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lunedì 12 ottobre 2015

Esplorando Prado (I) di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 11/9/15

Quando Prado era ancora Prado – decadi del ‘40 e ‘50 del secolo scorso – in questo Paseo si poteva acquistare un passaggio per qualunque parte del mondo. Anche se gli uffici di alcune compagnie di aviazione, per riservazioni e vendite, se erano trasferite al Vedado e in particolare alla Rampa - assieme a grandi alberghi come l’Havana Hilton, inaugurato nel 1958 – nel Prado rimanevano agenzie come Canadian Pacific Airline, al numero 454 della strada, che volava a Hong Kong, Tokio, Honolulu e Australia oltre a Canada, Europa Centrale e Sud America; SAS, aerolinee scandinave in Svezia e Norvegia;
Tair portava passeggeri e merci in America Centrale, Branft lo faceva al mid west nordamericano, Aerolineas Argentinas a Buenos Aires e la British European volava a Londra e nei possedimenti britannici nelle Antille. Aeropostal Venozolana (al pianterreno dell’hotel Sevilla) volava diretta a Caracas con lussuosi Super G Constellation e da questa città si collegava con tutta l’America del Sud.
Non mancavano gli uffici della KLM, l’aerolinea olandese; la cubana Aerovías Q, in Prado 12, volava a Key West, Palm Beach e Isola dei Pini e noleggiava aerei per qualsiasi destinazione, quei mitici Douglas DC-3 da 28 passeggeri, 2.000 dei quali volano ancora in tutto il mondo. Cubana Aero Expreso, in Prado angolo Trocadero, trasportava pacchetti e merci in Europa, (via Lisbona e Madrid) e anche a New York, Messico, Miami, Haiti e Nassau, così come a 20 città cubane. Si potrebbero menzionare altre aerolinee, ma lo scriba, senza animo di essere esauriente, vuol dire che all’epoca funzionava ancora (piano terra del Centro Gallego) l’ufficio dell’agenzia Dussaq Company Limited che nel 1958 sarebbe stata la più antica organizzazione cubana di viaggi e trasporti; fu fondata nel 1876 e si specializzava in viaggi internazionali ed escursioni in Europa o qualunque parte del mondo. Ugualmente (in Prado 20) prestava servizio la American Express Co., un’organizzazione di viaggi conosciuta mondialmente che garantiva acquisti di biglietti in tutte le linee aeree, di navigazione, ferrovie e autobus di tutto il mondo e programmava escursioni e itinerari tanto di gruppo come individuali.
Le automobili Porsche e Packard avevano le loro agenzie di vendita al piano terra dell’albergo da questo stesso ultimo nome, Guerlain apriva la sua profumeria al numero 157. In Prado avevano la propria sede il Partito Ortodosso (numero 109) e il Partito Democratico (206). In Prado 111 c’era il Club dei Barmen e l’Associazione dei Dipendenti del Commercio dell’Avana, al numero 207. L’Associazione dei Trasportatori Aerei di Cuba, al 252. I Centri Andaluso e Montañez, così come l’Associazione Canaria, avevano sede nei numeri 104, 362 e 201, rispettivamente, di questa via. Il Casinò Spagnolo, in Prado e Animas, si creò nel 1869 e contava di 2.304 soci, alla fine del 1956. Era la decana dellle associazioni regionali spagnole. In Prado 216, aveva sede l’Associazione Libanese dell’Avana e al 258 l’Associazione Sirio Libio Palestinese.
All’angolo di Prado e Virtudes, l’American Club evidenziava, dice lo storico Carlos del Toro, la presenza di una vigorosa e influente colonia nordamericana a Cuba. Il suo antecedente si deve cercare nell’United States Club. Inaugurato nel 1899 nello stesso edificio, col fine di offrire un locale di riunioni agli ufficiali nordamericani staccati a Cuba e ai marinai della stessa nazionalità che arrivassero al porto avanero. Ma l’United States Club non poté resistere alla concorrenza del Club di Ufficiali del Campo di Columbia, a Marianao, chiudendo le sue porte nel 1900. Poco dopo, dopo l’assassinio del presidente Mc Kinley, il 6 settembre del 1901, il governatore militare Leonardo Wood, in un proclama diretto agli statunitensi residenti sull’Isola, era dispiaciuto che a Cuba non ci fosse un’organizzazione nordamericana capace di assumere l’omaggio al defunto presidente. Le sue parole non caddero nel vuoto e dopo diverse riunioni, il 21 ottobre del 1901 nell’hotel Pasaje, pure nel Prado, si costituiva ufficialmente l’American Club che passerà risiedere, con i suoi 59 soci fondatori, nell’edificio di Prado e Virtudes.
A partire da lì, nell’American Club convennero nordamericani, cubani e spagnoli molto ricchi. Un’appartenenza mista in quanto a nazionalità, ma omogenea nella sua condizione sociale e di classe. Non pochi grandi affari nacquero nei saloni di questa società che ancora nel 1963, crede di ricordare lo scriba, manteneva il suo portiere in uniforme e mostrava la bandiera a stelle e strisce dietro il vetro dell’ingresso. L’aria condizionata lavorava a tal forza che quando si apriva la porta, il freddo si sentiva sul marciapiedi.

Biografia di una strada

Fino al 1772 l’Avana non ebbe le passeggiate che caratterizzavano le città opulente. Ce n’erano solo due e abbastanza rustiche, fino allora. Quella che partiva dalla porta della Punta della Muraglia e correva verso la cala di San Lázaro, nelle vicinanze dell’attuale ospedale Hermanos Amejeiras. Passeggiata che col tempo fu la calle San Lázaro. Si camminava sulla terra, all’ombra delle viti. Da una parte c’era il mare e dall’altra gli orti presenti nella zona. L’altra passeggiata partiva dalla porta di Terra della Muraglia, vicina alla strada di questo nome, prendeva la calle Monte ed arrivava a Reina. Anch’essa di terra e all’ombra di palme di cocco.
Fino ad allora (circa il 1770) la città viveva preoccupata per i suoi mezzi di difesa. Erano tante le guerre, le spedizioni e i saccheggi che la preoccupazione principale fu la costruzione di castelli e fortezze così come delle muraglie. Si tenga presente che tra il 1762 e il 63, l’Avana fu occupata dagli inglesi.
C’era sì, un rispettabile numero di chiese e conventi, come piazze c’erano quella delle Armi e di San Francesco. Anche quella del Cristo e la cosiddetta Plaza Vieja, entrambe dedicate al commercio.
Non c’era ancora nessun teatro nella città. La cattedrale non era ancora stata costruita. Non si era edificato il Palazzo dei Capitani Generali e le piazze della Cattedrale e delle Armi erano luoghi abbandonati e pantanosi.
Le distrazioni degli avaneri allora era di partecipare alle processioni religiose e alle sfilate e parate militari. Serviva pure, come sollazzo, percorrerre le strade commerciali che allora erano quelle di Mercaderes e Muralla i cui negozi, di notte, rimanevano illuminati da lucerne e lampade e offrivano nell’assieme, lo spettacolo di un mercato o un gran bazar.
L’Avana era in queste condizioni, quando Felipe de Fons de Viela marchese de la Torre, fu nominato capitano generale dell’isola dal re Carlos III.
Lo si considera come il primo grande urbanista della città. Il Marchese proibì che si continuassero a costruire case con pareti di mota e fango e tetti di frasche, si impegnò a dotare l’Avana di un teatro, della Casa del Governo e una passeggiata.
Questa passeggiata fu l’Alameda de Paula, chiamta così perché di fronte a una delle sue estremità si ergeva l’Ospedale di San Francesco di Paula. La sua costruzione si iniziò nel 1772.
Il Marchese de la Torre non costruì solo l’Alameda. Nel 1772 iniziò anche le opere del Paseo del Prado, migliorato e abbellito poi dai governatori che gli successero al Governo. Quello del Prado era una passeggiata fuori dalle mura che correva parallela alla Muraglia.
Prado ha avuto diversi nomi: Paseo del Prado, Alameda de Extramuros, Alameda de Isabel II, Paseo del Nuevo Prado, paseo del Conde de Casa Moré e Paseo de Martí che è il suo nome ufficiale. Abitualmente si è chiamato Paseo del Prado o Prado soltanto, nome questo che ubbidisce alla somiglianza con quello madrileno che va dalla fonte di Cibeles alla stazione ferroviaria di Atocha, nella capitale spagnola.  Si estende dall’attuale Plaza de la Fraternidad fino al Malecón, anche se il Parque Central lo divide in due sezioni ben differenziate.
Verso il 1841, questa passeggiata si converte già nel centro dell’Avana. La Plaza de Armas, opportunamente, sostituì l’Alameda de Paula come luogo preferito. Il Prado a sua volta, sostituì la Plaza de Armas “per la sua maggior estensione e ampiezza, più adeguate all’importanza e popolazione che stava prendendo la città”. Era tanto grande il numero di calessi che circolavano nella via, allora, che si rendeva necessaria “l’attenzione più rigorosa per non essere investiti”, dice lo scrittore galiziano Jacinto Salas Quiroga nel suo libro Viajes por la isla de Cuba. E prosegue: “Ogni carrozza si mantiene in fila e marchesi, conti, cavalieri e plebei, avendo i mezzi sufficienti per mantenere un veicolo proprio, figurano in questa animata e brillante passeggiata. Per cosa ci vanno? Vanno a  vedere ed essere visti”.
Le signore salutano col ventaglio, i signori con la mano.
La passeggiata contava, all’epoca, con marciapiedi comodi e panchine dove riposavano coloro che lo percorrevano a piedi. Cinque bande musicali, situate strategicamente, facevano ascoltare le loro melodie.

