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domenica 16 marzo 2014

Elefantessa

ELEFANTESSA: bambinaia gigantesca

sabato 15 marzo 2014

Egizio

EGIZIO: parente nordafricano

venerdì 14 marzo 2014

Effuso

EFFUSO: ha il cervello in disordine

Prosegue, a Miami, la politica dei "piccoli passi"

Fonte TTC:



Il 15 marzo, Cuba incontra Miami
Posted by: Jesús Rodríguez in Eventi 22 ore ago 0 22 Views

Cuba Educational Travel partecipa all’organizzazione di un’importante conferenza a favore delle relazioni culturali e istituzionali tra Cuba e USA.
Cuba Educational Travel (agenzia specializzata in viaggi, scambi culturali e convention a Cuba) ha partecipato all’organizzazione del convegno organizzato da Cuban Americans For Engagement (cubano-americani per il dialogo) e FORNORM (organizzazione che ha la finalità di “normalizzare” le relazioni tra Cuba e gli Usa), che si terrà il 15 marzo, a Miami.
Il titolo dell’evento è “Le relazioni Cuba-Stati Uniti nella seconda amministrazione Obama: la comunità cubano-americana e i cambiamenti a Cuba. Costruendo ponti per migliorare le relazioni”.
L’incontro è stato pensato per essere un’occasione ideale di dialogo, incontro e confronto tra le due nazioni, vicine geograficamente ma ideologicamente ancora distanti: i temi trattati si focalizzeranno sui cambiamenti avvenuti nell’isola caraibica negli ultimi anni, ma non solo: l’appuntamento tratterà infatti nello specifico anche argomenti legati alle tradizioni culturali e religiose dell’isola.
Il convegno, che avrà luogo nell’Hotel Sofitel di Miami, si propone di incentivare la partecipazione della comunità cubana nei nuovi scenari che potrebbero sviluppare rapporti positivi tra i due paesi. Elena Freyre, presidentessa della FORNORM, ha dichiarato recentemente che “i cubani che risiedono oggi negli Usa non sono fuggitivi ma sono emigranti che continueranno ad amare per sempre il loro Paese” aggiungendo che “questa conferenza doveva svolgersi a Miami perché è proprio a Miami che devono iniziare i cambiamenti positivi verso Cuba”.
Diretta da Collin Laverty, esperto di Cuba e delle relazioni Cuba-Stati Uniti, Cuba Educational Travel organizza programmi di scambio culturale e viaggi “people-to-people” per cittadini americani e residenti cubani verso Cuba.
Laverty ha dichiarato: “…c’è molto da imparare l’uno dall’altro. Per questo, sostenere il dialogo, soprattutto attraverso i viaggi e lo scambio culturale è un’esperienza che può rafforzare sensibilmente le comunità artistiche, ambientali sociali, scientifiche in entrambi i Paesi. Attraverso il viaggio e la conoscenza, il rapporto fra le persone può diventare un legame importante per il futuro”.

giovedì 13 marzo 2014

Curiosità (almeno per adesso)

Sono rimasto sorpreso nell'aver visto un bus da turismo, importato negli anni '80, con una targa "P", ovvero "particular", privato. Che ci fossero in circolazione camion (anche adibiti al trasporto di persone) con targhe private non è una novità, ci sono da tanti anni. Meno frequenti erano i piccoli "van" che oggi sono sempre più numerosi a sfoggiare questo tipo di immatricolazione. Chi sarà il proprietario del bus modello "Marco Polo" costruito dalla Volvo brasiliana? Che uso ne fa? Molto probabilmente potrebbe trattarsi di una delle nuove cooperative per il trasporto, credo sia la chiave di interpretazione più logica e semplice. Se avrò occasione cercherò di saperne di più.


Edotto

EDOTTO: è uno dei sette nani di Biancaneve

mercoledì 12 marzo 2014

Incontro di Garatti col pubblico

Come annunciato dal direttore del centro Culturale Wilfredo Lam, Jorge Fernández, ieri si è tenuto l'incontro fra l'architetto, il pubblico visitante la mostra e gli studenti di architettura. Il direttore Fernández, nel presentare l'incontro ha fatto un riassunto della carriera di Vittorio Garatti, sottolineando le sue doti di precursore nei moderni concetti di architettura e la visione proiettata nei grandi spazi. La maggior attenzione, anche del pubblico presente, è stata come si prevedeva, verso la Scuola Nazionale d'Arte di Cubanacan e nell'occasione ha preso la parola un architetto nordamericano che ha detto di essere alla sua seconda visita a Cuba proprio in funzione di accompagnare gruppi di colleghi interessati a conoscere il complesso. La struttura, che aveva subito anni di abbandono è stata in parte recuperata, ma necessita di fondi per il suo intero recupero e completamento. Vittorio, ha avuto conferma dall'Ambasciatore Carmine Robustelli che l'Italia è disposta a dare un finanziamento per l'opera, ma che questa è subordinata ad una formale richiesta del Governo cubano.
Nella speranza di poter vedere il complesso, finalmente terminato, il giovane quasi 87enne Vittorio, continua a creare progetti su grande scala. Attualmente sta lavorando in quello che ha chiamato "Anillo del Caribe" che prevede la inter connettività di tutti i porti dell'area.







Edilizia/o

EDILIZIA/O: parenti occupati nella costruzione

lunedì 10 marzo 2014

Sangue nella Costituente, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 9/3/14

Quel 1° di marzo avrebbe potuto essere come qualsiasi altro giorno nella vita di Orestes Ferrara y Marino. Quando scese dal letto, alla solita ora, non c’era niente che facesse prevedere il drammatico svolgersi della giornata. Dopo la prima colazione, l’ex cancelliere cubano – occupò il Segretariato di Stato nel gabinetto del dottor Gerardo Machado – fece e ricevette varie chiamate telefoniche e ricevette le persone che aveva citato nella sala delle armi del suo palazzetto di San Miguel e Ronda, vicino all’Università, che era tornato a occupare al suo ritorno dall’esilio. Poco prima dell’una del pomeriggio salì a cambiarsi. Avrebbe pranzato con un’importante figura della cosiddetta Scienza Cristiana, di passaggio dall’Avana che sua moglie aveva invitato e una volta concluso il pranzo, che sperava non si estendesse troppo, avrebbe partecipato come nei giorni precedenti, nella corrispondente sessione della Convenzione Costituente nella quale era stato eletto, nonostante il suo passato machadista, e che aveva sede nel Campidoglio. Ma Orestes Ferrara y Marino non sarebbe arrivato quel pomeriggio al Palazzo delle Leggi. L’auto a noleggio che lo trasportava fu crivellata da colpi d’arma da fuoco sparati da un altro veicolo in marcia e i proiettili che lo colpirono lo misero in punto di morte.
La sua vita pendeva certamente da un filo fin dal suo ritorno a Cuba. Era partito dall’Avana lo stesso giorno della caduta di Machado, il 12 agosto del 1933, per vivere alla grande tra New York e Parigi, un esilio ‘dorato’ grazie ai suoi legami – come avvocato e come azionista – con grandi capitali nordamericani fra i quali la International Telephone end Telegraph (ITT) che aveva contribuito a fondare. Il giornalista Ramón Vasconcelos, allora presidente del Partito Liberale, istigato dall’ambasciatore statunitense Jefferson Caffery, fece la gestione per il suo ritorno a Cuba, ma Ferrara si rifiutò di accettare quello che sarebbe stato un ritorno condizionato dal suo silenzio e l’obbligo di rimanere lontano dalla vita politica.
Era l’unico machadista che non tornò all’Isola fino a che non decise di farlo, succedesse quello che succedesse e procedette a modo suo, rifiutando le pressioni e ciò che era peggio i consigli. Rifiutò il suggerimento del presidente Federico Laredo Bru di domiciliarsi lontano dall’Università al fine di evitare incidenti con gli studenti, come quello successo in Infanta e San Lázaro, dove un alunno di medicina tentò di aggredirlo a pugni, davanti allo sguardo indifferente di un poliziotto. A Santiago de Cuba, Orlando León Lemus, un cavaliere dal grilletto facile che rese celebre lo pseudonimo di “Il Rosso” lo attese all’esterno del club San Carlos, dove Ferrara teneva una conferenza, con l’intenzione di farlo fuori, ma i dirigenti dell’istituzione lo fecero uscire da una porta posteriore. Lo “scherzo” circolava irrefrenabile sulla collina universitaria e nella strada imperava il fucile a canne mozze. Ramiro Valdés Daussá giustiziò, nella propria casa di Ferrara, uno dei suoi dipendenti che era nella polizia ai tempi di Machado ed era coinvolto nell’omicidio di suo fratello. Alcuni giorni dopo assassinarono un tizio che usciva dalla residenza e dopo l’autista. Erano avvertimenti. Non riuscirono, comunque, a chiudere la bocca di questo italiano, nato a Napoli nel 1876 che aveva raggiunto il grado di colonnello nell’Esercito di Liberazione. In un discorso a Camagüey attaccò il defenestrato presidente Miguel Mariano Gòmez e classificò l’attitudine dell’ex presidente Grau San Martin come quella di “un’elegante peripatetica dai facili costumi, che si pasce in un’atmosfera di profumi scadenti.” Criticò i partiti sorti dalla Rivoluzione del ’30 e in modo particolare l’Autentico.
La violenta diatriba fece si che il colonnello Batista dichiarasse alla stampa che l’attitudine di Ferrara rendeva molto difficile ai poteri pubblici di garantirgli l’incolumità. Molti anni dopo, l’astuto italiano scriverà: “Sapevo bene che i pubblici poteri non mi potevano difendere. Mi difendevo con la mia vita, senza necessità di polizia né soldati.” Le sue uscite civiche avevano poco valore in un Paese in cui si usavano impunemente le mitragliatrici. In cambio, la dichiarazione del Capo dell’Esercito era un invito all’omicidio. Ferrara lo sapeva.

