Pubblicato su Juventud Rebelde del 18/1/15
Fu un lavoratore
infaticabile. Adesso che è morto, sono tornato sulla sua cronologia e risulta
impressionante quello che arrivò a fare lungo i 78 anni che ha vissuto. René de
la Nuez non lasciò passare un giorno senza mettere un disegno sui suoi cartoncini.
Era molto giovane quendo si
fece conoscere come disegnatore. Debuttò in pubblicazioni studentesche e nella
rivista Páginas, del Circolo degli Artigiani di San Antonio de los Baños, sua
città natale. Ede ra anche molto giovane quando presentò – a due mani con Jsé
Luis Posada – la sua prima esposizione ed ottenne il primo dei molti
riconoscimenti che avrebbe conquistato nella sua lunga carriera. Vent’anni dopo
di quel riconoscimento iniziale, si considerava tra i migliori cento
caricaturisti del mondo e posteriormente meriterà il Premio Nazionale
dell’Umore (2008). Quattro anni più tardi il Premio Nazionale delle Arti
Plastiche coronava la sua opera.
Il
fatto è che René de la Nuez eccelse, e in che modo, in tutte le sfaccettature
dell’umore che coltivò: quello di costume, il politico, la caricatura, l’umore
bianco...non per niente l‘Università di Alcalá di Henares, in Spagna, lo nminò
Professore Emerito nella categoria dell’umore grafico.
Suo
padre fu l’influenza più remota. Non era pittore né disegnatore, ma gli piaceva
dipingere e disegnare e i suoi modesti tentativi da dilettante ispirarono il
figlio, lo motivarono e gli fecero pensare che anche lui poteva farlo. Daltra
parte, a San Antonio de los Baños, esisteva un clima propizio per il disegno. Di
lì era oriundo Eduardo Abela, il creatore de El Bobo (lo scemo, n.d.t.)m uno
dei personaggi meglio delineati e con maggiori sfaccettature dell’umorismo
grafico cubano.
Nella
località coincisero il già citato Posada, Peroga, Jesús de Armas e Manuel Alonso
che fu l’iniziatore dell’umorismo grafico locale.
Con
le loro concezioni e realizzazioni, questi artisti, tanto giovani in alcuni
casi come lo stesso Nuez, lo aiutarono alla ricerca della propria opinione, a
cercare e fare un umorismo lontano dalla ordinarietà, lungi dalla battuta per
la battuta e che fosse anche un’opera artistica di valore.
Nuez
dedicò oltre mille disegni alla causa de popolo vietnamita e molti altri alla
lotta del Cile contro il fascismo di Pinochét.
Realizzò
mostre personali a Praga, Mosca, Vienna, Managua, Berlino e in numerose città
messicane, così come in Francia, India, Canada. Titoli come Allí fumé, El humor NUEZtro de cada día y
Cuba, risaltano fra i suoi libri.
L’artista
disse in un’opportunità che l’umorismo doveva essere essenzialmente critico. Disse
inoltre: “L’uorismo è ovunque. È un modo di vedere la vita, assumere e
affrontare i problemi”.
Aggiunse
anche: “Non posso vivere senza l’Avana e quindi, senza Cuba. Qua mi nutro. Mi
piace moltissimo vedere il mare, se non lo vedo, muoio...Ho chiesto che le mie
ceneri le getino in mare, nelle profondità del Golfo, non ai bordi, perché mi
piace pensare che arriveranno al Meditarraneo, in Tunisia, negli Stati Uniti,
in qualunque altro posto. È qualcosa di bello. Un modo di continuare ad essere
vivo senza esserlo...”
Fare il matto
Ricordate
El Loquito (Il Pazzerello, n.d.t.)? È uno dei personaggi più popolari della
caricatura cubana. Un assieme di occhi strabici e naso a cartoccio, con
perennemente in testa un cappello di carta di giornale che sebbene non parlasse
diceva con lucidità luciferina quello che la dittatura di Fulgencio Batista
pretendeva di nascondere con la repressione e la censura. El loquito faceva
allusioni che il popolo sapeva tradurre e interpretare. Se il personaggio leggeva
sulla stampa di una “Grande offerta, 33,33 per cento di sconto”, era
evidenteche lanciava un avvertimento contro gli informatori batistiani ai quali
si pagava 33 pesos e 33 centesimi per il loro deplorevole compito. O
raccomandava di muoversi con cautela davanti alla censura della stampa quando,
davanti a un fioraio, vedeva un cartello che diceva: “Ditelo con i fiori”. In
un altro disegno El Loquito“ mette molto vicine le dita indice e pollice di una
delle sue mani; sostiene qualcosa di piccolo. Il testo dice: “Un granello di
sabbia”; un invito a collaborare con la lotta insurrezionale. In un altro vede
arrivare un autobus della linea 30 che faceva il percorso tra il Reparto
Sierra, a Marianao e il centro dell’Avana. Messaggio chiarissimo: è prossima la
vittoria della Rivoluzione.
