Reina continua ad essere Regina, nostante dal 1918 questa importante calzada del municipio di Centro Avana porti il nome di Simón Bolívar. Purtroppo le usanze e le abitudini attuarono, qui, negativamente. Perdurò il suo nome coloniale e quasi nessuno la conosce con onorato nome del “Libertador” che è rimasto relegato a documenti più o meno ufficiali.
Dapprima siu chiamò Camino de San Antonio, perché conduceva allo zuccherificio di San Antonio il Piccolo, proprietà del reggente Don Blas de Pedroso che esisteva nella zona dell’attuale Plaza de la Revolución. Fu la principale strada di uscita dalla citta verso la campagna fino al 1735, quando si costruì il primo ponte di Chávez che rese possibile l’uscita dalla Calzada del Monte. Questa strada partiva dall’antica calle Real (Muralla), attraversava il Campo di Marte (in quella che oggi è la zona del Parque de la Fraternidad, si allacciava con quella che sarà Carlos III e proseguiva verso il citato zuccherificio. Nel 1751, nel costruirsi una cappella consacrata a San Luis Gonzaga all’angolo con la cosiddetta Calzada de la Beficencia (Belascoain), la si cominciò a chiamare con questo nome: San Luis Gonzaga. La cappella fu demolita nel 1835, ai tempi del capitano generale Tacón, dato che costituiva un ostacolo per la costruzione del cosiddetto Paseo Militar o di Tacón (Carlos III o Salvador Allende) per unirlo a Reina.
Quando Carlos III fu pronto, fu una passeggiata splendida per gli avaneri della metà del XIX secolo uscire in calesse dalle vicinanze del Castillo de la Punta e proseguire, grazie all’Alameda o il Paseo del Prado, fino al Campo de Marte, oggi plaza de la Fraternidad svoltare attorno alla Fuente de la India e continuare il percorso per Reina e Carlos III fino al Castillo del Principe per terminare il percorso.
Si racconta che all’angolo di Águila c’era “el mentidero”, giardinetto ombreggiato con un semicerchio di panche dove nei pomeriggi si riunivano i vecchi e i politici a fare chiacchiere e bere la bibita di “sambumbia” che si offriva nelle vicinanze. In questa stessa zona funzionava, dal 1817, un mercato costruito per la maggioranza con casupole di legno e frasche e dove si trovava un’osteria di proprietà di Francisco “Pancho” Marty, contrattista del teatro Tacòn, l’uomo che aveva il monopolio del pesce all’Avana. Da una delle pareti di quell’osteria pendeva un quadro del Neptuno, prima nave a vapore che giunse all’Avana, nel 1819 e questa immagine finì per dare il nome quella casa di cibi e a tutto il mercato, situato tra le calles di Reina, Galiano, Dragones e Águila. Questo mercato lo costruì Tacón per migliorare le condizioni del primitivo mercato di legna e frasche. Portava il nome di Tacón, ma tutti quanti lo conosceva, fino a date molto recenti, come Plaza del Vapor. Il luogo dove oggi si trova il parco El Curita, soprannome di Sergio González, militante del Movimento 26 di Luglio, assassinato da sicari batistiani. Il luogo è un importante nodo del trasporto urbano.
È nel 1844 quando questa calle guadagnò il nome di rina, Calzada de la Reina, in omaggio a Isabella II, figlia di Fernando VII che un anno prima aveva cominciato a reggere i destini della Spagna e sarebbe stata una donna d’infausta memoria per i suoi intrighi, errori politici e leggerezze. Isabella II, quella dei detini tristi e degli amori allegri.
Girovago
Anche se maltrattata per il passare del tempo e l’abbandono, questa frequentata arteria commerciale fu conosciuta come la Regina delle Strade, soprannome che le dierono i commercianti stabilitisi in essa. Comincia col bellissimo Palazzo di Aldama (Reina numero 1) e finisce più in la della chiesa del Sagrado Corazón de Jesús, l’edificio a carattere religioso più alto di Cuba.