Olmi, pini, lauri

La struttura del Prado è rimasta inalterata attraverso gli anni. Ma la sua parte centrale era di terra; non era pavimentata, però mostrava alberi frondosi ai suoi lati.
Durante la prima occupazione militare nordamericana (1899-1902 si introdussero migliorie al Prado e si seminarono olmi. Ai tempi del presidente Zayas (1921-25) si seminarono pini.
Dopo il 1925, quando prende possesso della presidenza il generale Gerardo Machado, uil suo ministro delle Opere Pubbliche, Carlos Miguel de Céspedes, si impegna nel fare dell’Avana una città moderna. Per quello porta a Cuba J.C.N. Forestier, capo dei giardini,  passeggiate e parchi di Parigi affinché gli facesse le raccomandazioni pertinenti. L’Avana arrivava allora fino al Parque Maceo e all’Università. Anche se il Vedado cresceva e nuovi quartieri si stabilivano all’ovest dell’urbe.
Carlos Miguel costruì il Capitolio. Tracciò l’Avenida de las Misiones. Disegnò la Plaza de la Fraternidad sul vecchio Campo di Marte. Progettò l’Hotel Nacional de Cuba e fra le altre opere, rimodellò il Paseo del Prado.
Lì si lavorò con una celerità straordinaria. Al punto che vecchi avaneri ricordavano che una sera andarono a letto coi pini del Prado e il giorno seguente erano spariti per far posto ai lauri che portati dalla tenuta La Coronela, si seminarono già cresciuti. La passeggiata centrale si pavimentò con un bel pavimento da terrazza. Si dotò lo spazio con panchine di pietra e marmo. I fanali artistici somministravano al luogo un’illuminazione eccellente. Si collocarono coppe e mensole a profusione. Si installarono anche i celebri leoni, otto in totale. Presero come campione il pezzo originale che Carlos Miguel aveva acquistato a Londra nel 1920.
Si riprodussero e fusero in bronzo nei grandi laboratori di Gaubeca e Ucelay a Regla.
Durante le ultime decadi del XIX secolo e le prime del XX, le classi poderose costruirono le loro residenze nel Paseo del Prado. Quando le abbandonarono per stabilirsi nel Vedado e nei nuovi quartieri dell’ovest (Country Club, La Coronela, Kohly...) sopravvenne un’invasione di commerci di lusso, dedicati fondamentalmente al turismo, seguita da un’altra di uffici, alberghi, caffè...Questo lo vedremo domenica prossima. (Continua)

                                       

Explorando Prado (I)
Ciro Bianchi Ross •

10 de Octubre del 2015 21:04:32 CDT

Cuando Prado todavía era Prado —décadas del 40 y el 50 del siglo
pasado— podía en ese Paseo sacarse pasaje para cualquier parte del
mundo. Aunque ya las oficinas de algunas compañías de aviación y de
reserva y venta de boletos se habían trasladado al Vedado y en
particular a la Rampa —incluso a grandes hoteles como el Havana
Hilton, inaugurado en 1958— permanecían en el Prado habanero agencias
como Canadian Pacific Airline, en el 454 de la calle, que volaba a
Hong Kong, Tokio, Honolulu y Australia y también a Canadá, Europa
Central y Sudamérica; Sas, aerolíneas escandinavas, a Suecia y
Noruega; Tair llevaba pasaje y carga a Centroamérica; Branft lo hacía
al medio oeste norteamericano, Aerolíneas Argentinas, a Buenos Aires,
y la British Europan volaba a Londres y a las posesiones británicas en
las Antillas. Aeropostal Venezolana (en los bajos del hotel Sevilla)
volaba directo a Caracas en lujosos Súper G Constellation y desde esa
ciudad conectaba con toda la América del Sur.
No faltaban las oficinas de la KLM, la aerolínea holandesa; y la
cubana Aerovías Q, en Prado 12, volaba a Cayo Hueso, Palm Beach e Isla
de Pinos y fletaba aviones a todas partes, aquellos míticos Douglas
DC-3 de 28 pasajeros, de los que todavía vuelan unos 2 000 en todo el
mundo. Cubana Aero Expreso, en Prado esquina a Trocadero, transportaba
paquetes y mercancía a Europa (vía Lisboa y Madrid) y también a Nueva
York, México, Miami, Haití y Nassau, así como a 20 ciudades cubanas.
Podrían mencionarse otras aerolíneas más, pero el escribidor, también
sin ánimo de ser exhaustivo, quiere decir que en la época todavía
funcionaba (bajos del Centro Gallego) la oficina de la agencia Dussaq
Company Limited, que en 1958 se tenía como la más antigua organización
cubana de viajes y transporte; fue fundada en 1876 y se especializaba
en viajes internacionales y excursiones a Europa y a cualquier parte
del mundo. Asimismo prestaba servicio (en Prado 20) la American
Express Co., una organización de viajes conocida mundialmente que
aseguraba reservas y compra de pasajes en todas las líneas aéreas y de
vapores, ferrocarriles y ómnibus del mundo entero y programaba
excursiones e itinerarios tanto de grupos como individuales.
Los automóviles Porsche y Packard mantenían sus agencias de venta en
los bajos del desaparecido hotel de ese nombre, y Guerlain abría su
perfumería en el número 157. En Prado tenían sus sedes el Partido
Ortodoxo (número 109) y el Partido Demócrata (206). En Prado 111
estaba el Club de Cantineros y la Asociación de Dependientes del
Comercio de La Habana, en el número 207. La Asociación de
Transportistas Aéreos de Cuba, en el 252. Los centros Andaluz y
Montañez, así como la Asociación Canaria, tenían su sede en los
números 104, 362 y 201, respectivamente, de esa vía. El Casino
Español, en Prado y Ánimas, se creó en 1869 y contaba con 2 304 socios
a fines de 1956. Era la decana de las sociedades regionales españolas.
En Prado 216 radicaba la Asociación Libanesa de La Habana y en el 258
la Asociación Sirio Libio Palestina.
En la esquina de Prado y Virtudes, el American Club evidenciaba, dice
el historiador Carlos del Toro, la presencia de una vigorosa e
influyente colonia norteamericana en Cuba. Su antecedente hay que
buscarlo en el United States Club, inaugurado en 1899 en el mismo
edificio, con el fin de ofrecer un local de reunión a los oficiales
norteamericanos destacados en Cuba y a los marinos de la misma
nacionalidad que arribaran al puerto habanero. Pero el United States
Club no pudo resistir la competencia del Club de Oficiales del
campamento militar de Columbia, en Marianao, y cerró sus puertas en
1900. Poco después, tras el asesinato del presidente McKinley, el 6 de
septiembre de 1901, el gobernador militar Leonardo Wood, en una
proclama dirigida a los estadounidenses radicados en la Isla,
lamentaba que no existiese en Cuba una organización norteamericana
capaz de asumir el homenaje al mandatario difunto. Sus palabras no
cayeron en el vacío y luego de varias reuniones, el 21 de octubre de
1901 en el hotel Pasaje, también en Prado, se constituía oficialmente
el American Club, que pasaría a sesionar, con sus 59 socios
fundadores, en el edificio de Prado y Virtudes.
A partir de ahí en el American Club se juntaron norteamericanos,
cubanos y españoles muy ricos. Una membresía mixta en cuanto a
nacionalidad, pero homogénea en su condición social y de clase. No
pocos grandes negocios nacieron en los salones de esta sociedad que
todavía en 1963, cree recordar el escribidor, mantenía a su portero
uniformado y mostraba la bandera de las barras y las estrellas detrás
del vidrio de la entrada. El aire acondicionado trabajaba con tal
potencia que cuando se abría la puerta el frío se sentía en la acera.