La
dottoressa Adelaida de Juan dice nel suo libro Pintura cubana: temas y variaciones – Union, l’Avana, 1978 – che
come il Bobo di Abela, El loquito di René de la Nuez, porta un nome che indica
la sua condizione di necessario inganno alle autorità. Uno “fa” lo scemo e
l’altro il matto e nella loro apperente semplicità, nascondono la loro
posizione ferma.
La
menzionata saggista puntualizza: “Fare lo scemo (o il matto) rappresenta
colloquialmente l’uomo intelligente che si vede obbligato a camuffare il suo
genio. In questo si differenziano dal rimo simbolo repubblicano del popolo, il
Liborio di Torriente”. Liborio cresce in un’epoca di grandi delusioni
politiche, è carente di speranze, non ha fede che la sua situazione, un giorno,
cambi; è amareggiato, vede se stesso come una vittima. Così non si vedono El
Bobo né El Loquito. Adelaida segnala: “Hanno armi per combattere, riflesso
della lotta rivoluzionaria e delle loro rispettive epoche”.
Nuez
volle cercare il suo Liborio, questi è un personaggioche simbolizzò il cubano
dei suoi tempi. Ma a differenza di quello di Torriente che le è sempre apparso
passivo e tollerante, voleva un personaggio più vivace. Un giorno, passando in
autobus davanti all’ospedale dei Dementi di Mazorra, gli venne l’idea de El
Loquito. La lotta sulla Sierra Maestra era cominciata, la dittatura accentuava
la repressione e il personaggio, con la sua follia, diceva la verità di quello
che succedeva nel Paese, cosa che non sempre poteva essere detta dalla stampa.
Quando
ideò El Loquito, Nuez disponeva di uno spazio settimanale fisso nel settimanale
Zig Zag la pubblicazione umoristica cubana più importante del momento.
José
Manuel Roseñada, direttore di Zig Zag, accolse immediatamente El loquito, che
non rivelò i suoi veri propositi nelle sue prime uscite in pubblico. All’inizio
faceva solo pazzie, cose senza molto senso e fu cadendo, poco a poco, nel
politico. Così creò le sue chiavi. Il suo creatore aveva un vantaggio sul resto
dei suoi compagni di redazione: era vincolato al “26 de Julio” ed era legame
del coordinatore provinciale del Movimento. Così conosceva molto bene le
notizie dalla Sierra Maestra, della lotta clandestina nelle città e a partire
da lì, anche El Loquito le avrebbe sapute.
Altri personaggi
Fu
un personaggio che prese nella coscienza collettiva. Grazie a lui, il suo
creatore, si vide coinvolto in situazioni davvero commoventi come quando, un
giorno del 1958, ricevetta a Zig Zag un gruppo di massoni che gli fece visita
credendolo in pericolo. Per una di questa casualità della vita, El Loquito,
appariva in un gesto che loro identificarono come segnale di aiuto massonico ed
erano lì per offrirgli il loro aiuto.
Altri
personaggi di Nuez penetrarono così nel pubblico. El Barbudo ha un precedente
nelle stesse caricature de El Loquito, anteriori al 1959, nelle quali appare
Fidel.
Dopo
la vitoria della Rivoluzione, questo personaggio attraversa tappe in cui si
arricchisce e divente simbolo del popolo cubano. È in filo conduttore dentro la
caricatura dell’artista: porta la voce del popolo e della Rivoluzione e Nuez ha
voluto vederlo come l’aspetto maschile de La Flora, di René Portocarrero.
Nella
stessa linea c’è un altro suo personaggio, Mogollón. Apparve prima della
promulgazione della legge sul vagabondaggio (1971) come un modo di creare un
rigetto, nella popolazione verso il vagabondo e
quando, alla fine apparve la legge, il popolo bruciò la sua immagine in
tutte le province. Il curioso è che Nuez si era riproposto, con la legge ancora
in vigore, di continuare a utilizzarlo. Non poté farlo, vista la reazione
popolare. Se la gente aveva bruciato Mogollón, questi già non esisteva e lo
fece sparire con la stessa allegria con cui lo aveva concepito. Il giorno
seguente, nelle pagine del giornale Granma appariva un altro personaggio, di
cognome Mogollones, che non era esattamente un vagabondo, ma apparteneva alla
stessa famiglia: un soggetto indolente, apatico indifferente allo sforzo
altrui.