Corre dalla calle Amistad fino a Belascoain. Fra una strada e l’altra esistono o esitirono importanti esrcizi commercialicome i magazzini Ultra e Sears, quest’ultimo convertito nel Palazzo Centrale dell’Informatica. La redazione e i laboratori dei giornali El País e Excelsior, al numero 158. La grande casa marcata col numero 352, all’angolo con Lealtad, del più puro stile Art Nouveau e dove per tanti anni si trovò la redazione della rivista Cuba. Anche la Camera di Commercio cinese, al numero 161. Il locale col numero 402, della già scomparsa Polizia Segreta e al 362, la pure estinta Scuola Elementare di Arti Plastiche, annessa a San Alejandro. Il narratore e giornalista Enrique Labrador Ruiz, “il romanziere fatto nelle redazioni”, come lui stesso si definì, abitò per lunghi anni al numero 107, dove faceva tesoro una delle biblioteche private più grandi di cui si abbia notizia a Cuba. Già che si parla di libri, impossibile tralasciare di menzionare la libreria Canelo, al 259, emblematica per ciò che si riferisce alla compravendita di testi di seconda mano, dove lo scriba converso molte volte con il romanziere de La sangre hambrienta che conobbe in casa del poeta José Zacarías Tallet.
Per non lasciar perdere, al numero 306 esisteva la funeraria Vega Flores e una ferrramenta, al numero 319 che tutti continuiamom a identificare con i cognomi dei suoi fondatori; Feito e Cabezón, nella parte superiore di questo esrcizio funzionava una mensa popolare. Al contrario di ciò che pensano ancora molti, Al Bon Marché, numero 467, noin fu solo una rivendita di articoli religiosi, ma libreria e giocattolaio, che come Los Reyes Magos di Galiano e San Miguel, poteva esibire sempre le ultime novità nel campo dei giocattoli. Al numero 314 di questa strada funzionò la clebre 1010, emittente del Partito Socialista Popolare (Comunista), dove debuttarono o fecero le loro prime armi molti artisti duraturi nel tempo.
La Calzada de Reina fu e continua ad essere, in qualche modo, una strada eminetemente commerciale, senza che per questo sottovaluti la funzione abitativa e di servizio.
Un’indagine frettolosa e possibilmente incompleta dice che nel 1958, fra altri esercizi, in questa strada aprivano le porte 17 grandi magazzini, 13 gioiellerie, dieci pelletterie, sei negozi per la vendita di elettrodomestici, due mobilifici, una piastrelleria, un materassaio e tre sartorie, fra di loro al numero 61 El Arte, dove lavorò il leggendario Comandante Camilo Cienfuegos.
Inoltre c’erano quattro saloni di bellezza, fra loro al numero 82, quello di Joseito El Mago, il Re della permanente e sei pensioni, quattro negozi di alimentari e liquori fini, otto ristoranti con bar, due dolcifici, tre librerie, tre cliniche o dispensari medici, un dentista, un laboratorio farmaceutico, due sale cinematografiche, sei studi fotografici e un gabinetto di scultura e decorazione.
Si dovrebbero includere, inoltre, otto studi di avvocati. Il Conservatorio Peyrellade, al numero 453; il convento di María Reparadora al 409; e in reina 303, il Tribunale Municipale del Sud.
I prezzi fissi
Da bambino, sempre nel pomeriggio del sabato, andavo con mia madre a I Prezzi Fissi, un grande magazzino con pelletteria, chincaglieria, magazzino di tessuti e laboratorio di confezioni. La facciata dell’edificio dava su Reina, ma aveve le due entrate dalle calles Águila e Estrella. In giorni come questi, questo negozio come tutti quelli dell’Avana, erano frequentatissimi. Indubbiamente però, non si faceva la coda né in questo né in nessun altro, né si chiedeva chi era l’ultimo, se non che il cliente o per meglio dire la cliente, si avvicinava al banco e aspettava che la commessa la servisse con l’ordine che la stessa commessa stabiliva. La mia famiglia aveva lì una crta di credito che permetteva di comprare e pagare nel tempo convenuto.
In quei sabati pomeriggio cercavo sempre il modo di affacciarmi al cortile centrale del Palazzo di Aldama. L’immobiloe apparteneva da molto tempo prima a uno dei sette rami dell’opulenta famiglia Mendoza, ma quasi tutti i commerci che vi si aprivano portavano il nome del proprietario originale. C’era una caffeteria Aldama, una pelletteria Aldama e per non variare anche un salone di bellezza Aldama.
