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mercoledì 16 ottobre 2013

Dizionario demenziale

CAMOSCIO: abitazione di persona triste

martedì 15 ottobre 2013

Ci voleva tanto?

Già da giorni è stato ricollocato in una posizione, meno scomoda e pericolosa, il misterioso container "parcheggiato" nell'Avenida Ayestaran, come segnalato con post del 29 settembre scorso (per una città migliore) e trasmesso per conoscenza al Granma.


Settimana della Lingua Italiana e Settimana della Cultura

Notizia di agenzia interessante, peccato non ci siano le date e che l'ambasciata, come sempre, non da nessuna informazione.


Pei News/ La Settimana della lingua italiana nel mondo passa da Cuba
Nell’occasione celebrato anche il bicentenario della nascita di Verdi
di red - 15 ottobre 2013 12:57 fonte ilVelino/AGV NEWS Roma
Anche a Cuba si celebrerà la Settimana della lingua italiana nel mondo, con una serie di iniziative ad hoc organizzate dalla nostra ambasciata a L’Avana. L’evento, giunto alla sua ventitreesima edizione, quest’anno ha come tema “Ricerca, scoperta, innovazione: l'Italia dei saperi”. Proprio da qui si è partiti per la stesura del programma nel quale sono stati attivamente coinvolti i rappresentanti istituzionali locali e altri interlocutori autorevoli. Si comincia con la conferenza “Le imprenditrici del Mezzogiorno: storie di donne intraprendenti al Sud”, presso la facoltà di Lingue straniere (Flex) dell’Università dell’Avana e si conclude con un dibattito e una visita dei giovani alunni della Dante Alighieri all’esposizione permanente “Il genio di Leonardo Da Vinci”. Tra questi due eventi, una serie di lezioni, proiezioni, concerti e conferenze. Molte delle iniziative hanno come protagonista Giuseppe Verdi, in quanto nel 2013 cade il bicentenario della nascita del grande compositore italiano. A questo proposito sono state realizzate a Holguin, con il sostegno dell’ambasciata, una serie di attività tra cui due seminari su “L’altro Verdi, tra amori, lettere e vita da possidente” e “Verdi e il cinema” e concerti dedicati al grande maestro italiano.

Per la serie se la montagna non va a Maometto...abbiamo richiesto il programma all'Ambasciata che nella persona della signora Cinzia Rizzotti, lo ha gentilmente inviato a LatitudCuba:

«Nata nel 2001 da una felice intesa tra
il Ministero degli Esteri e l'Accademia
della Crusca, sotto l'Alto Patronato del

Presidente della Repubblica, la Settimana
della Lingua Italiana nel mondo si è
sviluppata nel corso degli anni orientando
su un tema specifico le forze di molti
soggetti istituzionali, che collaborano con
la rete delle Ambasciate, dei Consolati
e degli Istituti di Cultura all'estero.

La lingua è parte integrante della cultura
di un paese, ma è soprattutto il veicolo
privilegiato per trasmetterla al di fuori
dei confini nazionali. Proprio per questo
la Settimana è stata pensata come un
contenitore di eventi che abbiano come
comune denominatore la promozione della
lingua italiana, strumento fondamentale
per capire le nostre tradizioni culturali,
il nostro modo di vivere».

«Nacida en 2001 por un feliz acuerdo
entre el Ministerio de Relaciones Exteriores
y la Accademia della Crusca, con el Alto
Patronato del Presidente de la República,
la Semana de la Lengua Italiana en el
mundo se ha desarrollado en estos años
orientando sobre un tema específico las
fuerzas de muchas entidades que colaboran
con la red de Embajadas, Consulados
e Institutos de Cultura en el extranjero.

El idioma es parte esencial de la cultura
de un país, pero es sobre todo el vehículo
privilegiado para transmitirla más allá
de los confines nacionales. Por esta razón
la Semana ha sido concebida como
un contenedor de eventos que tienen como
denominador común la promoción de la
lengua italiana, instrumento fundamental
para comprender nuestras tradiciones
culturales, nuestra manera de vivir».


Promossa da:

Ministero degli Affari Esteri
Accademia della Crusca
Società Dante Alighieri
Con l’Alto Patronato del Signor Presidente della Repubblica


In collaborazione con:

Ambasciata d'Italia a Cuba
Società Dante Alighieri – Comitato L'Avana
Oficina del Historiador de La Habana
Facultad de Lenguas Extranjeras (UH)
Cátedra Leonardo Da Vinci (ISPJAE)
Cátedra de la mujer – Facultad de Psicología (UH)
Instituto de Investigaciones Fundamentales
en Agricultura Tropical (INIFAT) - Santiago de Las Vegas
Proyecto Comunitario El Ajiaco – Santiago de Las Vegas


XIII settimana
della lingua italiananel mondo

14 - 20 ottobre 2013

Ricerca, Scoperta, Innovazione:
l'Italia dei Saperi

Programma:

Lunedì 14 ottobre

h. 11:30
Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Universidad de La Habana – Aula 201
Conferenza: Le imprenditrici del Mezzogiorno: storie di donne intraprendenti al Sud
Prof.ssa Rossella del Prete - Università del Sannio, Benevento

h. 19:00
Antigua Iglesia de San Francisco de Paula
Concerto inaugurale della XIII Settimana della Lingua Italiana:
Fiori musicali. Canzoni e Danze italiane dei secoli XVI e XVII

Conjunto de Música Antigua Ars Longa, direzione di Teresa Paz
Alla presenza di S.E. l'Ambasciatore d'Italia a Cuba, Carmine Robustelli

Martedì 15 ottobre

h. 10:00
Instituto de Investigaciones Fundamentales en Agricultura Tropical Alejandro de Humboldt
(INIFAT) Calle 2, e/ 1 y Linderos, Santiago de Las Vegas
Proiezione dell'opera La vera storia, musica di Luciano Berio, libretto di Italo Calvino

A cura di: Mo. Àngel Vázquez Millares (ICRT), Dott.ssa Cristina Secci (UNAM-Messico)
Nel quadro delle attività celebrative per il 90º anniversario della nascita di Italo Calvino

h. 15:00
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) – Aula 201
Classe aperta: Il Decameron di Boccaccio e di Pier Paolo Pasolini
Prof.ssa Emanuela Fusaro - Lettorato di Italiano presso la FLEX
Nel settecentesimo anniversario della nascita di Giovanni Boccaccio


h. 17:00
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferenza: Leonardo Da Vinci innovatore
A cura di: Ernesto Lorenzo, José Leandro Leiro - Cátedra Leonardo Da Vinci - ISPJAE

Mercoledì 16 ottobre

h. 10:00
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferenza: Donne tra arte, professioni e affari
Prof.ssa Rossella del Prete - Università del Sannio, Benevento

h. 13:00
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Salón de Reuniones
Premiazione Concorso letterario Scrivi con me per alunni del III e IV anno della FLEX
Completamento del racconto di Carlo Lucarelli Il bambino del faro
h. 17:00
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferenza: L'altro Verdi, tra amori, lettere e vita da possidente
Davide Barilli - Redattore di La Gazzetta di Parma e scrittore

Giovedì 17 ottobre

h. 9:30
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) – Aula 201
Conferenza: Ricerca e innovazione: la lingua italiana di ieri, oggi e domani
Alberto Lentini - Giornalista libero professionista

h. 15:00
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) – Aula 201
Conferenza: Verdi e il cinema
Davide Barilli - Redattore di La Gazzetta di Parma e scrittore

Venerdì 18 ottobre

h. 10:00
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferenza: Ricerca e innovazione: la lingua italiana di ieri, oggi e domani
Alberto Lentini - Giornalista libero professionista
A seguire: Franco Cardellino presenta «Tutto in un punto», Cosmicomica di I. Calvino
Sabato 19 ottobre

h. 10:00
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Classe aperta: Il genio di Leonardo Da Vinci: l..ingegneria
Per gli alunni del Corso per bambini della Dante Alighieri.
A seguire: Visita guidata all'Esposizione permanente El genio de Leonardo Da Vinci
Salón Blanco de la Basílica Menor del Convento San Francisco de Asís
A cura di: Prof. Alberto Calvo González - Cátedra Leonardo Da Vinci - ISPJAE

Lunes 14 de octubre

11:30 am
Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Universidad de La Habana - Aula 201
Conferencia: Las empresarias de la Italia Meridional: historias de mujeres
emprendedoras del Sur
Profesora Rossella del Prete - Universidad del Sannio, Benevento

7:00 pm
Antigua Iglesia de San Francisco de Paula
Concierto inaugural de la XIII Semana de la Lengua Italiana:
Flores musicales. Canciones y Danzas italianas de los siglos XVI y XVII

Conjunto de Música Antigua Ars Longa. Dirección: Teresa PazCon la presencia de S.E. el Embajador de Italia en Cuba, Carmine Robustelli

Martes 15 de octubre

10:00 am
Instituto de Investigaciones Fundamentales en Agricultura Tropical Alejandro de Humboldt
(INIFAT) Calle 2, e/ 1 y Linderos, Santiago de Las VegasProyección de la obra La verdadera historia. Música:Luciano Berio, libreto: Italo Calvino,
a cargo del Mtro. Ángel Vázquez Millares (ICRT) y la Dra Cristina Secci (UNAM - México)
en el marco de las actividades conmemorativas por los 90 años del nacimiento de I. Calvino
3:00 pm
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Aula 201
Aula abierta: El Decamerón de Boccaccio y de Pier Paolo Pasolini
Por los 700 años del nacimiento de Giovanni Boccacio
Profesora Emanuela Fusaro - Lectorado de Italiano en la FLEX

5:00 pm
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferencia: Leonardo Da Vinci innovador
A cargo de Ernesto Lorenzo y José Leandro Leiro - Cátedra Leonardo Da Vinci - ISPJAE

Miércoles 16 de octubre

10:00 am
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferencia: Mujeres entre artes, profesiones y negocios
Profesora Rossella del Prete - Universidad del Sannio, Benevento

1:00 pm
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras - Salón de Reuniones
ro to

Premiación concurso literario Escribe conmigo, para alumnos del 3 y 4 año de la FLEX
Completamiento del cuento de Carlo Lucarelli El niño del faro

5:00 pm
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Conferencia: El otro Verdi, entre amores, cartas y vida de terrateniente
Davide Barilli - Redactor de La Gaceta de Parma y escritor

Jueves 17 de octubre

9:30 am
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Aula 201Conferencia: Investigación e innovación: la lengua italiana de ayer, hoy y mañana
Alberto Lentini - Periodista profesional independiente

3:00 pm
Universidad de La Habana - Facultad de Lenguas Extranjeras (FLEX) - Aula 201
Conferencia: Verdi y el cine
Davide Barilli - Redactor de La Gaceta de Parma y escritor

Viernes 18 de octubre

10:00 am
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21Conferencia: Investigación e innovación: la lengua italiana de ayer, hoy y mañana
Alberto Lentini - Periodista profesional independiente
Seguidamente: Franco Cardellino en..Todo en un punto”, Cosmicómica de I. Calvino

Sábado 19 de octubre

10:00 am
Dante Alighieri, Casa Garibaldi - Callejón de Jústiz, 21
Aula abierta: El genio de Leonardo Da Vinci: la ingeniería
Para los alumnos del Curso para niños de la DanteA continuación: Visita a la exposición permanente El genio de Leonardo Da Vinci
Salón Blanco de la Basílica Menor del Convento San Francisco de Asís
A cargo del Profesor Alberto Calvo González - Cátedra Leonardo Da Vinci - ISPJAE


Ci ha anche comunicato che la tradizionale Settimana della Cultura si terrà dal 25 novembre al 1° dicembre, ma il programma non è ancora stato reso noto.