Biografía de una calle

Hasta 1772 La Habana no contó con los paseos que caracterizaban a las
ciudades opulentas. Solo dos y bastante rústicos hubo hasta entonces
en la villa. El que arrancaba en la puerta de La Punta de la Muralla,
y corría hacia la caleta de San Lázaro, en las inmediaciones del
actual hospital Hermanos Ameijeiras. Paseo este que con el tiempo fue
la calle San Lázaro. Se caminaba sobre tierra, a la sombra de los
uveros. De una parte quedaba el mar y de la otra las huertas asentadas
en la zona. El otro paseo salía de la puerta de Tierra de la Muralla,
aledaña a la calle de ese nombre, tomaba la calle Monte y llegaba a
Reina. También de tierra y a la sombra de cocales.
Hasta entonces (alrededor de 1770) la ciudad vivía preocupada por sus
medios de defensa. Eran tantas las guerras, las expediciones y los
saqueos que la principal preocupación fue la construcción de castillos
y fortalezas, así como las murallas. Téngase en cuenta que entre
1762-63 La Habana fue ocupada por los ingleses.
Había, sí, un respetable número de iglesias y conventos y como plazas
estaban las de Armas y San Francisco. También la del Cristo y la
llamada Plaza Vieja, dedicadas ambas al comercio.
No había todavía ningún teatro en la villa. No estaba construida la
Catedral. No se había edificado aún el Palacio de los Capitanes
Generales, y las plazas de la Catedral y de Armas eran lugares yermos
y cenagosos.
Las distracciones de los habaneros entonces eran las de concurrir a
las procesiones religiosas y los desfiles y paradas militares. Servía
además de solaz recorrer las calles comerciales, que eran entonces las
de Mercaderes y Muralla, cuyas tiendas, por las noches, permanecían
alumbradas con quinqués y lámparas y ofrecían en conjunto el
espectáculo de una feria o gran bazar.
En esas condiciones estaba La Habana cuando Felipe de Fons de Viela,
marqués de la Torre, fue nombrado capitán general de la Isla por el
rey Carlos III.
Se le considera como el primer gran urbanista de la ciudad. El Marqués
prohibió que siguieran construyéndose casas de paredes de tapia o
embarrado y techos de guano, y se empeñó en dotar a La Habana de un
teatro, la Casa de Gobierno y un paseo.
Ese paseo fue la Alameda de Paula, llamado así porque frente a uno de
sus extremos se levantaba el Hospital de San Francisco de Paula. Su
construcción se inició en 1772.
El Marqués de la Torre no solo construyó la Alameda. También en 1772
dio inicio a las obras del Paseo del Prado, mejorado y embellecido
luego por los gobernadores que lo sucedieron en el Gobierno. Era el
del Prado un paseo de extramuros, que corría paralelo a las Murallas.
Prado ha tenido varios nombres: Paseo del Prado, Alameda de
Extramuros, Alameda de Isabel II, Paseo del Nuevo Prado, Paseo del
Conde de Casa Moré y Paseo de Martí, que es su nombre oficial.
Habitualmente se le ha llamado Paseo del Prado o Prado, a secas,
nombre este que obedece al parecido del Paseo habanero con el
madrileño que corre entre la fuente de Cibeles y la estación
ferroviaria de Atocha, en la capital española. Se extiende desde la
actual Plaza de la Fraternidad hasta el Malecón, aunque el Parque
Central lo divide en dos secciones bien diferenciadas.
Hacia 1841 ese paseo se convierte ya en el centro de La Habana. La
Plaza de Armas, oportunamente, desplazó a la Alameda de Paula como
lugar de preferencia. Y el Prado a su vez desplazó a la Plaza de
Armas, «por su mayor extensión y amplitud, más adecuadas a la
importancia y población que iba adquiriendo la ciudad». Era tan grande
el número de quitrines que circulaban por la vía entonces que se hacía
necesaria «la atención más rigurosa para no ser atropellado», dice el
escritor gallego Jacinto Salas Quiroga en su libro Viajes por la Isla
de Cuba. Prosigue: «Cada carruaje se mantiene en su orden, y marqueses
y condes, caballeros y plebeyos, con tal de que tengan medios
suficientes para mantener una volanta propia, figuran en este animado
y brillante paseo. ¿A qué van? Van a ver y a que los vean».
Las señoras saludan con el abanico y los caballeros, con la mano.
Contaba el Paseo en esa época con aceras cómodas y bancos, donde
descansaban los que lo recorrían a pie. Cinco bandas de música,
situadas estratégicamente, dejaban escuchar sus melodías.

