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lunedì 27 ottobre 2014

Da leone a scimmia, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 26/10/14

Un lettore di Sancti Spiritus che firma il suo messaggio con il solo nome di battesimo – Miguel – e si dichiara lavoratore del Poder Popular in questa provincia, dice che ricorda di aver letto, crede in questo stesso giornale, la storia di un uomo che in un circo di Matanzas, affrontò una scimmia e che rimase tanto percosso nel combattimento che non giunse a incassare la ricompensa, alla fine. Riferisce che nei giorni scorsi, commentò questo fatto con sua moglie e che la signora non vuole crederci, pertanto chiede allo scriba che chiarisca il fatto.
Andiamo per parti. Ci fu davvero un incontro tra un pugile dei pesi medi, Evangelio Valente e un gorilla, ma non a Matanzas: all’Avana. Non successe nel tendone di un circo qualunque, ma nel famoso Ringling che faceva visite annuali a Cuba e si presentava al Palazzo dei Congressi e dello Sport, sito in Paseo e Mar, più o meno dove si trova la cosiddetta Fuente de la Juventud.
Il lettore ha ragione quando assicura di aver conosciuto questa storia grazie a Juventud Rebelde. La raccontò, in questo giornale, l’amico e collega Elio Menéndez, premio nazionale di Giornalismo che la raccolse nel suo libro Swuines a la nostalgia, pubblicato a Cienfuegos nell’anno 2005, dall’Editrice Mecenas; una coedizione con questo giornale.
La storia  così.
Come pugile professionista, Evangelio raggiunse più vittorie che sconfitte. Di 97 combattimenti effettuati ne vinse 65, di questi 52 per K.O. e fece 12 pareggi. Gareggiava nella categoria dei medi e la sua mano migliore era la destra con la quale, dicevano, picchiava come un mulo. Con questa mise fuori combattimento lo spagnolo Lorenzo Gómez Naya e anestetizzò il triplice campione nazionale Mario Raúl Ochoa, titolare del pesi medi, mediomassimi e massimi. Oltre a fratturare la mascella a due rivali.
Fra il 1935 e 1946, Evangelio si presentò in diverse piazze del Paese, alcune di prima categoria come l’Arena Cristal e il Palazzo dei Congressi e dello Sport. Ma non arrivò mai a raggiungere una borsa decorosa.
All’inizio del 1957, Valiente si era a ritirato da diversi anni e passava i 40. Si avvicinava il 6 gennaio e il suo cuore di padre si ruppe con le letterine con cui i suoi cinque figli chiedevano giocattoli ai Re Magi. (A Cuba è più tradizione che a Natale. N.d.T.). Questa volta i bambini sarebbero rimasti senza giocattoli, Valiente non aveva i soldi per comprarglieli.
Un amico che sapeva della disperazione di valiente per l’approssimarsi del Giorno dei Re, corse a dirgli che nel circo che si trovava in Paseo y Mar cercavano qualcuno che si mettesse in una gabbia con un gorilla al fine di dar vita a un incontro di boxe diverso e differente. Chi lo facesse riceverebbe cinque pesos per ogni minuto che passasse affrontando la belva. L’animale sarebbe salito sul ring con una museruola di ferro e due guanti enormi confezionati per quell’incontro.
Il Palazzo dei Congressi e lo Sport si era inaugurato il 1° ottobre del 1944 con un incontro pugilistico sensazionale. Fu demolito nella seconda metà degli anni ’50 con l’obbiettivo di ampliare il Malecón, che giunse quindi al suo limite sulle sponde del fiume Almendares. In quel Palazzo delle Convenzioni e dello Sport si installò una pista di ghiaccio per i pattinatorie fu, inoltre, la sede abituale del circo nordamericano Ringling che visitava l’Avana tutti gli anni in occasione delle festività natalizie.
Valiente ascoltò con attenzione quello che gli diceva il suo amico e non ci pensò due volte. Avrebbe affrontato il gorilla, se quello era l’unico modo di ottenere i soldi che gli occorrevano per i giocattoli dei suoi figli. Prima di mettersi nella gabbia pianificò la sua strategia. Si sarebbe mosso incessantemente attorno all’animale, avrebbe mandato a vuoto qualche “jab” per non farlo infuriare. E come faceva nei suoi incontri di 12 round si gestirebbe, senza sprecarle, le energie perché il combattimento durasse il più possibile. Più fosse durato, più avrebbe guadagnato l’ex campione.
L’amico da fuori della gabbia gli avrebbe contato i minuti e a misura che passassero Valiente avrebbe fatto i suoi conti: ho già il camioncino di pepe, la bambola di Lala: adesso vado per i pattini di Tomasito...Quando passarono cinque minuti , si sentì tentato di abbandonare il combattimento. Non aveva più l’agilità e la resistenza di una volta. Era stanco di tante e tante giravolte e in definitiva aveva risolto il problema dei giocattoli dei Magi per i bambini.
Anni dopo, raccontava lo stesso Evangelio Valiente al cronista Elio Menéndez “Al principio la gente mi gridava: - Evangelio, tu sei pazzo! Questo gorilla ti ammazzerà! –“ Ma col passare di minuti, vedendo che l’animale non riusciva a raggiungermi, gli spettatori andarono guadagnando fiducia ed entusiasti mi chiedevano che lo picchiassi. I più esaltati gridavano – Stendilo! Stendilo! Stendilo! – Diventai pazzo, è la verità, ma le grida di quella gente mi fecero impazzire” Ricorderà anni dopo Evangelio Valente.