Dizionario demenziale

CAMORRA: luogo per il gioco della morra

lunedì 14 ottobre 2013

Il santo che uccise un uomo, di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 13/10/13

Successe nei giorni della presa dell’Avana da parte degli inglesi (1762/63 n.d.t.), lo racconta Álvaro de la Iglesia in una delle sue Tradizioni cubane. La fanteria nemica sbarcò a Cojimar e ci mise poco a prendere il cammino per Guanabacoa i cui abitanti, vista la prossimità dell’invasore, se ne andarono dalla località in fretta e furia portandosi quanto consideravano di valore. Due ore dopo la fuga dei suoi abitanti, gli inglesi penetrarono a Guanabacoa. È da immaginarsi quello che vi successe. Quello che capita in una città presa dagli invasori; quello che l’invasore vuole o di cui ha bisogno, lo prende senza chiederlo e, se qualcuno reclama, lo si fucila o rinchiude.
Una volta nell’abitato, gli occupanti compresero immediatamente qual’era il posto migliore per il loro alloggio, l’edificazione più ampia, bella, igienica e ventilata era il convento di San Domenico. Vi si installarono i capi e gli ufficiali, nelle celle dei monaci, mentre la truppa, senza curarsi della santità del luogo trasformava il tempio in dormitorio e scuderia e gli altari in presepi senza che niente, nelle navate del convento, sfuggisse alla profanazione e volgarità della soldataglia.
La città era stata saccheggiata e non restava niente di valore nelle case deserte e silenziose. Gli invasori ricavarono un considerevole bottino in templi e monasteri. I guanabacoensi confidarono che il colonnello Caro, il capo locale, avrebbe resistito agli invasori, ma l’uomo si dimostrò altrettanto vile e inetto, come superbo e presuntuoso. D’altra parte era stato tutto molto rapido e la gente, fiduciosa nella difesa della città che Caro avrebbe fatto, poté appena salvare le cose di maggior valore delle loro proprietà, nel mentre i frati assicuravano i bicchieri sacri e le reliquie, ma non poterono fare lo stesso con l’oro e l’argento dei loro templi.
Quando, all’interno del convento, non c’era già più niente da rubare o rompere, un soldato che stava smaltendo una sbornia, steso sul pavimento, scorse un oggetto brillante che risaltava in una della dita della statua di San Francisco Javier, Apostolo delle Indie, collocata in una delle nicchie dell’altare maggiore. Quello che brillava era un anello di valore che il vescovo Laso de la Vega aveva donato al santo quando benedì il tempio nel 1748, al termine delle ristrutturazioni che si fecero in loco.
L’inglese volle impadronirsi dell’anello, ma ci voleva una scala per arrivare alla statua. Non c’era e la sbornia, che gli permetteva a malapena di star in piedi, impediva al soldato di scalare il tabernacolo.
Allora cercò di infilare la statua in una corda e tirarla per toglierla dalla sua sede. Fatica inutile. San Francisco Javier risaltava inamovibile nel suo trono, nonostante gli scherzi sacrileghi. Alla fine però l'immagine cedette. Volò dall’altezza in cui si trovava cadendo sopra il soldato.
Ripresisi dalla sorpresa per l’incidente che li lasciò ammutoliti e pallidi per qualche istante, gli inglesi cercarono di rianimare il loro compagno. Ma non ci sarebbe stato Dio che rianimasse un morto. Quando si resero conto dell’inutilità dei loro sforzi lasciarono il cadavere e, con assoluta flemma britannica, si misero a cercare l’anello che li ingolosiva. Sforzo inutile. Il gioiello era sfuggito dal dito di San Franceso Javier e non si poté ritrovare, per molto che tante paia di occhi aperti dall’avidità, si impegnassero a cercarlo.
Dopo l’uscita degli inglesi dall’Avana, il santo che uccise un uomo tornò nella sua formella, poi si ripararono le ammaccature e avarie causate dagli invasori sul suo corpo, ostinati a credere che San Francisco Javier era un prete, cattivo, che nascondeva l’anello per colpirli sulla testa.
Passarono 50 anni. In pochi, ormai, nella città di Pepe Antonio ricordavano l’occupazione inglese fino a che un giorno, mentre si puliva e decorava l’altare maggiore per preparare la celebrazione della Settimana Santa, il pittore don Gil Castañeda, senza sapere di cosa si trattasse e non conoscendo i particolari dell’incidente, spostò una cornice e trovò un anello. Gil Castañeda si premurò di consegnarlo al priore di Santo Domingo, il Reverendo Padre Maestro Frate Antonio Prudencio Pérez che, per la sua anzianità e piena conoscenza della storia del convento, seppe all’istante che quello era l’anello che provocò tante profanazioni.
Non sappiamo se questo storico anello si conserva, ma sì che il santo che uccise l’invasore si trova ancora li, nel suo altare, sfidando il tempo e il nemico.

L'apoplessia del governatore

Alcuni governatori erano sopportati dalla “gente bene” creola, altri invece no. Fra quelli non sopportati c'era Juan Francisco Güemes de Horcasitas, primo Conte di Revillagigedo. Guardate da dove viene il nome della calle avanera.
L'aristocrazia dell'Avana lo chiamava il tiranno e fin da quando Güemes assunse il Governo nel 1734, fece quanto era in suo potere perché la Corona lo defenestrasse. Era avaro e rapace come nessuno dei suoi predecessori lo fu e più ladro di tutti loro messi insieme, ma oltre a queste caratteristiche ne aveva un'altra: non lasciava che gli altri rubassero. Questo sì, inviava al Re quello che era del Re e i redditi che da qua arrivavano in Spagna non avevano mai raggiunto livelli superiori. Ciò, e la difesa sicura che aveva l'Isola, faceva si che cadessero nel vuoto tutte le lamentele elevate a Madrid, contro di lui, dal patriziato creolo che per disfarsene non intravvedeva altra soluzione che lo colpisse un fulmine. E fu quasi così, un bel giorno il governatore cadde fulminato da un attacco apoplettico che lo portò alla soglia della morte. Gli aristocratici e i borghesi cantarono vittoria. Ma l'uomo, invitato dal Conte di Casa Bayona, si recò a Santa Maria del Rosario, godette dei benefici delle sue acque medicinali e, 30 giorni dopo, tornò all'Avana come nuovo, grasso e colorito come non mai, disposto a continuare nel fare dispetto a coloro che chiedevano la sua sostituzione, fino al 1745 quando lasciò l'Isola per assumere l'incarico di Vicerè del Messico.

Una storia Galante

La calle Refugio nasce nell'Avenida de las Misiones, nell'Avana Vecchia, prosegue per il municipio di Centro Avana e muore nella calle Crespo. Durante la colonia fu conosciuta anche col nome de la Merced e nel 1922 il municipio avanero dette a questa calle il nome ufficiale di Generale Emilio Nuñez, a ricordo della figura di questo valoroso mambí, deceduto in quell'anno e che aveva occupato la vice presidenza della Repubblica.
Però come succede regolarmente quando un nome si radica nell'immaginario collettivo, né il nome de la Merced né quello del glorioso generale cubano proliferarono e tutti, senza eccezione, continuarono a chiamare quella calle Refugio. Fu così che nel 1936, nella giunta della città, si decise di restituirglielo e trasferire il nome del generale Emilio Nuñez alla calle che, parallela alla Calzada di Ayestarán, corre fra Aranguren o Zaldo e Pedro Pérez, nel Cerro.
Refugio è la calle che passa di fronte alla facciata nord dell'antico Palazzo Presidenziale, oggi Museo della Rivoluzione. Questa edificazione occupa precisamente il numero 1 della via.
Ma da dove viene il nome Refugio? Cosa successe li perché se lo meritasse? Chi vi trovò protezione e riparo? È una storia antica e galante che è stata raccontata da diversi autori e ognuno di loro, nel raccontarla, ha posto il suo pizzico di sale. Oggi approfittiamo della versione che offre Álvaro de la Iglesia nelle sue Tradizioni cubane.
Nel 1832 arrivò a Cuba il tenente generale Mariano Ricafort per farsi carico del Governo dell'Isola. Arrivava stanco dalla sua lunga traiettoria militare; prima nella guerra con i francesi per l'indipendenza spagnola e poi nel Perú, contro gli indipendentisti sudamericani. Così Ricafort dedicava il maggior tempo al riposo che ai compiti di Governo. Un esempio di ciò è che venne da lui inaugurata la famosa Junta de Fomento, messa in gestazione dal suo predecessore Vives delegando il suo comando, una volta costituita, nel creolo Claudio Martínez de Pinillos, conte di Villanueva e al tempo stesso sovrintendente generale dell'Industria.
Godeva molto, il Governatore Ricafort, di lunghe passeggiate a cavallo nei dintorni della città circondata, allora, dalle mura. Alcune volte con l'aiutante, altre, seguito a distanza da due lanceri.
Uno dei luoghi più frequentati dalle sue cavalcate era la zona delle cave di San Lazzaro o la Casa Cuna ubicata vicino ad esse, visitandola e facendole giungere le sue generose donazioni, come parve, l'aragonese non era “tirato” in questo senso.
È bene ricordare che in questa data, fuori dalle mura e in questa parte della città c'erano aziende, laboratori, orti e casupole di legno e frasche che si raggruppavano dentro la folta vegetazione tropicale.
Uno di questi pomeriggi, Ricafort uscì per la sua passeggiata quotidiana quando, già allontanatosi dalla porta di Monserrate, verso la cosiddetta Collina dell'Inglese che cominciava all'altezza dell'attuale calle Blanco (bersaglio n.d.t.), così chiamata perché in questo luogo ci fu il bersaglio per le esercitazioni della scuola di artiglieria, lo sorprese una delle improvvise tormente tropicali durante le quali, in brevi istanti, sembra scatenarsi tutta la furia dei cieli.
Fra lampi e tuoni, vento e acqua, riuscì a intravvedere una casa seminascosta dalla barriera e spronando si mise al riparo sotto il portico di quella abitazione campestre, la migliore di tutte quelle dei dintorni.
Quando meno se lo aspettava, si aprì la porta della casa e apparse sulla soglia un'amabile e distinta signora, ancora di bell'aspetto, che gli offrì la sua casa con la più squisita attenzione.
Il Governatore accettò l'invito, compiaciuto, aveva già pensato a un attacco di reumatismi o un bel raffreddore. Ancor maggiore fu la sua sorpresa davanti agli ossequi estremi della dama. Non si rese conto del passare del tempo, incantato dalle canzoni che riempirono la casetta al suono della chitarra.
La ossequiosa signora, che – dicono alcuni autori – era la vedova di un tal Méndez o secondo altri, la sua figlia maggiore, strinse amicizia col Generale che si convertì in visitatore assiduo della casa. Per dare pubblico apprezzamento alla vedova o figlia di Méndez, ordinò che al viottolo che conduceva a quella casa si desse il nome Del Refugio. Questi rimase quando il viottolo si convertì in calle e Ricafort se ne era già andato da un'altra parte con la stanchezza della sua traiettoria militare.
Questa, fra tutte le versioni che si raccontano sul fatto, è quella che ci è sembrata più plausibile. Anche la più delicata e romantica.

