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mercoledì 9 dicembre 2015

Carlos Finlay ha compiuto 182 anni, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 6/12/15

Il dottor Carlos Juan Finlay ha appena fatto una proposta assolutamente originale e scruta i volti dei suoi compagni accademici di lavoro. Ha demolito tutte le teorie sulla febbre gialla. Di più. Formula una nuova concezione circa il contagio, basata nel ruolo del vettore nella trasmissione di malattie, visto che non si era mai esposta prima e men che meno fu avallata sperimentalmente, la possibilità che gli insetti servissero di ente trasmettitore di microrganismi patogeni.
Si conosce in un momento chiave della sua esistenza. La profonda emozione che lo avvolge e la sicurezza nella certezza delle sue esposizioni, gli servono appena per alleggerire l’attitudine ostile del suo uditorio. Pensa che gli increduli dovranno cambiare parere quando da a conoscere le prove che appoggiano le sue affermazioni.
Ma Finlay non riesce a entusiasmare nessuno. Quando il presidente della sessione annuncia che darà la parola a coloro che ne vogliano fare uso, si sente solo la voce del segretario generale della corporazione per chiedere che il lavoro dell’illustre scienziato “rimanga sul tavolo”, formula significante che non ci sarebbero stati commenti. Nessuno degli studiosi che parteciparono quel 14 agosto del 1881 nella Sala degli Atti dell’Accademia delle Scienze Mediche, Fisiche e Naturali dell’Avana, impugnò i punti esposti da Finlay nella terra della zanzara Aedes aegypti come agente trasmettitore della febbre gialla, né si mostrò d’accordo con essi. Il silenzio fu l’unica risposta a un concetto che renderà possibile in futuro di sradicare l’allora chiamato “vomito nero”, ma che aprì un capitolo nuovo nella storia della Medicina tropicale.

Contro l’avversità

Finlay fu un uomo in lotta permanente con le avversità e le vicissitudini. Nella sua adolescenza fu vittima di due gravi malattie, una delle quali gli lasciò un serio difetto di pronuncia che non superò mai del tutto. Fece gli studi di medicina fuori di Cuba, quando tornò all’isola per esercitare la sua professione lo bocciarono all’esame di convalida del titolo, cosa che lo obbligò ad aspettare il tempo regolamentare per tornare a presentarsi. Aspirò ad essere socio in sovrannumero dell’Accademia delle Scienze e si vide frustrato al primo tentativo. Allora reiterò la domanda come socio corrispondente e la risposta fu sfavorevole...Quando, alla fine venne accettato all’Accademia, la sua teoria sulla relazione tra la zanzara e la febbre gialla si accolse con indifferenza e si vide obbligato ad aspettare più di 30 anni perché si comprovasse ufficialmente la sua scoperta e si mettessero in pratica le misure sanitarie che raccomandò per l’estirpazione del vettore.
Dopo la morte gli resteranno due battaglie da vincere. Nonostante il XV Congresso Internazionale di Storia della Medicina (1956) stabilì in modo definitivo che “a Carlos J. Finlay di Cuba e solo a lui, corrisponde la scoperta dell’agente trasmettitore della febbre gialla e l’applicazione della sua dottrina, il risanamento del tropico”, alcune entità straniere, essenzialmente nordamericane, cercarono di disconoscere la paternità dei suoi concetti. Da lì è che uno dei suoi biografi afferma che Finlay è un omo avvolto dalla polemica permanente.
I suoi profusi e concludenti esperimenti e le investigazioni in merito al morbo giallo e l’importanza della sua scoperta, hanno fatto si che questo cubano geniale sia considerato e valutato oggi a partire e attraverso la sua teoria sensazionale sul ruolo delle zanzare nella trasmissione di malattie. Fra l’altro non fu questo l’unico ramo della Medicina in cui si cimentò. Fu un eminente oculista, un internista consumato e i suoi apporti alle malattie tropicali furono significativi come il gozzo, la lebbra, la filariasi, la trichinellosi, il beri beri e il colera, così come i suoi studi nel campo della parassitologia.
Nel 1911, nel prologo a Lavori scelti di Finlay, Juan Guiteras scriveva: “La laboriosità del dottor Finlay è incredibile. In mezzo al lavoro costante della sua professione e della produzione permanente di scritti su fatti di patologia e terapeutica, nei quali si anticipò generalmente ai suoi contemporanei, come si può vedere nei suoi lavori sulla trasmissione cutanea e il colera, trova il tempo per decifrare un antico mnoscritto in latino, immagazzinando fonti storiche, araldiche e filologiche per comprovare che la Bibbia in cui appare lo scritto, dovette appartenere all’imperatore Carlo V nel suo ritiro di Yuste, o lavora nella soluzione di problemi di scacchi, di alta matematica o di filologia: o elabora complicate e originali teorie sul Cosmo...”.