Il
popolo aveva già sotterrato Don Cizaño, altro suo personaggio, simbolo della
stampa borghese. Il giorno in cui il Governo Rivoluzionario nazionalizzò le
pubblicazioni che rimanevano in mano alla borghesia, gli studenti si lanciarono
nelle strade con un feretro. Dentro c’era Don Cizaño. Allora divenne
impossibile che il suo creatore continuasse ad utilizzarlo. Anche El loquito
perse la sua ragione di esistere. Nel gennaio del 1959, Fidel inviò alla
direzione di Zig Zag una lettera nella quale si congratulava con col personale
del settimanale e in particolare con El Loquito per la posizione tenuta durante
la lotta. Poco dopo, manco a dirlo, i proprietari di Zig Zag cominciarono a
entrare in contraddizione con la Rivoluzione e cominciarono i problemi tra Nuez
e Roseñada. Le differenze diventarono crisi in maggio. Operai armati sfilarono
per le strade per esprimere la volontà di difendere la Rivoluzione fino alle
ultime conseguenze e Roseñada si oppose a che Nuez mettesse i lavoratori e le
loro armi nella sua vignetta. Allora l’artista se ne andò dal settimanale, dove
gli pagavano già bene i suoi disegni e El Loquito riapparve nelle pagine del
giornale Revolución. Aveva Don Cizañp come contrapposto.
Con
i giorni El loquito perse il suo senso. La Rivoluzione era al potere e il
personaggio non doveva dire cifratamente quello che poteva gridare a piena
voce, non doveva già ingannare nessuna censura. I suoi sogni si erano fatti
realtà e smise di apparire.
El
loquito, col tempo, giunse ad apparire ingenuo al suo creatore. Nello
strettamente professionale gli insegnò ne passare dei mesi, a risolvere
problemi di disegno in uno spazio molto ridotto. Si apprezzeranno i suoi
cambiamenti se si osserva, in ordine cronologico, la collezione di Zig Zag;
variazioni, non in quanto alla filosofia del personaggio, ma in relazione al
disegno e le soluzioni prese. Alla periferia di San Antonio de los Baños si
eresse un monumento a El Loquito. Questa è la storia. Adesso lo è anche il suo
creatore, Rné de la Nuez.
Nuez a primera vista
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
17 de Enero del
2015 19:41:04 CDT
Fue un
trabajador infatigable. Ahora que ha muerto, volví sobre su cronología y
resulta impresionante lo que llegó a hacer a lo largo de los 78 años que vivió.
René de la Nuez no dejó pasar un día sin llevar el dibujo a sus cartones.
Era muy joven
cuando se dio a conocer como dibujante. Debutó en publicaciones estudiantiles y
en la revista Páginas, del Círculo de Artesanos de San Antonio de los Baños, su
ciudad natal. Y era muy joven asimismo cuando presentó --a dos manos con José
Luis Posada-- su primera exposición y obtuvo el primero de los muchos
galardones que conquistaría en su larga carrera. Veinte años después de aquel
reconocimiento inicial, se le conceptuaba entre los cien mejores caricaturistas
del mundo, y con posterioridad merecería el Premio Nacional del Humor (2008).
Cuatro años más tarde, el Premio Nacional de Artes Plásticas coronaba su quehacer.
Y es que René
de la Nuez sobresalió y de qué manera en todos los costados del humor que
cultivó: lo costumbrista, lo político, la caricatura personal, el humor
blanco... No en balde la Universidad de Alcalá de Henares, en España, lo
designó Profesor de Mérito en la categoría de humorismo gráfico.
Su padre fue su
influencia más remota. No era pintor ni dibujante, pero gustaba de pintar y
dibujar, y sus modestos afanes de aficionado inspiraron al hijo, lo motivaron y
le hicieron pensar que él también podría hacerlo. Por otra parte existía en San
Antonio de los Baños un clima propicio para el dibujo. De allí era oriundo
Eduardo Abela, el creador de El Bobo, uno de los personajes mejor delineados y
con mayores aristas del humorismo gráfico cubano. Coincidieron en la localidad
el ya aludido Posada, Peroga, Jesús de Armas y Manuel Alonso, que fue allí el
iniciador del humorismo gráfico.