El santo que mató a un hombre

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
12 de Octubre del 2013 21:26:12 CDT

Ocurrió en los días de la toma de La Habana por los ingleses, y lo
cuenta Álvaro de la Iglesia en una de sus Tradiciones cubanas.
Desembarcó por Cojímar la infantería enemiga y no demoró en tomar el
camino de Guanabacoa, cuyo vecindario, ante la proximidad del invasor,
salió de la localidad a uña de caballo llevándose cuanto consideraba
de valor. Dos horas después de la fuga de sus habitantes, penetraron
los ingleses en Guanabacoa. Es de suponer lo que allí sucedió. Lo que
hay en una ciudad tomada es del invasor; lo que el invasor quiere o
necesita, lo toma sin pedirlo, y si alguien reclama, se le fusila o se
le encierra.
Ya en la villa, los ocupantes comprendieron de golpe que el mejor
lugar para su alojamiento, la edificación más amplia, hermosa,
higiénica y ventilada era el convento de Santo Domingo. Se instalaron
los jefes y oficiales en las celdas de los monjes, mientras que la
tropa, sin importarle la santidad del lugar, convertía el templo en
dormitorio y caballeriza y los altares en pesebres, sin que nada en
las naves del convento escapara a la profanación y chacota de la
soldadesca.
La villa había sido saqueada ya y no quedaba nada de valor en las
solitarias y calladas casas de la localidad. En templos y monasterios
cobraron los invasores un botín cuantioso. Los guanabacoenses habían
confiado en que el coronel Caro, el jefe local, resistiría al invasor,
pero el hombre se mostró tan cobarde e inepto como soberbio y
presuntuoso. Por otra parte, todo había sido muy rápido y la gente,
confiada en la defensa que Caro haría de la villa, apenas pudo poner a
salvo lo más valioso de sus pertenencias, mientras que los frailes
aseguraban los vasos sagrados y las reliquias, pero no podían hacer lo
mismo con la plata y el oro de sus templos.
Cuando ya en el interior del convento no quedaba nada por robar o
romper, un soldado que acostado sobre el piso reposaba su borrachera
reparó en un objeto brillante que lucía en uno de sus dedos la imagen
de bulto de San Francisco Javier, Apóstol de las Indias, colocada en
una de las hornacinas del altar mayor. Lo que brillaba era un valioso
anillo que el obispo Laso de la Vega regaló al santo cuando bendijo el
templo en 1748, al concluir las reformas que se operaron en el lugar.
Quiso el inglés apoderarse del anillo, pero se necesitaba de una
escalera para llegar hasta la imagen. No la había y la borrachera, que
apenas le permitía mantenerse en pie, impedía que el soldado escalara
el tabernáculo.
Intentó entonces ensartar la imagen con una cuerda y tirar de ella
para separarla de su peana. Esfuerzo inútil. San Francisco Javier
lucía inconmovible en su trono, pese a las burlas sacrílegas. Terminó
la imagen cediendo sin embargo. Se estremeció en su altura y al venir
abajo cayó sobre el soldado.
Repuestos de la sorpresa del accidente, que los dejó mudos y sin color
por un instante, intentaron los ingleses reanimar a su compañero. Pero
no había Dios que reanimara a un muerto. Cuando se percataron de la
inutilidad de su esfuerzo dejaron al occiso y, con flema
verdaderamente británica, se dedicaron a buscar el anillo codiciado.
Esfuerzo inútil. La prenda había escapado del dedo de San Francisco
Javier y no pudo ser hallada por más que muchos pares de ojos,
abiertos por la codicia, se empeñaban en buscarla.
Tras la salida de los ingleses de La Habana, el santo que mató a un
hombre volvió a su hornacina, luego de que se le repararan las
magulladuras y averías que causaron en su cuerpo los invasores,
empeñados en creer que San Francisco Javier era un mal cura que
escondía el anillo para darles en la cabeza.
Pasaron 50 años. Pocos ya en la villa de Pepe Antonio recordaban la
ocupación inglesa hasta que un día, mientras se limpiaba y decoraba el
altar mayor para el monumento de la Semana Santa, el pintor don Gil
Castañeda, sin saber de qué se trataba y desconociendo los pormenores
del incidente, corrió una cornisa y encontró un anillo. Se apresuró
Gil Castañeda a entregarlo al prelado de Santo Domingo, Reverendo
Padre Maestro Fray Antonio Prudencio Pérez que, por su ancianidad y
pleno dominio de la historia del convento, supo al instante que aquel
era el anillo que provocara tantas profanaciones.
No sabemos si ese histórico anillo se conserva, pero sí que el santo
que mató al invasor inglés se halla aún en su altar y desafía al
tiempo y al enemigo.

La apoplejía del gobernador

Con algunos gobernadores españoles podían las «clases vivas» criollas
y con otros, no. Y con los que no pudieron estuvo Juan Francisco
Güemes de Horcasitas, primer Conde de Revillagigedo. Vean de dónde
viene el nombre de esa calle habanera.
La aristocracia habanera lo llamaba el tirano y desde que Güemes
asumió el Gobierno en 1734 hizo cuanto estuvo a su alcance para que la
Corona lo defenestrase. Era avaro y rapaz como ninguno de sus
antecesores y más ladrón que todos ellos, pero a esas características
unía otra peor: no dejaba robar a los demás. Eso sí, enviaba al Rey lo
que era del Rey y las rentas que desde aquí remitía a España no habían
alcanzado antes auge mayor. Eso, y la segura defensa que garantizaba
de la Isla, hacían que cayeran en el vacío todas las quejas que en su
contra elevaba a Madrid el patriciado criollo, que para salir del
intruso no vislumbraba ya otra solución que un rayo lo partiera.
Y casi fue así, pues un buen día el gobernador cayó fulminado por un
ataque de apoplejía que lo puso a las puertas de la muerte. Cantaron
victoria aristócratas y burgueses. Pero el hombre, invitado por el
Conde de Casa Bayona, se fue a Santa María del Rosario, disfrutó de
los beneficios de sus aguas medicinales, y 30 días después volvió a La
Habana como nuevo, gordo y colorado como nunca antes, y dispuesto a
seguir haciendo rabiar a los que pedían su relevo, hasta 1745 cuando
cesó en la Isla para asumir como virrey de México.

