Lo
sport dei pugni o dei cavolfiori ha avuto un inizio tardivo a Cuba. La sua
storia ufficiale inizia a partire dal 1921, quando si crea la Commissione
Nazionale di Pugilato. Prima – e sembrerà incredibile – la pratica di questo
sport era proibita nell’Isola. Così dispose la Segreteria di Governo del
presidente José Miguel Gómez. Una proibizione aleatoria, come succede molte
volte con le proposte, ebbene anche così si celebravano combattimenti e i
risultati venivano anche pubblicati sui giornali. Bastava chiedere il permesso
corrispondente o svolgerla in modo clandestino. In realtà non c’erano argomenti
solidi contro questo sport. Fu come quando si disse che il gioco del calcio non
si doveva permettere perché i giocatori scendevano in campo in mutande.
Non
pochi combattimenti ebbero come scenario la soffitta dell’American Club in
Prado angolo Virtudes, dove ha sede attualmente la Federazione delle Società
Asturiane. Lì si celebrò, nel 1915, l’incontro tra Léster Johnson e Anastasio
Peñalver, primo campione cubano dei pesi massimi che perse per la via breve,
nel primo assalto. Ci furono anche incontri nella sede del Club Atlético di
Cuba, pure in Prado, ma di quei tempi che i cronisti definiscono romantici, i
più ricordati furono quelli del ring del giornale Cuba, il quotidiano dei
fratelli José María e José Ramón Villaverde, nella calle Empedrado. Qualunque
posto sembrava adeguato per un incontro di boxe, si parla di un campionato che
si tenne in una casa col pavimento di cemento del vicolo di Cañongo.
Con
proibizione e tutto, il 5 di aprile del
1915 nell’ippodromo Oriental Park di Marianao, due nordamericani si contesero
la cintura d’oro dei pesi massimi: il campione Jack Johnson, negro, e lo
sfidante Jess Willard considerato, allora, la grande speranza bianca nello
sport dei pugni. Era un incontro stabilito su 45 assalti e fu presenziata dallo
stesso presidente della Repubblica, Mario García Menocal. All’altezza del 26°
round, davanti alla costernazione generale, successe quello che senza dubbio era
inconcepibile: Johnson cadde al tappeto senza possibilità di riprendere il
combattimento e Willard si alzava col titolo dorato. La moltitudine non tardò a
comprendere quello che era successo realmente.
Di
tutti i combattimenti pugilistici celebrati a Cuba, è questa quella di cui si
parla di più, nonostante i 99 anni trascorsi da allora. Il motivo è semplice:
fu un aggiustamento. Johnson vendette la sua cintura di campione per 30.000
dollari. Pensò che gli consegnassero i soldi al momento del peso, ma gli dissero
che lo avrebbero dato a sua moglie durante l’incontro. Quando la signora, dalle
tribune, gli comunicò con un segnale convenuto che aveva i soldi, Johnson che
stava facendo melina col suo rivale, cadde inaspettatamente per effetto di un
destro inefficace. Il sole gli dava fastidio – l’incontro avvenne di giorno – e
Johnson si coprì il viso con le braccia fino a che si mise tranquillamente
prono. Il combattimento era durato un’ora e 44 minuti.
Otto gol a zero
Il
calcio si conosceva già, a Cuba, nel 1907. E prendete nota di quello che lo
scriba dirà di seguito: uno dei primi incontri seri di questo sport ebbe
carattere internazionale e finì con la vittoria dei cubani. Una squadra formata
dall’equipaggio della nave inglese Cidra si confrontò, al Palatino, alla
squadra locale che aveva il nome di Hatuey. Il punteggio di otto gol a zero a
favore della squadra di casa fece si che gli inglesi, in transito o residenti
all’Avana, cercassero di ottenere una rivincita.
