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lunedì 12 gennaio 2015

Morte di Enrique Villuendas, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud rebelde dell'11/1/1

Il cosiddetto “Allargamento” del Vedado, una delle strade trasversali di Ayestarán, porta il nome di Enrique Villuendas, colonnello dell’Esercito di Liberazione assassinato, già nella Repubblica, in piena gioventù. Al numero 409 della calle Concordia, nel quartiere avanero di San Leopoldo, una targa indica il luogo dove nacque, anche se la casa che esibisce detta tavoletta sulla facciata è di costruzione posteriore alla sua data di nascita.
Nella città di Cienfuegos, dove trovò la morte, esiste il parco Enrique Villuendas e un’altra targa, sulla facciata di quello che fu l’hotel La Suiza, ricorda questo fatto.
Horacio Ferrer scrive nel suo libro Con el rifle al hombro: “ Si è scritto molto su quel triste avvenimento. I risultati sono ben conosciuti da tutti, ma il modo esatto di come si sono sviluppati i fatti sono stati falsati da una parte e dall’altra, secondo la convenienza dei politici. I governamentali assicuravano che Villuendas si proponeva, nella notte di quel giorno, la caserma della Polizia e si volle sorprenderlo in fragrante con i candelotti di dinamite; l’opposizione affermò che fu tutto preparato con l’unico fine di assassinare il colto e tance parlamentare”.
Chi fu Enrique Villuendas? Come avvenne la sua morte? Questa è la storia.
Si cerca un pretesto
Le versioni circa l’accaduto differiscono nella loro essenza. Alcuni dicono che Enrique Villuendas concesse di perquisire la sua stanza e altri che si rifiutò, perchè la sua condizione di parlamentare rendeva inviolabile la sua persona e il suo domicilio. Alcuni assicurano che la Polizia cercava pretesti per per sorprenderlo con le mani in pasta e arrestarlo, altri opinano che le autorità aavrebbero aprofittato della perquisizione per incolparlo della detenzione di esplosivo che “avrebbero seminato” sul posto. Per alcuni fu un incidente casuale. Per altri un fatto premeditato. A Enrique Villuendas, giovane rappresentante della Camera, di affiliazione liberale, lo perseguivano nella città di Cienfuegos e si annotarono il punto.
Correva l’anno 1905 e il presidente Tomás Estrada Palma, istigato dall’esecutivo del Partito Moderato, decise di andare alla rielezione. Per garantirglibla vittoria, il suo Gabinetto di Battaglia sembrò superare ogni ostacolo: perseguiva senza tregua i liberali e incarcerava figure prominenti di questo partito, occupava municipi, deponeva sindaci e consiglieri e licenziava funzionari pubblici che non fossero affini al Governo, mentre la stampa, secondo la propria tendenza liberale o moderata, diffondeva notizie a volte carenti di fondamento, ma che infiammavano gli animi dei seguaci...Figure connotate del liberalismo come Juan Gualberto, José Miguel Gómez, Gerardo Machado e Carlos Mendieta, fra molte altre, erano state vittime dell’accanimento del ministro del Governo di Estrada Palma, il generale Fernando Freyre de Andrade, un uomo che durante la Guerra d’Indipendenza non ebbe agli ordini che il suo assistente e che nella pace si convertì in maniaco di abuso d’autorità.
Giunse così il mese di settembre. Il giorno 23 si sarebbero celebrate, in tutto il Paese le elezioni per costituire i collegi elettorali. A Cienfuegos, il senatore José Antonio Frías assumeva la direzione politica governativa e Villuendas dirigeva l’opposizione, ma il 22 alle 11 di mattina, Villuendas era morto e un giorno dopo, i moderati riempivano i collegi e si assicuravano la vittoria nelle elezioni generali del primo di dicembre.