Álamos, pinos, laureles

La estructura del Prado ha permanecido inalterable a través de los
años. Pero su parte central era de tierra; no estaba pavimentada,
aunque sí lucía árboles frondosos en sus bordes.
Durante la primera ocupación militar norteamericana (1899-1902) se le
introdujeron algunas mejoras al Prado y se sembraron álamos. En
tiempos del presidente Zayas (1921-25) se sembraron pinos.
Después de 1925, cuando toma posesión de la presidencia el general
Gerardo Machado, su ministro de Obras Públicas, Carlos Miguel de
Céspedes, se empeña en hacer de La Habana una ciudad moderna. Para
ello trae a Cuba a J. C. N. Forestier, jefe de jardines, paseos y
parques de París, a fin de que haga las recomendaciones pertinentes.
La Habana de entonces llegaba hasta el parque Maceo y la Universidad.
Aunque ya el Vedado crecía y nuevos repartos se asentaban en el oeste
de la urbe.
Carlos Miguel construyó el Capitolio. Trazó la Avenida de las
Misiones. Diseñó la Plaza de la Fraternidad sobre el viejo Campo de
Marte. Proyectó el Hotel Nacional de Cuba. Y, entre otras obras,
remodeló el Paseo del Prado.
Se trabajó allí con una celeridad extraordinaria. Al punto que viejos
habaneros recordaban que una noche se acostaron con la imagen de los
pinos del Prado y, al día siguiente, habían desaparecido para dejar
espacio a los laureles que, traídos de la finca La Coronela, se
sembraron ya crecidos. El paseo central se pavimentó entonces con un
bello piso de terrazo. Se dotó el espacio de bancos de piedra y
mármol. Las farolas artísticas suministraban al lugar una iluminación
excelente. Y se colocaron copas y ménsulas en profusión. Se emplazaron
asimismo los célebres leones, ocho en total. Tomaron como muestra la
pieza original que Carlos Miguel había adquirido en Londres, en 1920.
Se reprodujeron y fundieron en bronce en los grandes talleres de
Gaubeca y Ucelay, en Regla.
Durante las últimas décadas del siglo XIX y las primeras del XX, las
clases pudientes construyeron sus mansiones en el Paseo del Prado.
Cuando las abandonaron para asentarse en el Vedado y en los nuevos
repartos del oeste (Country Club, La Coronela, Kholy…) sobrevino una
invasión de comercios de lujo, dedicados en lo fundamental al turismo,
seguida de otra de oficinas, hoteles, cafés… Así lo veremos el próximo
domingo. (Continuará)

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/
    

domenica 11 ottobre 2015

Trombo

TROMBO: strumento musicale maschile a fiato

sabato 10 ottobre 2015

Tributare

TRIBUTARE: malattie genetiche delle tribù

venerdì 9 ottobre 2015

Chiamata dall'al di la

giovedì 8 ottobre 2015

Trattoria

TRATTORIA: fabbrica di macchine agricole

E i colloqui continuano...

CUBA

OCTUBRE 7, 2015
Pritzker aboga en Cuba por ‘una relación más abierta’
La secretaria de Comercio de EE.UU, Penny Pritzker (i), se reúne con el canciller cubano Bruno Rodríguez (d), hoy, miércoles 7 de octubre de 2015, en La Habana (Cuba). Pritzker se reunirá con autoridades cubanas como el vicepresidente Ricardo Cabrisas en su último día de su visita a la isla. Alejandro Ernesto EFE
RIGOBERTO DIAZ
Agence France-Presse

LA HABANA 

La secretaria de Comercio de Estados Unidos, Penny Pritzker, instó a Cuba a “construir una relación más abierta” durante su estancia en La Habana para analizar el alcance y las limitaciones de las flexibilizaciones al embargo decretadas por el presidente Barack Obama.
“Queremos ayudar a todos los cubanos a insertarse en la economía mundial y a disfrutar de un mejor nivel de vida, pero también dar al pueblo de Estados Unidos la oportunidad de aprender sobre Cuba y de desarrollar relaciones con las personas de una isla que está a solo 90 millas de las costas” estadounidenses, dijo Pritzker en su segunda jornada en la isla.
“Podemos construir una relación más abierta entre nuestras dos naciones”, añadió, al inaugurar un foro en el que participan funcionarios de los departamentos estadounidenses del Tesoro, Comercio y Estado junto con representantes de varios ministerios y empresas cubanas.
Los representantes de ambos países discuten sobre “el alcance y las limitaciones” de las flexibilizaciones al embargo decretadas en septiembre por el presidente Barack Obama, según la cancillería cubana.
Después de decretar unas primeras medidas en enero, Obama eliminó el mes pasado el tope a las remesas familiares, autorizó inversiones conjuntas de norteamericanos con empresas estatales cubanas, los viajes turísticos de barcos y aviones a la isla, pero dejó intacto la mayoría del cuerpo legal del embargo.
El Congreso de Estados Unidos es el único facultado para desmontar el embargo, un entramado legal vigente desde 1962 que está codificado en varias normativas, la más completa de ellas la ley Helms-Burton de 1996.
La aplicación de las facilidades dictadas por Obama encuentra escollos en otras leyes del embargo, como la prohibición de que Cuba use el dólar como moneda de pago, y el no acceso al sistema bancario estadounidense, y por lo tanto a créditos.
“No esperamos que estas acciones transformen la vida del pueblo cubano en una noche”, dijo Pritzker, quien subrayó que su alcance también dependerá de que el gobierno de la isla dé “ciertos pasos” para “actualizar su sistema regulatorio y reformar la economía en formas que permitan el continuo desarrollo de un sector privado cubano”.
En ese sentido, Pritzker instó al gobierno del gobernante cubano Raúl Castro a permitir “que los cubanos puedan realizar intercambios comerciales y viajar con más libertad, disfrutar del fruto de su trabajo, acceder a internet y ser contratados directamente por compañías extranjeras”.
Tras inaugurar el foro, Pritzker, la segunda integrante del gabinete de Obama -luego del secretario de Estado, John Kerry- en viajar a la isla tras el restablecimiento de relaciones diplomáticas el 20 de julio, sostuvo un encuentro con el ministro de Comercio Exterior e Inversión Extranjera cubano, Rodrigo Malmierca.
Ambos “intercambiaron sobre la estructura y organización del comercio exterior y las inversiones”, indicó la cancillería cubana.
Agregó que Malmierca “recalcó los obstáculos que impone la persistencia del bloqueo (embargo)” y pidió “profundizar” las medidas de Obama.
También conversó con el canciller Bruno Rodríguez sobre “agenda de temas en la que ambos países trabajarán en los próximos meses para profundizar la cooperación y ampliar el diálogo bilateral, como parte del proceso hacia la normalización de las relaciones”, y con el vicepresidente Ricardo Cabrisas.
En conferencia de prensa que selló su estancia, la secretaria explicó que su viaje tuvo como objetivo conocer a sus homólogos, “entablar esta relación con ellos”. También “comprender cómo funciona el sistema económico de Cuba”, pues es “muy singular” y conocer “el sistema normativo de Cuba y explicarlo a las empresas estadounidenses”.
Pritzker realizó un paseo por La Habana Vieja, visitó el Capitolio Nacional, actualmente en restauración, el Hotel Ambos Mundos, donde vivió su compatriota, el escritor Ernest Hemingway, y dialogó con escolares cubanos en la Plaza Vieja.
Pritzker inició su visita con una recorrida por el megapuerto de Mariel, 45 km al oeste de La Habana, donde se instala una zona franca industrial que se convertirá en la principal atracción de la isla al capital foráneo, y escenario en 1980 del éxodo hacia Estados Unidos de unos 130.000 cubanos.
Según expertos locales, Mariel podría convertirse en un nodo entre Asia y los puertos de la costa atlántica de Estado Unidos, aceptando barcos de gran calado y reembarcando las mercancías en buques menores.
El comercio entre los dos países fue de 390 millones de dólares en 2014, según cifras oficiales cubanas, marcando una caída desde los 598 millones de 2009.
Debido a las restricciones del embargo, vigente desde 1962, Cuba no puede hacer ventas a su vecino y solo desde 2001 puede adquirir en ese país alimentos y medicinas, que debe pagar por adelantado, mediante complicadas transacciones bancarias, y utilizar barcos extranjeros autorizados por Estados Unidos.


martedì 6 ottobre 2015

Conferenza sul disgelo Cuba Stati Uniti


Fonte: La Nuova Ferrara



 Alcibiades Hidalgo, ex consigliere di Raul Castro al teatro Comunale per Internazionale


FERRARA.