Di fronte, l’imponente edificio della Sears Roebuck and Company S.A., commercio a ldettaglio di articoli vari, una delle cinque filiali a Cuba di ditte nordamericane sotto il controllo del gruppo finanziario di Chicago la cui casa madre dallo stesso nome era, allora, la maggior catena di negozi degli U.S.A. e la principale fra tutti i loro interessi. Mi sono tanto affezionato alla Sears avanera che quando, oggi, visito gli Stati Uniti, faccio gli acquisti in esercizi di questa entità dove, per mia sorpresa ho incontrato tra le venditrici, non poche lettrici di questa pagina.
Camminando per Reina, verso Belascoain, sul marciapiede di sinistra, si trovano i Magazzini Ultra, altro grande magazzino dell’Avana di ieri e di oggi. Luis e lizardo González, fratelli oriundi di Sagua la Grande, dediti al commercio di tessuti, la fondarono nel 1938 nel mismo luogo dove si trova adesso. Avevano un socio comandatario, lo spagnolo César Rodríguez che non tardò a controllare gli affari. L’attivo totale degli Ultra superava i quattro milioni di pesos e le sue vendite annuali oscillavano tra intre e i quattro milioni, mentre che gli utili passarono dagli 86.700 pesos del 1956 a 151.000 nel 1959.
Mi permetta, il lettore una disgressione. Ancora negli anni ’80 i sandwich del bar El Polo, in reina e Ángeles erano spettacolari. Quando i soldi non bastavano, mettevamo mano ai panini di formaggio del piccolo caffè di Reina e Escobar.
Lealtad
Quella casa di Reine e Escobar, poi della Polzia Segreta, era quella del senatore Wilfredo Fernández, sostenitore del dittatore Gerardo Machado, assassino di Mella. Il popolo la saccheggiò alla caduta della dittatura machadista, il 12 agosto del 1933 e mise mano al suo proprietario quando, travestito da marinaio, cercava di uscire da Cuba con una nave.
Lo scriba si mosse molto nella Calzada de Reina. Tra il 1972 e 1989 lavorò nella rivista Cuba, ubicata nella casa che all’inizio del XX secolo si fece costruire il fabbricante si sapone Ramón Crusellas, all’angolo di Lealtad. Nell’abandonarla detta rivista, si penso che in essa si sarebbe installato il Museo del Centro Avana. Pia illusione. La si dette a un’impresa di confezioni tessili. Oggi la casa, disabitata, si sta distruggendo davanti alla pigrizia di quelli che dovevano metterci la schiena per salvarla.
Caminando por Reina
Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
13 de Junio del 2015 21:49:27 CDT
Reina sigue siendo Reina, aunque desde 1918 esa importante calzada del
municipio de Centro Habana lleve el nombre oficial de Avenida de Simón
Bolívar. Lamentablemente el uso y la costumbre actuaron aquí
negativamente. Perduró uno de sus nombres coloniales, y casi nadie la
conoce con el honroso nombre del Libertador, que ha quedado relegado a
documentos más o menos oficiales.
Se le llamó primero Camino de San Antonio, por conducir al ingenio San
Antonio el Chiquito, propiedad del regidor Don Blas de Pedroso, que
existía en la zona de la actual Plaza de la Revolución. Fue, desde la
ciudad, el camino principal de salida hacia el campo hasta 1735,
cuando se construyó el primer puente de Chávez que posibilitó la
salida por la Calzada del Monte. Partía ese camino de la antigua calle
Real (Muralla), atravesaba el Campo de Marte (en lo que hoy es la zona
del Parque de la Fraternidad), enlazaba con lo que sería Carlos III y
seguía hasta el citado ingenio. En 1751, al construirse una ermita
consagrada a San Luis Gonzaga en la esquina con la llamada Calzada de
la Beneficencia (Belascoaín), se le comenzó a llamar con este nombre,
San Luis Gonzaga. La ermita fue demolida en 1835, en tiempos del
capitán general Tacón, por constituir un obstáculo para la
construcción del llamado Paseo Militar o de Tacón (Carlos III o
Salvador Allende) y unirlo a Reina.