Gira la morte

Nella Guerra d’Indipendenza, Villuendas raggiunse i gradi di colonnello con appena 21 anni d’età. Comandò, durante la contesa, il Reggimento Castillo che combatté agli ordini di José Miguel Gómez. A 24 anni venne eletto membro dell’Assemblea che stese la Costituzione del 1901 – votò a favore dell’Emendamento Platt – e ne aveva 26 quando occupò un seggio alla Camera. Avvocato, grande oratore. Aveva una gradevole presenza fisica e una simpatia traboccante. José Miguel lo amava come un figlio.
Il 22 di settembre, tre ore prima che lo assassinassero, Villuendas scriveva al capo liberale: “Ho potuto convincermi che tanto nel treno della mattina come nel Correzionale nel pomeriggio, si trattava di un complotto contro la mia vita tramato da Frías. Quando ci vedremo le racconterò tutto ciò. Quello che doveva uccidermi è un mulatto, Mantilla, che si svicolò opportunamente e disse che per 20 centesimi non avrebbe rischiato che io uccidessi lui. Quello del pomeriggio, lo stesso Illance, che mi puntò il suo revolver a due passi di distanza...”
Su ciò, nell’edizione del giorno 21, il giornale La Lucha (liberale) dava a conoscere una nota del suo corrispondente a Cienfuegos; “Questo pomeriggio, mentre si celebrava il giudizio correzionale dove Villuendas difendeva l’attivista di propaganda liberale José Fernández (Chichi), accusato falsamente di ingiuriare la polizia, si è formata una forte protesta da parte degli agenti dell’autoritá al comando dei capi Illance, Cueto, Ruíz, Soto e altri. Questi sono entrati nel tribunale, pistola alla mano sloggiando tutti e puntando le armi contro Villuendas che fu di un ammirabile coraggio e sangue freddo...”
Lo stesso giorno 21, La Discusión, giornale rabbiosamente governamentale, restituiva la palla: “In attesa delle elezioni per i collegi, quando sembra assicurata la vittoria del Partito Moderato per la sua forza nell’opinione e la sua brillante organizzazione politica, i liberali di Cienfuegos vollero perturbare la tranquillità al fine di rendere difficile la lotta legittima nelle elezioni. La Polizia Municipale di Cienfuegos ha sequestrato una bomba che secondo quanto si dice fu messa con l’obbiettivo di attentare contro la vita del signor Frías”.
In realtà ci fu violenza, da ambo le parti. Oggi si sa che furono Villuendas, Carlos Mendieta e Orestes Ferrara quelli che incitarono a che si facesse cenere del Municipio di Vueltas per evitare che fosse cosí occupato dalla Commissione del Governo che avrebbe deposto il suo sindaco.