Lo storico disgelo tra Stati Uniti e Cuba del 17 dicembre 2014, insieme al ruolo del Vaticano e alle prospettive socioeconomiche legate al probabile futuro annullamento dell’embargo, sono stati i temi del dibattito di ieri alle 14 al Teatro Comunale e che ha visto protagonisti Alcibiades Hidalgo, ex consigliere di Raul Castro e già ambasciatore cubano all’Onu, Mauricio Vicent Mulet, corrispondente a Cuba de El Pais da più di venticinque anni eRafael Rojas, tra i più apprezzati storici della rivoluzione cubana. A moderare l’incontro è stato Omero Ciai, giornalista de La Repubblica, che ha subito domandato agli ospiti la loro reazione alla normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi. Hidalgo ha raccontato: «È stata una decisione politica che ha colto di sorpresa tutti, anche i maggiori esperti. Ci si aspettava qualche movimento da Obama, questo sì, ma il 17 dicembre l’annuncio fatto a Washington e a L’Avana dopo accordi segreti durati tanto tempo, ha stupito tutti». Mulet si è detto meno sorpreso in quanto già dal 2006 ha percepito a Cuba un lento ma inesorabile cambiamento reale legato ad alcune liberalizzazioni del governo, come la concessione al popolo di acquisto di piccoli immobili e maggiori margini per l'iniziativa privata. Ha spiegato poi Rafael Rojas: «L’annuncio del 17 dicembre è il risultato di un negoziato iniziato circa otto-nove mesi prima. Ci sono sempre stati negoziati permanenti tra Cuba e Usa anche in momenti più complicati e su argomenti più spinosi, come Guantanamo».
Questo nuovo passo è un elemento importante per Cuba, non tanto per i dettami politici dell’isola, che restano bene o male gli stessi, ma nello sviluppo di altri settori come la politica economica». Un avvicinamento, quello tra i due Paesi, irreversibile secondo Hidalgo, in quanto gli interessi economici in ballo sono superiori alle prese di posizione di una parte dei Repubblicani presenti al Congresso statunitense.
Ma il disgelo Cuba-Usa non ferma ancora l'emigrazione di migliaia di giovani cubani verso gli Stati Uniti alla ricerca di maggiori garanzie sociali ed economiche, una problematica reale ancora evidente. I tre ospiti hanno poi concordato sul significato della recente visita di Papa Francesco nell'isola, certo importante considerata la liberazione di molti dissidenti, ma principalmente finalizzata al riposizionamento della Chiesa e del Cristianesimo a Cuba.

Gian Piero Bruno



Trattamento

TRATTAMENTO: barbiere

lunedì 5 ottobre 2015

Una foto monumentale, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 4/10/15

In occasione della serie sui terreni del Capitolio, pubblicata in questo giornale i giorni 13, 20 e 27 di settembre scorso, non poche persone mi hanno fermato per strada per domandare quanti operai e tecnici hanno lavorato nella costruzione di questo edificio.
Il dato interessante per se stesso, ha anche tinta di aneddoto. Accade che Carlos Miguel de Céspedes, segretario (ministro) delle Opere Pubbliche del presidente Gerardo Machado e massimo interessato nello spingere la costruzione, “volle riunire sulla scalinata tutti i costruttori che giorno per giorno, con il loro sforzo creatore, eressero quest’opera faraonica e fotografarli, tutti assieme, come documento e ricordo”.
La scena in questione fu catturata allo stesso tempo da circa 30 fotoreporter della stampa nazionale, qualche corrispondente straniero e alcuni fotografi professionisti. L’immagine, catturata dalle fotocamere, si considera la fotografia “dove hanno posato a Cuba”, scrive José Oller nel multitudinario ritratto ne El multitudinario retrato de los constructores del Capitolio che ha dato a conoscere già da un po’ di  tempo sulla sua colonna del sito digitale cubaperiodistas.cu.
Oller ricorda che Rafael Pegudo che era stato reporter grafico del giornale El Mundo e professore di Fotografia della Scuola di Giornalismo Manuel Márquez Sterling, gli raccontò nel 1980 che quando la costruzione del Capitolio stava per essere ultimata, “il Dinamico” che era come soprannominavano Carlos Miguel, chiese all’architetto Eugenio Rayneri, direttore tecnico e artistico dell’opera che prendesse le misure pertinenti perché la fotografia si realizzasse secondo le sue indicazioni. Carlos Miguel voleva la disposizione ordinata sulla scalinata di tutti i lavoratori. Rayneri e la sua equipe, allora, fecero una mappa, censirono il numero di lavoratori che prestava servizio in ogni area e a partire da li calcolarono lo spazio che avrebbe occupato sulla scalinata ogni settore o fronte di lavoro. Nel centro ci sarebbe stato un posto d’onore per Carlos Miguel e il presidente Machado.
“Lo studio previo, realizzato dal gruppo di Rayneri, indicò che c’erano circa cinquemila operai cubani, spagnoli e di altre nazionalità lavorando al pié di opera come capigruppo, falegnami, spaccapietre, elettricisti, muratori, giardinieri, meccanici, scultori, fabbri, cuochi, manovali e personale d’appoggio. Si comprendeva un centinaio che avevano già concluso il loro compito e gli specialisti di una ventina di aziende cubane e straniere contrattate per le rifiniture. Senza dubbio, altri temila lavoratori, non potevano essere fotografati perché lavoravano in studi in Italia, Francia e Inghilterra creando sculture o quadri o fabbricando utensili, tende e decorazioni che inviavano all’Avana”. Scrive José Oller ne El multitudinario retrato de los constructores del Capitolio.
Rayneri e Manuel Martínez Illa, capo della Fotografia della Segreteria delle Opere Pubbliche, studiarono la posizione del Sole nei diffferenti orari e stabilirono che la foto doveva farsi tra le 10 e le 11 del mattino. Accordarono anche l’altezza e la collocazione di una piattaforma che avrebbero messo di fronte alla scalinata affinché fotografi e operatori cinematografici avessero ua miglior visuale. I dirigenti dell’impresa Purdy&Henderson, incaricata della costruzione dell’edificio, offrirono un premio al fotografo che captasse la miglior immagine del gruppo.
Il sabato 9 febbraio del 1929 fu il giorno scelto per la foto; il Capitolio si sarebbe inaugurato il 20 di maggio successivo. Alla mattina, molto presto, operai, tecnici e dirigenti andavano ad occupare le posizioni che avevano assegnate sulla scalinata. Giunse anche la stampa. Pegudo che allora lavorava per la rivista Carteles, ricordava nella sua conversazione con José Oller, la presenza dei reporter grafici de El Mundo, Bohemia, Diario de la Marina, Heraldo de Cuba, Excélsior, La Prensa...Federico Gilbert, capo della fotografia del giornale El País, giunse con tutto il personale del suo reparto. Ai piedi della piattaforma li salutava il capo della fotografia delle Opere Pubbliche a chi Carlos Miguel aveva affidato l’attenzione ai giornalisti. Arrivò anche il fotografo della segreteria delle Opere Pubbliche e Arturo Martínez Illa, fratello del capo reparto che prcorreva l’Isola con la sua fotocamera panoramica e catturava immagini di industrie e zuccherifici, oltre a grandi concentramenti di persone. Manuel lo aveva invitato a partecipare alla megafoto, perché la Segreteria era carente di una camera come la sua. Tutti i fotografi salirono sulla piattaforma e installarono le loro enormi camere, pronti a captare l’avvenimento.
Oller scrive in cubaperiodistas.cu:
“Alle 10.30 di mattina, un presentatore annunciava tramite gli altoparlanti collocati nei dintorni della scalinata, l’arrivo del presidente Machado e di Carlos Miguel de Céspedes. Dopo i saluti e le acclamazioni si rimisero tutti nelle loro posizioni. Si udì nuovamente la voce dell’annunciatore indicando che i fotografi erano pronti per fotografarli e dovevano mantenersi fermi e guardando le camere. Immediatamente gli otturatori di circa 30 camere cominciarono a funzionare. Dieci minuti dopo, Machado alzò le braccia per salutare i fotografi e dopo gli operai che erano ai lati e sul fondo. In mezzo ad applausi e acclamazioni se ne andarono e in circa 20 minuti la scalinata rimase deserta; sulla piattaforma, alcuni fotografi sparsi raccoglievano le loro fotocamere e lastre”.
Il premio alla miglior foto (150 pesos e diploma) corrispose a Octavio de la Torre, fotografo di Opere Pubbliche e il secondo (75 pesos e diploma) fu per la panoramica di Arturo Martínez Illa. Ognuno dei fotografati ricevette una copia della fotografia, come ricordo e omaggio per aver dedicato circa tre anni alla costruzione del Capitolio. Un compito enorme cadde su Manuel Martínez Illa e al suo aiutante Octavio de la Torre per le numerose copie che Carlos Miguel chiedeva per regalare.
José Oller precisa che cinque lavoratori persero la vita mentre lavoravano alla costruzione del Capitolio e conclude:
“Il talento di tutti questi uomini si ricorda in una semplice e onorata targa posta in una delle sue pareti: Una preghiera per quelli che dettero la loro vita. Un ricordo per tutti quelli che posero in queste pietre braccia, scienza e anima”.