Sorse
così la squadra del Rovers che non poche volte affrontò l’Hatuey. C’era una
specie di collaborazione tra le due formazioni: con gli inglesi giocavano gli
uomini che avanzavano sulla panchina dei creoli. Non sarebbe stato fino al 1908
che Rovers e Hatuey si affrontarono nella prima partita formale nel poligono
del campo militare di Columbia. Ciò nonostante, la prima partita di calcio che
si riconosce in modo ufficiale, come prima nell’Isola, si effettuò nel Palatino
l’11 dicembre del 1911. C’è una critica di Víctor Muñoz, del 7 gennaio del 1912.
In quella descrive un gioco, nell’Almendares Park, tra il Rover e l’Hatuey.
Muñoz fu quello che introdusse a Cuba il Giorno della Mamma, era un cronista
sanguigno e instancabile, padrone di una vena umoristica straordinaria. Fu, tra
noi, il creatore della cronaca sportiva descrivendo i giochi di foot ball e
sopratutto di baseball in cui si affrontava una squadra cubana con una
formazione straniera – generalmente nordamericana – come una gara con cui la
Repubblica nascente giustificava il suo diritto di esistere. Esaltava la
vittoria cubana come una questione di sovranità nazionale. Il lettore può
immaginare il titolo di quella cronaca, pubblicato a piena pagina: L’Hatuey ha
lasciato in bianco gli inglesi.
Già nel
1925 una squadra cubana, Fortuna, uscì all’estero vincendo i quattro incontri
che tenne in Costa Rica. Era già in auge il calcio locale quando, nel 1926,
giunse da New York una squadra conformata da spagnoli. Il risultato di questa
visita fece si che non tardassero ad arrivarne altre dalla Spagna e dal Cile.
Arrivò anche, dopo, il Nacional dall’Uruguay, in quel momento campione
mondiale. Debuttò all’Avana di fronte all’Iberia uscendo vincitore per quattro
a uno. Cadde di fronte alla squadra della Juventud Asturiana, quattro a due e
umiliò l’Hispano con un commiato di otto gol.
Molti
fatti si scrivono con lettere d’oro negli annali del calcio creolo. La vittoria
contro il campione dell’Uruguay è uno di quelli. Un’altro fu la vittoria di
Cuba di fronte alle selzioni di Giamaica, Honduras, El Salvador e Costa Rica
durante i II Giochi Centroamericani e dei Caraibi dell’Avana nel 1930. E per
ultimo la presenza cubana nella Coppa del mondo del 1938. Nella città francese
di Tolosa, Cuba riuscì a pareggiare con tre gol con la Romania e poi la
sconfisse per due a uno, per poi cadere con la Svezia per otto a zero.
La rete e le racchette
Se
inglesi e cubani collaborarono all’avvio del calcio nell’Isola, non sembra che
succedesse la stessa cosa col tennis. Nonostante non ci sia disponibile una
data d’inizio della pratica dello sport della rete e delle racchette tra noi,
gli specialisti garantiscono che si conosce, a Cuba, da prima che iniziasse il
secolo XX°. Si dice che già nel 1886, inglesi residenti all’Avana lo
praticavano di nascosto, per paura che i cubani imparassero a giocarlo. Altri,
in cambio, dicono che furono i cubani i loro iniziatori. I cosiddetti vedadistas nel piccolo recinto giochi che loro stessi costruirono e che diventerà il Vedado Tennis
Club. Al chiamato “club azzurro”, appartennero i primi campioni nazionali. Le
gare ufficiali di questo sport si tennero a partire dal 1903 e si estesero alle
donne l’anno successivo. Anteriormente al 1959, il tennis cubano partecipò in
numerose gare internazionali, fra le quali la famosa Coppa Davis e in giochi
centroamericani e dei Caraibi dove quelli di casa non offrirono mai esibizioni
scialbe. L’Avana fu anche sede di competenze di carattere internazionale e
molti assi mondiali incrociarono le racchette con i locali.
