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giovedì 31 dicembre 2020

Relazioni bilaterali

Il disastroso 2020 non poteva finire con un altro colpo di coda dell’Amministrazione Strump: il suo lacché, paisano Mike Pompeo, ha dichiarato al New York Times di voler reinserire Cuba nella lista dei Paesi patrocinatori del terrorismo. Se non fosse tragica, la notizia farebbe ridere. Chi è più patrocinatore del terrorismo degli Stati Uniti? Se così avvenisse, Joe Biden avrebbe un po’ più di lavoro e qualche mese di tempo per togliere Cuba da questa lista, dal momento che nel caso delle relazioni bilaterali, aveva dichiarato, di tornare ai livelli di Obama e se possibile migliorarli.

Domani è 2021, speriamo!

venerdì 25 dicembre 2020

Un documentario da non perdere su youtube: The war on Cuba

Un documentario dalla chiara impronta giornalistica data dal suo regista, lo statunitense Reed Lindsay, giornalista di professione, uno spaccato della situazione attuale a Cuba che legge in modo non pedissequo le conseguenza dell’embargo o “bloqueo” come lo si definisce qua.

venerdì 11 dicembre 2020

Annunciata l'entrata in vigore dell'unità valutaria

Ieri sera, in un breve servizio special della TV Cubana a reti unificate, sono comparsi il 1° Segretario del PCC Raul Castro Ruz e il Presidente della Repubblica Miguel Díaz Canel Bermudez, il quale ha annunciato che dal 1° gennaio prossimo entrerà in vigore l’attesa e più volte annunciata unificazione monetaria. Non sono stati forniti dettagli che seguiranno, se non che il cambio applicato sarà di 24 Pesos per ogni Peso Cubano Convertibile.

Rimane da sapere, ad esempio, come saranno gestiti i c/c in CUC, come opereranno i bancomat e entro quanto tempo si potrà effettuare il cambio della valuta in possesso una volta esaurita la circolazione. 

giovedì 26 novembre 2020

Fidel, Maradona e la cabala

Chi crede o sa leggere la Kabbalàh potrebbe trovare qualcosa nei numeri di Maradona e del suo amico Fidel Castro. Entrambi sono morti il 25 novembre di un anno bisestile, 2016 e 2020. Fidel a 90 anni e Maradona a 60: 6 e 9, stesso segno grafico capovolto 30/10 è la data di nascita di Diego Armando, 30 anni di differenza tra i due e 10 come il numero della maglia del calciatore n° 1. Ci sarà qualche significato occulto?

A questi numeri si possono aggiungre gli anni di nascita: 1926, dove si ritrovano 9 e 6 e 1960 dove si trovano 6-9-10-60 e 90.

 

venerdì 13 novembre 2020

UNITED BANANA’S STATES

Come nella più infima repubblica delle banane, il peggior presidente degli Stati che dovrebbero essere Uniti manifesta nel suo massimo splendore l’arroganza e la prepotenza che lo caratterizzano, non accettando la sconfitta elettorale e paventando brogli inesistenti che sarebber o la vergogna per un sistema elettorale più che collaudato e che non ha avuto mai di questi problemi nella sua storia. Bisognerebbe fargli ascoltare la vecchia e sempre valida canzone di          , anche se dubito che basti.

Come un leone in gabbia attacca tutto e tutti assicurando di essere lui il vincitore delle elezioni. Purtroppo, come risaputo, il sistema elettorale nordamericano non è dei migliori dal momento che non vince chi prende più voti, ma chi guadagna più voti elettorali a seconda degli Stati che si aggiudica e che variano secondo parametri opinabili e probabilmente, comunque, da aggiornare.

Come nel caso Dihilary Clinton, sconfitta proprio da Strump seppure avesse raccolto più di due milioni di voti popolari a suo favore. Biden ha superato i quattro, ma di per sé questi voti non valgono niente.

Sintomatico e preoccupante è il fatto che i Governi di Russia e Cina non si siano congratulate con Biden per la vittoria. Diplomazia, scaramanzia o altro

venerdì 6 novembre 2020

Se no i zé mati squasi no i volemo

La personalità psicopatica di Donald Strump è riuscita a far presa su oltre 68 milioni di elettori statunitensi, quasi la metà, in un modo che per persone normali è incomprensibile. Molti incentivati dalle apparenti migliorie economiche, peraltro non certo da nababbi e che sono palliative di fronte al rincaro dei prodotti. Molti altri, come da spirito del Vecchio West fondato sulla violenza e prevaricazione, hanno assorbito il DNA dei Padri Fondatori, Jesse James compreso e voglio “America great” considerandosi padroni dell’intero continente, magari allargato a buona parte del Mondo. Gli scrutini non sono ancora finiti, ma si intravvedono forti probabilità di vittoria di Joe Biden e lo Strump agita lo spettro di brogli elettorali di cui, peraltro, aveva già paventato la possibilità con grande anticipo rispetto alle elezioni. I suoi argomenti principali sono: il sistema, e i voti per corrispondenza. Secondo lui si dovrebbero contare solo i “voti legali”, peccato che per “voti legali” si dovrebbero considerare quelli che lo favoriscono.

Come previsto sono già iniziate diverse manifestazioni pro e contro i due candidati con la differenza che quelle a favore di Strump sono effettuate, anche, da gente armata con armi d’assalto e non semplici pistole ad acqua. Alcuni suoi detrattori imputano ai democratici i casi di violenza e saccheggio seguiti alle manifestazioni antirazziste degli ultimi tempi. In Italia ed Europa sappiamo bene cosa significhino gli infiltrate nei cortei e da chi siano mandati. Siamo solo all'intimidazione o al preludio di una battaglia dagli esiti incalcolabili?

martedì 3 novembre 2020

Cellulari quasi inarrivabili

Ieri mi sono comprato un cellulare nuovo dato che il vecchio ha raggiunto limiti di età e limitazioni operative. Questi apparecchi si vendono in alcuni centri della Società Telefonica di Stato (Etecsa) abilitati alla vendita esclusivamente con POS e in moneta liberamente convertibile (leggi dollari). Queste unità, a differenza delle altre commerciali, hanno un orario che va dale 8.30 alle 16 e sono tre per tutta l’Avana. Pensando a quello che avrei trovato e credendo erroneamente che aprissero alle 8, vi sono arrivato alcuni minuti prima delle sette trovando in coda già 12 persone. Chiesto, come consuetudine, chi era l’ultima persona prima di me mi sono accinto ad attendere scoperndo la mezz’ora in più di quello che pensavo. Quando sono giunti gli impiegati ed hanno aperto il centro, dalla capienza limitata, hanno detto di mettersi in fila per ordine di arrive per distribuire I cartoncini numerati (fino a 50). Di botto ho scoperto cha dalla 13ma posizione ero passato alla 25ma e quello che era davanti a me era passato alla 10 dicendo che un amico gli aveva tenuto il posto più Avanti. Ma non poteva dirlo prima? Nelle ‘normali” code cubane ci si dirige in base alla persona giunta in precedenza. Alle 8 e un quarto circa arriva un’auto discretamente lussuosa per queste latitudini e la sua occupante aspetta l’apertura per inserirsi tra il gruppetto dei primi. Più tardi, verso le 11, sono arrivate separatamente due coppiette salutando attraverso i vetri il il personale Etecsa di cui solo due erano addette alla vendita. Chiesta ai presenti la cortesia di “salutare di persona” sono entrati ed usciti attendendo all’esterno dove pochi minuti dopo sono stati chiamati, senza avere il numeretto, ad accedere alla facci degli altri. Alla fine quasi a mezzogiorno sono riuscito a realizzare il mio (prezioso) acquisto con un’attesa di circa 5 ore. Quasi come un “tampone covid” in Italia…

venerdì 30 ottobre 2020

Libertà di opinione, abusi e terrorismo

Premesso che sono per l’assoluta libertà di espressione e che considero intollerabile che si uccida gente innocente per opinioni espresse da altri,mi sembra ingiusto anche che si faccia ironia a senso unico. Come mai non si fanno vignette con il Papa in mutande o Gesù Cristo ballando il twist? Come reagirebbero I “talebani” cristiani?