Ambasciata americana

Il lettore Félix León Pérez, capo del Gruppo di Assicurazione e Gestione della Qualitá  di Cubana de Acero, chiede informazioni sull’ambasciata nordamericana all’Avana.
Questa sede diplomatica non sempre fu dove si trova adesso. Lo scriba non ha idea precisa di tutti i luoghi dove ebbe sede – non ha trovato informazioni nonostante everle cercate – ma sa che per un periodo ebbe sede nel cosiddetto Palazzo di Echarte, nella Calle Santa Catalina (nella calle, non l’avenida) nel Cerro. Anche nell’Avenida de las Misiones numero 5 che fu, alla vigilia della caduta della dittatura di Machado, lo scenario della mediazione che fece Benjamín Sumner Welles, inviato del presidente Roosvelt, per frustrare la rivoluzione del ’33 e prorogare il machadato senza Machado.
La rappresentanza nordamericana nella capitale cubana è stata anche nell’edificio Horter, in Obispo tra Oficios e Baratillo, di fronte alla Plaza de Armas. Non in tutto l’edificio che dava spazio anche a studi e uffici, fra questi la Camera di Commercio Americana. Questo fu negli anni ’40. Mi dicono che in altri tempi fu in Galiano, angolo Malecón, dove adesso c’è l’hotel Deauville e in Prado e Trocadero, residenza che fu del maggior generale José Miguel Gómez. Non lo posso assicurare.
Nel 1953 l’ambasciata inaugurò il suo nuovo edificio compreso fra le calles Calzada, Malecón, L e M. È opera degli architetti statunitensi Max Abramovitz (1908-2004) e Wallace Harrison (1895-1981) della ditta Harrison&Abramovitz, la stessa che progettò il Lincoln Center e l’edificio dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Un altro architetto, anch’egli nordamericano, della California, Thomas D. Church, assunse i giardini e l’arredamento fu a carico di Knoll Associates.

Palazzo di durañona

Un lettore chiede di questo palazzo.
È uno degli edifici emblematici di Marianao; è ubicato nell’Avenida 51 angolo 118. Costruito nel 1858 da Francisco Durañona, ricco imprenditore spagnolo, padrone dello zuccherificio Toledo e socio dell’impresa ferroviaria Marianao-Avana. I nome dello zuccherificio si deve alla città natale del suo proprietario.
Nella guerra del 1895, il Palazzo fu ospedale militare. Alla fine della contesa, quartier generale dell’Esercito nordamericano e residenza del generale Lee, governatore militare dell’Avana.
Dopo l’occupazione militare nordamericana del 1906, sede del Governo interventista e il 29 di giugno del 1913, Menocal lo convertì in Palazzo Presidenziale estivo.
Fu inoltre accademia delle arti manuali, internato maschile Claudio Dumas e sede di un tabacchificio.

Oggi ospita l’accademia di balletto Pro Danza, diretta da Laura Alonso.

Una foto monumental
Ciro Bianchi Ross 
digital@juventudrebelde.cu
3 de Octubre del 2015 20:20:48 CDT