La tragedia

Nell’hotel La Suiza, sito nella calle San carlos numero 103, a mezzo isolato dal Parque Central cienfueghero, trovò la morte Enrique Villuendas. Occupava la stanza numero uno di quell’installazione alberghiera.
La Discusión raccontò i fatti in questo modo: “La polizia, avuta la notizia che nell’hotel La Suiza, dove alloggiava il signor Villuendas, si trovava un deposito di armi, si procedette a una perquisizione. Nel salire le scale dell’albergo, il signor Illance che comandava la forza pubblica, fu aggredito brutalmente da un gruppo di liberali che gli spararono con le armi in loro possesso uccidendolo. Incoraggiati da questo fatto, attaccarono immediatamente la forza pubblica che si è vista costretta a reprimere l’aggressione, facendo delle scariche sul gruppo che li attaccava, si sono visti cadere diversi feriti frai quali il rappresentante liberale Enrique Villuendas che alla fine morí”.
La realtà fu ben diversa anche se, senza dubbio, i primi spari partirono dal gruppo liberale. Il capitano Illance, della Polizia, assieme a due vigilanti si presentò a La Suiza e chiese a Nicanor Sánchez, padrone dell’hotel, che lo conducesse alla stanza del signor Villuendas. Lì aveva luogo la riunione del comitato municipale del Partito Liberale e Villuendas, davanti all’arrivo di Illances, chiese ai presenti che abbandonassero il locale. Horacio Ferrer che alcune ore dopo il fatto arrivò a Cienfuegos come medico di un battaglione del Corpo di Artiglieria, dice che conversò con figure di una e dell’altra parte e che Villuendas, nonostante la sua immunità si prestò a far perquisire la sua stanza.
Il giornalista Manuel Cuéllar Vizcaíno, invece, afferma che si oppose alla perquisizione. Illiance comprese i diritti del Rappresentante alla Camera e chiese al vigilante Parets che lo facesse presente nel rapporto. Parets si dispone a redigere il documento e richiede la presenza di un testimone. Si chiama Nicanor Sánchez, ma questi si rifiuta perché, dice, che invierà immediatamente un uomo di fiducia.
In quel momento esce dalla stanza numero due José Fernández, conosciuto come “Chichi”. Si affronta in un faccia a faccia con Illance e senza pensarci due volte lo fulmina. Parets che è occupato nella redazione del documento, estrae allora il suo revolver, ma Villuendas gli si lancia sopra ingaggiando un corpo a corpo. Chichi spara a Parets e lo ferisce. Il vigilante Andrés Acosta che era rimasto, per ordine del suo capo appostato nel vestibolo dell’albergo, sale e Chichi gli attraversa il petto con uno colpo di pistola. Acosta vuole reprimere l’aggressione, ma Chchi è già fuori dalla sua portata e raggiunge il luogo dove stavano ancora lottando Parets e Villuendas. Spoara e il parlamentare muore sul colpo.
“se uno spettatore fosse stato con l’orologio in mano, prendendo il tempo, non avrebbe contato nemmeno un minutonda quando risuonò il primo colpo contro Illance all’ultimo che tolse la vita a Villuendas, scrive Horacio Ferrer nel suo libro Con el rifle al hombro. Inoltre dice; “Secondo quanto mi informarono, era convenuto che mentre Parets iniziava l’atto di perquisizione nell’albergo, doveva giungere un ufficiale di polizia con due candelotti di dinamite che sarebbero apparse nell’alloggio di Villuendas”, così si sarebbe accusato il parlamentare di voler far saltare la caserma della Polizia.
Il cadavere, denunciò Sanguily nel Senato, fu trascinato giù dalle scale per i piedi e la testa suonava come una tragica campana gradino dopo gradino. Dicono che la morte di Villuendas non era nei calcoli di Frías che voleva, sí, appartarlo dalla lotta elettorale del giorno seguente. Indubbiamente, Frías, non si stancò di proclamare ai quattro venti che egli aveva ordinato l’esecuzione. Ad ogni modo al suo ritorno all’Avana, estrada Palma lo ricevette come un eroe al Palazzo Presidenziale.
(Fonti: Con el rifle al hombro, (Col fucile in spalla, n.d.t.) di Horacio Ferrer e Doce muertes famosas, (Dodici morti famose, n.d.t.) di Manuel Cuéllar Vizcaíno. Con documentazione di Gonzalo Sala).


Muerte de Enrique Villuendas
Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
10 de Enero del 2015 20:15:08 CDT

En el llamado Ensanche del Vedado, una de las calles transversales a
Ayestarán lleva el nombre de Enrique Villuendas, coronel del Ejército
Libertador asesinado, ya en la República, en plena juventud. En el
número 409 de la calle Concordia, en el barrio habanero de San
Leopoldo, una tarja indica el lugar donde nació, aunque la casa que
exhibe dicha tableta en su fachada es de construcción posterior a la
fecha de su nacimiento.
En la ciudad de Cienfuegos, donde encontró la muerte, existe el parque
Enrique Villuendas, y otra tarja, en la fachada de lo que fue el hotel
La Suiza, rememora ese hecho.
Escribe Horacio Ferrer en su libro Con el rifle al hombro:
“Mucho se ha escrito sobre aquel triste acontecimiento. Los resultados
son de todos bien conocidos, pero la manera precisa como se
desarrollaron los hechos se ha falseado por uno y otro bando, según
las conveniencias de los políticos. Los gubernamentales aseguraban que
Villuendas se proponía volar la noche de aquel día el cuartel de la
Policía y que se quiso sorprenderlo in fraganti con sus bombas de
dinamita; la oposición afirmó que todo fue preparado con el único fin
de asesinar al culto y tenaz parlamentario”.
¿Quién fue Enrique Villuendas? ¿Cómo ocurrió su muerte?
Esta es la historia.