Una historia galante

La calle Refugio nace en la Avenida de las Misiones, en La Habana
Vieja, prosigue por el municipio de Centro Habana y muere en la calle
Crespo. Durante la colonia fue conocida también con el nombre De la
Merced y en 1922 el Ayuntamiento habanero dio a esta calle el nombre
oficial de General Emilio Núñez, en recuerdo de la figura de ese
valeroso mambí, fallecido en ese año y que había ocupado la
Vicepresidencia de la República.
Pero como ocurre regularmente en casos en que un nombre se arraiga en
el imaginario colectivo, ni el nombre De la Merced ni el del glorioso
general cubano fructificaron y todos, sin excepción, siguieron
llamándole Refugio a aquella calle. Fue así que en 1936 el consistorio
de la ciudad decidió devolvérselo y trasladar el nombre del general
Emilio Núñez a la calle que, paralela a la Calzada de Ayestarán, corre
entre Aranguren o Zaldo y Pedro Pérez, en el Cerro.
Refugio es la calle que pasa frente a la fachada norte del antiguo
Palacio Presidencial, hoy Museo de la Revolución. Ocupa esa
edificación precisamente el número 1 de la vía. Por eso, antes de
1959, la prensa cubana en ocasiones, para referirse con eufemismo al
gobernante de turno, aludía al inquilino de Refugio número 1.
¿De dónde le vino el nombre de Refugio? ¿Qué hecho sucedió allí para
que lo mereciera? ¿Quién encontró en esa protección, abrigo o amparo?
Es una historia antigua y galante que ha sido contada por diversos
autores y cada uno de ellos le puso, al contarla, salsa de su propia
cosecha. Hoy aprovechamos la versión que ofrece Álvaro de la Iglesia
en sus Tradiciones cubanas.
En 1832 llegó a Cuba el teniente general Mariano Ricafort a fin de
hacerse cargo del Gobierno de la Isla. Venía cansado de su duro bregar
militar; primero, en la guerra contra los franceses por la
independencia española y después, en el Perú contra los
independentistas sudamericanos. De manera que Ricafort dedicaba más
tiempo a su descanso y recuperación que a las tareas del Gobierno.
Muestra de ello es que inaugurada por él la famosa Junta de Fomento,
gestada por su antecesor Vives, delegó su jefatura, una vez
constituida, en el criollo Claudio Martínez de Pinillos, Conde de
Villanueva, a la sazón superintendente general de Hacienda.
Gustaba sobremanera el gobernador Ricafort de largos paseos a caballo
por los alrededores de la ciudad, cercada entonces por las murallas.
Unas veces con un ayudante, otras seguido, a distancia, por un par de
lanceros.
Uno de los sitios más frecuentados en sus cabalgatas era la zona de
las canteras de San Lázaro o la Casa Cuna situada cerca de estas,
visitando la misma y haciéndole llegar sus generosas donaciones, pues
al parecer, el aragonés no era «corto» en este sentido.
Es bueno recordar que, por esa fecha, fuera de las murallas, en esa
parte de la ciudad había estancias, sitios de labor, huertas y
caseríos de guano que se agrupaban dentro de la manigua y el bosque
tropical.
Una de esas tardes salió Ricafort a su diario paseo, cuando ya alejado
de la puerta de Monserrate, hacia la llamada Loma del Inglés, que
comenzaba a nivel de la actual calle Blanco (llamada así porque estuvo
en ese lugar el «blanco» para la práctica de la escuela de
artillería), le sorprendió una de esas repentinas tormentas tropicales
en que en un breve momento parece desencadenarse toda la furia de los
cielos.
Entre rayos y truenos, el viento y el agua, logró divisar una casa
medio escondida en la espesura y picando espuelas se halló a salvo
bajo el portal de aquella residencia campesina, mucho mejor que todas
las de las inmediaciones.
Cuando menos lo esperaba, se abrió la puerta de la casa y apareció en
el umbral una amable y noble señora, aún de muy buen ver, la que le
ofreció su morada con la más exquisita atención.
El Gobernador aceptó la invitación, complacido, pues ya pensaba en un
posible ataque reumático o un buen catarrón. Mayor fue su sorpresa
ante los extremosos obsequios de la dama. No sintió deslizarse las
horas embelesado con la conversación de ella, confortado con su buen
café y encantado con las canciones que al son de la guitarra llenaron
la casita.
La obsequiosa señora, quien —dicen algunos autores— era la viuda de un
tal Méndez y otros, su hija mayor, estrechó su amistad con el General,
que se convirtió en visitante asiduo de la casa. Y para darle una
muestra pública de su aprecio a la viuda o a la hija de Méndez, ordenó
que a la vereda que conducía a esa casa se le denominase Del Refugio.
Y así quedó cuando después la vereda fue convertida en calle y ya
Ricafort se había ido con el cansancio de su duro bregar a otra parte.
Esta, de todas las versiones que se cuentan sobre el asunto, es la que
nos ha parecido más plausible. Y la más delicada y romántica también.

Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/


Dizionario demenziale

CAMICIOTTO: grande abitazione, per otto felini

domenica 13 ottobre 2013

La mostra "In viaggio con Calvino" arriva all'Avana

Ricevo e pubblico:



ixco


ideas para cooperar

VIAJANDO CON CALVINO


Levedad Rapidez Exactitud Visibilidad Multiplicidad Consistencia
ideacion y curatela general

Stefano Donati . Marco Marini

CENTRO HISPANO AMERICANO DE CULTURA

LA HABANA

4 – 29 novIembre 2013

ixco

istituto italiano por la cooperacion o.n.g.

Una organización no gubernativa que nace para valorizar las competencias italianas en
el ámbito de los Proyectos de Cooperación entre Italia y en particular los Países latinoamericanos,
integrando aspectos culturales, capacidades empresariales e inteligencia
innovativa, y promoviendo el intercambio cultural cuál instrumento para modular una
formación compartida por el desarrollo sostenible de una economía ética.

ixco es un laboratorio de Ideas, es una organización dónde se encuentran e
interaccionan libremente las contribuciones de todos los Adjuntos, válido punto de
referencia por Proyectos de Cooperación dirigidos de modo competente y respaldados
por eficaces iniciativas cerca de Instituciones y Patrocinador..

LA INICIATIVA

A distancia de 90 años de su nacimiento, Italo Calvino resulta ser el escritor italiano mas
conocido al mundo después de Dante, habiendo sido traducido en bien 48 lenguas.
La Reseña "VIAJANDO CON CALVINO" quiere contribuir a afirmar la actualidad de este
gran testigo del '900, enseñando cuánto su pensamiento ha infuenciado e infuencia
todavía a la producción intelectual y artística de muchos suyos y nuestros



contemporáneos.
"VIAJANDO CON CALVINO" se atraviesan muchos territorios: de la literatura al arte, de
la arquitectura al diseño, de la fotografía al cine, del entorno a la ergonomía, de la
música al teatro, de la historia al mito; la reseña misma es organizada por lo tanto en
varias secciones según los muchos ámbitos culturales. Un itinerario que lleva al viajero
a también profundizar las múltiples y significativas relaciones que Italo Calvino ha
entretenido con muchos lugares y gentes, a menudo lejanas físicamente de Italia,
siempre sabiendo de ello coger sea los rasgos originales y distintivos que los aspectos
más comúnes y "universales".
Seguiremos aquellas huellas a Roma hasta el mes de jenero 2014, en los numerosos
acontecimientos que se desarrollarán al Acuario Romano y a la Biblioteca Nacional
Central; a Castiglione della Pescaia, el lugar dónde Calvino ha vivido sus últimos
años, dónde en el mes de septiembre fué presentada la Exhibición "De Santiago de Las
Vegas a Castiglione della Pescaia"; y ahora, en noviembre, la Reseña se trasladará a La
Havana, dónde Calvino nace y dónde aún hoy está vivo el recuerdo de Italo y sus
padres; y luego a Ciudad de México,a Buenos Aires,a Nueva York,a Tokio,a
París; por en fin volver a Italia, a Milán, para enseñarles a los visitadores del Expo
2015 las contribuciones recogidas en las etapas de este largo viaje, todo inspirados por
el pensamiento de Italo Calvino de las señas realmente universales.

PROGRAMA DE LA EXPOSICION

Literatura

Calvino es, con Dante, el escritor italiano más leído al mundo, un escritor universal.
Sin embargo es un narrador que aparece sobre la escena de la escritura con una novela
muy atada a un preciso contexto histórico del propio paese,Il senda de los nidos de
ragno,una historia de resistencia. Contada pero con un tono alegre, de fabulista y
cantastorie, que será siempre cifra de Calvino. Bien pronto pero Calvino ve cuánto sea
fácil, e ingannatorio, dividir el mundo en dos, blanco y negro, y lo cuenta en el Vizconde
demediado.
El ‘Trilogía de nuestros antepasados puede ser vista pues como el lugar en cuyo Calvino,
dentro de años '50 y '60, se libran, dolorosamente, de las mismas ilusiones, las ilusiones
de una generación: la construcción de un nuevo mundo como posibilidad inmediata, la
vanidad de las ideas le dejada a mismos. Son los años en que entra en una literatura



diferente, cumpliendo, como le dice en el sabio El Mar de la objetividad, el recorrido de
la literatura de la objetividad a la literatura de la conciencia... del chasquido activo y
consciente, de la voluntad de contraste, de la obstinación sin ilusiones.
Una escritura que da pues de un laberinto al otro: el laberinto de “los cosmicomiche”,
dónde la ciencia se convierte en cuento, el laberinto del “Castillo de las suertes
cruzadas”, dónde las imágenes de los Tarots son la única forma de comunicación
posible, el laberinto de “Si una noche de invierno un viajero”, dónde no leeremos nunca
el libro que deseamos leer. Y el laberinto calviniano, de que se quiere también dar
cuenta en este proyecto: laberintos mentales, laberintos visuales, laberintos
arquitectónicos, laberintos de escritura y palabras. Son los laberintos que el Sr. Palomar
habita. Y que, por recorridos fotográficos, informativos, dedicados a la biografía del
escritor, a los recorridos de la familia, y a las visiones y a imágenes que ha inspirado e
inspira, quiere reconstruir al rostro de Calvino como autor de todos los pueblos, de todos
los países, capaz de conducirnos en el paso entre los milenios. Y el laberinto de la
literatura.

Arquitectura

En la obra de Italo Calvino es central el tema del proceso, la curiosidad por los
mecanismos de la innovación expresiva, el ser constantemente tendido hacia el futuro;
acercas que desde siempre son básicas por quien imagina estructuras urbanas,
espacios arquitectónicos o ambicionados verdes. Contrariamente a cuánto se cree, en
cambio, para un proyectista la obra literaria de Italo Calvino más que una contribución
teórica dirigida y con solapas operativas puede ser considerada una forma de
nutrimento que amplía los horizontes hermenéuticos, provee una perspectiva de lectura
alternativa de la realidad antropica, una referencia cultural más amplia y una mirada
diagonal. Contextos arquitectónicos y narraciones sobre temes urbanos soy el
presupuesto para crear eficaces cortos circuidos entre mundo del proyecto, antropología
y literatura: "Città invisibili", que son también las ciudades ‘insoportables, a "Palomar",
los jardines zen y las terrazas, de "Collezione di sabbia", la medida del espacio-tiempo y
hallada propensión nomadica, a "La speculazione edilizia", en particular la devastación
del paisaje.
A veces sólo son las expresiones de él usáis a volverse factor común, como
testimoniado por las célebres “Lezioni americane”. No al azar las seis palabras clave
localizadas en los años '80 por el nuevo milenio (Levedad, Rapidez, Exactitud,
Visibilidad, Multiplicidad, Consistencia), está entre los más citados por los proyectistas y



nos permiten poder imaginar junto un viaje para poner a comparación lenguajes
expresivos, temas, modalidades comunicativas.
La sección arquitectónica, en verdad, no trata de encontrar similitudes o referencias
didascálicas entre los procesos expresivos pero puntería a registrar sintonías entre una
estructura comunicativa y la otra, simples afinidades entre las tallas del lenguaje:
ejercicios del escribir a comparación con ejercicios del planear.
Al interior de la Muestra un multivisione de dibujos e imágenes arquitectónicas tratará
de establecer relaciones entre poéticas y perspectivas interpretativas de sus escritos;
sólo imágenes alusivas y evocadoras que se alternan a piezas literarias, capaces de
tarjetas relaciones entre el pensamiento proyectivo y los temas tratados por Calvino.
En su obra la arquitectura y la ciudad desarrollan un papel paradigmático, soy el
instrumento y el lugar de que el hombre dispone para representar el mundo, el espacio
dónde "continuar a jugar" y para dar "forma y figura" al contexto en cuyo vivas.
La sección, más que una orgánica tentativa de evidenciar todos los nexos entre el
prospectivo evocativa/concettuale de Calvino y nuestra contemporaneidad disciplinal,
quiere definir un sintético y libre recorrido imaginativo.