Con motivo de la serie sobre los terrenos del Capitolio, publicada en
este diario los días 13, 20 y 27 de septiembre pasados, no pocas
personas me han interceptado en la calle para preguntar cuántos
obreros y técnicos laboraron en la construcción de ese edificio.
El dato, interesante de por sí, está matizado por la anécdota. Sucede
que Carlos Miguel de Céspedes, secretario (ministro) de Obras Públicas
del presidente Gerardo Machado y máximo impulsor de la edificación,
«quiso reunir en la escalinata a todos los constructores que día a
día, con su esfuerzo creador, levantaron esa obra faraónica y
retratarlos a todos juntos como documento y recuerdo».
La escena en cuestión fue captada al mismo tiempo por unos 30
fotorreporteros de la prensa nacional, algún que otro corresponsal
extranjero y algunos fotógrafos profesionales. La imagen atrapada por
las cámaras se considera la fotografía «donde mayor número de personas
ha posado en Cuba», escribe José Oller en El multitudinario retrato de
los constructores del Capitolio, que hace ya bastante tiempo dio a
conocer en su columna del sitio digital cubaperiodistas.cu.
Recuerda Oller que Rafael Pegudo, que había sido reportero gráfico del
periódico El Mundo y profesor de Fotografía de la Escuela de
Periodismo Manuel Márquez Sterling, le contó en 1980 que cuando la
construcción del Capitolio estaba a punto de finalizar, «el Dinámico»,
que era como apodaban a Carlos Miguel, pidió al arquitecto Eugenio
Rayneri, director técnico y artístico de la obra, que tomara las
medidas pertinentes para que la fotografía se realizara según sus
indicaciones. Quería Carlos Miguel la disposición ordenada en la
escalinata de todos los trabajadores. Rayneri y su equipo entonces
levantaron un plano, precisaron el número de trabajadores que prestaba
servicio en cada área y calcularon a partir de ahí el espacio que
ocuparía en la escalinata cada sector o frente de trabajo. En el
centro habría un lugar de honor para Carlos Miguel y el presidente
Machado.
«El estudio previo realizado por el equipo de Rayneri indicó que había
unos cinco mil obreros cubanos, españoles y de otras nacionalidades
trabajando a pie de obra como capataces, carpinteros, canteros,
electricistas, albañiles, jardineros, mecánicos, escultores,
cerrajeros, cocineros, peones y personal de apoyo. Se incluía a unos
cientos de trabajadores que ya habían concluido sus tareas y a los
especialistas de una veintena de empresas cubanas y extranjeras
contratadas para el acabado. Sin embargo, otros tres mil trabajadores
no podían retratarse porque trabajaban en talleres de Italia, Francia
e Inglaterra creando las esculturas y cuadros o fabricando herrajes,
cortinas y decorados que enviaban a La Habana», escribe José Oller en
El multitudinario retrato de los constructores del Capitolio.
Rayneri y Manuel Martínez Illa, jefe de Fotografía de la Secretaría de
Obras Públicas, estudiaron la posición del Sol en los distintos
horarios y determinaron que la foto debía hacerse entre las 10 y las
11 de la mañana. Acordaron también la altura y ubicación de una
plataforma que situarían frente a la escalinata para que los
fotógrafos y camarógrafos tuvieran una mejor visualización. Los
ejecutivos de la empresa Purdy&Henderson, encargada de la construcción
del edificio, ofrecieron un premio al fotógrafo que captara la mejor
imagen del grupo.
El sábado 9 de febrero de 1929 fue el día escogido para la foto; el
Capitolio se inauguraría el 20 de mayo siguiente. Muy temprano en la
mañana, obreros, técnicos y dirigentes fueron ocupando las posiciones
que tenían asignadas en la escalinata. Arribó también la prensa.
Pegudo, que trabajaba entonces para la revista Carteles, rememoraba en
su conversación con José Oller la presencia de los reporteros gráficos
de El Mundo, Bohemia, Diario de la Marina, Heraldo de Cuba, Excélsior,
La Prensa… Federico Gilbert, jefe de Fotografía del periódico El País,
llegó con todo el personal de su departamento. Al pie de la plataforma
los saludaba el jefe de Fotografía de Obras Públicas a quien Carlos
Miguel confiara la atención de los periodistas. Llegó además el
fotógrafo de la Secretaría de Obras Públicas y Arturo Martínez Illa,
hermano del jefe del departamento, que recorría la Isla con su cámara
panorámica y atrapaba imágenes de industrias y centrales azucareros y
grandes concentraciones de personas. Manuel lo había invitado a
participar de la megafoto porque la Secretaría carecía de una cámara
como la suya. Todos los fotógrafos subían a la plataforma e instalaban
sobre trípodes sus enormes cámaras, preparados para captar el
acontecimiento.
Escribe Oller en cubaperiodistas.cu:
«A las 10 y 30 de la mañana un locutor anunciaba por unos altavoces
colocados en los alrededores de la escalinata la llegada del
presidente Machado y Carlos Miguel de Céspedes. Después de los saludos
y aclamaciones se situaron todos en sus posiciones. De nuevo se
escuchó la voz del locutor indicando que los fotógrafos estaban listos
para fotografiarlos y debían permanecer quietos y mirando a las
cámaras. De inmediato los obturadores de unas 30 cámaras comenzaron a
funcionar. Diez minutos después Machado alzó los brazos para saludar a
los fotógrafos y después a los obreros que estaban a los lados y al
fondo. En medio de aplausos y aclamaciones se marcharon y en unos 20
minutos la escalinata quedó vacía; en la plataforma algunos fotógrafos
rezagados recogían sus cámaras y placas».
El premio a la mejor foto (150 pesos y diploma) correspondió a Octavio
de la Torre, fotógrafo de Obras Públicas, y el segundo (75 pesos y
diploma) fue para la panorámica de Arturo Martínez Illa. Cada uno de
los fotografiados recibió una copia de la fotografía, como recuerdo y
homenaje por haber dedicado unos tres años a la construcción del
Capitolio. Una tarea enorme cayó sobre Manuel Martínez Illa y su
ayudante Octavio de la Torre por las numerosas fotocopias que Carlos
Miguel pedía para regalar.
Precisa José Oller que cinco trabajadores perdieron la vida mientras
laboraban en la construcción del Capitolio, y concluye:
«El talento de todos estos hombres se recuerda en una sencilla y
honrosa placa situada en una de sus paredes: Una plegaria para los que
dieron su vida. Un recuerdo para todos los que pusieron en estas
piedras brazos, ciencia y espíritu».

Embajada americana


Información sobre la embajada norteamericana en La Habana inquiere el
lector Félix León Pérez, jefe del Grupo de Aseguramiento y Gestión de
la Calidad de Cubana de Acero.
Esa sede diplomática no siempre radicó donde ahora. El escribidor no
tiene una idea precisa de todos los lugares donde estuvo emplazada —no
ha conseguido la información por más que la ha buscado—, pero sabe que
en una época radicó en el llamado Palacio de Echarte, en la calle
Santa Catalina (en la calle, no en la avenida) en el Cerro. También en
Avenida de las Misiones número 5, que fue, vísperas de la caída de la
dictadura de Machado, el escenario de la mediación que libró Benjamín
Sumner Welles, enviado del presidente Roosevelt, para frustrar la
revolución del 33 y prorrogar el machadato sin Machado.
La representación norteamericana en la capital cubana estuvo también
en el edificio Horter, en Obispo entre Oficios y Baratillo, frente a
la Plaza de Armas. No en todo el edificio, que daba cabida además a
bufetes y oficinas, entre estas la de la Cámara Americana de Comercio.
Eso fue en los años 40. Me dicen que en otros tiempos estuvo en
Galiano esquina a Malecón, donde ahora está el hotel Deauville, y en
Prado y Trocadero, residencia que fuera del mayor general José Miguel
Gómez. No puedo asegurarlo.
En 1953 la embajada inauguró su nuevo edificio enmarcado por las
calles Calzada, Malecón, L y M. Es obra de los arquitectos
estadounidenses Max Abramovitz (1908-2004) y Wallace Harrison
(1895-1981) de la firma Harrison&Abramovitz, la misma que proyectó el
Lincoln Center y el edificio de la Organización de Naciones Unidas.
Otro arquitecto, también norteamericano, de California, Thomas D.
Church, asumió los jardines, y el mobiliario estuvo a cargo de Knoll
Associates.

Palacio de durañona

Pregunta un lector sobre este palacio.
Es uno de los edificios emblemáticos de Marianao; se ubica en la
Avenida 51 esquina a 118. Construido en 1858 por Francisco Durañona,
rico empresario español, dueño del central Toledo y socio de la
empresa del ferrocarril Marianao-Habana. El nombre del central obedece
al de la ciudad natal de su propietario.
En la guerra del 95, el Palacio fue hospital militar. Y al finalizar
la contienda, cuartel general del Ejército norteamericano y residencia
del general Lee, gobernador militar de La Habana.
Tras la ocupación militar norteamericana de 1906, sede del Gobierno
interventor, y el 29 de junio de 1913 Menocal lo convirtió en Palacio
Presidencial de verano.
Fue además academia de artes manuales, internado de varones Claudio
Dumas y sede de una tabaquería.
Alberga hoy la academia de ballet Pro Danza, que dirige Laura Alonso.