Cuando Carlos III estuvo listo, fue un paseo espléndido para los
habaneros de mediados del siglo XIX salir en volanta desde las
inmediaciones del Castillo de la Punta y seguir, gracias a la Alameda
o el Paseo del Prado, hasta el Campo de Marte, hoy Plaza de la
Fraternidad, dar vueltas en torno a la Fuente de la India y continuar
el recorrido por Reina y Carlos III hasta el Castillo del Príncipe
para desandar el recorrido.
Se cuenta que en la esquina de Águila estaba “el mentidero”, placer
sombreado con un semicírculo de bancos donde se reunían por la tarde
los viejos y los políticos a formar tertulia y beber el refresco de
sambumbia que se ofertaba en las inmediaciones. En esa misma zona
funcionaba, desde 1817, un mercado construido de casetas de madera y
guano en su mayoría, y donde también se encontraba una fonda,
propiedad de Francisco “Pancho” Marty, el contratista del Teatro de
Tacón, el hombre que tenía el monopolio del pescado en La Habana.
Colgaba en una de las paredes de esa fonda un cuadro del Neptuno,
primer barco de vapor que vino a La Habana, en 1819, y esa imagen
terminó dándole nombre a esa casa de comidas y a todo el mercado,
encuadrado en las calles de Reina, Galiano, Dragones y Águila. Ese
mercado lo construyó Tacón para mejorar las condiciones del mercado
primitivo de casetas de madera y guano. Llevaba el nombre de Tacón,
pero todo el mundo lo conoció hasta fechas muy recientes como Plaza
del Vapor. Es el sitio donde hoy se asienta el parque El Curita,
sobrenombre de Sergio González, militante del Movimiento 26 de Julio
asesinado por sicarios batistianos. El lugar es un importante nudo del
transporte urbano.
Es en 1844 cuando esta calle ganó el nombre de Reina, Calzada de la
Reina, en homenaje a Isabel II, la hija de Fernando VII, que un año
antes había comenzado a regir los destinos de España y sería una mujer
de infausta memoria por sus intrigas, desaciertos políticos y
liviandades. Isabel II, la de los tristes destinos y los alegres
amores.
Callejero
Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
13 de Junio del 2015 21:49:27 CDT
Reina sigue siendo Reina, aunque desde 1918 esa importante calzada del
municipio de Centro Habana lleve el nombre oficial de Avenida de Simón
Bolívar. Lamentablemente el uso y la costumbre actuaron aquí
negativamente. Perduró uno de sus nombres coloniales, y casi nadie la
conoce con el honroso nombre del Libertador, que ha quedado relegado a
documentos más o menos oficiales.
Se le llamó primero Camino de San Antonio, por conducir al ingenio San
Antonio el Chiquito, propiedad del regidor Don Blas de Pedroso, que
existía en la zona de la actual Plaza de la Revolución. Fue, desde la
ciudad, el camino principal de salida hacia el campo hasta 1735,
cuando se construyó el primer puente de Chávez que posibilitó la
salida por la Calzada del Monte. Partía ese camino de la antigua calle
Real (Muralla), atravesaba el Campo de Marte (en lo que hoy es la zona
del Parque de la Fraternidad), enlazaba con lo que sería Carlos III y
seguía hasta el citado ingenio. En 1751, al construirse una ermita
consagrada a San Luis Gonzaga en la esquina con la llamada Calzada de
la Beneficencia (Belascoaín), se le comenzó a llamar con este nombre,
San Luis Gonzaga. La ermita fue demolida en 1835, en tiempos del
capitán general Tacón, por constituir un obstáculo para la
construcción del llamado Paseo Militar o de Tacón (Carlos III o
Salvador Allende) y unirlo a Reina.
Cuando Carlos III estuvo listo, fue un paseo espléndido para los
habaneros de mediados del siglo XIX salir en volanta desde las
inmediaciones del Castillo de la Punta y seguir, gracias a la Alameda
o el Paseo del Prado, hasta el Campo de Marte, hoy Plaza de la
Fraternidad, dar vueltas en torno a la Fuente de la India y continuar
el recorrido por Reina y Carlos III hasta el Castillo del Príncipe
para desandar el recorrido.