Con sus
concepciones y realizaciones, esos artistas, tan jóvenes en algunos casos como
el mismo Nuez, lo ayudaron a bosquejar la opinión propia, a buscar y hacer un
humor alejado de lo chabacano, lejos del chiste por el chiste y que fuera
también obra artística de valor.
Más de mil
dibujos dedicó Nuez a la causa del pueblo vietnamita, y otros muchos a la lucha
de Chile contra el fascismo pinochetista.
Realizó
exposiciones personales en Praga, Moscú, Viena, Managua, Berlín y en numerosas
ciudades mexicanas así como de Francia, India, Canadá. Títulos como Allí fumé,
El humor NUEZtro de cada día y Cuba sí sobresalen entre sus libros.
Expresó el
artista en una oportunidad que el humor tenía que ser esencialmente crítico.
Dijo además: “El humor está en todo. Es una forma de ver la vida y asumir y
enfrentar los problemas”.
Dijo también:
“No puedo vivir
sin La Habana y, por ende, sin Cuba. Aquí me nutro. Me gusta muchísimo ver el
mar, y si no lo veo, me muero... He pedido que mis cenizas las echen al mar, en
las profundidades del golfo, no en la orilla, porque me gusta pensar que
llegarán al Mediterráneo, a Túnez, a Estados Unidos, a cualquier otro lugar.
Eso es algo lindo. Una forma de seguir vivo sin estarlo...”.
Hacerse el loco
¿Recuerdan a El
Loquito? Es uno de los personajes más populares de la caricatura cubana. Un
ente de ojos estrábicos y nariz de cucurucho, tocado invariablemente con un
gorro de papel periódico, que aunque no hablaba decía con lucidez luciferina
aquello que la dictadura de Fulgencio Batista pretendía ocultar con la
represión y la censura. El Loquito hacía alusiones que el pueblo sabía traducir
e interpretar. Si el personaje leía en la prensa el anuncio de una “Gran oferta,
33,33 por ciento de rebaja”, se hacía evidente que lanzaba una advertencia
contra los chivatos batistianos, a los que se les pagaba 33 pesos con
33 centavos por
su deplorable proceder. O que recomendaba moverse con cautela ante la censura
de prensa cuando, delante de una florería, veía un cartel que decía: “Dígalo
con flores”. En otro dibujo, El Loquito coloca muy juntos los dedos índice y
pulgar de una de sus manos; sostiene algo pequeño. El texto dice: “Un granito
de arena”; un llamado a colaborar con la lucha insurreccional. En otro, ve
llegar un ómnibus de la ruta 30, que hacía el recorrido entre el reparto La
Sierra, en Marianao, y el centro de La Habana. Mensaje clarísimo: está próximo
el triunfo de la Revolución.
Dice la doctora
Adelaida de Juan, en su libro Pintura cubana: temas y variaciones --Unión, La
Habana, 1978-- que al igual que El Bobo, de Abela, El Loquito, de René de la
Nuez, lleva un nombre que indica su condición de necesario engaño a la
autoridad. Uno se “hace” el bobo, el otro, el loco, y en su aparente ingenuidad
y simpleza esconden su firme posición. Puntualiza la mencionada ensayista: “Hacerse
el bobo (o el loco) representa coloquialmente al hombre inteligente que se ve
obligado a enmascarar su ingenio. En esto se diferencian del primer símbolo
republicano del pueblo, el Liborio, de Torriente”. Liborio crece en una época
de grandes decepciones políticas, carece de esperanzas, no tiene fe en que su
situación cambiará un día; está amargado, se ve a sí mismo como una víctima. No
se ven así El Bobo ni El Loquito. Señala Adelaida: “Tienen armas de combate,
reflejo de la lucha revolucionaria de sus épocas respectivas”.
Nuez quiso
buscar su Liborio, esto es, un personaje que simbolizara al cubano de su
tiempo. Pero a diferencia del de Torriente, que siempre le pareció pasivo y
aguantón, quería a un personaje más vivo. Un día, al pasar en un ómnibus frente
al Hospital de Dementes de Mazorra, se le ocurrió El Loquito. La lucha en la
Sierra Maestra había comenzado, la dictadura acentuaba la represión y el
personaje, con su locura, diría la verdad de lo que sucedía en el país, lo que
no siempre podía ser dicho por la prensa.
Cuando ideó El
Loquito, Nuez disponía ya de un espacio semanal fijo en Zig Zag, la publicación
humorística cubana más importante del momento.
Al comienzo no
devengaba pago alguno por sus cartones, pero eso resultaba secundario para el
joven dibujante, que agradecía la posibilidad de publicar en dicho semanario y
de relacionarse con algunos de los más destacados humoristas de la época.
