo condenó a un año, ocho meses y 21 días de prisión, que
cumpliría en la cárcel de la ciudad, y a indemnizar con 200 pesos a la
muchacha.
El 14 de octubre de 1921, Driggs salía de la cárcel y se trasladaba a
Puerto Padre. Volvía a ser el explorador Ibeu I. Monsi y una
prestigiosa institución cultural de la localidad lo contrataba para
una conferencia. Una cerrada ovación cerró sus palabras. Una
representación de las clases vivas se apresuró a felicitarlo. Lo
invitaron al baile que esa misma noche se ofrecía en la Colonia
Española. Aceptó Monsi la invitación, complacido y, ya en la fiesta,
se convirtió en la figura central de la noche. Entre las personas
relevantes que alternaban en la Colonia sobresalía una joven de pelo
negro y sonrisa adorable. Monsi no le quitaba el ojo y alguien los
presentó. Era Aurora. Tenía 26 años de edad, era Doctora en Pedagogía
por la Universidad de La Habana y estudiaba Filosofía y Letras en el
mismo centro docente. Hablaba inglés y francés a la perfección. Una
verdadera joyita. A partir de ahí, Monsi acaparó a Aurora durante toda
la fiesta, y, en los días sucesivos, no le perdió pie ni pisada, aun
bajo el ojo celoso de su hermano, el doctor Aurelio Méndez del
Castillo, médico y poeta, toda una celebridad local.
La relación entre Monsi y Aurora se hizo cada vez más profunda. Juntos
se les veía en el muelle que mira hacia el cayo Juan Claro o en el
paseo que nace cerca del Fuerte de la Loma. A veces navegaban en
lancha por La Boca o Cascarero. Así hasta que un día Monsi desapareció
de Puerto Padre sin despedirse y horas después desaparecía también
Aurora. Se encontrarían en La Habana. Sus estudios universitarios
dejaban a la muchacha tiempo suficiente para reunirse con su amado,
primero en lugares públicos, con mesura, para entregarse luego, en
parajes aislados, a una pasión desenfrenada.

El verdadero IBEU I. MONSI

Todo parece indicar que existió un genuino capitán explorador del
ejército canadiense con ese nombre. Y que llegó a conocer a Emilio
Vicente Driggs cuando, en viaje de estudios, se dirigía a Cuba en un
barco inglés. Durante la travesía Driggs, con su habilidad
característica, logró intimar con el capitán. Destaca esta versión que
el genuino capitán Monsi dio a Driggs los pormenores de su viaje: el
propósito que lo animaba, los resultados que obtendría, sin olvidar la
jugosa bolsa en metálico con que se le recompensaría. Se afirma que,
en cierto momento, aprovechándose de la madrugada, Driggs estranguló
al auténtico capitán Monsi, trucidó su cuerpo, lo echó por la
ventanilla del camarote, tomó su uniforme y su documentación y
desembarcó en Cuba, suplantando la personalidad del explorador
canadiense.
Es la versión de una leyenda difícil de comprobar. Pero, ¿quién niega
que Emilio Vicente Driggs tuviera suficiente maldad para realizar tal
hecho?
Si el supuesto Monsi falleció ciertamente en California o se perdió en
el mundo de la delincuencia internacional, es indudable que se llevó a
la tumba la verdad acerca del porqué y los pormenores de la muerte de
Miss Dawn, suceso que comenzó a inquietar a Cuba el 1ro. de agosto de
1924. ¿La mató el falso Ibeu Monsi o ella se suicidó, quemándose, y él
optó por enterrarla en las entonces solitarias arenas de Boca Ciega?
Hay quienes aseguran haber visto una fantasmagórica figura de mujer
que algunas noches recorre las arenas de la playa. Si usted la ve,
pregúntele si es Aurora y pídale que le cuente los detalles de su
muerte. Quizá se digne a responder y nos saque de dudas.
(Con información del Doctor Ismael Pérez Gutiérrez)
Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/

Concorde

CONCORDE: munito di cavi

domenica 15 dicembre 2013

Premi "collaterali", verso la chiusura del Festival del Cine

In attesa dei premi “maggiori”, sono stati assegnati alcuni dei “premi collaterali” al Festival del Nuovo Cine Latinoamericano dell’Avana alla sua XXXV edizione:
Fernanda y el extraño caso del Dr. X y Mr. Jal (animato di Mario Rivas), Camionero (mediometraggio) di Sebastian Miló, hanno ricevuto il premio nelle rispettiva categorie da parte del Cirolo dei Giornalisti della Cultura di Cuba, il primo e quello della Federazione Nazionale dei Cineclub il secondo.
Hanno ottenuto un riconoscimento anche il lungometraggio Al borde de la vida di Juan Carlos Travieso e il documentario Humberto di Carlos Barba. Tutte pellicole cubane.
Il Messico si è visto asseganare due dei premi “collaterali” per i film Hell di Amat Escalante e La jaula de oro di Diego Quemada-Diéz, il primo per conto dell’Associazione Cubana della Stampa Cinematografica e della Casa de las Américas, il secondo da parte dell’UNICEF, Prensa Latina e Radio Habana Cuba.
Il colombiano Juan Pablo Riós ha ricevuto il premio offerto dalla catena Telesur con la sua opera Quijote, la stessa Telesur ha poi assegnato una Menzione Speciale al documentario Chávez del venezuelano Luis Castro.
L’unione Scrittori e Artisti di Cuba (UNEAC) a sua volta ha assegnato il suo premio alla cineasta argentina Lucía Puenzo per il suo film Wakolda.
Tra i premi speciali, il regista e scrittore Juan Padrón, ha ricevuto un Premio Coral alla carriera per la sua pluridecennale attività nel campo dei film di animazione.

Stasera la chiusura e l’assegnazione dei premi principali.