La
pallacanestro giunse a Cuba nel 1905. Lo portarono, fra gli altri, i membri
della Gioventù Cristiana (Y.M.C.A.), i fratelli Leopoldo e José Sixto de Sola,
fondatori dell’importante rivista Cuba Contemporanea. José Sixto che morì
prematuramente – il suo unico libro, Pensando
a Cuba, una raccolta dei suoi scritti, apparve nel 1917 quando il suo
autore era già morto – non solo formò la squadra del suo gruppo, ma incitò gli
studenti dell’Università avanera, l’unica che ci fosse allora a Cuba, a che lo
imitassero. Sorse così la squadra Caribe che si oppose a quella della Y.M.C.A.
il 13 ottobre 1906, in quello che si considera il primo incontro serio di basket
che si effettuò a Cuba e che vinsero gli universitari che non poterono,
peraltro, ripetere il successo negli incontri seguenti per cui il trofeo rimase
nelle mani della Y.M.C.A. Le gare tornarono nel 1907, stavolta con una squadra
in più, in rappresentanza delle truppe nordamericane accantonate nel campo
Columbia. Non sarà fino al 1915 che José Sixto fonderà la Lega Nazionale di
Basket.
Si
giunse a praticare molto, con ampia copertura di stampa, il tiro al piattello
nel Club dei Cacciatori di Buena Vista. In quella stessa epoca, nel Parco dei
Divertimenti di Palatino, c’erano raduni per proclamare l’uomo più forte dell’Avana,
eventi che venivano accompagnati da giochi e fuochi artificiali. Si pattinava
nello Skating Park del Vedado e le serate di gala del sabato in questa
installazione ricreativa meritavano le cronache di tutti i giornali.
Malolo
Si
dice, anche se non è provato che lo sport ippico, a Cuba, cominciò nella città
matanzera di Colón. Correvano i tempi della colonia e l’esercito spagnolo aveva
una scuola di equitazione in detta località. Gli ufficiali distaccati in loco,
forse per ammazzare la noia, tracciarono una pista e cominciarono le gare. Poco dopo si svegliava, a Camagüey,
uno straordinario interesse per le corse dei cavalli. Un sentiero rettilineo
serviva da pista e si costruirono diverse tribune che erano occupate dai
militari spagnoli, con le loro famiglie e da alcuni cubani invitati. Fu allora che
si effettuarono per la prima volta le scommesse. In realtà non c’erano
allibratori come tali, ma la gente si lanciava piccole borse che contenevano
once d’oro, d’accordo alla quantità stipulata in ogni scommessa.
L’ippodromo
Oriental Park, inaugurato il 14 gennaio del 1915 fu, a suo tempo, l’orgoglio di
Cuba e d’America. Nel 1927 vi furono lì gare memorabili. I premi istituiti
nelle corse ordinarie non erano appetitosi.Ma i dirigenti dell’azienda
organizzarono una serie di eventi straordinari con ricompense altissime. Ciò
fece che molti proprietari delle scuderie di Hialeah Park e Tropical Park
portassero i loro cavalli e l’ippodromo avanero alloggiasse un nutrito gruppo
di esemplari di alta classe, incluso Extreme, già famosissimo tra la tifoseria
cubana.
Fra
questi cavalli ce n’era uno, cubano, di proprietà del giornalista Manuel Braña.
Si chiamava Malolo. Non aveva le condizioni per misurarsi con quel gruppo di
purosangue. Ciò nonostante li sconfisse in tutte le gare straordinarie grazie
alla forma in cui si mantenne durante tutte le competizioni e ciò comportò,
per il suo proprietario, una discreta somma di denaro.
Già
negli anni ’40 l’Oriental Park entra in crisi. La mancanza di stabilità nella
sua programmazione, il bilancio gonfiato e la grandezza delle cosiddette spese segrete, cominciano a corrodere la pratica dell’ippica. Mancavano cavalli
purosangue cubani. Erano pochi, gli allevatori di casa, che si avventuravano su
un cavallo per il quale, come minimo, dovevano aspettare tre anni per vederne i
frutti. Nel 1957 i proprietari dell’ippodromo volevano vendere i loro terreni a
scopo di urbanizzazione. L’affare non si concretizzò perché chiedevano due
milioni di pesos per la proprietà. Ciò avrebbe dato luogo alla costruzione di
un nuovo ippodromo.