Solo così osò fare quello che fece. Pensò che il Palazzo delle Convenzioni e lo Sport fosse lo scenario delle sue grandi vittorie, ricordò che il Palazzo delle Convenzioni e lo Sport fosse lo scenario delle sue grandi vittorie, ricordò tutti i rivali che aveva messo al tappeto e si disse: “ E se gli metto un dstro all’animale e lo stendo?” Si avvicinò all’animale, fece una finta e gli infilò il destro. La bestia sentì il diretto e non fece aspettare la sua risposta. Quell’animale lanciò fiamme dagli occhi, si percosse il petto come fanno le scimmie nei film di Tarzan e si lanciò sul pugile con grandi urla. Evangelio Valiente cercò di girarsi, ma poteva solo strisciare sulle gambe e vide arrivare il colpo che il gorilla gli dette, senza poterselo togliere di dosso. Lo fecero uscire con urgenza dalla gabbia e lo portarono all’infermeria. Gli dettero cinque punti alla testa.
Quando sua moglie lo vide arrivare a casa, bendato, gli chiese se lo aveva investito un autobus,
“Che autobus e autobus! – rispose Valiente – Mettiti su un vestitino, vecchia, che andiamo a comprare i giocattoli ai bambini”.
Un’altra volta Mojica
Cis ono due cose. O a José Mojica piaceva molto l’Avana o pone resistenza a lasciare questa pagina. Ho dedicato una cronaca che fece il soprannominato tenore dalla voce d’oro nel 1931 e due lettori, la disegnatrice Piedad Subiráts e il Dottor Diego Artíles, dell’Ospedale 10 de Octubre, sono venuti subito all’assalto per ricordare che tornò nel 1953 per una seconda visita. E già per allora aveva indossato gli abiti religiosi, anche se godesse di dipsensa religiosa per poter cantare e recitare.
Su Mojica adesso scrive lo storico Pedro Urbezo, autore del libro El teatro América y su entorno mágico, che opportunamente commentiamo qui. Dice Urbezo, nel suo messaggio elettronico, che la visita a cui alludono la eccellente disegnatrice eil dottor Artiles sarebbe, in ogni caso, la terza. Ebbene, garantisce Urbezo: “Si presentò sullo scenario del teatro América nella settimana dal 7 al 13 maggio del 1951”, in funzioni notturne da lunedì a venerdì e in doppia funzione i fine settimana di  odo che festeggiò la domenica 13 la Giornata della Madre. Tutte le rappresentazioni. Segnala Urbezo, furono a teatro esaurito e Mojica uscì sempre sulla scena con il suo abito monacale.
Di fretta
Mi recriminano da remedios, a Villa Clara, il perché nella pagina del 5 ottobre scorso, parlando del cubano che fu presidente del Governo spagnolo, omisi di menzionare la fonte da cui presi l’informazione. Il soggetto in questione è il generale Dámaso Berenguer, nato prcisamente a Remedios, al tempo in cui Cuba era ancora una colonia.
Per scrivere la mia nota mi sono basato sull’investigazione del diplomato Rafael Farto Muñiz, il deceduto storico di questa località villaclareña e autore del libro San Juan de los Remedios. Appunti sulla sua storia e alcuni  miti e leggende  frappresentativi della tradizione orale. Nonostante non ci sia giustificazione sull’omissione della fonte, devo chiarire che il mio documentarista mi ha passato i dati sul riferito generale, non segnalò la bibliografia utilizzata e io, semplicemente, me la sono sciroppata.
Risposta a Solange: nella decade del ’50 del secolo scorso, il turismo si concentrava all’Avana e in misura molto più piccola a Varadero e all’Isola dei pini. La capitale disponeva di oltre 50 alberghi – quattro di questi di lusso – con 4900 camere e 9800 posti letto. Nella Spiaggia Azzurra (Varadero, n.d.t.) non si superavano le 700 camere e l’Isola dei Pini poteva sistemare al massimo 200 visitatori. Circa 223.000 turisti hanno passato le loro vacanze a Cuba nel 1956. Altri 272.000 lo fecero nel ’57 e l’anno seguente la cifra discese a 212.000.
Pedro M. Calzada Ajete inquisisce su una canzone interpretata da Benny Moré e che si intitoloa, dice,  Rezo en la noche. Assicura che esordì nel 1957 e desidera sapere chi è il suo autore e che reazione provocò gfra le autorità della dittatura batistiana.
Dice: “ Oggi dedico il mio canto alle madri che soffrono l’assenza/ del figlio idolatrato, che mai più tornerà/ alla sposa che soffrenel silenzio il crudele abbandono/ e al bambino innocente che domanda: Dov’è il mio papà? Dov’è il mio papà?”
Lo scriba ricorda perfettamente il testo, però dubita che sia come dice il lettore, del 1957, se non dopo la vittoria della Rivoluzione. La censura batistiana non avrebbe permesso qualcosa di simile.
Osmany Santiago, parroco di Encrucijada, desidera informazione sulla Gran Duchessa di Lussemburgo che è cubana, avanera per la precisione e Pedro Víves Machado inquisisce sull’obelisco di 100 e 31, a Marianao.