Al di là dei princìpi mi sembra superfluo e dannoso gettare benzina sul fuoco in un momento tanto difficile come quello che stiamo attraversando.

Il complesso di persecuzione dei musulmani, specie nelle frange estremiste, sarebbe meglio non coltivarlo. Ci sono mille modi di fare ironia su temi meno delicati.

Da parte sua Erdogan, Presidente turco, dopo aver accantonato in parte le idee progressiste di Kemal Pascià Atatürk fondatore della moderna Turchia, si è lasciato andare con un commento che poteva evitare dal momento che la presunta “persecuzione” dell’Islam non è nemmeno lontanamente paragonabile alla Shoàh.

sabato 24 ottobre 2020

70 anni della TV cubana

 Correva l'anno 1950 quando andavano in onda le prime emissioni della Televisione Cubana, assieme a Brasile e Messico sono stati i primi in America Latina. Quattro anni prima che in Italia...

giovedì 22 ottobre 2020

Riaperti i voli sull'Avana

L'aertoporto José Martí dell'Avana è tornato a operare completamente e American Airlines ha anticipato i voli previsti dal 4 di novembre. 

Anniversario del blocco Navale a Cuba

Oggi si compiono 58 anni da quando il Presidente “buono”, JFK aveva istituito un blocco navale attorno all’arcipelago cubano. Non contento di aver consentito lo sbarco alla Baia dei Porci (si chiamava così anche prima) e di aver fatto approvare la legge sull’embargo a Cuba, tutt’ora in vigore e inasprita con provvedimenti successivi con alloro per Strump.

Il blocco era stato costituito per impedire ai sovietici di sbarcare a Cuba un contingente di missili di corto e medio raggio che sarebbero serviti come mezzo dissuasivo e/o difensivo, visto come stavano le cose. Impensabile che Cuba potesse aggredire il gigante nordamericano. Dopo febbrili trattative, Khruscév cedette e ordinò il riritiro con imbarco di alcune unità già sbarcate sull’Isola. La prima minaccia di possibile guerra nucleare.


lunedì 19 ottobre 2020

Addio alle armi?, Figuriamoci!

Avete bisogno un’arma? Un mitragliatore? Un blindato? Un carro armato? Un caccia? Una corvetta? Nessun problema basta andare negli USA (anche prima di Strump) e risolvete il problema cercando nelle casa d’impegno, ma non solo. Magari non trovate missili o testate nucleari (forse), ma bisogna sapersi adattare.










sabato 17 ottobre 2020

Jet Blue torna all'Avana

La compagnia aerea statunitense Jet Blue ha annunciato di riannodare il suo operativo sulla capitale cubana a partire dal prossimo 2 novembre con tre frequenza settimanali da Fort Lauderdale, il lunedì, martedì e mercoledì. American Airlines il 4 da Miami.

giovedì 8 ottobre 2020

La situazione degli USA vista da un intellettuale nordamericano

Riflessioni di un intellettuale statunitense sullo stato attuale del suo Paese, magari da stampare, eventualmente tradurre e rileggere con calma.   


Indignación, frustración y miedo

Richard Ford

 

Arranca la carrera hacia la Casa Blanca. A un mes de las elecciones presidenciales, el novelista Richard Ford escribe este ensayo sobre el ánimo de un país sumido en la incertidumbre y preso de la fractura social: “En Estados Unidos se respira el peligro”.

Como escritor, dudo que mi manera de ver el mundo difiera mucho de la de otro ciudadano razonablemente comprometido o medianamente bien informado. Ciertamente, no sé más que nadie. De existir una diferencia entre mi visión y la de un fontanero, un vendedor de seguros o un profesor de primaria —y puede que en esto también me equivoque—, es que, como escritor de historias ficticias, me dedico a creer que todo es posible, que la experiencia plausible es mucho más amplia de lo que la historia, la lógica o la convención nos dicen. Me paso la mayor parte de los días evitando imaginar lo que podría o debería pasar en base a la lógica, queriendo imaginar qué puedo hacer que suceda y procurando que lo que suceda resulte interesante y útil. Al escribir novelas y relatos, o incluso ensayos como este, nada sucede necesariamente a otra cosa y cualquier cosa puede acontecer después de otra. Afortunadamente (y desafortunadamente a veces), esto también es cierto de la vida, donde se desarrolla la política.

Como ya deben saber, en Estados Unidos muy pronto votaremos para elegir a nuestro próximo presidente. También votaremos para averiguar qué tipo de país es y será Estados Unidos y qué tipo de personas somos los estadounidenses. Si les parece una situación incómoda, precaria, tal vez decisiva y no poco patética, es porque lo es. Que una gran nación se juegue tanto en un único ejercicio cívico, legalmente establecido y con su propio calendario, resulta alarmante.

Normalmente, en unas elecciones, en las que una parte promueve una visión del país y la otra promueve una visión distinta, quien sale victorioso se pone al servicio de los ciudadanos. A mucha gente le aburre esta relativa ausencia de emoción, pero a mí no. Si mi partido pierde, suelo pensar: “Que así sea”, ya que el propio acto de votar es lo que valida al país. Ambas visiones, después de todo, surgen de premisas sobre esta nación que una gran mayoría considera indiscutibles, premisas que emanan de las muchas creencias sobre las que se fundó, esto es, su mito de origen. En el caso de América, entre ellas encontramos que la obligación del poder legislativo y del judicial consiste en controlar y equilibrar el considerable poder que recae sobre el poder ejecutivo (el sistema de checks and balances). También el derecho de voto y la santidad de las elecciones; la certeza de que el poder ejecutivo no se lucrará económicamente desde su posición electa o la sencilla importancia de que exista un censo. Muchas de estas garantías operan como instituciones fundacionales, pero también como salvaguardas contra la tiranía y contra otros males que aquejan al liderazgo, como la ineptitud y el delito, ya que minan nuestra confianza en lo público.

Hoy siento un desconcertante silencio sobre esta tierra. Incluso en medio de una tormenta perfecta provocada por una peligrosa situación de tumulto nacional —ahí tenemos a un contumaz presidente que se dedica a avivar la violencia públicaa las protestas que han surgido en nuestras ciudades, a las tormentas monumentales y a los incendios forestales que roban vidas y engullen propiedades, a una economía desnortada y a una pandemia que crece de forma desenfrenada—, da la impresión de que estemos simplemente esperando. Esperando a ver quién gana, por supuesto, pero también impacientes por saber qué nos pasará después. Es como si un sustrato de hielo silente yaciera bajo la estrepitosa mezcolanza social que define a Estados Unidos, manteniéndonos quietos en nuestros sitios. Al fin y al cabo, la mayoría de los votantes ya han decidido su voto y ya no se molestan demasiado en leer los periódicos ni en seguir la actualidad por televisión. La covid-19 ha alterado por la fuerza nuestro sentido del tiempo, engendrando un presente largo y sobrecogedor. La arremetida constante de perfidias incomprensibles por parte del poder ejecutivo ha menoscabado nuestro sentido de autodeterminación. Siento al país en el que he pasado los 76 años de mi vida a una distancia extraña, y desde donde me encuentro no veo nada claro. Todo esto está aconteciendo a pocas semanas de que se celebren las elecciones más trascendentales de la vida de todos los estadounidenses. Desde esta distancia virtual y abrumadora, mi país se parece cada vez más a uno de esos países que pueden caer. Nunca me había sentido así, ni siquiera en lo más crudo de la guerra de Vietnam, ni siquiera tras los atentados del 11 de septiembre de 2001.