Medico delle zanzare

Carlos J. Finlay nacque nella città di Camagüey il 3 dicembre del 1833, data che si scelse per celebrare la Giornata della Medicina Latinoamericana. Cominciò ad interessarsi agli studi sulla febbre gialla nel 1870. Allora la malattia, endemica nel continente americano, era già considerata una specie di male inevitabile e contro di essa si provavano le misure più peregrine. Allora prevalevano due ipotesi. Una diceva che si trasmetteva da malati a sani e che dove si presentava un caso non tardavano a presentarsene molti altri.
L’altra diceva che nel caso di questa malattia, le persone sane non la contraevano anche se usavano indumenti del malato, fossero a contatto con lui, respirassero il suo alito o fossero a contatto in qualsiasi modo con prodotti della malattia.
Siccome le due congetture si basavano su fatti obiettivi e reali e sembrava che fossero certezze, Finlay scelse un’altra strada ed elaborò il concetto della trasmissione meta....delle malattie infettivo-contagiose. La rivelazione di questo modo nuovo e diverso della trasmissione delle malattie, ha risolto grandi e complessi problemi epidemiologici.
Durante più di tre decadi lo scienziato affondò come mai nessuno nella patogenesi, epidemiologia, clinica e trattamento della febbre gialla.
Giunsero a chiamarlo “il medico delle zanzare”. Indifferenza, burle e ironia non riuscirono a erodere in Finlay la fiducia in se stesso né la sua tenacia. Era frequente vederlo per le strade avanere con varie provette dove aveva raccolto zanzare infettate e che portava abitualmente nel taschino superiore sinistro della giacchetta, vicino al cuore.

L’infamia

La teoria di Finlay prese cammino. Gli abitanti dell’Isola non potevano evitare di stabilire una stretta relazione fra l’apparizione della malattia e le pessime condizioni sanitarie esistenti nella Cuba coloniale. D’altra parte, i medici d’idee più avanzate finirono per accettarla. Mancava la pratica sociale che la confermasse pienamente.
Durante il primo intervento nordamericano a Cuba, il Governo degli Stati Uniti premette sui suoi medici militari, staccati nell’Isola al fine di trovare una soluzione alla febbre gialla.
Impotenti davanti alla malattia, decisero di provare la teoria di Finlay.
Un pomeriggio del duro inverno del 1900, i dottori Reed, Carrol e Lazear, fecero visita al loro collega cubano nella sua casa di Paseo del Prado. Finlay in quel momento stava discutendo con un altro illustre medico cubano, il dottor Díaz Albertini. I nordamericani chiesero a Finlay dettagli delle sue investigazioni con la promessa di comprovarle in pratica. Finlay, con una generosità straordinaria, mise a disposizione dei visitatori il risultato dei suoi 30 anni di lavoro nel tema e gli consegnò, in un portasapone di porcellana, uova di una zanzara infettata.
La commissione medica nordamericana fece i suoi esperimenti a Marianao. Cominciò a prendere sul serio la teoria di Finlay solo quando due dei suoi membri si contagiarono con le zanzare infettate.
Carroll riuscì a sopravvivere, Lazear morì: si era lasciato pungere coscientemente. I nordamericani si avvantaggiarono su Finlay nella determinazione della natura virale della malattia.
Fin dai primi contatti dei nordamericani con Finlay cominciò la gestazione dell’infamia, ebbene, Reed che fungeva da capo del gruppo, non si mostrò mai partitario di riconoscere al cubano la paternità della scoperta nel caso si giungesse a corroborare la sua teoria. Voleva il merito per sé solo e non tardò ad aggiudicarselo.
In questo obbediva a orientamenti molto precisi che ricevette da Washington. Agli occhi di tutto il mondo il Governo degli Stati Uniti voleva far passare il suo intervento a Cuba come opera umanitaria e civilizzatrice, non come militare. Niente si prestava meglio, a questo proposito, di far credere che il risanamento del Paese con il combattimento alle zanzare e la scomparsa della febbre gialla erano il risultato solo dei loro “umanitari” e “civilizzatori” progetti.