A entrambi risponderò opportunamente.


De león a mono
Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
25 de Octubre del 2014 18:27:51 CDT

Un lector de Sancti Spíritus que firma su mensaje solo con su nombre
de pila --Miguel-- y dice ser trabajador del Poder Popular en esa
provincia, dice que recuerda haber leído, cree que en este mismo
diario, la historia de un hombre que, en un circo de Matanzas, se
enfrentó con un mono y que quedó tan mal parado en el combate que no
alcanzó a cobrar al final la recompensa. Refiere que días atrás
comentó este incidente con su esposa y que la señora se resiste a
creerlo, pide al escribidor que precise el asunto.
Vayamos por partes. Fue en verdad una pelea entre un ex boxeador de
los pesos medianos, Evangelio Valiente, y un gorila, y no en Matanzas,
sino en La Habana. No ocurrió el tope en un circo cualquiera, sino en
el famoso Ringling, que hacía visitas anuales a Cuba y se presentaba
siempre en el Palacio de Convenciones y Deportes, sito en Paseo y Mar,
más o menos donde se halla la llamada Fuente de la Juventud.
Razón tiene el lector cuando asegura que conoció esta historia gracias
a Juventud Rebelde. La contó en este diario el colega y amigo Elio
Menéndez, premio nacional de Periodismo, que la recogió luego en su
libro Swines a la nostalgia, publicado en Cienfuegos, en el año 2005,
por la editorial Mecenas; una coedición con este periódico.
La historia es así.
Como boxeador profesional, Evangelio Valiente alcanzó más triunfos que
derrotas. De 97 combates que efectuó, ganó 65, de estos 52 por nocaut,
e hizo 12 tablas. Peleaba en la división mediana y su mejor mano era
la derecha, con la que, decían los cronistas, pegaba como un mulo. Con
esa puso fuera de combate al español Lorenzo Gómez Naya y anestesió al
triple campeón nacional Mario Raúl Ochoa, titular mediano,
semicompleto y completo. Además de fracturarles el maxilar a dos
rivales.
Entre 1935 y 1946, Evangelio se presentó en diversas plazas del país,
algunas de primera, como la Arena Cristal y el Palacio de Convenciones
y Deportes. Pero jamás llegó a alcanzar una bolsa decorosa.
A comienzos de 1957, Valiente llevaba varios años en retiro y pasaba
de los 40. Se aproximaba el 6 de enero y su corazón de padre se laceró
con las carticas en las que sus cinco hijos pedían juguetes a los
Reyes Magos. Esta vez los niños quedarían sin juguetes, pues Valiente
no tenía dinero para comprárselos.
Un amigo que sabía de la desesperación de Valiente por la proximidad
del Día de Reyes, corrió a decirle que el circo establecido en Paseo y
Mar buscaba a alguien que se metiera en una jaula con un gorila a fin
de escenificar un combate de boxeo distinto y diferente. Quien lo
hiciera recibiría cinco pesos por cada minuto que pasara enfrentado a
la fiera. El animal saldría al ring con un bozal de hierro y dos
guantes enormes confeccionados en especial para aquella pelea.
El Palacio de Convenciones y Deportes se había inaugurado el 1ro. de