Rimango. Non rimango

Al fine di sfuggire ad attentai piú o meno imminenti, Ferrara faceva brevi viaggi negli Stati Uniti. Andava e tornava, ma in questi spostamenti i suoi nemici avrebbero potuto dargli facilmente la caccia.
Correva l’anno 1939 e si convocò la convenzione che doveva elaborare la Costituzione del 1940. Il 15 novembre si celebrarono le elezioni per l’Assemblea Costituente. Vince l’opposizione. Di 76 nomine, 35 corrispondono al Governo: 41 a suoi avversari. Sono 73 uomini e 3 donne. Per gli autentici c'erano Grau San Martin, Eduardo Chibás, Alicia Hernández de la Barca, Emilio (Millo) Ochoa, Eusebio Mujal e Carlos Prío. I comunisti si fecero rappresentare da Juan Marinello, Blas Roca, Salvador García Agüero, Romárico Cordero, Esperanza Sánchez Mastrapa e César Vilar, due nomi questi ultimi, maledetti poi nel comunismo insulare. Jorge Mañach, Francisco Ichaso e Joaquín Martínez Sáenz figurano negli almanacchi. Ci sono democratici e repubblicani come: Miguel Mariano Gómez, Pelayo Cuervo, Carlos Márquez Sterling Santiago Rey...Per i liberali ci sono José Manuel Cortina, Rafael Guas Inclán, Alfredo Hornedo, Emilio Nuñez Portuondo, Orestes Ferrara...
I liberali di Las Villas insistettero perché si candidasse per questa provincia al centro dell’Isola. Ci fu giubilo per la sua elezione nelle file dell’organizzazione politica e Ferrara ricevette compiaciuto le congratulazioni di correligionari e amici, però aveva preso la determinazione di dimettersi, o meglio di non accettare la candidatura. Per questo il giorno della convocazione dell’assemblea, invece di presentare le sue credenziali, inviò le sue dimissioni. La lettera di denuncia fu letta nel plenario e si accordò di riprodurla sul Giornale delle Sedute.
Cosa stava succedendo? Una corrente gli soffiava contro. Un connotato machadista poteva figurare fra i redattori della nuova Legge dele Leggi? Paradossalmente, un uomo che combatté frontalmente Machado si alzò in sua difesa. Era Eduardo Chibás. Si mise il caso ai voti. Settantacinque convenuti votarono a suo favore. Ci fu un’astensione. Nessuno votò contro.

Sangue in San Rafael

Lo scriba ritorna adesso a quel 1° di marzo del 1940. Il pranzo con il rappresentante della Scienza Cristiana si prolungava troppo. L’inizio della sessione del giorno era previsto per le tre del pomeriggio e Ferrara, puntuale per abitudine, era restìo ad arrivare in ritardo. Fu allora che decise di accomiatarsi dal suo invitato invece di aspettare che l’invitato lo facesse. Nel lasciare la sala da pranzo, un cameriere lo informò che il dottor Cortina con preghiera che lo aspettasse per arrivare assieme al Campidoglio. Sapendo che non era mai puntuale, disse al cameriere che riferisse all’amico e collega, al suo arrivo, che non aveva potuto aspettarlo. Chiese la sua auto con urgenza, l’autista gli disse che la macchina non aveva benzina. Ferrara decise di non discutere, almeno in quel momento, la stranezza della situazione e ordinò che gli chiamassero un taxi. Nel montare sull’automobile disse al tassista che aveva fretta. Gli indicò che prendesse la Calzada di Infanta, svoltasse a sinistra in San Rafael e continuasse fino al Campidoglio. Il poliziotto che lo accompagnava dalla sua elezione, si sedette a fianco all’autista. Ferrara occupò il lato sinistro del sedile posteriore e il suo segretario si sedette a destra.
Ferrara ricorda nel suo libro Uno sguardo su tre secoli: “Dopo aver svoltato in San Rafael per pochi metri, ho sentito il rumore di un auto che frenava bruscamente facendo un giro inaspettato e quasi contemporaneamente delle ripetute scariche di mitragliatrice o di arma a canna lunga. Un’auto sfilava alla sinistra mietendo vittime coi suoi colpi. La prima cosa che vidi fu il cranio aperto del povero autista che sotto il sole mi fece l’effetto di un crogiolo in ebollizione. L’automobile assaltatrice fece le sue scariche da dietro e girò velocemente al nostro lato sinistro. Io mi inclinai da una parte ed estrassi il mio revolver, ma quando avrei potuto farne uso, gli assaltatori erano già molto lontani...”
L’auto, priva di ogni controllo, proseguì la marcia per San Rafael fino a che un giovane vigoroso che era presente alla scena, salì sul veicolo e lo frenò. Il poliziotto che da giorni aveva il compito di difendere il delegato alla Costituente si allontanò dal luogo dei fatti in cerca di aiuto. Ferrara credeva di essere uscito illeso; sentiva solo un “doloretto” nella parte superiore della schiena.
La polizia non appariva, però al suo posto il luogo si riempì di abitanti della zona. Alcuni automobilisti fermarono i loro veicoli. Qualcuno si offrì di condurre all’ospedale l’astuto politico. Ferrara rifiutò. Disse di non essere ferito, ma quelli che lo circondavano lo convinsero del contrario. In effetti cominciava a sentire la schiena bagnata. Aveve due proiettili inseriti sopra la terza costola, tre nella spalla sinistra, un’altra nella parte alta della colonna vertebrale e altre disseminate qua e la, in punti del corpo che sembravano pericolosi, ma la natura, benevola, li poté mantenere in posizione di attesa.
Lo fecero montare in un automobile e tre o quattro dei giovani che presenziarono al fatto si offrirono per accompagnarlo al Pronto Soccorso dell’ospedale, ma non entrarono nel nosocomio col ferito. Ferrara, che non aveva con sé moneta, dette un peso all’autista per la corsa, ma l’uomo lo rifiutò augurandogli buona fortuna.
La notizia corse come polvere da sparo. Maria Luisa, la moglie, lo seppe quando lo sapeva già la famiglia di Ferrara a Napoli. La sua cognata italiana aveva la radio accesa quando i programmi si interruppero per informare che il dottor Orestes Ferrara era morto in una strada dell’Avana.
Immediatamente l’ospedale si riempì di amici e correligionari. Arrivarono all’installazione sanitaria quasi tutti i delegati della Convenzione Costituente. Non tardò a fare atto di presenza il Presidente della Repubblica e il colonnello Batista inviò un caloroso messaggio. Lo operarono nell’Ospedale Militare di Marianao. La pallottola che entrò nel collo, l’avrebbero estratta anni dopo, in Spagna. Ferrara ci mise due mesi per tornare alla Costituente.

Chi fu?

Come quasi tutti gli attentati perpetrati a Cuba tra il 1933 e il 1944 e poi durante i mandati “autentici” dei presidenti Grau e Prío (1944-52) l’aggressione a Ferrara rimase misteriosa. Non si trovò il colpevole.
Molti anni dopo, a Miami, il generale Manuel Benítez, capo della Polizia nazionale cubana, disse a Max Lesnik, allora direttore della rivista Réplica – e così lo raccontò Lesnik allo scriba -, che l’autore dell’attacco fu Emilio Tro che col passare del tempo, dopo il suo ritorno dalla II Guerra Mondiale, dove combatté con l’esercito nordamericano, fonderà la Unione Insurrezionale Rivoluzionaria (UIR) e troverà la morte nei cosiddetti fatti di Orfilia, nel settembre 1947.
Benitez disse che il colonnello Batista seppe del ruolo di Tro nell’attentato a Ferrara e volle toglirselo di mezzo. Gli mandò a dire con Benitez, che non si nascondesse perché lo avrebbe comunque trovato e gli offrì un biglietto per gli Stati Uniti, la possibilità di avere il passaporto e dieci mila dollari per le spese. Precisava Benitez nella sua conversazione con Lesnik un fatto che parlava dell’onestà di Tro. Disse Benitez: “Devo dire, per onore alla verità, che Tro accettò il biglietto e i documenti per il passaporto, ma respinse i soldi...Dieci mila dollari che, guarda! Mi sono messo in tasca io”.

Sangre en la Constituyente

Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
8 de Marzo del 2014 21:57:59 CDT