Artes Visuales

La sección Arte, en línea con el espíritu de la Reseña de abertura a una amplia
participación, ha convocado Artistas y Videomaker sobre las seis palabras clave
localizadas por el nuevo milenio (Levedad, Rapidez, Exactitud, Visibilidad, Multiplicidad,
Consistencia).
Serán expuestas obras de pintura, escultura, técnica mixtas, técnicas grabadoras más
tradicionales y otras de contemporánea ilustración digital. Interesantes son los trabajos
que serán presentados en la sección Vídeo Arte, expresión de arte más reciente:
interacción entre arte y tecnología. Muchas las obras de jóvenes artistas.


Diseño y Diseño Sociale

Italo Calvino ha sido un brillante testigo del propio tiempo. Ha sabido interpretar una
sociedad en rápida evolución, contando de ello los saltos generosos, los límites y las
contradicciones, demostrando la necesaria sensibilidad para ser un protagonista del
contemporáneo. Éste es exactamente el status del Proyecto de Diseño: la lectura de la
contemporaneidad, o bien saber leer el momento histórico con sus impulsos sociales,
los empujones económicos y culturales. El posicionamiento de Calvino sobre la lectura



de la actualidad como forma de interpretación del futuro, lo acerca al diseño.
Es suficiente correr algunos de sus producciones para averiguar con cual claridad sean
localizados argumentos e instancias que han señalado el debate en los años siguientes
a sus escritos y que todavía hoy soy de extrema actualidad. Corriendo los sobre los
cuentos se evidencia la capacidad de poner la atención sobre temes como el entorno,
por ejemplo, que parecieron paradójicas a la época pero que adelantaron de al menos
veinte años la sensibilidad ambientalista y de cuarenta años la atención sobre la
cuestión ambiental que actualmente, a cincuenta años de distancia, nos implica todo.
O bien se evidencian análisis y un críticas revueltas sobre los modos del sistema del
consumo y sobre los mecanismos que amenazan de transformar los humanos en objetos
en manos de especuladores sin escrúpulos, capaz de manipular las ambiciones y las
necesidades de todo nosotros.
Pruebas que a la relectura actual, nos hacen dirigir la mirada al conficto entre
crecimiento y felicidad, indicándonos en tal modo la calle de la práctica del Diseño
Sociale, a cuyo cada vez más proyectistas dedican sus actividades.
Justo estas actividades hemos querido poner en evidencia, por la señal de aquellos
proyectos conducida de los entes formativos y de los diseñadores que persiguen el
objetivo de un planeamiento nuevo, capaz de poner el acento sobre los grandes temas
sociales que serán el desafío de los tiempos futuros.

Fotografía

¿Cómo nace la imagen? Hace muchos años, la revista italiana Controspazio 101/2003 y
107/2004, se puso la pregunta "como nace la imagen?" a cuyo buscamos, con una serie
de fotografías y artículos, de dar, más que respuestas, algún margen.
Marcello Fabbri escribió: "Por el recorrido en la acción interior de la persona, el génesis y
la percepción, la organización, la composición de las imágenes pueden construir nuevas
visualidades..." y, sobre las imágenes entonces publicadas "imágenes acabadas sin
embargo lejanas de las fotografías canónicos de arquitectura... emociones, sugestiones,
casualidad... ruidos, luces, movimiento, pero también silencio y vacío... sentimiento de
nuestro tiempo" (Silvia Massotti).
La reseña "Viajando con Calvino", ha parecido allí una magnífica ocasión para formular
de nuevo, enseñando imágenes inspiradas a sus textos, la idéntica pregunta de
entonces.
Y justo en las Lecciones americanas, contadas en 6 propuestas, encontramos su registro



fantastico/filosofico/allegorico, no tanto la explicación literaria, cuánto bastante la
búsqueda de las motivaciones, aquella tentativa de dar respuesta a la misma
pregunta... probando a dar márgenes.... como ‘nace el immaginazione/parola?.
Así hemos elegido de exponer en la exhibición a fotógrafos de fama internacional, muy
diferentes entre ellos, que pueden ayudarnos, con un arte reciente, a atravesar el
líquido y mudable espacio calviniano... "Una interpretación de la ciudad más que una
grabación de los fenómenos, una proyección, hasta una profecía, mucho nos parece
pueda ser le solicitado al artista contemporáneo..." (Antonella Greco)

Cine

Viaje cinematográfico a traves las seis palabras clave localizadas por el nuevo milenio
(Levedad, Rapidez, Exactitud, Visibilidad, Multiplicidad, Consistencia) de Italo Calvino.
El escritor cinéfilo, crítico, teórico, cosmonauta de lo imaginario, guion y guionista,
documentalista, intelectual ocupado en la batalla de las ideas y jugador en los aparatos
culturales, pican de referencia vital para los cineastas del siglo XXI, exploratorios del
verdad de la vida globalizzata.
Una exhibición y una reseña de película a sometido calviniano o inspirados a sus
escritos, comprendidas las obras que tienen con Calvino una relación de cambio a
distancia, directo y oblicuo.
Las entrevistas, las intervenciones, las provocaciones inmortalizadas en las vitrinas de
la Radio Television Italiana.

SECCIONES DE LA EXPOSICION

SECCION ICONOGRAFICA

“Mario Calvino: la sombra del padre”

por STEFANO ADAMI

"Eva Mameli: desde Cerdeña en América Latina con el microscopio y la familia"

por MARIA CRISTINA SECCI

"Cronología de la vida de Italo Calvino"

por MARIO BARENGHI e BRUNO FALCETTO
y por la “BIBLIOTECA COMUNALE ITALO CALVINO”
de Castiglione della Pescaia -Italia

"Proyección de películas con entrevistas a Italo Calvino"

por RAITECHE



SECCION ITALIANA


"HOMENAJE A LAS CIUDADES INVISIBLES"


RETRATOS DE ARQUITECTURAS

Video por Moreno Maggi y Diana Alessandrini

"LA TRILOGÍA DE LOS ANTEPASADOS"
“CONSISTENCIA DE LA IMAGINACION”

Selección de obras de artistas italianos en fotos y videopor Luisa Mazzullo, Angelo Melpignano e Emanuele Lamaro

“ADI INDEX”

Imágenes de objetos, algunos de la selección ADI Index

por Marco Pietrosante – ADI

"LA CIUDAD QUE NO EXISTE"

proyectos de los estudiantes del segundo año de “Diseño deProducto” en el tema del proyecto para las emergenciasambientales
por IED Istituto Europeo di Design -Roma

“TRANSICTION TOWN”

por ISIA -istituto superiore industria artigianato

“LA ISLA DE CALVINO”

Presentación del documental de Roberto Giannarelli
y Pier Paolo Andriani sobre los primeros cuarenta años de lavida del escritor: los años de su formación.

Un Calvino privado. Aquellos Calvino por los que es más"natural" vivir de extranjero, un autor por el que se puedefavolisticamente usar la mentira en citar la misma
autobiografía. El auténtico y el falso se derriten y sólo seequivocan en la fantasía de sus novelas.

SECCION CUBANA

CONCERTO ITALICO di LEO BROUWER & GUITAR QUARTET

por la Oficina LEO BROUWER

ENA – ESCUELA NACIONAL DE ARTE

VITTORIO GARATTI, ROBERTO GOTTARDI, RICARDO PORRO

LASA

SISTEMA ECOLOGICO DE ELEMENTOS DE COSTRUCCION

NELSON HERRERA YSLA

ARQUITECTURA Y DISENO CUBANOS Y CONTEMPORANEOS

TALLER DISEGNO AMBIENTAL

NODOS URBANOS

JOSE' ERNESTO AGUILERA

HUMIDORES HABANA

CENTRO DE ARTE CONTEMPORANEO WIFREDO LAM

por ALIVES POLO SEVILA

exposición de obras de arte que son:



PONJUAN

TONEL
FIDEL YORDAN. CASTRO
CANDELARIO

SEIES PROPUESTAS PARA ITALO CALVINO

FESTIVAL DE CINE

1. LEVEDAD
La marea
La piscina


2. RAPIDEZ
Utopía
Oda a la piña
El dictado

3. EXACTITUD
Suite Habana
Patria

4. VISIBILIDAD
Larga distancia

5. MULTIPLICIDAD
por NELSON RAMIREZ DE ARELLANO CONDE
Director de la FOTOTECA DE CUBA

REWELL ALTUNAGA
ALEJANDRO GONZALEZ
JENNIFER JIMENEZ Y CLAUDIO SOTOLONGO
ADRIAN FERNANDEZ
LIUDMILA Y NELSON
JAVIER CASTRO

por DEAN LUIS REYES y GUSTAVO ARCO

No asociarlo con la frivolidad sino con la fuidez necesaria de
las cosas. Implica una transformación una manera dealejarse de lo excesivamente material.

Doc. 26 minutos. 2009. Armando Capó.
Ficción. 65 minutos. 2012. Carlos Machado

Ser rápido pero preciso. Distanciarse de los preámbulos y laslargas introducciones. Economía de medios para exponer lasideas. Ejemplo: el microcuento.

Ficción. 12 minutos. 2004. Arturo Infante.
Ficción. 10 minutos. 2008. Laimir Fano.
Animación. 3 minutos. 2009. Yolyanko William.

Búsqueda del punto justo. Encontrar la medida de las cosas,
el orden preciso. Análoga a las formas geométricas.

Doc. 90 minutos. 2003. Fernando Pérez.
Documental. 14 minutos. 2007. Susana Barriga.

La imagen como lenguaje. El hombre actual se comunicamucho a través de imágenes que se ha convertido en ellenguaje universal. La mente actúa con la memoria y estanos llega a través de imágenes.

Ficción. 94 minutos. 2010. Esteban Insausti.

Búsqueda de un lenguaje sin barreras, sin trabas, universal,



que utilizando múltiples discursos, acerque a todos.

Memorias del desarrollo
Ficción. 112 minutos. 2010. Miguel Coyula.

6. CONSISTENCIA No profundizado por Calvino. Método para desvelar lossentidos ocultos entre tantos acontecimientos.
Camioneros
Ficción. 25 minutos. Sebastián Miló. 2012.