Gloria

Finlay reagì vigorosamente di fronte all’usurpazione e i più distinti professionisti del suo tempo lo assecondarono, così come prima si negarono a credere alle sue proposte. Presto la gloria del medico cubano superò i limiti territoriali e il riconoscimento universale giunse al saggio cubano. L’Università di Filadelfia, dove fece gli studi, gli assegnò la Laurea in legge ad Honorem. La Scuola di Medicina Tropicale di Liverpool, la Medaglia Mary Kingsley e il Governo francese lo decorò con l’insegna di Ufficiale della legione d’Onore.
Quando, nel febbraio 1901, si convocò all’Avana il III Congresso Panamericano di Medicina, regnava una grande aspettativa tra i presenti. Nelle sue sessioni si sarebbero tornati a incontrare, faccia a faccia, Finlay e Reed. Il cubano presiedeva la sezione di Medicina Generale e avrebbe dato lettura a un saggio sui progressi contro la propagazione della febbre gialla. Quando venne il turno di dar a conoscere la sua esposizione, dice il suo biografo Rodríguez Expósito, “un’ovazione scrosciante ricevette la figura venerabile, serena e degna del nobile anziano. I medici di tutto il continente, rappresentati lì, rendevano un emotivo ed eloquente omaggio, in questo modo, allo scopritore dell’agente trasmettitore della febbre gialla”.
Il giorno seguente Reed si diresse al Congresso. Lesse anch’egli un rapporto sulla febbre gialla, ma nelle sue pagine non si menziona il nome di Finlay.
Già per allora si erano iniziati i piani di risanamento dell’Avana e i suoi dintorni, così come nel resto dell’Isola. Si bonificarono col petrolio aree suscettibili di alloggiare zanzare e presto fu evidente la scomparsa di casi di morte a causa della malattia. Tra settembre del 1901 e luglio del 1902 non si riportò un solo caso. La notizia corse rapidamente per il mondo. L’applicazione delle raccomandazioni del medico cubano rese possibile il risanamento, con risparmio conseguente di vite umane di regioni estese in Brasile, sud degli Stati Uniti e in Paesi dell’Africa e Asia. Così, si concluse la costruzione del canale di Panama.
Nel commemorare l’anniversario 182 della nascita di Carlos J. Finlay, merita ricordare la figura dell’illustre scienziato, la cui prodezza esce dal quadro dell’epoca che toccò vivere alla Medicina del suo tempo e gettò a scala universale la base per la ricerca e la soluzione dei problemi medico-sanitari.
Carlo J.Finlay morì all’Avana, nella sua residenza di calle G tra 15 e 17, nel Vedado, il 20 agosto del 1915.




 Finlay cumplió 182 años

Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
5 de Diciembre del 2015 20:26:26 CDT

El doctor Carlos Juan Finlay acaba de hacer un planteamiento absolutamente original y escruta los rostros de sus compañeros de labores académicas. Ha echado por tierra todas las teorías sobre la fiebre amarilla. Es más. Formula una nueva concepción acerca del contagio basada en el papel de los vectores en la transmisión de enfermedades, ya que nunca antes se expuso, y mucho menos se avaló experimentalmente, la posibilidad de que los insectos sirviesen de entes transmisores de microorganismos patógenos.
Se sabe en un momento clave de su existencia. La honda emoción que lo embarga y la confianza en la certeza de sus postulados apenas le deja reparar en la actitud hostil de su auditorio. Piensa que los incrédulos tendrán que mudar de parecer cuando dé a conocer las pruebas que respaldan sus afirmaciones.
Pero Finlay no logra  entusiasmar a nadie. Cuando el presidente de la sesión anuncia que concederá la palabra a los que quieran hacer uso de ella, solo se escucha la voz del secretario general de la corporación para solicitar que el trabajo del ilustre científico «quede sobre la mesa»,  formulismo que indicaba que no habría comentarios. Ninguno de los estudiosos que concurrieron aquel 14 de agosto de 1881 a la sala de actos de la Academia de Ciencias Médicas, Físicas y Naturales de La Habana, impugnó los puntos expuestos por Finlay en la teoría del mosquito Aedes aegypti como agente transmisor de la fiebre amarilla, ni se mostró  de acuerdo con ellos. El silencio fue la única respuesta a una concepción que no solo posibilitaría a la postre la erradicación del entonces llamado «vómito negro», sino que abrió un nuevo capítulo en la historia de la Medicina tropical.