Se busca un pretexto

Las versiones acerca del suceso difieren en su esencia. Unos dicen que
Enrique Villuendas accedió a que registraran su habitación, y otros,
que se negó porque su condición de parlamentario hacía inviolables su
persona y su domicilio. Algunos aseveran que la Policía buscaba
pretextos para sorprenderlo con las manos en la masa y detenerlo, y
otros opinan que las autoridades aprovecharían el registro para
inculparlo por tenencia de explosivos, que “sembrarían” en el lugar.
Para unos, fue un incidente casual. Para otros, un hecho premeditado.
A Enrique Villuendas, joven representante a la Cámara de filiación
liberal, le cazaron la pelea en la ciudad de Cienfuegos y se lo
llevaron en la golilla.
Corría el año 1905 y el presidente Tomás Estrada Palma, instigado por
el ejecutivo del Partido Moderado, decidió ir a la reelección. Para
garantizarle el triunfo su Gabinete de Combate pareció no deparar en
obstáculos: perseguía sin tregua a los liberales y encarcelaba a
figuras prominentes de ese partido, ocupaba ayuntamientos y deponía a
alcaldes y concejales y cesanteaba a funcionarios públicos que no
fuesen afines al Gobierno, mientras que la prensa, según su tendencia
liberal o moderada, difundía noticias carentes a veces de fundamento,
pero que inflamaban los ánimos de sus seguidores... Figuras connotadas
del liberalismo como Juan Gualberto, José Miguel Gómez, Gerardo
Machado y Carlos Mendieta, entre otras muchas, habían sido víctimas
del ensañamiento del ministro de Gobernación de Estrada Palma, el
general Fernando Freyre de Andrade, un hombre que durante la Guerra de
Independencia no tuvo mando más que sobre su asistente y que en la paz
se convirtió en un maníaco de abuso y autoridad.
Llegó así el mes de septiembre. El día 23 se celebrarían en todo el
país elecciones para constituir los colegios electores. En Cienfuegos,
el senador José Antonio Frías asumía la dirección de la política
gubernamental, y Villuendas dirigiría la oposición, pero el 22, a las
11 de la mañana, Villuendas estaba muerto y un día después los
moderados copaban los colegios y se aseguraban la victoria en los
comicios generales del primero de diciembre.

Ronda la muerte

En la Guerra de Independencia Villuendas ganó los grados de coronel
con solo 21 años de edad. Comandó durante la contienda el Regimiento
Castillo, que combatió a las órdenes de José Miguel Gómez. A los 24
años resultó electo miembro de la Asamblea que redactó la Constitución
de 1901 --votó a favor de la Enmienda Platt-- y tenía 26 cuando ocupó un
escaño en la Cámara. Abogado. Gran orador. Tenía una agradable
presencia física y una simpatía que desbordaba. José Miguel lo quería
como a un hijo.
El 22 de septiembre, tres horas antes de que lo asesinaran, Villuendas
escribía al caudillo liberal: “Pude convencerme que tanto en el tren
por la mañana como en el Correccional por la tarde, se trataba de un
complot contra mi vida tramado por Frías. Cuando nos veamos le contaré
todo esto. El que había de matarme es un mulato, Mantilla, que
oportunamente se encasquilló y dijo que por 20 centenes no se exponía
a que yo lo matara a él. El de por la tarde era el propio Illance, que
me encañonó con su revólver a dos pasos de distancia...”.
Sobre esto, en su edición del día 21, el periódico La Lucha (liberal)
daba a conocer una nota de su corresponsal en Cienfuegos: “Esta tarde,
celebrándose el juicio correccional en que Villuendas defendía al
activo propagandista liberal José Fernández (Chichí) acusado
falsamente de injuriar a la policía se formó un fuerte escándalo por
parte de agentes de la autoridad al mando de los jefes Illance, Cueto,
Ruiz, Soto y otros. Entraron estos, revólver en mano, en el juzgado
correccional desalojando a todo el mundo y apuntando contra
Villuendas, quien estuvo admirable de valor y sangre fría...”.
El mismo día 21, La Discusión, diario rabiosamente gubernamental,
devolvía la pelota: “En vísperas de las elecciones para los colegios,
cuando parece asegurado el triunfo del Partido Moderado por su fuerza
en la opinión y brillante organización política, los liberales de
Cienfuegos quieren perturbar la tranquilidad a fin de dificultar la
lucha legal en los comicios. La policía municipal de Cienfuegos ha
ocupado una bomba que según se dice fue puesta con el objeto de
atentar contra la vida del señor Frías”.
Porque violencia hubo, en verdad, de parte y parte. Hoy se sabe que
fueron Villuendas, Carlos Mendieta y Orestes Ferrara los que instaron
a que se redujese a cenizas el Ayuntamiento de Vueltas para evitar así
que fuera ocupado por la Comisión del Gobierno que depondría a su
alcalde.