Se cuenta que en la esquina de Águila estaba “el mentidero”, placer
sombreado con un semicírculo de bancos donde se reunían por la tarde
los viejos y los políticos a formar tertulia y beber el refresco de
sambumbia que se ofertaba en las inmediaciones. En esa misma zona
funcionaba, desde 1817, un mercado construido de casetas de madera y
guano en su mayoría, y donde también se encontraba una fonda,
propiedad de Francisco “Pancho” Marty, el contratista del Teatro de
Tacón, el hombre que tenía el monopolio del pescado en La Habana.
Colgaba en una de las paredes de esa fonda un cuadro del Neptuno,
primer barco de vapor que vino a La Habana, en 1819, y esa imagen
terminó dándole nombre a esa casa de comidas y a todo el mercado,
encuadrado en las calles de Reina, Galiano, Dragones y Águila. Ese
mercado lo construyó Tacón para mejorar las condiciones del mercado
primitivo de casetas de madera y guano. Llevaba el nombre de Tacón,
pero todo el mundo lo conoció hasta fechas muy recientes como Plaza
del Vapor. Es el sitio donde hoy se asienta el parque El Curita,
sobrenombre de Sergio González, militante del Movimiento 26 de Julio
asesinado por sicarios batistianos. El lugar es un importante nudo del
transporte urbano.
Es en 1844 cuando esta calle ganó el nombre de Reina, Calzada de la
Reina, en homenaje a Isabel II, la hija de Fernando VII, que un año
antes había comenzado a regir los destinos de España y sería una mujer
de infausta memoria por sus intrigas, desaciertos políticos y
liviandades. Isabel II, la de los tristes destinos y los alegres
amores.
Callejero
Aunque maltratada hoy por el paso del tiempo y la desidia, esta
concurrida arteria comercial fue conocida como la Reina de las Calles,
sobrenombre con que la promocionaban los comerciantes asentados en
ella. Comienza con el bellísimo Palacio de Aldama (Reina número 1) y
termina más allá de la iglesia del Sagrado Corazón de Jesús, la
edificación de carácter religioso más alta de Cuba.
Corre desde la calle Amistad hasta Belascoaín. Entre una calle y la
otra existen o existieron importantes establecimientos comerciales
como los almacenes de Ultra y Sears, convertido este último en el
Palacio Central de Computación. La redacción y los talleres de los
periódicos El País y Excélsior, en el número 158. La casona marcada
con el número 352, en la esquina con Lealtad, del más puro estilo Art
Nouveau y donde durante largos años se ubicó la redacción de la
revista Cuba. También la Cámara de Comercio china, en el número 161.
El local, con el número 402, de la ya desaparecida Policía Secreta y,
en el 362, la también extinguida Escuela Elemental de Artes Plásticas,
anexa a San Alejandro. El narrador y periodista Enrique Labrador Ruiz,
“el novelista hecho en la redacciones”, como él mismo se llamó, habitó
durante largos años en el número 107, donde atesoraba una de las
bibliotecas particulares más grandes de que se tenga noticia en Cuba.
Y ya que se habla de libros, imposible dejar de mencionar la librería
Canelo, en el 259, emblemática en lo que a la compraventa de textos de
segunda mano se refiere, donde el escribidor conversó varias veces con
el novelista de La sangre hambrienta, a quien conoció en casa del
poeta José Zacarías Tallet.
Por no dejar de haber, existió allí, en el número 306, la funeraria
Vega Flores, y una ferretería, en el número 319, a la que todos
seguimos identificando por los apellidos de sus fundadores, Feíto y
Cabezón. En los altos de este establecimiento funcionaba un comedor
popular. Contrario a lo que muchos piensan aún, Al Bon Marché, número
467, no fue solo un expendio de artículos religiosos, sino librería y
juguetería que, al igual que Los Reyes Magos, de Galiano y San Miguel,
podía exhibir siempre las últimas novedades en juguetes. En el número
314 de esta calle funcionó la célebre 1010, emisora del Partido
Socialista Popular (Comunista), donde debutaron o hicieron sus
primeras armas muchos artistas perdurables.