Aquel 1ro. de marzo pudo haber sido como cualquier otro día en la vida
de Orestes Ferrara y Marino. Cuando salió de la cama a la hora de
costumbre nada hacía avizorar el dramático desenlace de la jornada.
Tras el desayuno, el ex canciller cubano --ocupó la Secretaría de
Estado en el gabinete del dictador Gerardo Machado-- hizo y atendió
varias llamadas telefónicas y recibió en la sala de armas de su
palacete de San Miguel y Ronda, aledaño a la Universidad, que había
vuelto a ocupar a su regreso del exilio, a las personas que tenía
citadas. Poco antes de la una de la tarde subió a cambiarse.
Almorzaría con una importante figura de la llamada Ciencia Cristiana,
de paso por La Habana, a la que su esposa había invitado, y una vez
concluida la comida, que esperaba no se extendiese demasiado,
participaría, al igual que en los días anteriores, en la sesión
correspondiente de la Convención Constituyente para la cual había sido
electo, pese a su pasado machadista, y que sesionaba en el Capitolio.
Pero Orestes Ferrara y Marino no llegaría esa tarde al Palacio de las
Leyes. El auto de alquiler que lo transportaba fue tiroteado desde
otro vehículo en marcha y los balazos que impactaron su cuerpo lo
pusieron al filo de la muerte.
Su vida ciertamente pendía de un hilo desde su regreso a Cuba. Había
salido de La Habana el mismo día de la caída de Machado, el 12 de
agosto de 1933, para vivir, a horcajadas entre Nueva York y París, un
exilio <> gracias a sus vínculos --como abogado y como
accionista-- con grandes capitales norteamericanos, entre estos la
International Telephone and Telegraph (ITT) que había contribuido a
fundar. El periodista Ramón Vasconcelos, presidente entonces del
Partido Liberal, instigado por el embajador estadounidense Jefferson
Caffery, gestionó su regreso a Cuba, pero Ferrara se negó a aceptar lo
que sería un retorno condicionado por su silencio y la obligación de
mantenerse alejado de la vida política.
Era el único machadista que no había vuelto a la Isla cuando decidió
hacerlo pasara lo que pasara, y ya aquí procedió a su forma, renuente
a las presiones y, lo que es peor, a los consejos. Rehuyó la
sugerencia del presidente Federico Laredo Bru de domiciliarse lejos de
la Universidad a fin de evitar incidentes con los estudiantes, como el
ocurrido en Infanta y San Lázaro, donde un alumno de Medicina intentó
agredirlo a golpes ante la mirada indiferente de un policía. En
Santiago de Cuba, Orlando León Lemus, un caballero del gatillo alegre
que hizo célebre el seudónimo de El Colora'o, lo esperó en las afueras
del club San Carlos, donde Ferrara pronunciaba una conferencia, con
intención de pasarle la cuenta, pero la directiva de la institución lo
hizo salir por una puerta trasera. El <> campeaba por sus
respetos en la colina universitaria e imperaba en la calle la escopeta
recortada. Ramiro Valdés Daussá, en la propia casa de Ferrara,
ajustició a uno de sus empleados, policía en tiempos de Machado
vinculado al asesinato de sus hermanos. Días más tarde asesinaban a un
sujeto que salía de la residencia y luego al chofer. Eran avisos. No
conseguían sin embargo cerrar la boca a este italiano nacido en
Nápoles en 1876 y que había ganado el grado de coronel en el Ejército
Libertador. En un discurso en Camagüey atacó al defenestrado
mandatario Miguel Mariano Gómez y calificó la actitud del ex
presidente Grau San Martín como <>.
Criticó a los partidos surgidos de la Revolución del 30 y en especial
al Auténtico.
La violenta diatriba motivó que el coronel Batista declarara a la
prensa que dada la actitud de Ferrara resultaría muy difícil al poder
público garantizarle la vida. Muchos años después escribía en sus
memorias el astuto italiano: <>. Sus alardes de civismo poco valían en un país en el que las
ametralladoras se usaban impunemente. En cambio, la declaración del
Jefe del Ejército era una invitación al asesinato. Ferrara lo sabía.
Me quedo. No me quedo
A fin de rehuir atentados más o menos inminentes, hacía Orestes
Ferrara viajes breves a Estados Unidos. Iba y volvía, pero en esos
trasiegos sus enemigos hubieran podido cazarlo con facilidad.
Corre el año de 1939 y se convoca a la convención que elaboraría la
Constitución de 1940. El 15 de noviembre se celebran las elecciones
para la Asamblea Constituyente. Triunfa la oposición. De 76 actas, 35
corresponden al Gobierno; 41 a sus contrarios. Hombres son 73 y tres
mujeres. Por los auténticos están Grau San Martín, Eduardo Chibás,
Alicia Hernández de la Barca, Emilio (Millo) Ochoa, Eusebio Mujal y
Carlos Prío. Los comunistas se hacen representar por Juan Marinello,
Blas Roca, Salvador García Agüero, Romárico Cordero, Esperanza Sánchez
Mastrapa y César Vilar, dos nombres, estos dos últimos, malditos
después en el comunismo insular. Jorge Mañach, Francisco Ichaso y
Joaquín Martínez Sáenz figuran entre los abecedarios. Hay demócratas y
republicanos, como Miguel Mariano Gómez, Pelayo Cuervo, Carlos Márquez
Sterling, Santiago Rey... Por los liberales están José Manuel Cortina,
Rafael Guas Inclán, Alfredo Hornedo, Emilio Núñez Portuondo, Orestes
Ferrara...
Los liberales de Las Villas insistieron en que aspirara por esa
provincia del centro de la Isla. Hubo júbilo por su elección en las
filas de esa organización política y Ferrara recibió complacido las
congratulaciones de correligionarios y amigos, pero había tomado la
determinación de renunciar o, más bien, de no aceptar la
representación. Por eso el día de la convocatoria de la asamblea, en
lugar de presentar sus credenciales, envió sus dimisiones. La carta de
renuncia fue leída en el plenario y se acordó reproducirla en el
Diario de Sesiones.
¿Qué pasaba? Una corriente le soplaba en contra. ¿Debía un machadista
connotado figurar entre los redactores de la nueva Ley de Leyes?
Paradójicamente, un hombre que combatió frontalmente a Machado se alzó
en su defensa. Fue Eduardo Chibás. Se puso a votación el caso. Setenta
y cinco convencionales votaron a su favor. Hubo una abstención. Nadie
votó en contra.
Sangre en San Rafael
Vuelve ahora el escribidor a aquel 1ro. de marzo de 1940. El almuerzo
con el representante de la Ciencia Cristiana se prolongaba demasiado.
El inicio de la sesión del día estaba marcado para las tres de la
tarde, y Ferrara, puntual por hábito, se resistía a llegar fuera de
hora. Fue entonces que decidió despedirse de su invitado en lugar de
esperar que su invitado se despidiera. Al abandonar el comedor, un
sirviente le comunicó que el doctor Cortina había telefoneado con el
ruego de que lo esperara para acudir juntos al Capitolio. Sabiéndolo
impuntual, pidió al sirviente que dijera al amigo y colega cuando
llegara que no había podido esperarlo. Pidió con urgencia su
automóvil, y el chofer le dijo que el vehículo no tenía gasolina.
Decidió Ferrara no discutir, al menos en ese momento, lo extraño de la
situación y ordenó que llamaran a un taxi. Al subir al automóvil dijo
al taxista que tenía prisa. Le indicó que ganara la calzada de
Infanta, doblara a la izquierda en San Rafael y avanzara hasta el
Capitolio. El policía que lo acompaña desde su elección se sentó al
lado del chofer. Ferrara ocupó el lado izquierdo del asiento trasero y
su secretario se sentó a la derecha.
Recuerda Ferrara en su libro Una mirada sobre tres siglos: <>.
El auto, libre de todo control, siguió su marcha San Rafael abajo
hasta que un joven vigoroso que presenciaba la escena subió al
vehículo y lo frenó. El policía que desde días antes tenía la
encomienda de defender al delegado a la Constituyente se alejó del
lugar del suceso en busca de ayuda. Ferrara creía haber salido ileso;
solo sentía un <> en la parte alta de la espalda.
No aparecía la policía, pero el lugar se fue llenando de vecinos.
Algunos automovilistas detuvieron sus vehículos. Alguien se ofreció
para conducir al hospital al astuto político. Ferrara se negó. Alegó
no estar herido, pero los que lo rodeaban lo convencieron de lo
contrario. Empezaba a sentir, en efecto, la espalda mojada. Tenía dos
balas alojadas sobre la tercera costilla, tres en el hombro izquierdo,
otra en la parte más alta de la espina dorsal y otras más diseminadas
aquí y allá, en lugares del cuerpo que parecían peligrosos, pero que
la naturaleza, benévola, pudo detener como en situación de espera.
Lo hicieron subir a un automóvil y tres o cuatro de los jóvenes que
presenciaron el hecho se prestaron a acompañarlo hasta el hospital de
Emergencias, pero no entraron con el herido a la casa de salud.
Ferrara, que no llevaba dinero suelto, dio un peso al chofer por la
carrera, pero el hombre se negó a aceptarlo y le deseó buena suerte.
La noticia corrió como la pólvora. María Luisa, la esposa, se enteró
cuando ya lo sabía la familia de Ferrara en Nápoles. Su cuñada
italiana tenía la radio abierta cuando la programación se interrumpió
para informar que el doctor Orestes Ferrara había muerto en una calle
de La Habana.
Pronto el hospital se colmó de amigos y correligionarios. Llegaron a
la instalación sanitaria casi todos los delegados de la Convención
Constituyente. No demoró en hacer acto de presencia el Presidente de
la República y el coronel Batista envió un caluroso mensaje. Lo
operarían en el Hospital Militar de Marianao. La bala que se le alojó
en el cuello se la sacarían, años después, en España. Ferrara
demoraría dos meses en volver a la Constituyente.
¿Quién fue?
Como casi todos los atentados perpetrados en Cuba entre 1933 y 1944, y
luego durante los mandatos auténticos de los presidentes Grau y Prío
(1944-52) la agresión a Ferrara quedó en el misterio. No se halló al
culpable.
Muchos años después, en Miami, el ex general Manuel Benítez, jefe de
la Policía Nacional cubana, dijo a Max Lesnik, director entonces de la
revista Réplica --y así lo contó Lesnik a este escribidor--, que el
autor del ataque fue Emilio Tro, que andando el tiempo, luego de su
regreso de la II Guerra Mundial, en la que combatió como parte del
ejército norteamericano, fundaría la Unión Insurreccional
Revolucionaria (UIR) y encontraría la muerte en los llamados sucesos
de Orfila, en septiembre de 1947.
Dijo Benítez que el coronel Batista supo del papel de Tro en el
atentado a Ferrara y quiso quitárselo del medio. Mandó a decirle con
Benítez, que no se le escondiera porque lo encontraría y le ofreció un
pasaje para Estados Unidos, la posibilidad de hacerse un pasaporte y
diez mil dólares para gastos. Precisaba Benítez en su conversación con
Lesnik un hecho que habla de la honestidad de Tro. Decía Benítez:
<>.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/

Eccitamento

ECCITAMENTO: effusione sotto alla bocca e sopra il collo

Mostra in omaggio a Vittorio Garatti




Se c’è un italiano che merita il riconoscimento del suo lavoro svolto a/e per Cuba, questi è l’architetto Vittorio Garatti. Il sempre giovane ed entusiasta Vittorio è tornato all’Avana per riceve questo omaggio dedicatogli dal Centro di Arte Contemporaneae e dal Consiglio Nazionale delle Arti Plastiche. Le due istituzioni hanno allestito una grande mostra omaggio che comprende anche un colloquio con l’architetto, nella giornata di martedì 11 prossimo, nel patio del Centro Culturale Wilfredo Lam, giusto a lato della Cattedrale in calle S. Ignacio 22, dove sono ospitate in molte delle sue sale, le fotografie, i disegni e i manoscritti di Vittorio Garatti, definito dal direttore del Centro come “uno dei più grandi architetti cubani, nonostante abbia mantenuto la nazionalità italiana”.
La più emblematica delle sue opere, oltre al padiglione di Cuba per l’Expo Universale di Bruxelles, realizzato con il suo più grande amico, lo scomparso Sergio Baroni, è senza dubbio la più volte menzionata e fotografata, in questo blog e non solo, Scuola Nazionale di Arte di cui è stato progettista e artefice delle sezioni dedicate alla musica e alla danza nonché collaboratore dell’intero congiunto assieme a Roberto Gottardi ed Edoardo porro.
Grande indimenticabile pomeriggio per Vittorio, quello di venerdì scorso, a cui va tutto il mio affetto e i migliori auguri.
L’esposizione rimarrà aperta fino al 4 di aprile con ingresso libero.