En otras palabras, en América se respira el peligro. Sentimos que no podemos seguir así indefinidamente, que deberíamos estar haciendo algo más para ayudarnos a nosotros mismos, pero estamos extrañamente constreñidos, clavados en el sitio.

Bien podría decirse que Estados Unidos se fundó sobre la premisa de los límites estratégicos, sobre un presunto respeto por las normas y las leyes; sobre la creencia de que 13, y luego 20, y después 30, y finalmente hasta 50 entidades geográficas diferenciadas (nuestros Estados) podían y debían buscar la manera de adecuarse los unos a los otros a lo largo y ancho de una vasta y diversa masa continental y así proclamar una nación; que los poderes gubernamentales serían transferidos de manera pacífica y puntual, y que desempeñarían sus funciones de forma gradual y atendiendo a los matices, reconociendo la ambigüedad y cultivando la paciencia ante la complejidad que entrañan el compromiso cívico y las tensiones provocadas por las inevitables discrepancias que surgen en su seno. Como la historiadora estadounidense Anne Applebaum ha dicho sobre nosotros, y sobre otros también, las democracias requieren tolerancia. Esas mismas premisas e instituciones fundacionales que nos protegen de la tiranía permanecen más allá de los Gobiernos sucesivos a través del requerimiento estricto a un sector constitucional del Gobierno (el legislativo, por ejemplo) que actúe como supervisor y guardián de otro. De nuevo, a este vaivén lo llamamos sistema de equilibrios y contrapoderes. Todo esto forma parte de la nave del Estado, una nave de tamaño considerable, difícil de manejar y erigida sobre un positivismo impracticable. En esta mole ingeniosa pero lenta, las instituciones han suscitado en los estadounidenses la confianza (cuestionable) en que los asuntos de Estado funcionan y deberían funcionar de una forma visible y predecible mientras los demás nos dedicamos a nuestros asuntos felizmente y sintiéndonos a salvo. Podría decirse que estamos ante una versión del “demasiado grande para caer”, pero ya sabemos cómo funciona eso. Mi esposa y yo tenemos un amigo canadiense que un día, bromeando, nos dijo: “Sois el único país que se tomó la democracia en serio”. (Y no era un cumplido). A lo que respondí: “Sí. Bueno, más o menos. Supongo. Sí, claro”.

“Supongo” porque esas certezas de la Ilustración que tenemos tan grabadas trajeron consigo una profunda desconfianza hacia el Gobierno, heredada de los británicos, y una obsesión concomitante por los derechos de propiedad, como si solo la tierra fuera merecedora de confianza. Relacionado con esto, también despertaron en nosotros una desconfianza hacia la mutualidad, una xenofobia rampante y endémica, una religiosidad empalagosa y poco convincente, y la creencia de que los complejos problemas de los humanos podían (y, probablemente, deberían) resolverse con solo trasladarse a otro lugar, ya que lugares a los que trasladarse había de sobra. La independencia, que para Estados Unidos comenzó siendo un mantra con el que nos liberamos de la opresión británica para ser aún más libres, de modo que pudiéramos vincularnos al mundo de una forma más fecunda, se ha anquilosado y ha pasado a convertirse en un término popular que denota banalidad, ignorancia y aislamiento. ¿Les resulta familiar? ¿Pueden ver un rostro humano formándose en un baño químico?

Las democracias pueden caer y lo hacen. Hay que leer a Cicerón, como hicieron nuestros padres fundadores. El declive de una gran nación no debería darse fácilmente. Pero Estados Unidos es un país joven que no ha estado sometido a la prueba del tiempo, y, en muchos sentidos, no es muy autocrítico ni muy consciente de sí mismo. Solo tres guerras, una salvaje contra nosotros mismos y otras dos contra nuestros vecinos más cercanos, se han librado dentro de nuestras fronteras (solemos no tener en cuenta las guerras genocidas que los blancos libramos contra nuestros predecesores indígenas). Así de desatentos, con nuestras libertades y nuestra riqueza tan desigualmente distribuida, tendemos de manera engañosa a dar por sentadas nuestra soberanía, nuestra estabilidad y nuestra rectitud (¡muchos estadounidenses aún piensan que ganamos la guerra de Vietnam!). Nuestros mimbres fundacionales, delicadamente compensados entre sí, han tejido un país magnífico cuando funcionan bien y todo el mundo acepta, conoce y respeta las reglas (menos gobierno y más libertad, igual a felicidad: el gran experimento estadounidense). Pero esas mismas geometrías se tornan precarias y susceptibles de sufrir distrofia cuando no se observan de manera estricta. Como sucede ahora.

Mis amigos europeos me dicen a menudo, aunque creo que no demasiado en serio, que “miran a Estados Unidos con esperanza”, como si alzaran la vista hacia la ahora famosa “ciudad sobre la colina” de John Winthrop. Sin embargo, les preocupa que nos estemos adentrando en zona de peligro. Pero mientras no se trate únicamente de flujos de caja o de reposiciones de Los días felices, cuestiono su inquietud. No es que nos deseen mal, necesariamente. Bastante tendrán de lo que preocuparse en sus países como para tener que ponerse a evaluar el mío. Pero también es posible que hayan probado el ponche de ácido lisérgico del “excepcionalismo estadounidense” y no hayan leído aún el sermón del pastor Winthrop. A los feligreses puritanos del Massachusetts del siglo XVII, los residentes putativos de la ciudad sobre la colina, Winthrop les dijo: “Los ojos de todas las gentes están sobre nosotros. Así que, si tratamos falsamente con nuestro Dios en esta labor que hemos emprendido y nos niega la ayuda que ahora nos brinda, nos convertiremos en una anécdota y en objeto de burla en todo mundo”. En términos seculares: no creas que estamos exentos de las calamidades a las que otros se han enfrentado y han padecido.

La historia estadounidense es una endeble novela en curso escrita con una certeza incómoda y provisional que tiene que ver con el lugar al que nos conducirá todo esto, un relato que precisa que muchas cosas vayan bien y que no demasiadas cosas importantes salgan mal para no desviarse mucho de su trama básica y optimista. Muchos creen que esta cualidad errática es buena. Pero existen otras opiniones.