Deportivas
8 de Febrero del 2014 20:01:55 CDT
El deporte de los puños o de las
coliflores tuvo en Cuba un comienzo relativamente tardío. Su historia oficial
se inicia a partir de 1921, cuando se crea la Comisión Nacional de Boxeo. Antes
--y parecerá
increíble-- la práctica de dicho
deporte se prohibió en la Isla. Así lo dispuso en 1912 la Secretaría de
Gobernación del presidente José Miguel Gómez. Una prohibición aleatoria, como
ocurre muchas veces con las proscripciones, pues aun así se celebraban peleas y
sus resultados se publicaban incluso en los periódicos. Bastaba con pedir el
permiso correspondiente o celebrarla de manera clandestina. No había, en realidad,
argumentos sólidos contra ese deporte. Fue como cuando se dijo que los juegos
de fútbol no debían permitirse porque los jugadores salían al terreno en
calzoncillos.
No pocos combates tuvieron por
escenario en la época, la azotea del American Club, en Prado esquina a
Virtudes, donde radica en la actualidad la Federación de Sociedades Asturianas.
Allí se celebró en
1915 el encuentro entre Léster
Johnson y Anastasio Peñalver, primer campeón cubano de los pesos pesados, quien
perdió, y por la vía rápida, en el primer asalto. Hubo además, peleas en la
sede del Club Atlético de Cuba, también en Prado, pero de aquellos tiempos, que
los cronistas insisten en calificar como románticos, las más recordadas fueron
las del ring del periódico Cuba, el cotidiano de los hermanos José María y José
Ramón Villaverde, en la calle Empedrado. Cualquier sitio parecía apropiado para
un match de boxeo, y se habla de un campeonato que se dirimió en la sala de una
casa con piso de cemento del callejón de Cañongo.
Con prohibición y todo, el 5 de
abril de 1915, en el hipódromo Oriental Park, de Marianao, dos norteamericanos
contendieron por la faja de oro de los pesos completos: el campeón Jack
Johnson, negro, y el retador Jess Willard, considerado entonces la gran
esperanza blanca del deporte de los puños. Era una pelea pactada a 45 asaltos y
que fue
presenciada por unos 20 000 espectadores, entre ellos el
mismísimo
presidente de la República, Mario
García Menocal. A la altura del round 26 y ante la consternación general
sucedía, sin embargo, lo
inconcebible: Johnson caía a la lona
sin posibilidades de reanudar el combate, y Willard se alzaba con el título de
oro. No demoró aquella multitud en comprender lo que sucedió realmente.
De todas las peleas de boxeo
celebradas en Cuba, es de esta de la que más se habla pese a los 99 años
transcurridos desde entonces. La razón es simple: fue una pala. Johnson vendió
su faja de campeón por 30 000 dólares. Pensó que le entregarían el dinero en el
momento del pesaje, pero le dijeron que se lo darían a su esposa en el
transcurso del combate. Cuando la señora, desde las gradas, con una señal
convenida, le comunicó que tenía el dinero, Johnson, que había estado dándole
largas a su rival, cayó sorpresivamente ante un derechazo ineficaz. El sol le molestaba
--la pelea se celebró de día-- y Johnson se cubrió el rostro con los brazos
hasta que tranquilamente se puso bocabajo. El combate había durado una hora con
44 minutos.
Ocho golpes por cero
Ya en 1907 se conocía el balompié en
Cuba. Y tomen nota de lo que el escribidor dirá enseguida: uno de los primeros
encuentros serios de ese deporte tuvo carácter internacional y terminó con
victoria para los cubanos. Un equipo conformado por los tripulantes del buque
inglés Cidra se enfrentó, en Palatino, al equipo local que llevaba el nombre de
Hatuey. El marcador de ocho goles por cero a favor de los del patio hizo que
ingleses residentes y en tránsito por La Habana fueran por el desquite.
Surgió así el equipo Rovers, que no
pocas veces se enfrentó al Hatuey.