Ancora una volta John Kerry si pronuncia a favore di togliere l'embargo a Cuba

Un'altro intervento di John Kerry, dal Cile, dove prosegue nelle affermazioni della necessità di togliere l'embargo a Cuba. Quello che Kerry (e in genere gli statunitensi) non ha ben chiaro è la differenza tra diritti umani e diritti civili. Senza dubbio sono necessari entrambi, ma in ordine di priorità credo siano più importanti i primi che i secondi. È più importante il multipartitismo, la libertà di stampa eccetera, eccetera o la vita, la salute, il lavoro dignitoso, l'istruzione, l'alimentazione, la casa...?
Ben vengano entrambi questi diritti, ma non confondiamoli, specie quando si fanno bombardamenti indiscriminati in altri Paesi e non si rispettano gli ospedali, pur sapendo dove si trovano, dove si permette che circolino armi ed entrino nelle scuole, dove il colore della pelle cambia il valore della vita...Come diceva Arbore? Meditate, gente, meditate.

Fonte: El Nuevo Herald

CUBA

OCTUBRE 5, 2015
Kerry insta a levantar embargo a Cuba y destaca avances en la isla

El Secretario de Estado de EEUU, John Kerry. DOMINICK REUTER AFP/Getty Images

EFE

SANTIAGO DE CHILE 

El secretario de Estado de EEUU, John Kerry, que se encuentra en Chile, se mostró a favor de levantar el embargo comercial con Cuba y aseguró que en la isla se han producido avances que van en la buena dirección.
“Personalmente pienso que el embargo debería ser eliminado porque hacerlo ayudará al pueblo de Cuba y es lo que deberíamos hacer como política”, dijo Kerry en una entrevista con Televisión Nacional (TVN) de Chile. 
Kerry, que el lunes participará en la inauguración de la conferencia Nuestro Océano en la ciudad chilena de Valparaíso, sostuvo que la normalización total de las relaciones entre EEUU y Cuba dependerá en gran medida de las determinaciones del Gobierno de Raúl Castro y de la decisión del Congreso estadounidense.
“Al Congreso de EEUU le preocupan con razón los derechos humanos, la democracia y la capacidad de las personas para reunirse”, sostuvo el secretario de Estado.
Kerry dijo que es posible restablecer gradualmente las relaciones con Cuba antes de que la isla sea una “democracia completa”, como EEUU ya hizo antes con países como Vietnam y China.
La única condición, explicó, es que haya en Cuba “un camino trazado para mejorar la relación entre el gobierno y su pueblo”.
Kerry también se refirió a la situación política de Venezuela, un país que atraviesa “grandes dificultades” y que es un ejemplo de una “democracia imperfecta”.
El jefe de la diplomacia estadounidense afirmó que las elecciones parlamentarias del próximo diciembre serán “la vara para medir qué tipo de democracia es” Venezuela.
En cuanto al litigio marítimo que tienen Bolivia y Chile en la Corte Internacional de Justicia de La Haya, el político estadounidense dijo que no tiene una postura al respecto y expresó su deseo de que el asunto se resuelva.

venerdì 2 ottobre 2015

I video degli interventi del Dott. Rubiera a Modena



sono disponibili: Video dell'intera giornata Meteorologia e Sicurezza del Territorio del 28 settembre al Tecnopolo  Ingegneria Modena "Enzo Ferrari" (gruppo ufficiale)​ Osservatorio Geofisico​ con, dopo i saluti del Direttore DIEF Alessandro Capra e di Giulio Guerzoni assessore Ambiente del Comune di Modena José Rubiera​ Carlo Cacciamani​ Pierluigi Randi​ Cristiano Bottone​ Stefano Orlandini, Sergio Teggi e il modesto sottoscritto. 
Un grazie al Centro Elearning di Ateneo per il prezioso servizio.
Cliccando, sono disponibili anche i singoli video in youtube 
In particolare qui si trova l’intervento di José Rubiera.
Qui un suo intervento (in spagnolo) di Josè Rubiera nella discussione finale: 


Intanto qua raccolgo ancora apprezzamenti per la giornata e per l’argomento trattato, molto attuale dato che un ciclone mediterraneo di tipo extratropicale, ma con qualche accenno ha formazione di un TLC Tropical Like Cyclone ha portato piogge torrenziali in Sardegna con esondazioni e locali alluvioni, in particolare a Olbia




(in questa immagine, il vento con rotazione ciclonica attorno alla depressione sulla Sardegna, che in alcune mappe tecniche ha la classica caratteristica simil tropicale a “cuore caldo” )


luca lombroso



Trambusto

TRAMBUSTO: linea ferrata per Busto

giovedì 1 ottobre 2015

Tramandare

TRAMANDARE: viaggiare in tramway

Si cominceranno a vedere i frutti di questo riavvicinamento?


Finalmente sembra che gli incontri formali fra Capi di Stato, Ministri e delegazioni di vario livello, sembra e ci si augura che comincino a dare risultati effettivi, uno dei quali sembrerebbe importante non solo per i benefici diretti dei due Paesi, ma anche di chi vuole visitarli entrambi venendo da un altro posto o per chi vi sia residente ed abbia un passaporto cubano o statunitense e i requisiti richiesti, gli permette di viaggiare sui voli charter operanti, con più o meno rotte, da diversi anni. Che sia la volta buona e in tempo ragionevolmente breve? Personalmente sarei felice di fare un volo di circa 40 minuti e senza scali intermedi piuttosto che gli attuali viaggi, quando ve bene di tre quattro ore con scalo in altro Paese con relative formalità anche se di transito.

Fonte: El Nuevo Herald

CUBA

SEPTIEMBRE 30, 2015
Cuba y EEUU buscan regularizar los vuelos comerciales
Fotografía de archivo de un grupo de cubanoamericanos en el aeropuerto José Martí de La Habana (Cuba). EFE/Alejandro Ernesto
Agencia EFE

LA HABANA 

Representantes gubernamentales de Cuba y Estados Unidos concluyeron el martes en La Habana las primeras conversaciones técnicas para normalizar los servicios aéreos comerciales entre los dos países tras el proceso de deshielo diplomático bilateral, informó este miércoles la Cancillería de la isla.
La reunión, celebrada a puerta cerrada el lunes y martes, se desarrolló en “un ambiente respetuoso, profesional y constructivo”, según una nota publicada en la página web del Ministerio de Relaciones Exteriores de Cuba.
Las delegaciones de Cuba y EEUU abordaron asuntos relativos al transporte aéreo, la seguridad operacional y la seguridad de la aviación, y coincidieron en la importancia de dar continuidad a estos intercambios, agregó la información.
Actualmente no hay vuelos comerciales que enlacen a ambos países, pero después de que el presidente estadounidense, Barack Obama, decidiera en enero pasado flexibilizar algunas sanciones a la isla, se han incrementado los vuelos chárter desde ciudades de EEUU como Nueva York, Tampa o Houston, sumados a los que existían desde Miami, donde vive la mayor comunidad de exiliados cubanos.
Estos contactos formales han tenido lugar tras concretarse el restablecimiento de relaciones diplomáticas entre La Habana y Washington el pasado 20 de julio y de la primera reunión de la comisión bilateral que definió este mes una agenda “objetiva” de temas factibles de acuerdo o diálogo para trabajar “de inmediato”.
Además se celebran días después de que el Gobierno estadounidense anunciara nuevas normas que amplían a sus ciudadanos las facilidades para viajar, hacer negocios, enviar remesas y prestar servicios de telecomunicaciones a Cuba, en otro paso hacia la relajación del embargo económico sobre la isla.