Sumidos como estamos en un estado de ánimo un tanto preapocalíptico, se estila preguntarse en alto y por escrito qué dirían los historiadores sobre el mundo y sobre América en este momento. Como si a los historiadores por fin se les fuera a conceder lo que les corresponde y siempre han deseado, ser los depositarios de la verdad, los sacerdotes fúnebres del lío que hemos montado. Lo que sí creo que podrían decir en retrospectiva sobre estos días gélidos y tenebrosos que estamos viviendo es: “Vaya. Desde la perspectiva de la eternidad, Estados Unidos no ha durado tanto. Ni siquiera en comparación con sus peores enemigos. Pero le acuciaron los problemas. La esclavitud fue uno muy gordo. Como también lo fue su incapacidad de leer la historia (por supuesto que lo dirían). Y su fracaso a la hora de mirar fuera y ver lo que estaba sucediendo en el mundo, del cual fueron una parte importante durante un tiempo. Eso sumado a no haber mirado hacia dentro para ver lo que estaba sucediendo delante de sus narices. Y, claro, hacia el final las cosas se pusieron muy feas. Ya nadie sabía cómo funcionaba el Gobierno. Con todas esas armas, además, no podía ser un lugar seguro. Convirtieron el medio ambiente en algo tóxico. Para ser un país absurdamente rico, mucha gente estaba hambrienta, y las escuelas no eran mejores que las de Uzbekistán. Vistas las cosas como en realidad son, no es de extrañar que cayera”.

Intentar ver las cosas como son es lo que alguno de nosotros, que espero seamos mayoría, estamos haciendo durante este frío tiempo de espera. No siempre resulta sencillo, o a lo mejor es que no nos tomamos nuestra ciudadanía lo bastante en serio. He aquí la misma complacencia de siempre.

A veces pienso que los españoles y los uzbecos y los ciudadanos de Uganda entienden lo que sucede en Estados Unidos mejor que la mayoría de los estadounidenses, que lo ven todo de cerca. Necesitamos con urgencia usar esa desconcertante distancia en la que me he sentido últimamente a modo de lente amplificadora que nos ayude a esclarecer más las cosas. Porque, a veces, ese insólito silencio que yo y todos en este país sentimos se parece al silencio que precede a la batalla, y esa extraña confusión que levanta el polvo en torno a los hechos más simples de la existencia humana recuerda a la niebla de la guerra. Suena melodramático. Me gustaría estar equivocado porque soy un estadounidense patriota. Pero como Tolstói y todo gran cronista de guerra han dejado maravillosamente claro, todas las guerras se libran mucho antes de que las armas comiencen a disparar y el humo confunda a los soldados en el campo de batalla.

No sé mucho de autoritarismo protofascista, solo lo que leo en los libros, pero las palabras me asustan un poco. A diferencia del excepcionalismo estadounidense, sé que el autoritarismo no es un mito, y que una de sus características iniciales más siniestras y destructivas es que no se anuncia como lo que es, sino como una solución directa, rápida, racional e inevitable para todo lo que aqueja a la gente y a su país. En ese sentido, y en muchos otros también, funciona de manera opuesta a la democracia, ya que esta requiere tiempo y paciencia para funcionar lo mejor posible, y valora la tolerancia, la contención y la postergación de la gratificación a fin de que el mayor número posible de personas participe en ella y tenga voz, para que se sirvan de ella y les proteja.

Muchos creemos que el autoritarismo se encuentra a las puertas de la frágil democracia estadounidense, que tiende a plegarse una y otra vez, pero esta flexibilidad (que por lo general es una virtud) también puede permitir que la bestia entre espontáneamente en la sala. Las señales abundan y están a la vista de todos. Debemos retirar los ojos de la hoja de cálculo y dejar de mirarnos en ese espejo en el que a lo mejor vemos que las cosas no nos están yendo tan bien hoy. En efecto, el autoritarismo, la pseudoideología en la que todo el poder, la inteligencia y la intención pública fluyen de arriba abajo, donde los ciudadanos se encuentran —y que por lo general emana de algún actor masculino, déspota y mesiánico—, busca falsear y suprimir y, por tanto, “remediar” los sentimientos de descontento que como humanos experimentamos. Y lo hace a través de un chorro de desinformación sobre cuál es la causa de qué en el mundo, culpando a los demás de los males de la sociedad con una grandilocuencia tóxica, desasosegante y desconocida; a través de la falsa promesa de que un pasado indefinido era mejor que el presente; de la idea absurda de que la ley es para otros; y con la insolencia de que la dicción y la gramática que usamos y que nos une como nación significa de hecho lo contrario de lo que pensábamos que significaba. Que el descaro es honestidad. Y que la civilización que hemos creado y en la que nos sostenemos, por muy imperfecta que sea, es falsa y superficial y necesita ser derribada. Todo esto solo para que el déspota pueda mantener su puesto.

Debo preguntarles de nuevo: ¿les resulta familiar? ¿Comienza ya a flotar un rostro humano en el líquido naranja? ¿Nos hace creer esa cara que el hombre que se encuentra detrás piensa que absolutamente cualquier cosa puede suceder a otra solo porque él lo dice? Si no nos hace pensar eso, es que a lo mejor no estamos prestando suficiente atención.

De modo que sí, tengo miedo. A eso se reduce todo esto. No he bebido ni un sorbo de ponche de ácido lisérgico y me siento paralizado, ligeramente desorientado y enfadado conmigo mismo. Sentirme así aumenta mi empatía hacia los ciudadanos de países del Tercer Mundo y hacia lo que experimentan cuando salen del monte y caminan durante tres días para emitir un voto con el que derrocar a un dictador que durante décadas ha tenido todo el poder en sus manos. Pienso en la inmensa e improbable oportunidad que supuso poder crear Estados Unidos, en cuántas estrellas hubieron de alinearse; en cuántas personalidades mágicas, intelectos y espíritus tuvieron que juntarse; en cuánta historia aprendida y clarividencia reunida. Cuánto optimismo e imaginación, cuánta mesura desplegada. Si lo dejamos escapar, será imposible recuperarlo.

Donald Trump (fíjense que es la primera vez que lo menciono), tanto si es un protofascista como si es cualquiera otra cosa —un niño malvado, un Frankenstein dando tumbos en una habitación extraña y oscura (el propio Estados Unidos)—, es solo un síntoma desconcertante de una enfermedad más profunda que padece América alimentada por la indignación, la frustración, la desilusión, el miedo, una historia violenta, una constante indefensión e incluso una aversión hacia el estadounidense en el que nos hemos convertido. No nos sentimos así todo el tiempo, pero en un momento dado sí que podemos albergar alguno de estos sentimientos, y la gran mayoría de nosotros podemos gestionarlos sin querer destruir el país. Cuando al comienzo de este ensayo he dicho que estamos nerviosos, a la espera de descubrir qué tipo de personas somos y qué tipo de país tenemos, me refería a que queremos saber cómo vamos a gestionar lo que nosotros ni nuestro país no podemos ignorar más.

Alexis de Tocqueville, que conoció unos Estados Unidos jóvenes, escribió en 1839 que “la salud de una sociedad democrática puede medirse por la calidad de las funciones desempeñadas por los particulares”. Escribo en calidad de uno de esos particulares. Hay más personas que creen lo que yo creo que personas que no lo hacen. Así que espero que Tocqueville siga teniendo razón mientras aguardo a que llegue el día de las elecciones y con mi voto formar parte de este gran experimento. Esta vez vamos a necesitar suerte, de esto estoy seguro. Y recuerden una vez más…, nada sucede necesariamente a una cosa. La hemos liado parda, pero debo confiar en que no es demasiado tarde para deshacer el entuerto.

 

Traducción de Marta Caro.