Había una especie de colaboración
entre ambas agrupaciones: jugaban con los ingleses los hombres que sobraban en
el banco de los criollos.
No sería hasta 1908 en que el Rovers
y el Hatuey se enfrentaron en el primer partido formal, en el polígono del
campamento militar de Columbia. No obstante, el partido de balompié que, de
manera oficial, se reconoce como el primero en la Isla se efectuó en Palatino,
el 11 de diciembre de 1911.
Hay una crónica de Víctor Muñoz, de
7 de enero de 1912. En ella reseña un juego, en el Almendares Park, entre el
Rovers y el Hatuey. Muñoz, que fue el introductor en Cuba del Día de las
Madres, era un cronista proteico e incansable, dueño de una vena humorística
extraordinaria.
Fue, entre nosotros, el creador de
la crónica deportiva, y reseñaba los juegos de fútbol y, sobre todo, de
béisbol, en los que se enfrentaba un equipo cubano contra una agrupación foránea --norteamericana por lo general--
como una competición en que la naciente República justificaba su derecho a la
vida. Alentaba el triunfo cubano como una cuestión de soberanía nacional. Ya
imaginará el lector el título de aquella crónica, publicada a plana completa:
El Hatuey dejó en blanco a los ingleses.
Ya en 1925 un equipo cubano,
Fortuna, salía al extranjero, y ganaba los cuatro partidos que celebró en Costa
Rica. Sonaba ya el balompié local cuando, en 1926, llegó desde Nueva York un
equipo conformado por españoles. El éxito de esa visita hizo que no demoraran
en arribar otros de España y Chile. Llegó además el Nacional, de Uruguay,
campeón mundial en aquel momento. Debutó en La Habana frente al Iberia y salió
vencedor cuatro por uno. Cayó frente al equipo de la Juventud Asturiana, cuatro
por dos, y humilló al Hispano con una despedida de ocho goles.
Varios hechos se inscriben con
letras de oro en los anales balompédicos criollos. El triunfo frente al equipo
campeón del Uruguay es uno de ellos. Otro, las victorias de Cuba frente a las
selecciones de Jamaica, Honduras, El Salvador y Costa Rica durante los II
Juegos Centroamericanos y del Caribe de La Habana, en 1930. Y por último, la
presencia cubana en la Copa del Mundo, en 1938. En la ciudad francesa de
Toulouse, Cuba logró empate a tres goles con Rumania y la derrotó luego dos por
uno, para caer ante Suecia ocho por cero.
La red y las raquetas
Si ingleses y cubanos colaboraron en
la arrancada del balompié en la Isla, no parece que sucediera lo mismo con el
tenis. Aunque no hay fecha disponible en cuanto a los inicios de la práctica
del deporte de la red y las raquetas entre nosotros, especialistas aseguran que
se conoce en Cuba desde antes de que comenzara el siglo XX. Se dice que
ya en 1886 ingleses avecindados en
La Habana lo practicaban a
escondidas, temerosos de que los
cubanos aprendieran a jugarlo. Otros, en cambio, aseveran que fueron cubanos
sus iniciadores. Los llamados vedadistas, en el pequeño court que ellos mismos
construyeron y que sería el del Vedado Tennis Club. Al llamado <<club
azul>> pertenecieron los primeros campeones nacionales. Las competencias
oficiales de este deporte se registraron a partir de 1903, y se abrieron para
las féminas desde el año siguiente.
Con anterioridad a 1959, el tenis
cubano participó en numerosas series internacionales, entre ellas la famosísima
Copa Davis y en olimpiadas centroamericanas y caribes, donde los del patio
jamás ofrecieron exhibiciones pálidas. La Habana fue asimismo sede de lides de
carácter internacional y muchos ases mundiales cruzaron sus raquetas con los
del patio.
El basket ball llegó a Cuba en 1905.
Lo trajeron, entre otros miembros de la Juventud Cristiana (Y.M.C.A.), los
hermanos Leopoldo y José Sixto de Sola, fundadores de la importante revista
Cuba Contemporánea.