L'arrivo di Vittorio circondato dall'affetto di vecchi amici e conoscenti



Il collega e amico Roberto Gottardi con l'Ambasciatore italiano Carmine Robustelli


















Vittorio intervistato dai media cubani





















domenica 9 marzo 2014

Ancora un terremoto nella zona a nord-est di Matanzas

Il sisma è avvenuto circa 50 km. a nord di Cárdenas a una profondità di una decina di km. con una magnitudo di 4,7 gradi della scala Richter ed è stato avvertito negli isolotti al sud della Florida.

Aperto il servizio di posta elettronica con cellulari

La società telefonica ETECSA ha informato che si possono abilitare i telefoni cellulari per avere il servizio di posta elettronica (al costo di 1 CUC per ogni MB scaricato) gli interessati possono richiedere l'abilitazione al servizio "Nauta" presso i punti di vendita ETECSA. Al momento il servizio è limitato alla sola posta e non prevede altri servizi Web, così come non ci sono ancora novità annunciate per un miglioramento del servizio di Internet e una maggior offerta, unita alla prevista adozione delle linee ADSL.

Eccesso

ECCESSO: è il srvizio igienico. Dicesi anche di donna bruttina

sabato 8 marzo 2014

Cambio dell'ora

Questa notte, a Cuba, entrerà in vigore l'ora estiva che rimarra vigente fino al 2 di novembre

Eccentricità

ECCENTRICITÁ: nucleo storico di centri urbani

8 marzo

Tanti auguri a tutte le gentili lettrici e non

venerdì 7 marzo 2014

Eccellenza

ECCELLENZA: pescatore eccezionale

giovedì 6 marzo 2014

Nuovo Ministro della Cultura

Con un comunicato a sorpresa, si è reso noto il cambio ai vertici del Ministero della Cultura con la promozione del Vice Ministro Juan González Toledo alla prima carica del dicastero, mentre al suo posto è stata promossa Maria Elena Salgado Cabrera. Un cambio davvero a sorpresa se si considera che l'uscente Rafael Bernal Alemany era in carica solo da circa due anni, dopo un "regno" quindicinale di Abel Prieto Jiménez subentrato, a sua volta, ad un altro lungo periodo di conduzione del Ministero da parte di uno dei personaggi storici della Rivoluzione: Armando Hart Dávalos. Il comunicato ufficiale parla di "avvicendamento nell'incarico" e che al Ministro uscente saranno affidati "altri compiti".

Cooperative e critiche costruttive

Nel suo ultimo discorso, il Presidente Raúl Castro, ha riconosciuto che le recenti modifiche al sistema economico possono e devono essere oggetto di critica costruttiva per migliorarne le applicazioni. Questa mattina ho seguito, parzialmente, il commento dell'autorevole giornalista economico Ariel Terrero che ha fatto un'analisi dettagliata dei pregi e difetti delle costituite e costituende cooperative di servizio e commercio non legate all'agricoltura. Emerge che fra i difetti o problemi ce ne sono due in particolare: il primo è che in molti casi, non in tutti ovviamente, alcune di queste cooperative vengono fondate da ex lavoratori di imprese statali improduttive e di cui parte della responsabilità era proprio di essi che arrivano così, al lavoro privato, con una mentalità e una cultura inadeguata e non avendo più il sostegno dello stato per coprire le loro deficienze. Un'altro e credo sia veramente degno di riflessione è che spesso e volentieri, queste cooperative e in generale i lavoratori non statali, spesso si trovano senza risorse e materie prime. Ora, si menziona spesso e magari anche abusandone del "bloqueo" imposto dagli Stati Uniti e su scala generale è anche vero che ciò è una forte limitante, ma...è anche vero che le leggi e disposizioni doganali cubane sono fortemente punitive rispetto alle importazioni a carattere commerciale dal resto del mondo. Non sono un economista, ma capisco che importare vuol dire incidere sulla bilancia dei pagamenti ed esportare valuta, ma ci sono casi (molti) in cui le importazioni potrebbero venir fatte senza praticamente nessun costo: sono migliaia gli stranieri disposti a donare o finanziare a costo praticamente zero le piccole imprese a carattere famigliare o cooperativo, ma non lo possono fare per le restrizioni date da questo "bloqueo" interno. Credo si debba trovare una soluzione per agevolare almeno questo tipo di importazioni, così come iniziare concretamente a realizzare un mercato all'ingrosso per le aziende di commercio che attualmente comprano nella rete statale allo stesso prezzo del cliente normale e quindi per avere un margine di guadagno devono rivendere a prezzo maggiorato oltre che a contribuire a far incetta dei prodotti maggiormente richiesti, dai negozi destinati al pubblico.
Non credo i avere la bacchetta magica né di avere scoperto l'acqua calda, i problemi poi non sono certo tutti qua, ma sarebbe bello che chi ci deve riflettere ci rifletta. Ma sembra che nessuno la abbia fatto nemmeno dopo l'applicazione di prezzi assurdi per le autovetture.

Ecatombe

ECATOMBE: risuona nel cimitero...ero...ero..eroooo

mercoledì 5 marzo 2014

Duramadre

DURAMADRE: genitrice molto severa

martedì 4 marzo 2014

Dovizia

DOVIZIA: sto viziando, al femminile

I giorni di Juan Gualberto, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 2/3/14