 

domenica 4 ottobre 2020

Riparte il turismo a Varadero

Dal prossimo 15 ottobre Varadero si riapre al turismo internazionale. 

sabato 3 ottobre 2020

Agli albori degli e-books


 

Juan e Juaquin, due grandi che ci hanno lasciato

 

Questa foto tratta dal sito juan Padrón Oficiál riassume la grande amicizia fra i due e l'umorismo che li caratterizzava anche nella vita reale, patetico abbraccio di commiato con uno che piange e l'altro che ride. Persone indimenticabili dalla grande modestia e umiltà, pari alla loro fama e maestria.

mercoledì 30 settembre 2020

Il commiato del "papà" di Mafalda

 Esattamente dopo 56 anni e un giorno dopo la nascita del suo personaggio più famoso, Mafalda, ci ha lasciato Joaquin Lavado “Quino” per tutti. Era nato a Buenos Ayres 88 anni fa e aveva decine di aneddoti relative ai suoi compatrioti argentini. Se n’è andato pochi mesi dopo del suo grande amico Juan Padrón a cui aveva affidato l’animazione delle strisce di Mafalda. Di tutti i “cartoonist” esistenti nel mondo, Quino aveva scelto lui per affidargli l’inedito compito assieme a quello della realizzazione dell'esilarante serie di cortometraggi "Quinoscopio". Grazie a Juan lo avevo conosciuto a cena a casa mia all’Avana dove era anche venuto a farmi visita sul lavoro a Publicitur quando gli avevo detto che tra I creatori dell’azienda ci erano molti suoi ammiratori.

Ci siamo poi rivisti a Milano nella sua casa di Via Marco d’Oggiono e nella mia di via Palmanova, mi aveva invitato al Consolato Argentino di Corso Venezia dove avevano allestito una mostra in suo onore.

Una mente acutissima, non taciturno, ma pacato nell’esprimersi e si rilassava solo in presenza di amici. Rimasto solo dopo la morte della sua compagna di vita Alicia Colombo, si era sempre più appartato dalla vita publica e da molti anni non disegnava più avendo avuto un notevole abbassamento della vista. L'ho rivisto per l’ultima volta ad una Fiera Internazionale del Libro dell’Avana quando il Paese ospite era l’Argentina e lui fra gli invitati d’onore. Nonostante avesse già smesso di disegnare Mafalda, della quale si sentiva prigioniero, aveva presentato un paio di edizioni dei suoi libria lei dedicati, tra I quali il grande formato Tutto Mafalda di cui mi ha fornito una copia in omaggio.

Arrivederci da qualche parte, amico Joaquin.   

giovedì 24 settembre 2020

Inasprimento delle sanzioni contro Cuba

Per conquistare i consensi degli statunitensi di origine cubana, appartenenti allo “zoccolo duro” in uno Stato cruciale come la Florida, riducendo sembra con successo i margini di svantaggio sui sondaggi pre elettorali, Strump ha ulteriormente inasprito le sanzioni verso enti e cittadini dell’Isola. È la quarta volta da quando è al

Potere che da un giro di vite all’anacronistico e contrario a ogni norma di diritto umano e internazionale in vigore dal 1961. Fra le nuove disposizioni sono cadute le ultime “concessioni” di Obama in merito alla Cultura, Sport e Ricreazione per cui ogni partecipazione di cittadini statunitensi a eventi di questo tipo saranno valutati, caso per caso, dal Ministero del Tesoro così come  i visti per i cittadini cubani che per gli stessi motivi  si recherebbero negli Stati Uniti verranno passati al microscopio.

Tornato ad essere tassativamente proibito l’ngresso nel territorio USA di sigari e rum cubani anche da parte di cittadini di Paesi terzi.

Intanto le proteste antirazziali e gli abusi della polizia continuano a scuotere un Paese già duramente provato dalla Pandemia e le vendite di armi sono alle stelle, dove già se ne contano quasi 400 milioni in mano a privati cittadini, con una media di oltre una per abitante.

Qualche esperto nordamericano in politica, teme la possibilità dello scoppio di una guerra civile nel caso Strump dovesse perdere le elezioni. Risultato, per lui, inaccettabile. Ovviamente le lelezioni senza brogli sono solo quelle che vince lui.

giovedì 10 settembre 2020

Nobel o sì brütt?

Se non fossero momenti tragici ci sarebbe da sbellicarsi dale risate sapendo che un deputato norvegese (sic!) ha proposto Donald Strump come Premio Nobel per la Pace. La motivazione, secondo il proponente, sarebbe il successo della mediazione tra Israele egli Emirati Arabi per il raggiungimento della normalizzazione dei loro rapporti diplomatici ed economici. Il resto evidentemente non conta come, fra gli altri atteggiamenti "pacifisti", la proroga per un altro anno della legge sul blocco economico, finanziario e commerciale a Cuba firmata ieri.

Purtroppo la discesa in picchiata dei valori di assegnazione si questo premio che dovrebbe essere Nobel di nome e di fatto, in ogni campo, diventa sempre più sconcertante.

Sarebbe poi interessante una visita al conto in banca del suddetto parlamentare

sabato 5 settembre 2020

Ripresa del. turismo

Dopo la leggera ripresa del turismo internazionale, nell’area dell’arcipelago centro settentrionale dichiarato “zona sicura”, riparte alla grande il consueto arrivo in grande di turisti dal Canada. Air Canada ha ripreso i suoi voli su Cayo Coco e non solo, inoltre da novembre si aggiungerà la OWG con voli. Diretti da Toronto e Montreal su Santa Clara, Holguin e Varadero.

Per contro, la catena multinazionale Marriott avrebbe deciso di abbandonare la gestione di strutture alberghiere a Cuba su pressioni di Donald Strump.

giovedì 3 settembre 2020

Addio a Philippe Daverio

In questo nefasto 2020 al di là della Pandemia che ha messo in ginocchio il mondo, si sono verificate scomparse che pur sempre dolorose, lo sono ancora di più quando si tratta di apprezzate persone pubbliche, specie se vicine o comunque conosciute.
Se n’è andato anche Philippe Daverio, l’aristocratico della cultura materia che conosceva e amava profondamente col dono di saperla divulgare in un modo tutto suo ed elegante.
È stato anche politico per caso, avendo ricoperto l’incarico di Assessore di questa materia presso il Comune di Milano. Veramente l’uomo giusto al posto giusto. Il grande pubblico lo ha conosciuto e apprezzato per i suoi documentari televisivi condotti con garbo e intelligenza, aggiunti alla grande conoscenza della materia.
Altro personaggio di cui non posso dire di essere stato amico, ma che ho avuto la gradita e piacevole sorpresa di ricevere a casa mia, all’Avana, in occasione di un breve viaggio di lavoro che aveva fatto in compagnia del mio amico Italo, titolare del ristorante La Libera, uno dei noti “covi” dell’intellettualità meneghina e non solo.