Afuera
Ficción. 22 minutos. 2013. Vanessa Portieles/YanelvisGonzáles

CURRICULUM

Marco Marini

ideacion y curatela general

Nace en Roma en el 1950, y' casado y padre de dos hijos. En el 1976 se licencia en Arquitectura
cerca de la universidad “La Sapienza” de Roma y del 1980 se ocupa de Planeamiento
Arquitectónico e Illuminotecnica, desarrollando la libre profesión en Italia y al extranjero.

En el curso de su actividad profesional ha recibido encargos públicos y privados por Planes y
Proyectos de iluminación de CASCOS ANTIGUOS, IGLESIAS y MONUMENTOS, y por la
reestructuración y la instalación de entornos de trabajo en los sectores SANITARIO, TURÍSTICO
ALOJARÉ y de la GRAN DISTRIBUCIÓN. En Bélgica un proyecto suyo ha resultado vencedor de un
Concurso de la Fundación "Rey Baldovino" por la iluminación Artística y Arquitectónica del
BARRIO HISTÓRICO "MONT DES ARTS" a Bruselas, de que ha curado luego la entera realización;
a Cuba, sobre encargo del Oficina del Historiador de l' Habana, ha realizado el Proyecto de
Iluminación por la PLAZA DE ELLA CATEDRAL y por EL PLAZA VIEJA, las dos principales plazas del
casco antiguo. Algunos proyectos del arch. MARINi son publicados sobre "Abitare" n°400, sobre
la "REVISTA ILLUMINOTECNICA RUSA" Moscú 2000, y en el volumen "Ufci" Motta Editor Spa
2000.

A estas actividades profesionales el arch. Marini siempre ha querido juntar un equivalente
empeño dirigido al ahondamiento y al intercambio cultural revuelto al mundo a latinoamericano:
en el 2000 participa en la "FERIA INTERNACIONAL DEL LIBRO" de la Habana; en el
2005 organiza la participación de ejecutivos y técnicos del MIBAC a la 2° CONFERENCIA
INTERNACIONAL SOBRE LA CONSERVACIÓN DEL PATRIMONIO URBANO Y CONSTRUCTOR; en el
2007 promueve el proyecto de un CENTRO MULTIMEDIAL dotado de una sección histórica y
documental por el intercambio cultural entre Cuba e Italia. En el 2011, a Roma, planea y



realiza,” CUBA UNA HISTORIA TAMBIÉN ITALIANA", una exhibición, visitada de más de 10.000
personas, que documenta los hechos, pocas notas pero muy significativos, de la presencia
italiana en Cuba, de Cristoforo Colombo hasta a hoy. La Exhibición ahora ha sido donada a la
SOCIEDAD DANTE ALIGHIERI de Cuba para ser expuesta en forma permanente a testimoniar los
hechos de muchos nuestros connacional en aquella parte de mundo. Entre este, también los
padres de Italo Calvino: Evelina Mameli y Mario Calvino

Con Paolo Sardo es co-fundador y vice presidente de IXCO, Instituto italiano por la Cooperación.

Stefano Donati

ideacion y curatela general

Nace en Roma en el 1972. Diplomado en gestión de empresa con un máster bienal cerca del
Centro Estudias Comunicación Cogno & Asociados con especialización en mercadotecnia,
publicidad y relaciones públicas y licenciándose en Sociología con dirección comunicación y
medios de comunicación con una tesis sobre la comunicación de la arquitectura.

Usted siempre es ocupado de comunicación y de formación, colaborando con primarias
sociedades de consultoría operante sobre todo el territorio nacional como Sin&rgetica y Me.Ga
Management, curando, entre los otros, clientes como “Poste italiane” y “Automobile Club
d'Italia”.

Ha tenido y tiene encargos de enseñanza cerca del IED de Roma en el máster de "interior yacht
design y superestructuras" dirigidas por el prof. arch. Massimo Paperini.

Del 2006 se ocupa de las relaciones externas de “Ceramica Appia Nuova” S.p.A, empresa líder
sobre el territorio laziale por la comercialización de materiales por la construcción que, en los
años, también se ha distinguido por el empeño cultural en favor de la arquitectura. En tal
sentido merecen mención la revista semestral "Progetti Roma" y el format televisivo "Work in
Progress”di, en calidad de co-autor y productor ejecutivo ha curado la realización de tres
ediciones por un total de 54 episodios.

Es miembro del consejo directivo del IN/ARCH sección Lazio y de IXCO, Instituto italiano por la
Cooperación.

Dizionario demenziale

CAMICIA: abitazione di piccola felina

sabato 12 ottobre 2013

Dizionario demenziale

CAMBUSA: videocamera forata (It. del nord)

venerdì 11 ottobre 2013

Dizionario demenziale

CALPESTARE: pestare i duroni

giovedì 10 ottobre 2013

Dizionario demenziale

CALMANTE: amante tranquilla/o

mercoledì 9 ottobre 2013

Nuove norme nella legislatura cubana

Chi fosse interessato a ricevere informazioni sulle nuove norme cubane, in particolare per la contrattatzione di atleti e allenatori, può rivolgersi a: http://www.latitudcuba.net

La Latitudcuba è a disposizione degli eventuali interessati a fornire notizie sulle delibere del Governo cubano relative alle nuove ‘’aperture’’ : costituzione di Cooperative in vari settori non riguardanti la sola agricoltura. Particolarmente attesa ed importante è la concessione agli atleti e allenatori ‘’di alto rendimento’’ nelle diverse discipline sportive, di poter stipulare accordi e contratti con Società straniere. Le clausole dei contratti di cui sopra, verranno comunicate agli interessati.

A rilento i lavori al campo Polar

Dopo aver iniziato celermente i lavori per il rifacimento del fondo, in attesa della copertura col manto sintetico che sarà l'ultima operazione, i lavori di demolizione e rifacimento delle infrastrutture (tribune e spogliatoi) invece va molto a rilento. Difficile prevedere quando il terreno sarà disponibile per la ripresa delle partite.



Dizionario demenziale

CALLIGRAFIA: scrittura su o con escrescenze dure

martedì 8 ottobre 2013

XV Festival Internazionale del Teatro

Dal prossimo 25 ottobre al 3 novembre si svolgerà la XVma edizione del festival Internazionale del teatro dell'Avana, dedicata al 150° anniversario dalla nascita di Kostantin Stanislawsky. A questa edizione prenderanno parte 40 compagnie in rappresentanza di 20 Paesi.

Dizionario demenziale

CALDEGGIARE: riscalda il sovrano

lunedì 7 ottobre 2013

Così cessò il dominio spagnolo, di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 6/10/13

Truppe nordamericane penetrarono presto nella città e si accantonarono nei parchi Centrale e Isabel la Católica (dove successivamente si eresse il Capitolio). Si appostarono anche nella calle Monserrate e nell’Alameda de Paula. Alle dieci di mattina, centinaia di soldati del Settimo Corpo d’Armata dell’esercito statunitense si dispiegarono lungo la calzada di San Lazaro e vari plotoni presero posizione nella Plaza de Armas chiudendo il passo a chi volesse accedere alla medesima da Obispo o O’ Reilly e altre strade adiacenti. Mentre soldati e ufficiali del battaglione di fanteria di León, dell’esercito spagnolo, montavano in patetico silenzio l’ultima guardia a quella che di li a poco avrebbe cessato di essere la residenza dei Capitani Generali a Cuba.
Era il 1° gennaio 1899; una mattina di domenica chiara e luminosa. Alle 12 del mezzogiorno cessava il dominio spagnolo a Cuba e gli Stati Uniti assumevano il controllo dell’Isola. Al rombo dei cannoni protocollari di rigore, si ammainò la bandiera spagnola e la bandiera delle stelle e strisce si issò al suo posto. Il generale Alfonso Jiménez Castellanos, il grande sconfitto, di fronte a Máximo Gómez, delle battaglie di Saratoga (9-11 giugno del 18969 e Lugones (4 novembre del medesimo anno) i nome di Alfonso XIII, il re bambino e di Maria Cristina, la regina reggente, consegnava il comando al maggior generale John R. Brooke, che lo riceveva in rappresentanza del presidente nordamericano. Cambio di bandiere e di figure che non significava indipendenza.
Per questo, il 29 di dicembre, nel quartier generale dell’Esercito di Liberazione, installato al central Narcisa di Yaguajay, nel centro dell’Isola, il maggior generale Máximo Gómez avvertiva con un proclama: “Il periodo di transizione terminerà. L’esercito nemico abbandona il Paese ed entrerà ad esercitare la sovranità completa dell’Isola, non ancora libera né indipendente, il Governo della grande nazione in virtù di quanto stipulato nel protocollo della Pace”.
Aggiungeva di seguito Gómez. “Il termine del potere straniero nell’Isola, lo sgombero militare non può avvenire mentre non si costituisca un proprio Governo, ed è necessario che ci dedichiamo immediatamente a questo lavoro per dare compimento alle cause dell’intervento e porvi termine nel più breve lasso di tempo possibile”.
La nuova situazione provocava sentimenti contrastanti nel semplice cubano. Alcuni piangevano. Altri, ridevano dice nella sua cronaca il giornalista e scrittore cubano Federico Villoch. Era una commozione nervosa difficile da trattenere. Annota Villoch che chi non visse quei momenti non sa cosa sono le forti emozioni. Non si era lottato per tanti anni perché alla fine fosse la bandiera nordamericana quella che sventolasse sulla casa del Governo, nella Plaza de Armas e sul castello del Morro. Comunque l’uscita della Spagna, dopo quasi 400 anni di dominio, causava sollievo e contentezza.