octubre de 1944 con un tope boxístico sensacional. Fue demolido en la
segunda mitad de los años 50 con el objetivo de ampliar el Malecón,
que llegó entonces a su límite en la orilla del río Almendares. En
aquel Palacio de Convenciones y Deportes se instaló una pista de hielo
para patinadores y fue además la sede habitual en Cuba del famoso
circo norteamericano Ringling, que visitaba La Habana todos los años,
en ocasión de las fiestas navideñas.
Valiente escuchó con atención lo que le decía su amigo y no lo pensó
dos veces. Se enfrentaría al gorila, si aquella era la única forma de
obtener el dinero que necesitaba para los juguetes de sus hijos.
Antes de meterse en la jaula planificó su estrategia. Se movería sin
cesar alrededor del animal, tiraría algún que otro jab al aire para no
enfurecerlo. Y como hacía en sus peleas a 12 rounds, se dosificaría,
no malgastaría energías para que el combate se alargara el mayor
tiempo posible. Mientras más durara, más ganaría el ex campeón.
El amigo, desde fuera de la jaula, iba contándole los minutos, y a
medida que pasaban, Valiente sacaba la cuenta: Ya tengo el camioncito
de Pepe y la muñeca de Lala; ahora voy por los patines de Tomasito...
Cuando pasaron cinco minutos, se sintió tentado de abandonar el
combate. Ya no tenía la agilidad de antaño ni la resistencia tampoco.
Estaba cansado de tantas y tantas vueltas y, en definitiva, tenía
resuelto ya el problema de los juguetes de Reyes de los niños.
Años después contaba el mismo Evangelio Valiente al cronista Elio
Menéndez: “Al comienzo, la gente me gritaba: -¡Evangelio, tú estás
loco! ¡Ese gorila te va a matar!- Pero al pasar los minutos y ver que
el animal no podía alcanzarme, los espectadores fueron ganando
confianza y, entusiasmados, me pedían que le pegara. Los más
enardecidos vociferaban -¡Tíralo!, ¡tíralo!, ¡tíralo! - “.
“Me volví loco; la verdad es que aquellos gritos me enloquecieron”,
recordaría años más tarde Evangelio Valiente.
Solo así se atrevió a hacer lo que hizo. Pensó que el Palacio de
Convenciones y Deportes era el escenario de sus grandes triunfos,
recordó a todos los rivales que allí había tirado a la lona y se dijo:
“¿Y si le meto un derechazo al bicho y lo tiro?” Se acercó al animal,
hizo una finta y le coló la derecha. El bicho se sintió el derechazo.
Y no demoró su respuesta. Aquel animal echó fuego por los ojos, se
golpeó el pecho, como lo hacen los monos en las películas de Tarzán, y
se abalanzó sobre el boxeador con grandes alaridos. Evangelio Valiente
trató de girar, pero apenas podía arrastrar las piernas y vio venir el
golpe que el orangután le lanzó sin poder quitárselo de encima. Lo
sacaron urgente de la jaula y lo llevaron a la enfermería. Le dieron
cinco puntos en la cabeza...
Cuando su mujer lo vio llegar a la casa, vendado, le preguntó si lo
había atropellado una guagua.
“¡Qué guagua ni qué guagua!--respondió Valiente--. Échate un vestidito
por encima, vieja, que vamos a comprarles los juguetes a los niños”.