La Calzada de Reina fue y sigue siendo en alguna medida, una vía
eminentemente comercial, sin que soslaye por eso la función
habitacional y de servicio.
Un levantamiento apresurado y posiblemente incompleto arroja que en
1958, entre otros establecimientos, en dicha calle abrían sus puertas
17 tiendas por departamentos, 13 joyerías, diez peleterías, seis casas
de venta de efectos eléctricos, dos mueblerías, una locería, una
colchonería y tres sastrerías, entre ellas, la número 61, El Arte,
donde laboró el legendario Comandante Camilo Cienfuegos.
Asimismo, había cuatro salones de belleza, entre ellos, el número 82,
el de Joseíto El Mago, el Rey del desriz. Y seis casas de huéspedes,
cuatro tiendas de víveres y licores finos, ocho restaurantes con
bares, dos dulcerías, tres librerías, tres clínicas o dispensarios
médicos, un dentista, un laboratorio farmacéutico, dos salas
cinematográficas, seis estudios fotográficos y un gabinete de
escultura y decoración.
Habría que incluir además ocho bufetes de abogados. El Conservatorio
Peyrellade, en el número 453; el convento de María Reparadora, en el
409; y en Reina 303, el Juzgado Municipal del Sur.
Los precios fijos
De niño, siempre los sábados por la tarde, iba con mi madre a Los
Precios Fijos, una tienda por departamentos con peletería, quincalla,
almacén de tejidos y taller de confecciones. La fachada del edificio
daba a Reina, pero tenía también entradas por las calles Águila y
Estrella. En días como esos, esa tienda, al igual que casi todas las
otras de La Habana, estaba abarrotada. Sin embargo, no se hacía cola
en esta ni en ninguna, ni se preguntaba quién era el último, sino que
el cliente, digamos mejor, la clienta, se arrimaba al mostrador y
esperaba que la empleada la atendiera por el orden que la propia
empleada establecía. Mi familia tenía allí una tarjeta de crédito que
le permitía comprar y pagar en el plazo convenido.
Siempre encontraba la manera, en aquellos sábados por la tarde, de
asomarme al patio central del Palacio de Aldama. El inmueble
pertenecía desde mucho tiempo antes a una de las siete ramas de la
opulenta familia Mendoza, pero casi todos los comercios que abrían al
patio llevaban el nombre del propietario original. Había una cafetería
Aldama, una peletería Aldama y, para no variar, un salón de belleza
también Aldama.
Enfrente, el edificio imponente de la Sears Roebuck and Company S.A.,
comercio minorista de artículos varios, una de las cinco filiales en
Cuba de firmas norteamericanas bajo el control del grupo financiero de
Chicago, cuya casa matriz de igual nombre era entonces la mayor cadena
de tiendas de EE.UU. y la principal entre todos sus intereses. Me
aficioné tanto a la Sears habanera que hoy, cuando visito Estados
Unidos, hago las compras en establecimientos de esa entidad, donde,
para mi sorpresa he encontrado, entre las vendedoras, no pocas
seguidoras de esta página.
Caminando por Reina hacia Belascoaín, por la acera de la izquierda, se
hallan los Almacenes Ultra, otra gran tienda de La Habana de ayer y de
hoy. Luis y Lizardo González, hermanos oriundos de Sagua la Grande
dedicados al comercio de tejidos, la fundaron en 1938, en el mismo
sitio donde se encuentra ahora. Tenían un socio comanditario, el
español César Rodríguez, que no demoró en controlar el negocio. Los
activos totales de Ultra superaban los cuatro millones de pesos y sus
ventas anuales oscilaban entre los tres y los cuatro millones,
mientras que las utilidades pasaron de 86 700 pesos, en 1956, a 151
000 en 1959.
Permítame el lector una digresión. Todavía en los años 80 eran
espectaculares los sándwiches del bar El Polo, en Reina y Ángeles.
Cuando el dinero no alcanzaba, echábamos mano a los bocaditos de queso
del cafecito de Reina y Escobar.