Una nazione desolata

Il Trattato di Parigi che sottoscrissero il 10 dicembre del 1898 Spagna e Stati Uniti, gettò le basi per il passaggio dei poteri e l’uscita delle truppe spagnole dall’Isola. Il primo articolo del documento definisce che la Spagna rinuncia alla sovranità e proprietà su Cuba e che mentre duri l’occupazione nordamericana, Washington assumerà gli obblighi conseguenti.
Più avanti. L’articolo 16, riferisce che terminando l’occupazione, si consiglierà il Governo che si stabilisca a Cuba che accetti gli stessi obblighi. Nel trattato non c’è nessuna allusione circa il futuro del Paese e il termine “indipendenza” non si lascia nemmeno intravvedere fra le sue righe.
Cuba non ebbe nessuna rappresentanza che dettero luogo al Trattato di Parigi. Nessun cubano vi potè partecipare. La Commissione per l’Evacuazione, che ebbe sede nell’Avanero palazzo di Villalba, nella calle Egido, di fronte alla piazza delle Orsoline, venne composta da tre alti ufficiali spagnoli e uno stesso numero di militari nordamericani, anch’essi di alto rango, oltre all’auditore (controllore dell’economia, n.d.t.) dell’esercito statunitense che si disimpegnò come segretario. A differenza di quello che successe nella capitale francese, questa volta ci fu un cubano nel conclave. Non si pensi che fu un ufficiale, per modesto che fosse, dell’Esercito di Liberazione, né di un soggetto che simpatizzasse con l’indipendenza. Tutto il contrario. Fu l’autonomista Rafael Montoro, senza dubbio un uomo brillante, che fu presente a quelle riunioni a nome di un effimero e irreale Governo cubano che per colmo aveva cessato le sue funzioni, se per caso ne avesse avute in qualche momento.
Filò liscia quella Commissione, ciò nonostante non si poterono evitare incidenti sgradevoli, anche cruenti, come lo scontro fra simpatizzanti dell’indipendenza e incondizionali della Spagna che ebbe origine nel café El Guanche, in Nettuno e Belascoaín che ridusse in cenere il locale. Un’altro di questi fatti del quale già alluse questo scriba (Notizie di una calle, 22 gennaio 2012) ebbe luogo al café El Louvre, in Prado e San Rafael e il narratore, giornalista e attore Gustavo Robreño lo classificò come l’ultimo combattimento fra cubani e spagnoli. L’11 dicembre, qualche giorno prima del cambio dei poteri, in questo caffé si affrontarono con armi da fuoco mambises e militari coloniali. Lo scontro lasciò due morti, Jesús Sotolongo Lunch “l’ultimo ragazzo del marciapiedi del Louvre - diceva Robreño -, che dette la sua vita per la santa causa dell’indipendenza”, e uno sfortunato passante, morto a colpi di calcio di fucile, perché, sordo com’era, non aveva ubbidito alle grida di “Alt!” che gli stavano dando le autorità.
Comunque, in senso generale, primeggiò la calma man mano che i nordamericani occupavano, lentamente, gli spazi lasciati dagli spagnoli. Usciva la Spagna da Cuba lasciando un “regaluccio” dei volontari e i gruppi paramilitari, i cosiddetti “partigiani” che assecondarono l’esercito coloniale nelle sue azioni. Erano circa 40.000 che rimasero negli stessi luoghi dove combatterono con ardore contro l’indipendenza del loro Paese. Al rispetto Horacio Ferrer scrive nel suo libro Col fucile in spalla: “Non avevano diritto a godere di questa indipendenza che odiarono e combatterono con astio. Al più presto si mischierebbero alla politica e li si vedrebbe occupare importanti incarichi nella Repubblica per sporcarla e corromperla. Il perdono assoluto che fu loro concesso è servito per coprire tutte le malefatte e tutte le azioni abominevoli commesse poi da governanti impudici e dai loro servi, rifacendosi sempre all’espressione che se perdonammo i “partigiani”, non si dovrebbe essere più esigenti con altri delinquenti”.
La guarre lasciava un Paese in rovina. La produzione di zucchero e tabacco calarono durante la contesa bellica, il commercio si indebolì per la mancanza di attività economiche produttive e i capi di bestiame equino e bovino calò considerevolmente. Una nazione desolata, per dirlo con una sola parola, dove la guerra, la fame, le malattie e la politica di riconcentramento ordinata da Weyler causarono centinia di migliai di vittime; circa 400.000, secondo la stima dell storico Fernando Portuondo, su una popolazione totale di due milioni di abitanti.

Viva Cuba Libre

Poco prima delle 12 del mezzogiorno giunse, vestito con l’uniforme di gala, il maggior generale Brooke, per assumere il controllo del Governo di occupazione. Lo accompagnavano i generali Lee, Ludlow,Davis e Chaffe, anche loro in alta uniforme con i loro aiutanti. Arrivarono anche alti ufficiali cubani: i maggior generali José Miguel GArrivarono anche alti ufficiali cubani: i maggior generali José Miguel Gómez, Mario García Menocal e José María (“Mayía”) Rodríguez. I generali di divisione José Lacret, Rafael de Cárdenas e Alberto Nodarse e i generali di brigata Eugenio Sánchez Agramonte, Francisco de Paula Valiente e Francisco Leyte Vidal, tutti invitati speciali di Brooke. Máximo Gómez non era presente. Si rifiutò di entrare all’Avana cone le truppe statunitensi, come pretendevano a Washington e nonostante gli sforzi di Estrada Palma, dice l’accademica Uva de Aragón, “di far capire ai nordamericani, quanto ferisse i creoli tale proposta”. Il Gdeneralissimo arrivò il 24 febbraio. In questo giorno, ricorda Horacio Ferrér “in mezzo a un entusiasmo indescrivibile, con una splendida apoteosi, attraversò la città fino alla sede del Municipio su un vivace puledro, col cappello nella mano destra, sorridendo alla folla che lo acclamava delirante, gli sembrava un sogno vedere così vicino il vincitore di cento combattimenti, forgiatore della patria libera”.
Componenti la Commissione e invitati si riunirono nel Salone del Trono del Palazzo, dove poco prima con compunti baciamano e brillanti complimenti, il capitano generale riceveva gli omaggi dei sudditi del monarca di Spagna.Alle 12 in punto, al suono del primo colpo di cannone delle armi spagnole in saluto alla loro bandiera che si ammainava, il generale Jiménez Castellanos salutò militarmente i suoi rivali, e con gli occhi inumiditi dalle lacrime e la voce rotta dall’emozione disse, dirigendosi a Brooke:
“Signore, a compimento di quanto stipulato nel Trattato di Pace, di quanto convenuto tra le commissioni militari di evacuazione e degli ordini del mio Re, cesse di esistere, da questo momento...la sovranità della Spagna sull’Isola di Cuba e comincia quella degli Stati Uniti. Dichiaro pertanto Lei, al comando dell’Isola, con la perfetta libertà di esercitarlo, aggiungendo che sarò io il primo a rispettare ciò che lei determinerà. È ristabilita così la pace fra i nostri rispettivi Governi, Le prometto che osserverò a quello degli Stati Uniti con tutto il rispetto dovuto e spero che le buone relazioni esistenti tra i nostri eserciti continuino nella stessa maniera fino a che abbia termine, definitivamente, l’evaquazione di questo territorio da parte di coloro che sono ai miei ordini”.
Brooke rispose: “Signore, a nome del Governo e del presidente degli Stati Uniti, accetto questo oneroso incarico, e auguro a Lei e ai valorosi che l’accompagnano che tornino felicemente ai patrii focolari. Volesse il cielo che la prosperità vi accompagni ovunque!”.
Concluse le parole di Brooke, il generale Jiménez Castellanos, si accomiatò dai presenti. Mentre scendeva le scale si sentivano i colpi di cannone con cui le truppe americane, eccitate, salutavano l’alza bandiera sul Morro. A la Cabaña, la bandiera del loro Paese venne issata dai giovani Lee e Harrison, il primo figlio del famoso generale e l’altro figlio di un ex presidente degli Stati Uniti. La corda con cui si ammainò la bandiera spagnola la tenne Harrison come ricordo. L’operazione si ripeté sul tetto del Palazzo dei Capitani Generali. A quell’ora si allontanavano dalle coste cubane le navi da guerra Rápido, Patriota, Marqués de la Ensenada, Galicia e Pinzón con truppe spagnole a bordo. Una buona parte di esse era già partita col vapore Buenos Aires. Il 12 dicembre, a bordo dell’incrociatore Conde de venadito, erano trasportai in Spagna i presunti resti di Cristoforo Colombo, depositati nella Cattedrale dell’Avana. Con una cerimonia modestissima furono trasportati al porto nel carro n° 22 della Sanità Militare, bardato e tirato da 4 coppie di muli.
Nella Plaza de Armas si trovavano due bande musicali. Una interpretò la Marcia Reale spagnola, l’altra l’inno nordamericano. Il popolo trattenuto all’imbocco delle strade adiacenti, udendoli gridò. “Viva Cuba libre!”. Intanto, sostenuta da due palloni, una bandiera cubana sventolava nel cielo a grande altezza.




Así cesó la soberanía española

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
5 de Octubre del 2013 22:03:48 CDT

Tropas norteamericanas penetraron temprano en la ciudad y se
acantonaron en los parques Central y de Isabel la Católica (donde
después se emplazó el Capitolio). Se apostaron asimismo en la calle
Monserrate y en la Alameda de Paula. A las diez de la mañana, cientos
de soldados del Séptimo Cuerpo del ejército estadounidense se
desplegaron a lo largo de la Calzada de San Lázaro, y varios pelotones
tomaron posición en la Plaza de Armas y cerraron el paso a los que
querían acceder a esta desde Obispo, O’Reilly y otras calles aledañas.
Mientras, soldados y oficiales del batallón de infantería de León, del
ejército español, montaban, en patético silencio, la última guardia en
lo que pronto dejaría de ser la mansión oficial de los Capitanes
Generales en Cuba.
Era el 1ro. de enero de 1899; una mañana de domingo clara y luminosa.
A las 12 meridiano cesaba la soberanía de España en Cuba, y Estados
Unidos asumía el control de la Isla. Al compás de los cañonazos
protocolares de rigor se arriaría el pabellón español, y la bandera de
las barras y las estrellas se izaría en su lugar. El general Adolfo
Jiménez Castellanos, el gran perdedor, frente a Máximo Gómez, de las
batallas de Saratoga (9-11 de junio de 1896) y Lugones (4 de noviembre
del mismo año) en nombre de Alfonso XIII, el rey niño, y de María
Cristina, la reina regente, entregaba el mando al mayor general John
R. Brooke, que lo recibía en representación del Presidente
norteamericano. Cambio de banderas y de figuras que no significaba la
independencia.
Por eso el 29 de diciembre, en el cuartel general del Ejército
Libertador, instalado en el central Narcisa, de Yaguajay, en el centro
de la Isla, el mayor general Máximo Gómez advertía en una proclama:
«El período de transición va a terminar. El ejército enemigo abandona
el país y entrará a ejercer la soberanía entera de la Isla, ni libre
ni independiente todavía, el Gobierno de la gran nación en virtud de
lo estipulado en el Protocolo de la Paz».
Añadía Gómez a renglón seguido: «La cesación en la Isla del poder
extranjero, la desocupación militar no puede suceder entre tanto no se
constituya el Gobierno propio, y a esa labor es necesario que nos
dediquemos inmediatamente para dar cumplimiento a las causas
determinantes de la intervención y poner término a esta en el más
breve plazo posible».
La nueva situación provocaba sentimientos encontrados en el cubano de
a pie. Unos lloraban. Otros, reían, dice en su crónica el periodista y
escritor cubano Federico Villoch. Era una conmoción nerviosa difícil
de contener. Apunta Villoch que quien no vivió aquellos momentos
desconoce lo que son emociones fuertes. No se había luchado durante
tantos años para que al final fuera la bandera norteamericana la que
tremolara en la casa de Gobierno, en la Plaza de Armas, y en el
castillo del Morro. Pero la salida de España, luego de 400 años de
dominio, ocasionaba alivio y alegría.