“Il mio cuore siete voi, lo sapete perfettamente, come altrettanto dovrebbe essere il vostro”, scisse José Martí a Juan Gualberto Gómez. Il grande amico, il “fratello mulatto” dell’Apostolo, è uno dei più grandi giornalisti cubani di tutti i tempi. Libri ne ha pubblicati pochi, anche se parte della sua produzione giornalistica è stata compilata in testi come Preparando la Revolución (1937) e Por Cuba Libre edito per la prima volta nel 1954, quasi tutta la sua opera rimane dispersa sui giornali e riviste per i quali lavorò o collaborò. E scrisse molto, tanto che sembra che abbia fatto passare solo un giorno senza riempire un foglio bianco. C’è un aneddoto che ritratta per intero Juan Gualberto. È prigioniero nel Castello del Morro per le sue fregole indipendentiste, soffre di privazioni senza uguali e scrive a un amico perché gli mandi con urgenza dieci centesimi per comprare della carta, si trova senza nemmeno un foglio per scrivere l’articolo del giorno seguente.
G.K. Chesterton, lo scrittore inglese de L’uomo che fu giovedì e i racconti di Padre Brown, disse una volta che il giornalismo è la professione di che è rimasto senza professione. Juan Gualberto potrebbe aver fatto sue queste parole. Figlio di schiavi, nacque libero perché suo padre, per 25 pesos, comprò il ventre gravido della madre. Ricevette un’eccellente educazione elementare nella scuola di Nuestra Señora de los Desamparados, la scuola di Antonio Medina che lo stesso Juan Gualberto chiamò “il Luz Caballero dei negri” ed aveva 15 anni quando i suoi genitori lo inviarono a Parigi. Nel salutarlo al porto dell’Avana, suo padre gli disse: “Figlio, voglio e prego Dio che quando torni tu sia un buon costruttore di carrozze”. Perché l’adolescente dalla mente privilegiata andava in Francia per questo, per formarsi come falegname di carrozze nella fabbrica di Monsieur Binder. Ma Binder vide, come nessun altro, l’intelligenza del suo pupillo e raccomandò ai genitori che cercassero di procurargli studi accademici. Allora lo iscrissero alla scuola preparatoria per ingegneri.
In definitiva non sarebbe stato né costruttore di carrozze, né ingegnere. Nel 1875 i genitori lo invitarono a tornare a Cuba, era per loro impossibile mantenerlo ancora a Parigi. Ma Juan Gualberto non tornò. Si assicurò il sostentamento facendo il giornalista. Sarebbe stato il fiammante corrispondente dalla capitale francese di giornali svizzeri e belgi. Scrisse reportages e commenti di attualità. Il tarlo del giornalismo lo aveva penetrato per sempre. Col tempo, a Cuba, avrà i suoi giornali – La Fraternidad, La Igualdad e La República Cubana...- collaborerà ovunque trovi spazio per farlo.
Come polemista fu semplicemente brillante. Acuto cronista parlamentare, sarebbe stato senza dubbio nell’articolo di fondo dove avrebbe mostrato le sue qualità di grande giornalista. Aveva uno stile sciolto e chiaro e un dono della sintesi straordinario che gli permetteva di dire tutto ciò che voleva senza estendersi troppo. Quelli che lo accompagnarono nelle sue imprese giornalistiche, parlarono di un direttore che sapeva esigere e insegnare ai suoi subordinati. Non era raro che questi, a volte, lo incitassero a parlare di modo che Juan Gualberto convertisse in cattedra il locale della redazione. Che o
Fu anche un superbo oratore, ma siccome improvvisava dalla tribuna, pochi dei suoi discorsi passarono ai posteri. Era, dice chi lo udì, un verbo motore. “Si affidava, come fosse una conversazione, all’ordine mentale dei suoi pensieri e, molte volte, era proprio sull palco che metteva ordine ai suoi pensieri. Senza dubbio, i suoi discorsi davano sempre la sensazione di qualcosa che era maturato”.
Già nei suoi ultimi giorni era collaboratore abituale di Bohemia, che allora aveva sede nella calle Trocadero. E fino a lì, Juan Gualberto già anziano, andava a consegnare e farsi pagare le sue collaborazioni. La rivista, che allora attraversava uno dei suoi periodi peggiori, - accordo alla situazione economica del Paese – a volte non aveva in cassa i soldi per pagare il suo onorario. Allora Miguel Ángel Quevedo, il suo direttore, usciva e chiedeva un prestito al bottegaio dell’angolo perché non poteva permettere che juan Gualberto, che viveva a Mantilla e arrivava alla rivista coi mezzi pubblici, tornasse a casa senza i dieci pesos che gli pagava.
Con la croce e senza la croce
Siccome Juan Gualberto che fu rappresentante alla Camera e al senato, aveva sempre militato nell’opposizione, visse con grande austerità e morì in povertà. La sua casa a mantilla, dove abitano ancora i suoi parenti, non potrebbe essere più modesta.
Hanno cercato molte volte di comprarlo, ma l’insigne patriota non si è mai venduto. Il generale Leonardo Wood, interventore nordamericano nell’Isola, per tacitarlo gli offrì la direzione dell’Archivio Nazionale, incarico pagato profumatamente. Anche il dittatore Gerardo Machado volle silenziarlo, a lui giorno per giorno, Juan Gualberto dedicava le sue fustigazioni per le suoi malefatti dalle pagine del suo giornale Patria, tanto che decise di conferirgli l’Ordine Carlos Manuel de Céspedes nel grado della Gran Croce, la maggior onorificenza che conferiva la Repubblica.
Fu l’apoteosi di juan Gualberto, tutta Cuba accolse l’idea di rendergli l’omaggio concesso con cerimonia nel Teaatro Nacional il 10 di maggio del 1929. Machado in persona era lì per decorarlo.
Il vecchio patrizio claudicava? Lungi dal farlo, aprofittò dell’occasione per riaffermare i suoi princìpi e faccia a faccia al dittatore disse che accettava l’Ordine dalle sue mani perché gli onori non si chiedevano né si respingevano e che nessuno si sbagliasse perché “Juan Gualberto con la Gran Croce è lo stesso Juan Gualberto che senza la Croce”.
L’offerta di Wood, naturalmente, la respinse. Alcuni giorni dopo si recò a Santiago de Cuba. Lì, il generale Castillo Duany e il tenente colonnello Lino Dou, due combattenti per l’indipendenza, si interessarono del fatto.
-Ci racconti, Maestro. Lei sta così bene economicamente che non aveva bisogno del posto nell’Archivio? Perché lo ha rifiutato?
Juan Gualberto, cubanissimo rispose:
Perché io “vate” non mi lascio archiviare.
Agente segreto
Il 17 settembre 1879, Juan Gualberto pranzava con Martí nella sua casa in calle Amistád. Giunse la polizia e arrestò Martí che la settimana successiva partì per l’esilio. Juan Gualberto continuò nel suo lavoro di cospiratore. Cadde prigioniero nel marzo del 1880 e venne condannato alla pena dell’esilio per cui lo inviarono in Spagna. Fino al 1882 rimase rinchiuso nei sotterranei di Ceuta. Quando gli si permise di passare alla Penisola, fece una campagna abolizionista a Madrid e svolse uno straordinario lavoro giornalistico. Non poté tornare all’Avana fino al 1890, quendo la campagna per l’autonomia era sempre più forte. Nell’articolo intitolato “I nostri propositi”, apparso nell’edizione inaugurale del suo giornale La Fraternidad, tracciò la line aeditoriale della pubblicazione. Era un giornale favorevole allo sviluppo della razza negra e difendeva l’emancipazione dell’Isola. Con questo metteva il dito nella piaga. Si poteva discutere pubblicamente il tema del saparatismo all’Avana? Qualcuno pensava che era possibile sempre che il fatto rimanesse nel campo delle idee e non si chiamasse alla ribellione. Nell’articolo seguente Juan Gualberto aumentò il tono. L’ora della separazione fra Cuba e Spagna era giunta, scrisse nella pagina intitolata “Perché siamo separatisti?”.
Era troppo. I colonialisti più recalcitranti sequestrarono l’edizione del giornale e rinchiusero Juan Gualberto nel Morro, dove rimase prigioniero per otto mesi. Alla fine gli fu imposta una sanzione lieve. Questa sentenza confermava il critero che chi propagandava le idee separatiste, sempre che non incitasse alla ribellione, non incorreva in un delitto, sentenza che fu ratificata dal Tribunale Supremo di Madrid.
Nel 1892 costituì, all’Avana, il Direttorio delle Società di Colore che, scrisse Lino Dou, fu la “meglio finita organizzazione sociale fatta dall’uomo, senza mezzi economici e senza nessuna protezione dei potenti” per “interessare il negro alla rivoluzione per l’indipendenza che sapeva si avvicinasse”. Già da allora Martí preparava la guerra necessaria e Juan Gualberto era il suo agente segreto sull’Isola. A lui invierà l’ordine di sollevazione per l’inizio dele ostilità. Juan Gualberto si sollevò nella località matanzera di Ibarra, con altri 400 patrioti il 24 febbraio del 1895. La manovra fallì; il suo capo Antonio López Colorna fu catturato e poi fucilato, Juan Gualberto e altri capi della rivolta si consegnarono al nemico.
Lapidato nella strada
Lo condannarono ancora. Giunse in Spagna e a Santander lo presero a pietrate nella strada mentre marciava in colonna di prigionieri. Dopo un lungo pellegrinaggio nelle carceri spagnole. Lo seppellirono nel castello del Hacho, dove dopo due anni di reclusione, i suoi amici riuscirono a farlo trasferire alla prigione di Valencia. Il 1° gennaio del 1898 all’Avana prese possesso il Governo autonomo e il capitano generale Ramón Blanco y Erenas, governatore dell’Isola, dispose un indulto per tutti i prigionieri politici. Juan Gualberto partì dalla Spagna in settembre, passó dalla Francia e giunse negli U.S.A. A New York, Estrada Palma, delegato del Partito Rivoluzionario Cubano. Gli comunicò che era stato eletto rappresentante dell’Assemblea di Santa Cruz del Sur, più dell’Assemblea del Cerro che funzionò tra l’ottobre 1898 e l’aprile 1899. L’Assemblea doveva risolvere il problema del passaggio dalla guerra alla pace e le relazioni col governo interventista nordamericano. In questo conclave, Juan Gualberto esigette la piena determinazione dei cubani, senza subordinazione al potere straniero. Al governatore Leonardo Wood non piaceva l’attitudine irremovibile e il linguaggio duro del patriota.
Nel 1900 lo elessero delegato all’assemblea che elaborò la Costituzione del 1901. Washington impose l’Emendamento Platt ai delegati. Juan Gualberto si oppose all’Emendamento. Disse che sarebbe equivalso “a consegnare la chiave della nostra casa in modo che potessero entrare in essa a qualunque ora, quando ne avessero voglia, di giorno o di notte, con propositi buoni o cattivi”. La sua attitudine nell’Assemblea fece si che Wood lo definisse come “un negretto di reputazione fetente, tanto nella morale come nella politica”.
Si installò la Repubblica. Si oppose a Estrada Palma: lo considerava rappresentante degli stessi interessi che aveva imposto l’Emendamento Platt. Fu contrario alla rielezione del Presidente, fatto che provocò che il Partito Liberale si sollevasse in armi nella cosiddetta Piccola Guerra di Agosto, in definitiva, il secondo intervento nordamericano. Fu messo in prigione, con altri capi liberali, nel Castillo del Príncipe, si oppose a José Miguel nonostante il suo partito, il Liberale, fosse al potere. Dalle colonne del giornale La Lucha attaccò il suo Governo. Si opporrà anche a Menocal quando dette la scossa del 1917 e originò la cosiddetta rivoluzione del Lecca-lecca. Si oppose pure a Zayas e Machado.
Sempre assieme
Era nato nell’azienda agricola Vellocino , a Sabanilla del Encommendador, provincia di Matanzas il 12 luglio del 1854, fra poco saranno 160 anni. Morì a Mantilla il 5 di marzo del 1933 senza poter assistere alla caduta del regime machadista che tanto combatté. Le sue ultime parole furono: “Martí...Cuba”.
La sua tomba, nell’Avenida Fray Jacinto e calle 8 nella necropoli di Colón, dove riposano anche i resti dei suoi genitori e della moglie, reca un epitaffio semplice: “Sempre assieme” e sopra questa frase si legge: “Chiusa”, ció vuol dire che più nessuno può essere sepolto in quella cripta.


Di questo articolo non c'è l'originale in quanto Ciro Bianchi è fuori Cuba e non mi ha potuto inviare il testo.

lunedì 3 marzo 2014

Dovere

DOVERE: luogo in cui c'è un sovrano

domenica 2 marzo 2014

Dove

DOVE: sapone da toilette

Danze cubane a Milano

Ricevo e pubblico questo invito per milanesi e non:

SABATO 8 MARZO ORE 17.30
Auditorium G. Di Vittorio della Camera del Lavoro di Milano
corso di Porta Vittoria 43

CLELIA CAFIERO
LE DANZE CUBANE di IGNACIO CERVANTES

Clelia Cafiero pianoforte

Programma
Ignacio Cervantes (1847-1905) Danze Cubane (prima esecuzione a Milano dell’integrale delle 41 danze cubane)
Il terzultimo appuntamento dell’Atelier presenta un programma veramente eccezionale: l’esecuzione integrale delle 41 danze cubane che Ignacio Cervantes scrisse nell’arco della sua carriera.
Un corpus che ha contribuito a fare del pianista e compositore dell’Havana il più importante musicista del XIX secolo cubano. Giovane di prodigioso talento, ha studiato a Parigi negli anni sessanta dell’Ottocento con un docente straordinario quale Marmontel, è stato sostenuto da Rossini e Liszt, ha conquistato un enorme prestigio in patria, diventando l’esponente di punta del nazionalismo musicale cubano. Le sue danze sono miniature costruite nella forma della contradanza, basate sull’uso stilizzato di ritmi di origine afro e su melodie dal sapore locale nelle quali non utilizza mai citazioni di temi folclorici; sono, in sostanza, brevissime riflessioni in musica (mediamente durano poco più di un minuto), legate ognuna a una particolare atmosfera, suggestione o sentimento.
Queste miniature rivelano la grande maturità del loro autore, mantengono tratti europei, soprattutto legati allo Chopin delle mazurke, ma richiedono una tecnica pianistica percussiva e poliritmica generalmente estranea al pianismo euro colto e per questo è raro sentirle eseguite da pianisti non cubani, anche se non mancano autentici specialisti (in Italia: Marco Fumo).
Clelia Cafiero, una delle più brillanti giovani interpreti del pianoforte classico, ha studiato a fondo le pagine di Cervantes e ha modellato la sua tecnica sulle loro caratteristiche, rivelando la duttilità del suo approccio al pianoforte e confermando l’opinione di Vincenzo Balzani: è un talento come ce ne sono pochi. In possesso di un vasto repertorio, che spazia da Bach a Ligeti, la Cafiero sa interpretare con competenza e spirito nuovo le pagine che si trova a suonare, comunicando con un calore e una energia assai rari nella scena contemporanea.
Vi aspettiamo.