José Manuel
Roseñada, director de Zig Zag, acogió de inmediato a El Loquito, que no
revelaría sus verdaderos propósitos en sus primeras salidas en público. Al
comienzo hizo solo locuras, cosas sin mucho sentido y fue cayendo
paulatinamente en lo político. Así creó sus claves. Su creador tenía una
ventaja sobre el resto de sus compañeros de redacción: se hallaba vinculado al
26 de Julio y era enlace del coordinador provincial del Movimiento. Así,
conocía muy bien las noticias de la Sierra Maestra y de la lucha clandestina en
las ciudades, y a partir de ahí El Loquito también las sabría.
Otros personajes
Fue un
personaje que prendió en la conciencia colectiva. Gracias a él su creador se
vio envuelto en situaciones verdaderamente conmovedoras, como cuando un día de
1958 recibió en Zig Zag a un grupo de masones que lo visitó al creerlo en
peligro. Por una de esas casualidades de la vida, en una caricatura El Loquito
aparecía con un gesto que ellos identificaron como una señal de auxilio
masónico y allí estaban para ofrecerle su ayuda.
Otros
personajes de Nuez calaron asimismo en el público. El Barbudo tiene su
antecedente en las propias caricaturas de El Loquito, anteriores a 1959, en las
que aparece Fidel. Después del triunfo de la Revolución ese personaje atraviesa
etapas en las que se enriquece y deviene símbolo del pueblo cubano. Es un hilo
conductor dentro de la caricatura del artista: lleva la voz del pueblo y la
Revolución, y Nuez ha querido verlo como el masculino de la Flora, de René
Portocarrero.
En la misma
línea está otro personaje suyo, Mogollón. Apareció antes de la promulgación de
la ley contra la vagancia (1971) como una forma de crear en la población el
rechazo hacia el vago, y cuando al fin apareció la ley el pueblo quemó su
imagen en todas las provincias. Lo curioso es que Nuez se había propuesto, aun
con la ley en vigencia, seguir utilizándolo. No pudo hacerlo dada la reacción
popular. Si la gente lo había quemado, Mogollón ya no existía y lo hizo
desaparecer con la misma alegría con la que lo concibió. Al día siguiente, en
las páginas del periódico Granma aparecía otro personaje, de apellido
Mogollones, que no era propiamente un vago, pero pertenecía a la misma familia,
un sujeto indolente, apático, indiferente al esfuerzo ajeno.
Ya el pueblo
había enterrado a Don Cizaño, otro personaje suyo, símbolo de la prensa
burguesa. El día en que el Gobierno Revolucionario nacionalizó las
publicaciones que quedaban aún en manos de la burguesía, los estudiantes se
echaron a la calle con un ataúd.
Dentro iba Don
Cizaño. Se hizo imposible entonces que su creador siguiera utilizándolo.
También El
Loquito perdió su razón de existir. En enero de 1959 Fidel remitió a la
dirección de Zig Zag una carta en la que felicitaba al colectivo del semanario,
y muy especialmente a El Loquito, por la posición mantenida durante la lucha.
Poco después, sin embargo, los propietarios de Zig Zag comenzaron a entrar en
contradicciones con la Revolución y empezaron los problemas entre Nuez y
Roseñada. Las diferencias hicieron crisis en mayo. Obreros armados desfilaron
por las calles para expresar así su decisión de defender la Revolución hasta
las últimas consecuencias y Roseñada se opuso a que Nuez llevara a los
trabajadores con sus armas a su caricatura. Entonces el artista se fue del
semanario, donde ya le pagaban muy bien sus dibujos, y El Loquito reapareció en
las páginas del periódico Revolución. Tenía a Don Cizaño de contrafigura.
Con los días,
El Loquito perdió sentido. La Revolución estaba en el poder y el personaje no
tenía que decir en clave lo que podía gritar a voz en cuello, no debía burlar
ya ninguna censura. Sus sueños se habían hecho realidad, y dejó de salir.
El Loquito, con
el tiempo, llegó a parecer ingenuo a su creador. En lo estrictamente
profesional, le enseñó, a lo largo de meses, a resolver problemas de dibujo en
un espacio muy reducido. Se apreciarán sus cambios si se revisa, en orden
cronológico, la colección de Zig Zag; variaciones no en cuanto a la idea y
filosofía del personaje, sino en relación con el dibujo y las soluciones. Un
monumento a El Loquito se erigió en las afueras de San Antonio de los Baños.
Está en la historia. Y ahora lo está también su creador, René de la Nuez.
Ciro Bianchi Ross
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