Contra la adversidad

Finlay fue un hombre en lucha permanente contra la adversidad y las vicisitudes. En su adolescencia fue víctima de dos graves enfermedades, una de las cuales le dejó un serio trastorno de pronunciación que nunca superó del todo. Hizo estudios de Medicina fuera de Cuba y, cuando regresó a la Isla para ejercer su profesión, lo suspendieron en el examen de reválida del título, lo que lo obligó a esperar el tiempo reglamentario para volver a presentarse. Aspiró a socio supernumerario de la Academia de Ciencias y se vio frustrado en el primer intento; reiteró entonces su solicitud para socio corresponsal y la respuesta fue desfavorable… Cuando por fin resultó aceptado en la Academia, su teoría sobre la relación entre el mosquito y la fiebre amarilla se acogió con indiferencia y se vio precisado a esperar más de 30 años para que se comprobara oficialmente su descubrimiento y se pusieran en práctica las medidas sanitarias que recomendó para la erradicación del vector.
Después de muerto le quedarían batallas por ganar. Pese a que el XV Congreso Internacional de Historia de la Medicina (1956) estableció de manera definitiva que «a Carlos J. Finlay, de Cuba, y solo a él, corresponde el descubrimiento del agente transmisor de la fiebre amarilla y a la aplicación de su doctrina, el saneamiento del trópico», algunas entidades extranjeras, esencialmente norteamericanas, trataron de escamotearle la paternidad de su concepción. De ahí que uno  de sus biógrafos afirme que Finlay es un hombre envuelto en una polémica permanente.
Sus profusos y concluyentes experimentos e investigaciones en cuanto al morbo amarillo y la importancia de su descubrimiento, han hecho que este genial cubano sea considerado y valorado hoy a partir y a través de su teoría sensacional sobre el papel de los mosquitos en la transmisión de enfermedades. Sin embargo, no fue esa la única rama de la Medicina en la cual descolló. Fue un oculista eminente y un internista consumado, y resultaron significativos sus aportes en enfermedades tropicales como el bocio exoftálmico, la lepra, la filaria, la triquinosis, el beri-beri y el cólera, así como sus estudios en el campo de la parasitología.
En 1911, en el prólogo a Trabajos selectos, de Finlay, escribía Juan Guiteras:
«La laboriosidad del doctor Finlay es pasmosa. En medio del trabajo constante de su profesión y de la producción permanente de escritos sobre asuntos de patología y terapéutica, en los que se adelantó generalmente a sus contemporáneos, como puede verse en sus trabajos sobre la filaria y el cólera, encuentra tiempo, por ejemplo, para descifrar un antiguo manuscrito de latín, haciendo acopio de fuentes históricas, heráldicas y filológicas para comprobar que la Biblia en que aparece el escrito hubo de pertenecer al emperador Carlos V en su retiro de Yuste, o trabaja en la resolución de problemas de ajedrez, de altas matemáticas o de filología: o elabora complicadas y originales teorías sobre el Cosmos…».