Vi informiamo inoltre che, in occasione della Festa della Donna, alle 19.30, sempre all’Auditorium Di Vittorio, organizzato dall’Archivio Storico e dalla Camera del Lavoro di Milano, con la nostra collaborazione
sarà proiettato il video
TERESA NOCE: RIVOLUZIONARIA DI PROFESSIONE

Seguirà la Tavola rotonda
IN RICORDO DI TERESA NOCE
ATTUALITÀ E NECESSITÀ DI UNA PROSPETTIVA DI GENERE
con
Graziano Gorla, Segretario Generale Camera del Lavoro di Milano
Roberto Cenati, Presidente Anpi Milano
Rahel Sereke, Regista
Debora Migliucci, Archivio del Lavoro
Lia Quartapelle, Deputata Pd
Gianni Cervetti, già Segretario Pci
Cristina Tajani, Assessore al Lavoro di Milano
Conduce
Marzia Oggiano, Segretaria Camera del Lavoro di Milano

Associazione Culturale Secondo Maggio
Il Presidente (Gianni Bombaci)
Per ulteriori dettagli o informazioni, telefonate al n. 3483591215
Vi ricordiamo inoltre di visitare il nostro sito www.secondomaggio.it per trovare notizie sui nostri concerti, le nostre iniziative e segnalazioni di avvenimenti musicali nel panorama milanese.


sabato 1 marzo 2014

Dosaggio

DOSAGGIO: del saggio o anche "ho la dose" (Napoli)

Fernando González é rientrato a Cuba

Nel pomeriggio di ieri è arrivato, proveniente dagli Stati Uniti Fernando González. È stato ricevuto in aeroporto da tutto lo stato maggiore del Governo cubano, oltre, naturalmente, ai suoi cari e al suo compagno di avventura e omonimo René. Fernando ha pronunciato un breve discorso di ringraziamento con toni pacati e senza accuse o recriminazioni. A domanda di un giornalista presente, ha risposto che il senso di libertà lo ha provato solo quando si è aperta la porta dell'aereo dal momento che all'uscita dl carcere è stato immediatamente arrestato dai funzionari di immigrazione americani e le manette gli sono state tolte solo quando il velivolo ha toccato la pista di Rancho Boyeros.
Questa sera per festeggiare il ritorno e in onore al gruppo di cui fa parte ci sarà un grande concerto sulla scalinata dell'Università con la presenza de i Van Van, Havana de Primera, Tony Ávila e diversi altri solisti e gruppi di primissimo piano.

venerdì 28 febbraio 2014

Diviso

DIVISO: con la faccia

giovedì 27 febbraio 2014

Scarcerato Fernando González

Alle 4 di questa mattina, (ora locale) è stato rilasciato da una prigione dell'Arizona, Fernando González (che non è parente di René) dopo 15 anni di reclusione. È il secondo dei 5 agenti cubani che si erano infiltrati nei gruppi terroristi della Florida allo scopo di evitare attentati e sabotaggi contro il loro Paese e anche negli stessi Stati Uniti. Indubbiamente, le pesantissime e sproporzionate condanne ricevute formano parte di una ritorsione politica, da momento che non è mai stata messa in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti, come è emerso nelle varie fasi dei procedimenti giudiziari. Il prossimo ad essere scarcerato dovrebbe essere Antonio Guerrero che uscirà nel settembre 2017.

Mostra dedicata a Vittorio Garatti



Ricevo e pubblico con piacere questo invito a presenziare alla mostra dedicata a Vittorio Garatti per il suo grande lavoro svolto a e per Cuba. Non mancherò di visitarla e ritrovare l'amico Vittorio, presente per l'occasione.



Venerdì 7 Marzo 2014 si aprirà all'Avana, presso il Centro De Arte Contemporáneo Wifredo Lam (Plaza de la Catedral Avenida 51 entre 120 y 122), l'esposizione "VITTORIO GARATTI, Obras y Proyectos", che metterà in mostra e ripercorrerà il lavoro svolto dall'Architetto sino ad oggi.

Il curatore della mostra è Jorge Fernández Torres, direttore del Centro W. Lam.

La mostra sarà aperta al pubblico fino al 4 Aprile 2014.

Viernes, 07 de marzo 2014 en La Habana, se inaugurará en el Centro de Arte Contemporáneo Wifredo Lam (Plaza de la Catedral Avenida 51 Entre 120 y 122), la exposición "VITTORIO GARATTI, Obras y Proyectos",  sobre el trabajo realizado por el arquitecto hasta hoy.

El curador de exposición es Jorge Fernández Torres, director del Centro de W. Lam.

La exposición estará abierta al público hasta el 04 de abril 2014.

Friday, March 7 2014, in Havana will open at the Centro de Arte Contemporáneo Wifredo Lam (Plaza de la Catedral Avenida 51 entre 120 y 122), the exhibition "VITTORIO GARATTI, Obras y Proyectos", which will showcase and retrace the work done by the architect until today.

The exhibition is curated by Jorge Fernández Torres, director of the Center W. Lam.

The exhibition will be open to the public until April 4, 2014.



P.S.: solo l'indirizzo non mi sembra giusto....Ave. 51 entre 120 y 122 sono alla Lisa...e non alla Plaza de la Catedral dove c'è il Centro Wilfredo Lam.


Divino

DIVINO: enologico

mercoledì 26 febbraio 2014

Ditata

DITATA: proprietà della governante

martedì 25 febbraio 2014

Visita all'ISA

Poche ore prima del ritorno in Italia, Luciana Castellina, ha voluto visitare l'Istituto Superiore d'Arte di Cuba il cui progetto architettonico di base è frutto di due architetti italiani: Vittorio Garatti e Roberto Gottardi con la collaborazione di un oriundo, cittadino argentino, Ricardo Porro. Con Roberto Livi la accompagnava David Riondino ed entrambi si sono interessati all'opera degli studenti, in particolare nel laboratorio di Grafica e quello delle Arti Plastiche.








L'ISA è anche stata sede del concerto di Zucchero Fornaciari.

Ditale

DITALE: proprietà di tizio

lunedì 24 febbraio 2014

Andiamo per parti di Ciro Bianchi Ross, pubblicato su Juventud Rebelde del 23/2/14