Mi resta il rimpianto di non averlo conosciuto meglio anche se conservo il video del suo reportage all’Avana.

giovedì 20 agosto 2020

Anche Cuba prova il suo vaccino anti Covid-19

Soverana 1 è il nome adottato dal vaccino cubano prodotto dall'Istituto C.J. Finlay con la collaborazione di tutti i laboratori del polo scentifico dell'Ovest dell'Avana. Si stanno iniziando le prove cliniche e il vaccino dovrebbe essere effettivo nei primi mesi del prossimo anno.

venerdì 14 agosto 2020

Cancellati i voli charter dagli Stati Uniti a Cuba

Con un altro gesto “umanitario”, il Governo di Donald Strump ha cancellato 44 anni di distensione vietando i voli charter dagli Stati Uniti a Cuba. Voli che furono introdotti nel 1976 da Jimmy Carter per permettere alle famiglie cubane di entrambe le sponde di riunirsi, spesso, dopo molti anni. Questa manovra elettorale per accattivarsi lo “zoccolo duro” dei cittadini di origine cubana residenti in Florida però potrebbe essere un altro boomerang per il trinariciuto, incolto, incompetente, analfabeta politico, anti diplomatico e pericolosissimo attuale presidente per caso.

domenica 2 agosto 2020

Cuba riapre al turismo internazionale

Con un volo proveniente dalle vicine Isole Bahamas, Cuba ha riaperto le frontiere al turismo internazionale nell’arcipelago de Los Jardines del Rey nella parte centro settentrionale del Paese che per adesso rimane la sola zona agibile, usufruendo dell’aeroporto di Cayo Coco.
Intanto si prosegue la lotta al contenimento della pandemia che ultimamente ha registrato qualche aumento di contagi nelle province dell’Avana e la confinante Artemisa. I focolari sono dovuti a indiscipline sociali e in parte a casi di importazione dal momento che seppure fino a oggi non c’era ingresso di turisti, entravano ed entrano alcuni voli commerciali o charter trasportando cubani che si trovavano all’estero. Dopo diverso tempo quasi a zero, si sono ripresi a contare casi con numeri di due cifre al giorno, ma in ogni caso la somma totale dei contagi è ancora al di sotto delle tremila unità con i decessi fermi a 87 da varie settimane.
In questo scenario si susseguono gli omaggi e commemorazioni di Eusebio Leal Spengler che è stato cremato con una cerimonia ristretta e le cui ceneri aspettano di riposare in uno dei “suoi” luoghi preferiti che probabilmente sarà il Palazzo dei Capitani Generali dove ebbe il suo primo ufficio da Historiador, nel quale ebbi l’onore e il piacere di conoscerlo.

In tutta l’Avana Vecchia, ma non solo, sono stati appese a finestre e balconi lenzuola bianche in omaggio a una persona eccezionale e se si dice che nessuno è necessario, ma solo utile, credo che questo detto non valga almeno per la città dell’Avana senza allargarci a tutta Cuba.

venerdì 31 luglio 2020

Una perdita difficilmente sostituibile: Eusebio Leal Spengler

Dopo una lunga malattia, combattuta fino all’ultimo, Eusebio Leal Spengler ci ha lasciato. Una mente eccellente, persona attiva che ha intessuto rapporti con il resto del mondo come e meglio di un diplomatico di carriera. Ha ottenuto per il suo Paese risultati che altrimenti sarebbero stati impossibili. Interlocutore privilegiato con la Santa Sede e con gli Stati Uniti, primo e allora unico, cattolico iscritto al Partito Comunista di Cuba, per molti anni e fino alla sua scomparsa Historiador de La Habana, ma con grande conoscenza della Storia di tutta Cuba. Autodidatta e diventato Dottore solo dopo l’avvento della Rivoluzione. Da bambino, essendo di famiglia umile, aveva frequentato la scuola solo fino alla quarta elementare, si era gettato corpo e anima per sviluppare, soprattutto, la sua Habana. Spesso ospite in Italia aveva uno stretto legame di amicizia con l’Associazione di Amicizia Italia-Cuba e in particolare con la sezione lombarda a cui lo legava una stretta amicizia con uno dei suoi fondatori: Arnaldo Cambiaghi dal quale aveva attinto consigli e suggerimenti, oltre che il perfezionamento dei contatti con tanti enti e persone che hanno contribuito alle migliorie del centro storico della capitale cubana.
Conversatore brillante e inesauribile, affascinava l’uditorio con le sue dissertazioni ricche di Storia e di Cultura. Innumerevoli le opere materiali portate a termine e il rimpianto di non aver potuto terminare la restaurazione completa della sua città, peraltro opera titanica.
Non posso dire di essere nella sua cerchia di amicizie, ma ci siamo incontrati più volte con scambi di idee e di progetti fra le quali una possibile mostra fotografica di mie immagini, mai portata a compimento anche per mia negligenza, oltre che alle difficoltà di reperire il materiale per la stampa e il montaggio delle fotografie nonostante una sua lettera indirizzata all’allora Ambasciatore italiano all’Avana, di cui conservo copia, ma che non ha avuto gli aiuti necessari. In tempi recenti sarebbe stata meno difficile, ma le vicissitudini quotidiane hanno sempre interferito sul lavoro di raccolta e preparazione del materiale. Nonostante il passare degli anni, tempo fa ne avevamo riparlato e la colpa è solo mia se non l’abbiamo realizzata.
Addio Eusebio, un altro pezzo di storia esce da una parte per rientrane in un’altra.







lunedì 6 luglio 2020

I presidenti "buoni"

Tra i presidenti “buoni” degli Stati Uniti ne spiccano 3, democratici, che non hanno certo brillato con la bontà verso Cuba e il Venezuela. Il più “buono”, il martire, J.F. Kennedy, ha esordito il 4 marzo del 1960, fresco fresco, con l’attentato alla nave francese La Coubre che si trovava nel porto dell’Avana carica di armi ed esplosivi destinati alla difesa del Paese. L’attentato ha causato un centinaio di morti e oltre 200 feriti tra equipaggio, lavoratori del porto e passanti. Il 17 aprile 1961, è noto, ha patrocinato lo sbarco alla Baia dei Porci della Brigata 2205 composta nella maggioranza da controrivoluzionari cubani ex batistiani residenti negli USA. Come si sa il colpo è andato male in meno di 72 ore, in realtà furono 66.
Un altro democratico, Bill Clinton (quello del sesso “improprio”), nel 1996 faceva approvare la Legge Helms-Burton che prevedeva un inasprimento dell’embargo contro Cuba e si aggiungeva alla legge Torricelli, approvata da Bush padre, fornendo al futuro Donald Strump il destro per applicare due titoli rimasti non operativi con strangolamento ancora più forte del popolo cubano a cui, secondo loro, erano dirette le misure per migliorare i Diritti Umani e Civili nell’Isola.
Si arriva così a Barack Obama, la Speranza in persona, il quale per il vero ha riannodato i rapporti diplomatici con Cuba con la riapertura delle rispettive ambasciate e ha operato cambiamenti di atteggiamento verso l’Isola con notevoli progressi nelle relazioni bilaterali, autorizzando viaggi ai residenti negli Stati uniti e le crociere con scalo in diversi porti dell’Isola. Indimenticabile è stata, poi, la sua visita all’Avana dopo quasi 80 anni dall’unica visita di un presidente statunitense alla capitale cubana. In realtà, il fine nemmeno tanto nascosto era quello di rosicchiare la Rivoluzione cubana dall’interno, visto che con gli scontri frontali attuati per quasi 60 anni non ci era riuscito nessuno. Il becero Strump, invece, oltre che cercare di distruggere i programmi interni di Obama, ha ripreso la vecchia filosofia del bastone.
A questo si aggiunge, da parte di Obama, l’aggiunta del Venezuela nella lista delle minacce alla sicurezza nazionale (sic!) e si sa dello stretto rapporto politico ed economico tra Cuba e il Paese sudamericano.

Cosa succederà col prossimo? Non credo in grandi cambiamenti, in fondo, sia repubblicani che democratici sono strumento delle lobbies strapotenti con petrolieri, armaioli e farmaceutici in testa.

mercoledì 1 luglio 2020

La riapertura non esclude nessun Paese straniero

La prevista riapertura non esclude a priori nessun Paese straniero, ma stabilisce i limiti in cui devono permanere i visitatori escludendo categoricamente l'Avana.