Otra vez Mojica

Hay dos cosas. O a José Mojica le gustaba mucho La Habana o se resiste
a abandonar esta página. Dediqué una crónica a la visita que el
llamado tenor de la voz de oro nos hizo en 1931, y dos lectores, la
diseñadora Piedad Subiráts y el doctor Diego Artiles, del Hospital 10
de Octubre, salieron enseguida a la palestra para recordar que regresó
en 1953 para una segunda visita. Ya para entonces había tomado los
hábitos religiosos, aunque gozaba de licencia eclesiástica para actuar
y cantar.
Sobre Mojica escribe ahora el historiador Pedro Urbezo, autor del
libro El teatro América y su entorno mágico, que comentamos aquí
oportunamente. Dice Urbezo en su mensaje electrónico que la visita a
la que aluden la destacada diseñadora y el doctor Artiles sería, en
todo caso, la tercera, pues, asegura Urbezo, “se presentó en la escena
del América durante la semana del 7 al 13 de mayo de 1951”, en
funciones nocturnas de lunes a viernes y en doble función el fin de
semana, con lo que festejó el domingo 13 el Día de las Madres. Todas
las presentaciones, señala Urbezo, fueron a teatro lleno y Mojica
salió siempre a escena con su atuendo de fraile.

De vuelta y vuelta

Me recriminan desde Remedios, en Villa Clara, porque en la página del
5 de octubre pasado, al hablar sobre el cubano que fue presidente del
Gobierno español, omití mencionar la fuente de donde tomé la
información. El sujeto en cuestión es el general Dámaso Berenguer,
nacido precisamente en Remedios, en tiempos en que Cuba todavía era
colonia.
Para escribir mi nota me basé en la investigación del licenciado
Rafael Farto Muñiz, el fallecido historiador de esa localidad
villaclareña y autor del libro San Juan de los Remedios. Apuntes sobre
su historia y algunos mitos y leyendas representativos de la tradición
oral
. Aunque no hay justificación en la omisión de la fuente, debo
aclarar que mi documentalista me pasó los datos sobre el referido
general, no consignó la bibliografía utilizada, y yo, sencillamente,
me fui con la de trapo.
Respuesta a Solange: En la década de los 50 del siglo pasado, el
turismo se concentraba en La Habana y en muy menor medida en Varadero
e Isla de Pinos. La capital disponía de más de 50 hoteles --cuatro de
estos de lujo-- con 4 900 habitaciones y 9 800 capacidades. En la Playa
Azul no pasaban de 700 las habitaciones e Isla de Pinos podía acomodar
a lo sumo a unos 200 visitantes. Unos 223 000 turistas extranjeros
vacacionaron en Cuba en 1956. Otros 272 000 lo hicieron en el 57 y al
año siguiente la cifra descendió a 212 000.
Pedro M. Calzada Ajete inquiere sobre una canción que interpretaba
Benny Moré y que se titula, dice, Rezo en la noche. Asegura que se
estrenó en 1957 y desea saber quién es su autor y qué reacción provocó
en las autoridades de la dictadura batistiana.
Dice: “Hoy dedico mi canto a las madres que sufren la ausencia / del
hijo idolatrado que valientemente cayera / defendiendo el sagrado
derecho de la libertad / y a la patria, que solemnemente jurara
lealtad / hoy dedico mi canto a las madres que sufren la ausencia /
del hijo idolatrado, que nunca jamás volverá / a la esposa que sufre
en silencio el cruel abandono / y al nené que inocente pregunta:
¿Dónde está papá? ¿Dónde está mi papá?”.
El escribidor recuerda perfectamente la letra, pero duda que sea, como
dice el lector, de 1957, sino de después del triunfo de la Revolución.
La censura batistiana no hubiera permitido algo así.
Osmany Santiago, párroco de Encrucijada, desea información sobre la
Gran Duquesa de Luxemburgo, que es cubana, habanera por más señas, y
Pedro Vives Machado, inquiere sobre el obelisco de 100 y 31, en
Marianao.
A ambos responderé oportunamente.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/

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