Lo scriba ha ricevuto dalla Colombia un messaggio. Lo firma Álvaro Mariño e dopo aver assicurato che legge questa pagina per internet ogni settimana, domanda se a Cuba c’è stato un Governo chiamato “dei cinque sergenti” e se qualcuno di loro fosse stato colombiano. Aggiungeva anche informazioni sui laboratori Gómez Plata, ditta farmaceutica stabilitasi a Cuba dopo essere nata nel Paese sudamericano, dove mantenne una filiale.
Andiamo per parti. Non è esistito, a Cuba, un Governo di sergenti. Ci fu, effettivamente, il 4 settembre del 1934, un colpo di Stato protagonizzato da varie classi di soldati. La cosiddetta Giunta degli Otto, o Giunta della Difesa o Unione Militare Rivoluzionaria ed erano. Il sergente maggiore Pablo Rodríguez, il primo sergente José Eleuterio Pedraza, il sergente Manuel López Migoya, il sergente della Sanità Juan A. Estevez Maymir, il caporale Ángel Hechevarría, il soldato mario Alfonso Hernández e il soldato di Sanità Ramón Cruz Vidal. Componeva inoltre la Giunta il sergente maggiore (stenografo) Fulgencio Batista y Zaldívar che si aggiunse più tardi al movimento e finì controllandolo.
Abbatterono, alla data citata, il Governo di Carlos Manuel de Céspedes che era asceso alla presidenza il 12 agosto dello stesso anno, per aprire il passo a un Governo collegiale che prese il nome di Commissione Esecutiva. La componevano il professore universitario Guillermo Portela a carico del portafoglio dello Stato e Giustizia, il giornalista Sergio Carbó – Governo, Difesa e Marina e Comunicazioni -, il banchiere Porfirio Franca a carico del Ministero dell’Industria, l’avvocato José M. Irisarri per i settori delle Opere Pubbliche, Agricoltura, Commercio e lavoro; il medico e professore universitario Ramón Grau San Martín nei portafogli di Pubblica Istruzione, Belle Arti, Salute e beneficenza. Siccome gli integranti erano cinque, la Commissione Esecutiva si chiamò Pentarchia e pentarchi i suoi membri. La Commissione Esecutiva cessò le sue funzioni il 9 settembre, cinque giorni dopo di averli assunti, quando si decise di impiantare un Governo presidenziale e Grau San Martin è asceso alla prima magistratura.
Altri sergenti che appoggiarono al Giunta al momento del golpe del 4 settembre e furono ben compensati per quello, erano spagnoli di nascita. Sono i casi, non credo unici, di un soggetto che rispondeva al curioso nome di Ulsiceno Franco Genero che, già coi gradi di Comandante, sarebbe stato Capo della Polizia all’Avana e Jaime Mariné che venne a Cuba nel 1924 per portare un cavallo che il re Alfonso XIII di Spagna, inviò per regalo al maggior generale Mario García Menocal che aspirava nuovamente alla Presidenza, tentativo che perse definitivamente davanti al generale Gerardo Machado. Mariné, ex cavallerizzo, si arruolò nell’Esercito, ascese a Comandante dopo il golpe, fu Direttore Generale dello Sport, aiutante e testa di legno di Batista. Si convertirà in un prospero uomo d’affari.
Nessuno dei menzionati, tanto della Giunta degli Otto che della Pentarchia, è nato in Colombia. La confusione del lettore Álvaro Mariño viene perché nel suo Paese durante gli anni, non poche volte si aggiudicò a Batista la nazionalità colombiana. Così fece un’agenzia internazionale di stampa che nel luglio del 2005 trasmise una nota, presa da un importante giornale di Bogotà, dove si affermava che Batista era nato in Colombia.
Gli autori dell’investigazione, il dottor Moisés Morantes, medico appassionato di storia e il giornalista Jaime Ibañez, conclusero che il dittatore cubano vide la luce a El Carmen de Bolivar, località sita a1000 km dalla capitale colombiana, nella regione dei Monti di María. Da lì, dicono, il figlio di Rosa Zaldivar, impiegata domestica e di Alejandro Batista, un amico della casa dove lei prestava servizio, emigrò a Cuba per dedicarsi alla coltivazione del tabacco, che pure si raccoglieva ne El Carmen.
Sono molti, a El Carmen, - ricordava Morantes – che ripetono senza vacillare che Batista era oriundo del luogo e così lo affermò, in una notizia di prima pagina, il settimanale Ecos de la Montaña, in data tanto lontana come il 1° giugno del 1940. Però non basta che qualcosa si dica e si ripeta perché sia la verità e quel che è certo è che il medico, divenuto storico, non apporta una sola prova sostanziale che supporti quello che afferma.
In modo che non figurò nessun colombiano nella Giunta degli Otto. Con relazione all’altra domanda del lettore Álvaro Mariño, mi affido a Las empresas de Cuba, 1958, di Guillermo Jiménez. Questa produttrice di medicine operava sotto il nome di Laboratorios O.K. de Cuba S.A. e aveva sede in Monserrate n. 566, all’Avana. Era proprietà di Jorge Gómez Plata, che fungeva da amministratore-gestore dell’azienda che aveva come medicinale di punta l’analgesico denominato OK Gómez Plata.
Si candidò
Nella pagina del 22 dicembre del 2013 (Carteggi privati di Clavelito) lo scriba confessava di non essere sicuro che Clavelito, il popolare improvvisatore, si fosse candidato o no per occupare un posto alla Camera dei Rappresentanti. Suo figlio minore, Narciso, diceva che credeva che si lo avesse fatto, ma non ne era sicuro perchè lui non era ancora nato, allora, mentre sua figlia Rosita diceva: “In realtà egli non era un politico, ma i politici dell’epoca lo scelsero perché era famoso e aveva molto seguito”. “In ogni modo - assicurava allo scriba – se si candidò non fu eletto”.
Al riguardo scrive, da Portorico il musicografo Cristóbal Díaz Ayala. Nel suo breve messaggio elettronico dice: Ti copio dal mio libro Música cubana; del areito al rap cubano, pagina 289: “Nel 1954 ci sono le elezioni e diversi artisti sono candidati: Manolo Fernández, Leopoldo Fernández, Enrique Santisteban e un musicista, Clavelito. È un simulacro di elezioni che indice Batista per dare legalità alla sua dittatura. Di fronte a Batista si candida Grau, che poche ore prima delle elzioni si ritira per mancanza di garanzie. Credo che tutti i candidati fossero del partito di Grau e, naturalmente, non vennero eletti”.
La Corte Suprema
Una signora di mezza età, con cui condivido un “almendron” (taxi collettivo, n.d.t.) nell’andare al Vedado, mi domanda su “La Corte Suprema del Arte” che non giunse a conoscere. Sì, ricorda il programma di José Antonio Alonso in TV e vorrebbe conoscere le similitudini e differenze fra i due, adesso che il programma “A puro corazón”, di Gloria Torres, sta facendo strada alla televisione a cantanti non professionisti.
“La Corte Suprema del Arte” fu uno dei programmi più popolari e polemici della radio cubana. Sorse in momenti in cui abbisognava rinforzare e rinnovare il quadro lirico in questo mezzo. Vale a dire, lanciare all’aria nuove figure, le cosiddette stelle nascenti, al fine di trovare un rilievo per i veterani. Tutti coloro che si presentavano in quello spazio erano dilettanti e l’applauso del pubblico decideva chi fosse il vincitore.
Non fu, in quel momento, un avvenimento interamente nuovo. Prima, in uno spazio che si chiamò precisamente “Programma de aficionados”, che andava in onda con l’emittente radio CMW, René Cañizares tentó un esperimento molto simile quando una giuria composta da artisti professionisti, selezionava le migliori prestazioni di coloro che volevano inserirsi nel mondo artistico. Ma “Programa de aficionados”, copiato da un modello nordamericano, non progredì per mancanza di iniziative.
Quando Miguel Gabriel e Ángel Cambó, proprietari allora della CMQ, vollero dar maggior struttura ai loro programmi di musica e varietà, si trovarno con una difficoltà: le poche figure liriche di cui disponevano pretendevano onorari troppo alti per l’epoca e per le reali pssibilità dell’emittente. Fu allora che idearono la formula d’ingresso agli spettacoli dei dilettanti che potevano convertirsi in stelle della radio. Da lì nacque la frase che si usa ancora “Gli hanno suonato la campana”, per indicare che qualcuno è impossibilitato a raggiungere il traguardo in quanto l’altro glie lo impedisce. Perché ne “La Corte Suprema del Arte” si suonava la campana a quel cantante o dicitore, che fosse davvero scarso.
Questa campana che, dalla cabina di regia e fuori dalla vista del pubblico e dello stesso interprete, Miguel Gabriel faceva suonare, dette iniziale attrattiva al programma che cominciò ad andare in onda il 1° dicembre del 1937, dagli studi che questa emittente aveva in Monte quasi all’angolo con Cárdenas, all’Avana e da quelli a cui si giunge in modo invariabile per comodità, ubicati in Monte e Prado.
Subito i premi e regali che si aggiudicavano i vincitori attrassero una grande quantità di aspiranti. E José Antonio Alonso, conosciuto fino ad alloraq come declamatore e commentarista, consolidò il programma con la sua originale conduzione.
Alonso aveva un suo proprio stile e cultura, sapeva improvvisare e i suoi commenti erano sempre attinenti al caso. Rese famosa una frase con cui si iniziava l’inizio della prova: “A chi lo dedica?”, domandava all’aspirante Questi rispondeva e immediatamente Alonso, dirigendosi al direttore d’orchestra aggiungeva. “Musica maestro!”, formula che si usa ancora in non pochi spettacoli al mondo.
Sorse così una pleiade di giovani talenti lanciati dalla CMQ. Con il suo patrocinio erano presenti in feste e cerimonie, non solo nella capitale; anche in città dell’interno dell’Isola e molti di loro non tardarono nl consolidarsi ed a capitalizzare le simpatie del pubblico.
Tutto il procedimento de “La Corte Suprema del Arte” è polemico, afferma Oscar Luís López nel suo libro La radio en Cuba. Si lanció contro l’alto costo dei consacrati e sfoció in una spinta potente di rinnovamento. Cadde più tardi – afferma Oscar Luís – in eccessi e ci furono, mescolati con la legittima vittoria di alcuni buoni dilettanti, maneggi equivoci, sfruttamento, intrighi e crte intimità che dettero motivo a critiche severe.
Inoltre fu l’espressione della fiera competenza commerciale che, in quegli anni, cominciava a farsi sentire nella radio. “La Corte Suprema del Arte” fu patrocinata, all’inizio, dalla Competidora Gaditana, “la sigaretta ineguagliabile”, come diceva il suo slogan. Nell’ottenere un successo sensazionale, il programma, Miguel Gabriel in una delle sue giocate audaci, elevò in modo inusitato la cifra che doveva pagare l’inserzionista e obbligò in tal modo la Competidora a lasciare il campo libero ad un’azienda rivale, quella delle sigarette Regalías el Cuño, che preventivamente si era compromessa a pagare 12.000 pesos mensili per lo spazio. Cifra fuori dal comune in quei momenti e che segnò il primo passo verso gli alti preventivi d’investimento nella radio.
Al margine di tutto, senza dubbio, “La Corte Suprema del Arte” svelò e dette impulso a molti valori duraturi. Lì ci sono i nomi di Rosa Fornés, Raquel Revuelta, Elena Burke, Rámon Veloz, Obdulia Brejio, il duo Hermanas Martí, Natalia Herrera, Armando Bianchi...
Negli anni ’50 del secolo scorso si volle riviverla in CMQ Televisione. Allora si chiamò “Il programma di José Antonio Alonso” e si mise nell’orario del pomeriggio. Del suo predecessore, di quella prima “Corte Suprema del Arte”, ereditò la campana e Alonsò continuò con la sua buona presentazione. Nonostante si aggiudicasse alcuni successi, però, non giunse mai ad essere come “La Corte Suprema del Arte”.
Il titolo
Davo già per terminata questa pagina quando, nel rileggerla, il suo titolo i fece ricordare un aneddoto, vero o attribuito al dittatore Gerardo Machado. Dicono che l’uomo iniziasse a Santiago de Cuba un giro politico per la regione orientale e commentò a quelli della sua comitiva. “Mañana, cuando váyamo a Manzanillo...”. Qualcuno osò correggerlo: “Non váyamo, vayamos”, “No – disse Machado – a Manzanillo vamos mañana; a Bayamo vamos después”.
Il gioco di parole dato dalla fonética váyamo, vayamos, Bayamo non è traducibile in italiano (n.d.t)


Vayamos por partes

Ciro Bianchi Ross * 
digital@juventudrebelde.cu
22 de Febrero del 2014 19:43:33 CDT