La tragedia

En el hotel La Suiza, sito en la calle San Carlos número 103, a media
cuadra del Parque Central cienfueguero, encontró la muerte Enrique
Villuendas. Ocupaba la habitación número uno de esa instalación
hotelera.
La Discusión relató los hechos de esta manera: “Con noticias la
policía de que en el hotel La Suiza, donde se alojaba el señor
Villuendas, se encontraba un depósito de armas, se procedió a
practicar un registro. Al subir el señor Illance, que mandaba la
fuerza pública, las escaleras del hotel, fue agredido brutalmente por
un grupo de liberales, quienes dispararon sobre él sus armas, dándole
muerte. Envalentonados por ese hecho atacaron enseguida a la fuerza
pública, que se vio precisada a repeler la agresión, haciendo una
descarga sobre el grupo que la asaltaba, viéndose caer entre varios
heridos al representante liberal Enrique Villuendas, que resultó
muerto”.
La realidad fue bien distinta, aunque sin duda los primeros disparos
partieron del grupo liberal. El capitán Illance, de la Policía, en
compañía de dos vigilantes, se personó en La Suiza y pidió a Nicanor
Sánchez, dueño del hotel, que lo condujera a la habitación de
Villuendas. Tenía lugar allí la reunión del comité municipal del
Partido Liberal y Villuendas ante la llegada de Illance pidió a los
reunidos que abandonaran el local. Dice Horacio Ferrer, que horas
después del incidente arribó a Cienfuegos como médico de un batallón
del Cuerpo de Artillería y que conversó con figuras de uno y otro
bando, que Villuendas, pese a su inmunidad, se dispuso a autorizar que
registraran su habitación.
El periodista Manuel Cuéllar Vizcaíno, en cambio, afirma que se negó
al registro. Comprendió Illance los derechos del Representante a la
Cámara y pidió al vigilante Parets que lo hiciera constar así en la
diligencia. Parets se dispone a redactar el documento y requiere la
presencia de un testigo. Se llama a Nicanor Sánchez, pero este se
niega porque, aduce, no sabe leer ni escribir y dice que enviará de
inmediato a un hombre de confianza.
En eso sale de la habitación número dos José Fernández, conocido por
“Chichí”. Se enfrenta cara a cara con Illance y sin pensarlo dos veces
lo fulmina. Parets, que está ocupado en la redacción del documento,
saca entonces su revólver, pero Villuendas se le echa encima y se
enfrascan en una lucha cuerpo a cuerpo. Chichí dispara contra Parets y
lo hiere. Sube el vigilante Andrés Acosta, que por órdenes de su jefe
había quedado apostado en el vestíbulo del hotel, y Chichí le
atraviesa el pecho con un balazo. Quiere Acosta repeler la agresión,
pero ya Chichí está fuera de su alcance y acude a donde todavía
forcejean Parets y Villuendas. Dispara y el parlamentario muere en el
acto.
“Si un espectador hubiera estado con reloj en mano tomando el tiempo,
no hubiera contado un minuto desde que sonó el primer tiro contra
Illance al último que privó de la vida a Villuendas”, escribe Horacio
Ferrer en su libro Con el rifle al hombro. Dice además: “Según a mí se
me informó, era lo convenido que mientras Parets iniciara el acta de
constitución en el hotel, debía llegar un oficial de la policía con
dos bombas de dinamita que aparecerían encontradas en el aposento de
Villuendas”, y se acusaría así al parlamentario de querer volar el
cuartel de la Policía.
El cadáver, denunció Sanguily en el Senado, fue arrastrado por los
pies escaleras abajo y la cabeza repicó, como una campana fatídica, de
escalón en escalón. Dicen que la muerte de Villuendas no estaba en los
cálculos de Frías, que quería, sí, apartarlo de la lucha comicial del
día siguiente. Sin embargo, Frías no se cansó de proclamar a los
cuatro vientos que él había ordenado la ejecución. De todas formas, a
su regreso a La Habana, Estrada Palma lo recibió como a un héroe en el
Palacio Presidencial.
(Fuentes: Con el rifle al hombro, de Horacio Ferrer, y Doce muertes
famosas, de Manuel Cuéllar Vizcaíno.
Con documentación de Gonzalo
Sala.)

 
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/


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