Cuba riapre le frontiere

Cuba riapre, oggi, le frontiere al turismo internazionale che però sarà limitato ai soggiorni negli arcipelaghi settentrionali del centro-occidente del Paese, senza possibilità di visitare altri luoghi. Non sono ancora note quali saranno le linee aeree autorizzate ei Paesi ammessi. In giornata dovrebbero essere resi pubblici.

martedì 16 giugno 2020

Ultimo omaggio a Rosita Fornés

Tutta Cuba ha reso omaggio a una delle più grandi stelle delle arti sceniche, se non la più grande che il Paese abbia avuto. La salma rimpatriata da Miami dove era venuta a mancare lo scorso 10 giugno è stata esposta nel vestibolo del Teatro Martí, dove è stata oggetto della sfilata di migliaia di cittadini e con gli onori paragonabili a un funerale di Stato, con corone di fiori dei massimi dirigenti politici, il tutto accompagnato in cronaca da una lunga kermesse della Televisione Cubana.
La diva è sepolta nel panthéon famigliare nel Cimitero di Colón, nel Vedado capitalino.



Riprese dalla TV Cubana.

mercoledì 27 maggio 2020

Proverbio aggiornato

Non tutti i mali vengono per nuocere. Il Covid-19, invece sì.

giovedì 14 maggio 2020

Essere o non essere?

Negli Stati Uniti, oltre ai dilemmi se è nato prima l’uovo o la gallina o se la zebra è bianca a righe nere o nera a righe bianche, c’è il dilemma molto più serio che è: aprire o non aprire?
In un Paese normale, indipendentemente dal regime politico vigente, la logica umana suggerisce di applicare le norme necessarie per salvare più vite possibili e non tornare a livelli di super saturazione di ospedali e servizi funerari come all’inizio della pandemia, per altro scoppiata con una velocità di propagazione vertiginosa che ha preso tutti alla sprovvista anche per il carattere sconosciuto del virus.
In un Paese esasperatamente capitalista, dove anche l’aria che si respira ha un costo, la logica di chi ha adottato o ereditato questo sistema politico ed economico, probabilmente hanno ragione gli strumpisti forti dei loro diritti di libertà anche quando suppone prevaricazione o ignoranza dei diritti degli altri, il fatto che in un sistema così composto l’economia può superare i normali diritti alla salute perché un crollo del sistema comporta una sequela di danni non solo economici, ma proprio fisici in quanto si moltiplicano i casi di disperazione che portano al suicidio, disturbi psichici, alla violenza o all’inedia per milioni di persone che si trovano senza mezzi di sussistenza ed uno Stato che non è assolutamente assistenziale e dove i dati statistici ufficiali hanno una buona possibilità di non rispecchiare la realtà dati i milioni di clandestini che sfuggono ai controlli che comunque non sono fatti in maniera completamente efficace.
Un dilemma tragico che fa dubitare se sia migliore il rimedio che la malattia e vede già prevalere la fazione di “libertà a ogni costo” senza pensare che proprio loro e le loro famiglie potrebbero essere le prossime vittime di un’espansione incontrollata dell’infezione.


giovedì 30 aprile 2020

Le provocazioni non finiscono mai

La scorsa notte, alle 02.00 locali di raffiche di fucile automatico che fortunatamente non hanno causato vittime, ma solo alcuni danni lasciati dai proiettili sulla facciata e le, circa, l’Ambasciata di Cuba a Washington è stata oggetto colonne. L’aggressore è stato catturato sul luogo da parte della polizia, ma il suo nome e la motivazione del gesto non sono stati resi noti così come le autorità statunitensi non hanno contattato quelle cubane per informarle del fatto. Il tutto aggiunto al sempre più ferreo “bloqueo” verso fornitori e uffici finanziari che hanno (o avevano) rapporti con Cuba. Il tutto nella flagrante violazione del Diritto Internazionale e sopra tutto dei Diritti Umani, dal momento che il mondo è in preda alla Pandemia. A questo si aggiunge un’intensa campagna di fake news e diffamazioni in merito alla solidarietà del personale sanitario cubano e alle investigazioni scientifiche in corso dai laboratori cubani, attraverso organi d’informazione prezzolati o compiacenti.

giovedì 16 aprile 2020

Imperatore o dittatore? Fate voi

La pandemia legata al Covid-19 ha portato il mondo a una vera e propria catastrofe di dimensioni inimmaginabili, dopo le Guerre Mondiali. Adesso appaiono scienziati che “avevano previsto una possibilità simile” da anni, ma secondo loro, nessuno li ha ascoltati e men che meno sorretti economicamente per prepararsi, non si sa come.
Vero è che ovunque si sono ridotti ai minimi gli investimenti e i bilanci per la Ricerca e più in generale per la Salute. Nel caso degli Stati Uniti, poi, è quasi da ritenersi un biglietto vincente della lotteria il poter godere di assistenza medica senza dover pagare ingenti somme per assicurazioni o per interventi diretti. Il presidente che incolpa a destra e a manca senza addossarsi la minima responsabilità, adesso col suo delirio di onnipotenza,si sta trasformando in dittatore o quantomeno in Re non costituzionale assumendo, o volendo assumere, poteri assoluti. Non a caso il suo nickname di Twitter è realTrump che per assonanza cacofonica assomiglia a “royal” così come Strump con Strunz. Le obsolete, anacronistiche e costosissime monarchie costituzionali che sopravvivono nel 21° secolo e inizio del terzo millennio in Europa, impallidiscono.
Dopo aver deciso di togliere il contributo all’Organizzazione Mondiale della Sanità, essersi messo in guerra coi Governatori dei singoli Stati, perdendo, adesso ha deciso di sospendere il Parlamento e assumere poteri straordinari e assoluti, dicendo che lo può fare! Ma come nella patria della Libertà?
Come ciliegina sulla torta, usando l’emergenza come propaganda elettorale ha preteso che la sua firma apparisse sui boni sussidio che si stanno ripartendo, come se li elargisse di tasca propria. All’obiezione del Segretario del Tesoro a cui spetta il diritto/dovere della firma, ha inventato il modo di farla apporre comunque sul lato sinistro del buono in uno spazio vuoto.

Sarà cattiveria diabolica pensare a quanti attentati, riusciti in toto o in parte o falliti, hanno subito Presidenti molto più degni di questo nome?

domenica 12 aprile 2020

Seconda brigata medica in Italia


Ricevo dall’amico Luca Lombroso questo articolo pubblicato da Repubblica che molti avranno già letto, ma non tutti...

Qua la situazione è peggio di quello che si sperava con oltre 600 casi positivi, ma comunque si cerca di fare il possibile per limitare i contagi.

Nei vicini Stati Uniti, com’è riportato da tutti i media del Pianeta il fenomeno è fuori controllo per i ritardi nei provvedimenti e le carenze del sistema sanitario, non idoneo a contenere grandi epidemie, seppure sia il Paese più potente del mondo e uno dei più avanzati nella scienza e tecnologia. Strump si preoccupa più di aumentare minacce e aggressioni contro i Paesi “nemici” e diffondendo notizie false come quella che Cuba avrebbe comprato medicine e apparecchi medici nel suo Paese, mentre mantiene sanzioni ferree, anacronistiche e contro ogni diritto Internazionale o Umano. Adesso ha spostato la “ripresa” dal 12 aprile ai primi di maggio, ma ha detto che (bontà sua) sentirà le autorità sanitarie. Speriamo che quando cessi veramente lo stato di allarme mondiale, le pressioni di compagnie di navigazione e linee aeree lo costringano a riprendere le rotte su Cuba.