Lealtad
Una tarja de bronce rememora el lugar donde cayó abatido por la fuerza
pública Francisco “Paquito” González Cueto, de 13 años de edad. Se
disponía a participar en el entierro de las cenizas del líder
comunista Julio Antonio Mella, cuando fue víctima de la brutalidad
policíaca. Hubo otros muertos y heridos, incluso policías y bomberos,
que nunca se mencionan, en aquella manifestación que salió de la
residencia de Reina 402, esquina a Escobar, donde se llevó a cabo el
velorio y fue despedido, con la voz ahogada por la tuberculosis y la
emoción, por el hoy cada vez más olvidado Rubén Martínez Villena. Las
cenizas de aquel atleta hecho líder, que había muerto asesinado en
México, se depositarían en un túmulo construido a la carrera en la
Plaza de la Fraternidad. No pudo consumarse el acto. Los despojos,
aparentemente perdidos, se mantuvieron ocultos hasta la década de
1960, cuando se depositaron en la Plaza Mella, frente a la escalinata
de la Universidad.
Aquella casa de Reina y Escobar, después de la Policía Secreta, era la
del senador Wifredo Fernández, alabardero del dictador Gerardo
Machado, asesino de Mella. El pueblo la saqueó a la caída de la
dictadura machadista, el 12 de agosto de 1933, y echó el guante a su
propietario cuando, disfrazado de marinero, pretendía salir de Cuba en
un barco.
Mucho se movió el escribidor por la Calzada de Reina. Entre 1972 y
1989 trabajó en la revista Cuba, ubicada en la casa que a comienzos
del siglo XX se hizo construir el jabonero Ramón Crusellas en la
esquina de Lealtad. Al abandonarla dicha revista, se pensó que en ella
se instalaría el museo de Centro Habana. Vana ilusión. Se le dio a una
empresa de confecciones textiles. Hoy la casa, desocupada, se destruye
ante la pereza y la indolencia de los que debían meter el hombro para
salvarla.
Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/
pública Francisco “Paquito” González Cueto, de 13 años de edad. Se
disponía a participar en el entierro de las cenizas del líder
comunista Julio Antonio Mella, cuando fue víctima de la brutalidad
policíaca. Hubo otros muertos y heridos, incluso policías y bomberos,
que nunca se mencionan, en aquella manifestación que salió de la
residencia de Reina 402, esquina a Escobar, donde se llevó a cabo el
velorio y fue despedido, con la voz ahogada por la tuberculosis y la
emoción, por el hoy cada vez más olvidado Rubén Martínez Villena. Las
cenizas de aquel atleta hecho líder, que había muerto asesinado en
México, se depositarían en un túmulo construido a la carrera en la
Plaza de la Fraternidad. No pudo consumarse el acto. Los despojos,
aparentemente perdidos, se mantuvieron ocultos hasta la década de
1960, cuando se depositaron en la Plaza Mella, frente a la escalinata
de la Universidad.
Aquella casa de Reina y Escobar, después de la Policía Secreta, era la
del senador Wifredo Fernández, alabardero del dictador Gerardo
Machado, asesino de Mella. El pueblo la saqueó a la caída de la
dictadura machadista, el 12 de agosto de 1933, y echó el guante a su
propietario cuando, disfrazado de marinero, pretendía salir de Cuba en
un barco.
Mucho se movió el escribidor por la Calzada de Reina. Entre 1972 y
1989 trabajó en la revista Cuba, ubicada en la casa que a comienzos
del siglo XX se hizo construir el jabonero Ramón Crusellas en la
esquina de Lealtad. Al abandonarla dicha revista, se pensó que en ella
se instalaría el museo de Centro Habana. Vana ilusión. Se le dio a una
empresa de confecciones textiles. Hoy la casa, desocupada, se destruye
ante la pereza y la indolencia de los que debían meter el hombro para
salvarla.
Ciro Bianchi Ross
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Interessantissime questi racconti e rievocazioni storiche domenicali.
RispondiEliminae complimenti Aldo per la veloce e sistematica traduzione.
Non per niente Ciro Bianchi è il giornalista più letto a Cuba e conosciuto all'estero, specialmente negli Stati Uniti. Molto seguite anche le sue rubriche televisive sui temi di storia e costume. "Como me lo contaron" è stata per anni molto seguita anche sul canale satellitare di Cubavision Internacional.
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