Un mensaje procedente de Colombia recibió el escribidor. Lo firma
Álvaro Mariño y luego de asegurar que lee esta página en la Internet
semana tras semana, pregunta si hubo en Cuba un Gobierno llamado <<de
los cinco sargentos>> y si alguno de ellos era colombiano. Recaba
asimismo información sobre los laboratorios Gómez Plata, firma
farmacéutica establecida en Cuba luego de haberse originado en el país
sudamericano, donde mantenía una filial.
Vayamos por partes. No existió en Cuba un Gobierno de sargentos. Hubo,
sí, el 4 de septiembre de 1933, un golpe de Estado protagonizado por
un grupo de clases y soldados. Conformaban la llamada Junta de los
Ocho, Junta de Defensa o Unión Militar Revolucionaria, y eran el
sargento mayor Pablo Rodríguez, el sargento primero José Eleuterio
Pedraza, el sargento Manuel López Migoya, el sargento sanitario Juan
A. Estévez Maymir, el cabo Ángel Echevarría, el soldado Mario Alfonso
Hernández y el soldado sanitario Ramón Cruz Vidal. Integraba también
la Junta el sargento mayor (taquígrafo) Fulgencio Batista y Zaldívar,
que se sumó tarde al movimiento y terminó controlándolo.
Derrocarían, en la fecha señalada, al Gobierno de Carlos Manuel de
Céspedes, que había accedido a la Presidencia el 12 de agosto del
mismo año, para dar paso a un Gobierno colegiado que recibió el nombre
de Comisión Ejecutiva. La componían el profesor universitario
Guillermo Portela, a cargo de las carteras de Estado y Justicia; el
periodista Sergio Carbó --Gobernación, Guerra y Marina y
Comunicaciones--, el banquero Porfirio Franca, a cargo de la Secretaría
de Hacienda; el abogado José M. Irisarri, para los sectores de Obras
Públicas, Agricultura, Comercio y Trabajo; y el médico y profesor
universitario Ramón Grau San Martín en las carteras de Instrucción
Pública y Bellas Artes, Sanidad y Beneficencia. Como eran cinco sus
integrantes, se llamó Pentarquía a la Comisión Ejecutiva, y pentarcas
a sus miembros. La Comisión Ejecutiva cesó en sus funciones el 9 de
septiembre, cinco días después de haberlas asumido, cuando se decidió
implantar un Gobierno presidencial y Grau San Martín es exaltado a la
primera magistratura.
Otros sargentos que apoyaron a la Junta en el momento del golpe del 4
de septiembre y fueron bien recompensados por ello, eran españoles de
nacimiento. Son los casos, y no creo que sean los únicos, de un sujeto
que respondía al curioso nombre de Ulsiceno Franco Granero, quien, ya
con grados de Comandante, sería jefe de la Policía en La Habana, y
Jaime Mariné, que vino a Cuba en 1924 para traer un caballo que el rey
Alfonso XIII, de España, envió de regalo al mayor general Mario García
Menocal, el cual aspiraba de nuevo a la Presidencia, intento que en
definitiva perdió frente al general Gerardo Machado. Mariné, ya
excaballerizo, se enroló en el Ejército, ascendió a Comandante después
del golpe, fue Director General de Deportes y ayudante y testaferro de
Batista. Se convertiría en un próspero hombre de negocios.
Ninguno de los mencionados, tanto de la Junta de los Ocho como en la
Pentarquía, nació en Colombia. La confusión del lector Álvaro Mariño
viene porque en su país y a lo largo de los años no pocas veces se
adjudicó a Batista la nacionalidad colombiana. Así lo hizo una agencia
internacional de prensa que en julio del 2005 propagó una nota, tomada
de un importante diario bogotano, en la que se afirmaba que Batista
había nacido en Colombia.
Los autores de la investigación, el doctor Moisés Morantes, médico
apasionado por la historia, y el periodista Jaime Ibáñez, concluyeron
que el dictador cubano vio la luz en El Carmen de Bolívar, localidad
situada a mil kilómetros de la capital colombiana, en la región de los
montes de María. De allí, dicen, el hijo de Rosa Zaldívar, empleada
doméstica, y de Alejandro Batista, un amigo de la casa donde ella
hacía el servicio, emigró a Cuba para dedicarse al cultivo del tabaco,
que también se cosechaba en El Carmen.
Son muchos en El Carmen --recordaba Morantes-- que repiten sin
vacilación que Batista era oriundo del lugar y así lo aseguró, en una
información de primera plana, el semanario Ecos de la Montaña, en
fecha tan lejana como el 1ro. de junio de 1940. Pero no basta que algo
se diga y se repita para que sea verdad y lo cierto es que el médico
devenido historiador no aporta una sola prueba sustancial que calce lo
que asevera.
De manera que no figuró ningún colombiano en la Junta de los Ocho. Con
relación a la otra pregunta del lector Álvaro Mariño, me remito a Las
empresas de Cuba, 1958, de Guillermo Jiménez. Esa productora de
medicamentos operaba bajo el nombre de Laboratorios O.K. de Cuba S.A.,
y tenía su sede en Monserrate No. 566, en La Habana. Era propiedad de
Jorge Gómez Plata, quien fungía como administrador-gerente de la
empresa que tenía como medicamento insignia el analgésico denominado
OK Gómez Plata.

Sí se postuló

En la página del 22 de diciembre de 2013 (Papeles privados de
Clavelito) confesaba el escribidor no estar seguro de que Clavelito,
el popular improvisador, se hubiese postulado o no para ocupar un
puesto en la Cámara de Representantes. Su hijo menor, Narciso, decía
que creía que sí lo había hecho, pero no estaba seguro porque no era
nacido entonces, mientras que su hija Rosita decía: <<En realidad, él
no era político, pero los políticos de la época lo escogieron porque
era famoso y tenía muchos seguidores>>. <<De cualquier manera --aseguraba
el escribidor--, si se postuló, no resultó electo>>.
Escribe al respecto desde Puerto Rico el musicógrafo Cristóbal Díaz
Ayala. Dice en su breve mensaje electrónico: <<Te copio de mi libro
Música cubana; del areito al rap cubano, página 289: "Hay elecciones
en el año de 1954, y varios artistas son candidatos: Manolo Fernández,
Leopoldo Fernández, Enrique Santisteban y un músico, Clavelito". Es un
simulacro de elecciones que hace Batista para darle legalidad a su
dictadura. Frente a Batista se postula Grau, quien horas antes de las
elecciones se retracta por falta de garantías. Creo que todos los
postulados eran del partido de Grau, y claro, no salieron>>.

La corte suprema

Una señora de mediana edad, con la que comparto un <<almendrón>> camino
del Vedado, me pregunta sobre La Corte Suprema del Arte, que no
alcanzó a conocer. Recuerda, sí, el programa de José Antonio Alonso en
TV y quiere precisar semejanzas y diferencias entre ambos, ahora que
el programa A puro corazón, de Gloria Torres, está dándoles entrada en
la televisión a cantantes no profesionales.
La Corte Suprema del Arte fue uno de los programas más populares y
polémicos de la radio cubana. Surgió en momentos en que se necesitaba
fortalecer y renovar el cuadro lírico en ese medio. Es decir, lanzar
al ruedo a nuevas figuras, las llamadas estrellas nacientes, a fin de
irles buscando relevo a los veteranos. Todos los que se presentaban en
ese espacio eran aficionados y el aplauso del público decidía cuál
resultaba triunfador.
No fue, en su momento, un acontecimiento enteramente novedoso. Antes,
en un espacio que se llamó precisamente Programa de aficionados, que
salía al aire por la radioemisora CMW, René Cañizares intentó un
experimento muy parecido cuando un jurado conformado por artistas
profesionales seleccionaba las mejores actuaciones de aquellos que
querían iniciarse en el mundo artístico. Pero Programa de aficionados,
copiado de un modelo norteamericano, no progresó por falta de
iniciativas.
Cuando Miguel Gabriel y Ángel Cambó, propietarios entonces de la CMQ,
quisieron darles mayor estructura a sus programas de música y de
variedades, se encontraron con una dificultad: las pocas figuras
líricas de las que disponían cobraban honorarios demasiado altos para
la época y las posibilidades reales de la emisora. Fue entonces que
idearon la fórmula de dar entrada espectacular a los aficionados que
pudieran convertirse en estrellas de la radio. De ahí surgió la frase
que todavía se usa de <<Le tocaron la campana>> para indicar que alguien
se ve imposibilitado de llegar a su meta porque otro se lo impide.
Porque en La Corte Suprema del Arte se tocaba ciertamente la campana a
aquel intérprete, cantante o recitador, que fuese notoriamente malo.
Esa campana que, desde la cabina de control y fuera de la vista del
público y del mismo intérprete, hacía sonar Miguel Gabriel, dio
atractivo inicial al programa, que comenzó a salir al aire el 1ro. de
diciembre de 1937, desde los estudios que esa emisora tenía en Monte
casi esquina a Cárdenas, en La Habana, y a los que se alude, de manera
invariable y por comodidad, como ubicados en Monte y Prado.
Pronto los premios y los regalos que se llevaban los triunfadores
atrajeron a una cantidad de aspirantes enorme. Y José Antonio Alonso,
conocido hasta entonces como declamador y comentarista, lo consolidó
con su conducción original.
Alonso tenía estilo propio y cultura, sabía improvisar y sus
comentarios eran siempre atinados. Hizo famosa una frase que marcaba
el comienzo de la prueba. <<¿A quién se lo va a dedicar?>>, preguntaba
al aspirante. Respondía este y enseguida Alonso, dirigiéndose al
director de la orquesta, añadía: <<¡Música, maestro!>>, fórmula que aún
se usa en no pocos espectáculos en el mundo.
Surgió así toda una pléyade de valores jóvenes lanzados por CMQ. Con
su patrocinio, estaban en fiestas y ceremonias, no solo en la capital;
también en ciudades del interior de la Isla, y muchos de ellos no
demoraron en consolidarse y capitalizar las simpatías del público.
Todo el proceso de La Corte Suprema del Arte es polémico, afirma Oscar
Luis López en su libro La radio en Cuba. Se inició contra el alto
costo de los consagrados, y derivó en un impulso potente de
renovación. Cayó más tarde --asevera Oscar Luis-- en excesos y hubo,
mezclado con el triunfo legítimo de algunos buenos aficionados, malos
manejos, explotación, intrigas y ciertas intimidades que dieron motivo
a serias críticas.
Fue además expresión de la fiera competencia comercial que en esos
años comenzaba a hacerse sentir en la radio. La Corte Suprema del Arte
la patrocinó en sus inicios Competidora Gaditana, <<el cigarro
inigualable>>, tal como rezaba su eslogan. Al obtener el programa un
éxito sensacional, Miguel Gabriel, en una de sus jugadas de audacia,
elevó de manera inusitada la cifra que debía pagar el anunciante, y
obligó de esa manera a Competidora a dejar el campo libre a una
empresa rival, la de los cigarros Regalías el Cuño, que previamente se
había comprometido a abonar 12 000 pesos mensuales por el espacio.
Cifra descomunal en aquellos momentos, y que marcó el primer paso
hacia los altos presupuestos de inversión en la radio.
Al margen de todo, sin embargo, La Corte Suprema del Arte reveló e
impulsó a muchos valores perdurables. Ahí están los nombres de Rosa
Fornés, Raquel Revuelta, Elena Burke, Ramón Veloz, Obdulia Breijo, el
dúo Hermanas Martí, Natalia Herrera, Armando Bianchi...
En los años 50 del pasado siglo quiso revivírsele en CMQ Televisión.
Se llamó entonces El programa de José Antonio Alonso. Y se le situó en
el horario de la tarde. De su antecesor, de aquella primitiva Corte
Suprema del Arte, heredó la campana, y Alonso siguió con su buena
conducción. Aunque se anotó algunos éxitos, nunca llegó a ser como La
Corte Suprema del Arte.

El título

Daba ya por terminada esta página cuando, al releerla, su título me
hizo recordar una anécdota, real o atribuida al dictador Gerardo
Machado. Dicen que el hombre comenzaba en Santiago de Cuba una gira
política por la región oriental y comentó con los de su comitiva:
<<Mañana, cuando váyamo a Manzanillo...>>. Alguien se atrevió a
rectificarlo: <<Váyamo no, vayamos>>. <<No --dijo Machado--. A Manzanillo
vamos mañana; a Bayamo vamos después>>.