 

 

Coronavirus: un Boeing per portare in Piemonte delegazione di 38 medici e infermieri cubani
di PAOLO VIOTTI12 Aprile 2020

Arriveranno domani a Caselle: saranno impiegati alle ex Ogr trasformate in ospedale da campo
Sono attesi domani, Pasquetta, all'aeroporto di Caselle i 38 medici e infermieri della Brigada Henry Reeve che il Ministero della Salute di Cuba ha destinato al Piemonte, accogliendo la richiesta formulata nelle scorse settimane dal presidente della Regione Alberto Cirio attraverso l'Ambasciata di Cuba in Italia. Si tratta di 21 medici e 16 infermieri, accompagnati dal loro coordinatore logistico, che resteranno ad operare gratuitamente in Piemonte fino a quando l'emergenza lo renderà necessario.
"La nostra riconoscenza va innanzitutto a Cuba e agli operatori sanitari che hanno accettato di aiutare il nostro territorio in un momento così difficile - spiegail governatore Cirio -. Desidero ringraziare la Farnesina, il ministro della Salute Speranza e la Protezione civile per aver appoggiato la nostra richiesta, ma anche l'ambasciatore Jose Carlos Rodriguez Ruiz e il consigliere regionale Marco Grimaldi che insieme all'Aicec, l'Agenzia per l'Interscambio Culturale ed Economico con Cuba, ci hanno supportato nei contatti con il governo cuban. Essere da subito presenti come 'sistema Italia' nella sua completezza è stato un elemento di forza".
Tra gli operatori sanitari in arrivo da Cuba ci sono epidemiologi, anestesisti, rianimatori, medici di medicina generale e infermieri specializzati in terapia intensiva. Personale di estrema competenza, appartenente alla stessa ' Brigada' già operante in Lombardia e specializzata in interventi di emergenza. Dopo qualche giorno di conoscenza delle principali strutture sanitarie piemontesi in cui si sta lottando contro il Covid 19, la squadra opererà presso la nuova area sanitaria temporanea in fase di allestimento alle Ogr.

Luca Lombroso 
Meteorologo AMPRO e divulgatore ambientale 




martedì 31 marzo 2020

Presunte prevaricazioni a danno di turisti italiani


L’amico Luca Lombroso, rientrato in Italia dal Costa Rica, mi segnala di ricevere diversi messaggi di turisti italiani “prigionieri” negli alberghi cubani dai quali “non possono uscire nemmeno per comprarsi da mangiare”. Mi sembra giusto chiarire che dal 24 marzo scorso sono stati chiusi gli accessi al Paese per motivi turistici o comunque non giustificati e TUTTI i turisti stranieri presenti negli alberghi dell’Isola sono stati rimpatriati entro quella data e sono rimasti solo quelli che erano sparsi in case private, i quali, una volta localizzati sono stati messi in quarantena in alberghi precisamente per fare in modo che non deambulassero e non avessero problemi di vitto e alloggio. Probabilmente i nostri compatrioti, magari a Cuba da tempo, non hanno presente la situazione reale dell’Italia e non sanno cosa vuol dire “quarantena” e perché si adotta questa misura.
Parallelamente, da quella stessa data, i cittadini cubani o stranieri residenti che rientrano dall’estero sono inviati direttamente a centri di quarantena e non direttamente ai loro domicili.

Per il rimpatrio dei nostri concittadini, scaduto il termine di isolamento, dovrà evidentemente interessarsi la nostra Ambasciata, secondo indicazioni del Ministero degli Esteri tramite il servizio dell’Unità di Crisi.

giovedì 26 marzo 2020

Russia e Cuba, due parolacce...

Due Paesi visti come il fumo negli occhi dalla UE e anche da buona parte della politica e non italiana, sono stati tra i più solidari nell’inviare aiuti all’Italia, nel limite delle loro possibilità che nel caso di Cuba sono veramente poche, ma oltra al contingente italiano ne ha inviati altri 6. Giamaica, Surinam, Granada, Belice, Venezuela e Nicaragua            .

Questo trascurando le sanzioni applicate contro di loro dal blocco europeo per compiacere al prepotente gigante nordamericano che ha appena cominciato a pelare le gatte.

mercoledì 25 marzo 2020

Il mio succinto ricordo di Juan Padrón

Probabilmente, molti lettori che non siano cubani o che non conoscano benissimo Cuba, si chiederanno chi era Juan Padrón nonostante nel settore dell’animazione è conosciuto in tutto il mondo che ha percorso in gran parte per la sua attività.
La sua brillante vita artistica è cominciata da disegnatore di fumetti fino alla creazione del suo personaggio diventato icona e idolo di grandi e piccoli: Elpidio Valdés. Un giovane combattente per la libertà di Cuba dal dominio spagnolo, Con gli anni, Elpidio è stato introdotto nei cortometraggi di animazione che servono ancora oggi come materiale didattico per i giovanissimi e nel tempo è stato coinvolto in molte altre circostanze epiche nella storia di Cuba. Il binomio è diventato indissolubile.
Una delle cose straordinarie di queste avventure è che Elpidio e i suoi compagni di avventura, con in primo piano il fedele e imprevedibile cavallo Palmiche, hanno conquistato gli schermi grandi e piccoli della Spagna dove, gli spagnoli nonostante i loro antenati siano vittime di caricature beffarde e naturalmente perdenti, accolgono questi variopinti “mambises” con grande simpatia e Juan è sempre stato ricevuto con calore nell’antica Madre Patria.
Juan però, raggiunto il grande pubblico internazionale, non si è fermato ed ha continuato a partorire personaggi divertenti e dalle caratteristiche più svariate. Esaurito il filone Elpidio, si è dedicato a una serie sketch fulminanti, non a caso chiamati Filminuto, in collaborazione con Joaquín Lavado “Quino”, col quale ha stretto una grande amicizia col risultato di animare i disegni di Mafalda che fino ad allora Quino aveva sempre rifiutato, ma il talento e la carica umana di Juan lo hanno convinto. Poi è venuta la serie di !Vampiros en La Habana” che ha segnato l’ingresso di Juan nel lungometraggio.
Tutte le pellicole dei “Vampiros”, a partire dal soggetto e la sceneggiatura sono state anche trasposte in letteratura per giovani.
Sul piano personale Juan era un tipo straordinariamente gioviale, sempre pronto alla battuta e allo scherzo, non potrò mai dimenticare i momenti passati assieme con le sue imitazioni dei “fratelli sovietici” dalle quali ha anche tratto un corto intitolato “Kolia”, un giovane marinaio sommergibilista della marina di quel Paese.
Prediligeva le storie belliche essendo attento studioso di armi e uniformi di ogni epoca o Nazione moderna. Più volte gli ho fatto notare che in Europa questi tipi di “cartoons”, specialmente per i bambini, potevano non essere sempre o da tutti graditi, ma evidentemente il modo di affrontare il tema, faceva passare in secondo piano la parte “violenta”.
Si dice che normalmente i comici o gli umoristi in genere, nella vita quotidiana non lo sono affatto, uno degli esempi che ho conosciuto è proprio Quino, sempre serio e compunto, ma quando apre la bocca è per una battuta o un’osservazione micidiale. Juan non faceva parte di questa presunta maggioranza il buonumore e le risate accompagnavano le sue giornate.

Molto ci sarebbe da dire e sicuramente hanno detto, dicono e diranno i media di ogni parte del mondo, andando sicuramente più a fondo di queste righe a carattere personale e non certo professionale.