José Sixto, que falleció
prematuramente --su único libro, Pensando en Cuba, una compilación de sus
escritos, apareció, ya muerto el autor, en 1917-- no solo formó el equipo de su
agrupación, sino que instó a estudiantes de la Universidad habanera, la única
que había entonces en Cuba, a que lo imitaran. Surgió así el equipo Caribe, que
se enfrentó al de la Y.M.C.A., el 13 de octubre de 1906, en lo que se considera
el primer partido serio de basket ball que se efectuó en Cuba y que ganaron los
universitarios que no pudieron, sin embargo, repetir la victoria en encuentros
sucesivos, quedando el trofeo en manos de la Y.M.C.A. Volvieron las
competencias en 1907, esa vez con un equipo más, en representación de las
tropas norteamericanas acantonadas en el campamento de Columbia. No sería hasta
1915 cuando José Sixto fundó la Liga Nacional de Basket Ball.
Llegó a practicarse mucho, y con
amplia cobertura de prensa, el tiro al platillo en el Club de Cazadores de
Buena Vista. Por esa misma época, en el Parque de Diversiones de Palatino
tenían lugar certámenes para proclamar al hombre más fuerte de La Habana,
eventos que solían acompañarse de retretas y fuegos artificiales. Se patinaba
en el Skating Park del Vedado y las galas del sábado por la noche en esa
instalación recreativa merecían reseñas en todos los periódicos.
Malolo
Se dice, aunque no se ha probado,
que el deporte hípico, en Cuba, se inició en la ciudad matancera de Colón.
Corrían los tiempos de la colonia y el ejército español mantenía una escuela de
aplicación en dicha localidad. Los oficiales allí destacados, quizá para matar
el aburrimiento, trazaron una pista y empezaron las competencias. Poco después
se despertaba en Camagüey extraordinario interés por las carreras de caballos.
Un camino recto sirvió de pista y se construyeron unos cuantos palcos que eran
ocupados por militares españoles, sus familiares y algunos cubanos invitados.
Fue entonces que, por primera vez, se efectuaron apuestas entre los
espectadores.
Apostadores como tales, en realidad,
no había, pero la gente se lanzaba de un palco a otro bolsitas que contenían,
en onzas de oro, la cantidad estipulada en cada postura.
El hipódromo Oriental Park,
inaugurado el 14 de enero de 1915, fue, en su momento, orgullo de Cuba y de
América. En 1927 tuvieron lugar allí competencias memorables. Los premios
instituidos para las carreras ordinarias no eran apetitosos. Pero los
directivos de la empresa convocaron a una serie de eventos extraordinarios con
recompensas altísimas. Eso hizo que muchos propietarios de las cuadras de Hialeah
Park y Tropical Park trajeran sus caballos y el hipódromo habanero alojara a un
nutrido grupo de ejemplares de alta clase, incluyendo a Extreme, ya muy famoso
entre la afición cubana.
Entre esos caballos había uno,
cubano, propiedad del periodista Manuel Braña. Se llamaba Malolo. No tenía
condiciones para medirse con aquel grupo de pura sangre. Sin embargo, los
derrotó a todos en los eventos extraordinarios gracias a la forma en que se
mantuvo durante todas las competencias, lo que reportó a su propietario una
bonita suma de dinero.
Ya en los años 40 el Oriental Park
entra en crisis. La falta de estabilidad en su programación, el inflado
presupuesto y la magnitud de los llamados gastos secretos empiezan a corroer la
práctica del hipismo. Faltaban caballos cubanos pura sangre. Eran pocos los
criadores del patio que se aventuraban con un caballo por el que, como mínimo,
tendrían que esperar tres años para que empezara a dar sus frutos. En 1957 los
propietarios del hipódromo querían vender sus terrenos a fin de que se
urbanizaran. El negocio no llegó a concretarse porque pedían dos millones y
medio de pesos por la propiedad. Eso hubiera dado lugar a la construcción de un
nuevo hipódromo.
Ciro Bianchi
Ross
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