Una nación desolada

El Tratado de París que España y Estados Unidos suscribieron el 10 de
diciembre de 1898 sentó las bases para la transmisión de poderes y la
salida de las tropas españolas de la Isla. El primer artículo del
documento consigna que España renuncia a la soberanía y propiedad
sobre Cuba y que mientras dure la ocupación norteamericana, Washington
asumirá las obligaciones consiguientes. Más adelante, el artículo 16
refiere que al terminar la ocupación, se aconsejaría al Gobierno que
se establezca en Cuba que acepte las mismas obligaciones. No hay en el
tratado alusión alguna al futuro del país, y el término independencia
no se deja entrever siquiera entre sus renglones.
Cuba no tuvo representación alguna en las conversaciones que dieron
lugar al Tratado de París. Ningún cubano pudo participar. La Comisión
de Evacuación, que sesionó en el habanero palacio de Villalba, en la
calle Egido, frente a la Plaza de las Ursulinas, la conformaron tres
altos oficiales españoles e igual número de militares norteamericanos,
también de alta graduación, más el auditor del ejército estadounidense
que se desempeñó como secretario. A diferencia de lo que ocurrió en la
capital francesa, esta vez hubo un cubano en el cónclave. No se
piense, sin embargo, que se trató de un oficial, por modesto que
fuera, del Ejército Libertador ni de un sujeto que simpatizara con la
independencia. Todo lo contrario. Fue el autonomista Rafael Montoro,
hombre brillante, sin duda alguna, que estuvo presente en aquellas
reuniones en nombre de un efímero e irreal Gobierno cubano que para
colmo ya había cesado en sus funciones si es que alguna vez funcionó
del todo.
Hiló fino aquella Comisión. Pese a eso no pudo evitar incidentes
desagradables, cruentos incluso, como el choque entre simpatizantes de
la independencia e incondicionales de España que se originó en el café
El Guanche, en Neptuno y Belascoaín, y que redujo a polvo dicho
establecimiento. Otro de esos sucesos, al que ya aludió este
escribidor (Noticias de una calle, 22 de enero, 2012) se escenificó en
el café El Louvre, en Prado y San Rafael, y el narrador, periodista y
actor Gustavo Robreño lo calificó como el último combate entre cubanos
y españoles. El 11 de diciembre, días antes del cambio de poderes, en
ese café se enfrentaron a tiros mambises y militares coloniales. La
refriega dejó dos muertos, Jesús Sotolongo Lunch, «el último muchacho
de la Acera del Louvre —decía Robreño—, que dio su vida por la santa
causa de la independencia», y un infeliz transeúnte muerto a culatazos
porque, sordo como era, no respondió a las voces de «¡Alto!» que le
daba la autoridad.
Con todo, en sentido general primó la calma a medida que los
norteamericanos ocupaban los espacios que, con lentitud, dejaban los
españoles. Salía España de Cuba y dejaba el «regalito» de los
voluntarios y los grupos paramilitares, los llamados «guerrilleros»
que secundaron al ejército colonial en sus acciones. Eran unos 40 000,
que permanecieron en los mismos lugares donde pelearon con ardor
contra la independencia de su país. Escribe al respecto Horacio Ferrer
en su libro Con el rifle al hombro: «No tenían derecho a gozar de esa
independencia que odiaban y combatieron con saña. Pronto iban a
mezclarse en la política y se les vería ocupar cargos importantes en
la República para mancillarla y corromperla. El perdón absoluto que se
les concedió ha servido para cubrir todas las lacras y todas las
acciones vituperables cometidas después por gobernantes impúdicos y
sus servidores, acudiéndose siempre a la expresión de que si
perdonamos a los “guerrilleros”, no se debía ser exigentes con otros
delincuentes».
La guerra dejaba un país en ruinas. Las producciones de azúcar y
tabaco decrecieron durante la contienda bélica, languideció el
comercio por falta de actividad económica productiva y el número de
cabezas de ganado caballar y vacuno mermó sensiblemente. Una nación
desolada, para decirlo en una sola palabra y donde la guerra, el
hambre, las enfermedades y la política de reconcentración ordenada por
Weyler cobraron cientos de miles de víctimas; unas 400 000 según
estimados del historiador Fernando Portuondo, en una población total
de dos millones de habitantes.




Poco antes de las 12 meridiano, llegó, vestido de gran uniforme, el
mayor general Brooke, que asumiría la jefatura del Gobierno de
ocupación. Lo acompañaban los generales Lee, Ludlow, Davis y Chaffe,
vestidos igualmente con uniforme de gala, y toda la ayudantía.
Llegaron también altos oficiales cubanos: los mayores generales José
Miguel Gómez, Mario García Menocal y José María («Mayía») Rodríguez.
Los generales de división José Lacret, Rafael de Cárdenas y Alberto
Nodarse, y los generales de brigada Eugenio Sánchez Agramonte,
Francisco de Paula Valiente y Francisco Leyte Vidal, todos invitados
especialmente por Brooke. Máximo Gómez no estuvo presente. Se negó a
entrar en La Habana con las tropas estadounidenses, como pretendían en
Washington, y pese a los esfuerzos de Estrada Palma, dice la académica
Uva de Aragón, «de hacerles entender a los norteamericanos lo hiriente
que resultaba para los criollos tal propuesta». El Generalísimo
arribaría al fin el 24 de febrero. Ese día, recuerda Horacio Ferrer,
«en medio de indescriptible entusiasmo, en apoteosis magnífica,
atravesó la ciudad hasta el Ayuntamiento sobre brioso corcel, con el
sombrero en la diestra, sonriendo a la multitud que le aclamaba
delirante, pareciéndole un sueño ver tan de cerca al vencedor de cien
combates, forjador de la patria libre».
Comisionados e invitados fueron congregándose en el Salón del Trono
del Palacio, donde hasta poco antes, en graves besamanos y brillantes
saraos, recibía el capitán general el homenaje de los súbditos del
monarca español. A las 12 en punto, al sonar el primer cañonazo de las
armas españolas en saludo a su bandera, que se arriaba, el general
Jiménez Castellanos saludó militarmente a sus contrarios, y con los
ojos arrasados en lágrimas y la voz ahogada por la emoción, expresó
dirigiéndose a Brooke:
«Señor: En cumplimiento de lo estipulado en el Tratado de Paz, de lo
convenido por las comisiones militares de evacuación, y de las órdenes
de mi Rey, cesa de existir en este momento… la soberanía de España en
la Isla de Cuba, y empieza la de los Estados Unidos. Declaro a Ud.,
por lo tanto, en el mando de la Isla y en perfecta libertad de
ejercerlo, agregando que seré yo el primero en respetar lo que Ud.
determine. Restablecida como está la paz entre nuestros respectivos
gobiernos, prometo a Ud. que guardaré al de los Estados Unidos todo el
respeto debido, y espero que las buenas relaciones ya existentes entre
nuestros ejércitos continuarán en el mismo pie hasta que termine
definitivamente la evacuación de este territorio por los que estén
bajo mis órdenes».
Repuso Brooke: «Señor: En nombre del Gobierno y del Presidente de los
Estados Unidos acepto este grande encargo, y deseo a Ud. y a los
valientes que lo acompañan que regresen felizmente a los hogares
patrios. ¡Quiera el cielo que la prosperidad los acompañe a ustedes
por todas partes!».
Concluidas las palabras de Brooke, el general Jiménez Castellanos se
despidió de los presentes. Mientras descendía las escaleras se
escuchaban los cañonazos con que las tropas norteamericanas,
alborozadas, saludaban el ascenso de su bandera en el Morro. En la
Cabaña izaron la bandera de su país los jóvenes Lee y Harrison, hijo
el primero del general del mismo apellido, y el otro, de un ex
presidente de EE.UU. La cuerda con la que se arrió la enseña española,
la guardó Harrison como recuerdo. La operación se repitió en la azotea
del Palacio de los Capitanes Generales. A esa hora se alejaban de las
costas cubanas los buques de guerra Rápido, Patriota, Marqués de la
Ensenada, Galicia y Pinzón con tropas españolas a bordo. Una buena
parte de estas había partido ya en el vapor Buenos Aires. El 12 de
diciembre, a bordo del crucero Conde de Venadito, eran llevados a
España los supuestos restos de Cristóbal Colón depositados en la
Catedral de La Habana. En una ceremonia modestísima fueron trasladados
al puerto en el carro número 22 de la Sanidad Militar, engalanado y
tirado por cuatro parejas de mulos.
En la Plaza de Armas se hallaban dos bandas de música. Una interpretó
la Marcha Real española; la otra, el himno norteamericano. El pueblo,
contenido en las bocacalles inmediatas, gritó al oírlos: «¡Viva Cuba
Libre!». Sostenida por medio de dos heliógrafos, una bandera cubana
flotaba en el espacio a una altura inmensa.


Ciro Bianchi Ross
ciro@jrebelde.cip.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/




Conclusa la XIV Fiera del vino all'Avana

Con la presenza, anche, di alcuni produttori italiani (Piemonte e Toscana) si è conclusa anche questa edizione della Fiera dei Vini, che si è tenuta nel salone 1830 dell'hotel Nacional.












Dizionario demenziale

CALCIO: oppio dei popoli

domenica 6 ottobre 2013

La Cina, nuovo mercato per il turismo a Cuba

Nonostante le sempre più strette relazioni politiche e commerciali fra i due Paesi, il mercato del turismo non si era ancora aperto. Con l'arrivo di un primo gruppo "sperimentale" di cinesi amanti della musica ballabile cubana, si è aperto un nuovo fronte per il mercato cinese e Havanatur, organizzatrice di questo primo gruppo di assaggio sta già pensando di aprire una struttura nel gigante asiatico per la vendita del prodotto turistico cubano, non solo riguardante musica e ballo.