Médico de los mosquitos

Carlos J. Finlay nació en la ciudad de Camagüey, el 3 de diciembre de 1833, fecha  que se escogió para la celebración del Día de la Medicina Latinoamericana. Comenzó a interesarse en los estudios sobre la fiebre amarilla en 1870. Entonces la enfermedad, endémica del continente americano, era considerada ya una especie de mal inevitable y contra ella se ensayaban las medidas más peregrinas. Dos hipótesis prevalecían entonces. Una decía que se transmitía de enfermos a sanos y que donde se presentaba un caso, no tardaban en aparecer muchos más.
La otra planteaba que en el caso de este padecimiento, las personas sanas no lo contraían aun cuando usaran las ropas del enfermo, estuvieran en contacto con él, respiraran sus hálitos o fueran afectados de algún modo con los productos de la enfermedad.
Como las dos conjeturas se basaban en hechos objetivos y reales, y parecían estar en lo cierto, Finlay se decidió por otro camino y elaboró el concepto de la transmisión metaxénica de las enfermedades infecto-contagiosas. La revelación de este modo nuevo y distinto de la transmisión de enfermedades ha resuelto grandes y complejos problemas epidemiológicos.
Durante más de tres décadas el científico ahondó como nadie en la patogenia, epidemiología, clínica y tratamiento de la fiebre amarilla.
Llegaron a apodarle «el médico de los mosquitos». Indiferencia, burlas e ironía no lograron erosionar en Finlay la fe en sí mismo ni su tenacidad. Era frecuente verlo por las calles habaneras con varios tubos de ensayo donde había recogido mosquitos infectados y que solía llevar en el bolsillo superior izquierdo de la levita, junto al corazón.

La infamia

La teoría de Finlay se abrió paso. Los habitantes de la Isla no podían dejar de establecer una estrecha relación entre la aparición de la enfermedad y las pésimas condiciones sanitarias existentes en la Cuba colonial. Por otra parte, los médicos de ideas más avanzadas terminaron por aceptarla. Faltaba la práctica social que la confirmara plenamente.
Durante la primera intervención norteamericana en Cuba, el Gobierno de Estados Unidos presionó a sus médicos militares destacados en la Isla para que buscasen una solución al problema de la fiebre amarilla.
Impotentes ante la enfermedad, decidieron ensayar la teoría de Finlay.
Una tarde del duro verano de 1900 los doctores Reed, Carroll y Lazear visitaron a su colega cubano en su casa del Paseo del Prado. Discurría Finlay en aquel momento con otro ilustre médico cubano, el doctor Díaz Albertini. Los norteamericanos pidieron a Finlay detalles de sus investigaciones con la promesa de comprobarlas en la práctica. Finlay, con una generosidad extraordinaria, puso a disposición de los visitantes el resultado de sus 30 años de trabajo en el tema y les hizo entrega, en una jabonera de porcelana, de huevos de un mosquito infectado.
En Marianao acometió la comisión médica norteamericana sus experimentos. Solo comenzó a tomar en serio la teoría de Finlay cuando dos de sus miembros se contagiaron con los moquitos infectados.
Carroll logró sobrevivir; Lazear falleció: se había dejado picar conscientemente. Los norteamericanos solo aventajaron a Finlay en la determinación de la naturaleza viral de la enfermedad.
Desde los primeros contactos de los norteamericanos con Finlay comenzó a gestarse la infamia, pues Reed, quien fungía como jefe del grupo, nunca se mostró partidario de reconocer al cubano la paternidad del descubrimiento en caso de que llegase a corroborarse su teoría. Quería el mérito solo para sí y no demoró en adjudicárselo.
Obedecía en eso a orientaciones muy precisas que recibió de Washington. Ante los ojos del mundo entero el Gobierno de Estados Unidos quería hacer pasar su intervención en Cuba como una obra humanitaria y civilizadora, no militar. Nada se prestaba mejor a ese propósito que hacer creer que el saneamiento del país con el combate del mosquito y la erradicación de la fiebre amarilla eran colofón únicamente de sus «humanitarios» y «civilizadores» desvelos.

Gloria

Finlay reaccionó vigorosamente ante la usurpación, y los más distinguidos profesionales de su tiempo lo secundaron, así como antes se negaron a creer en sus planteamientos. Pronto la gloria del médico rebasó nuestros límites territoriales, y el reconocimiento universal llegó al sabio cubano. La Universidad de Filadelfia, donde cursó estudios, le otorgó, ad honorem, el doctorado en Leyes. La Escuela de Medicina Tropical de Liverpool, la Medalla Mary Kingsley, y el Gobierno francés lo condecoró con la insignia de Oficial de la Legión de Honor.
Cuando en febrero de 1901 se convocó en La Habana el III Congreso Panamericano de Medicina, una gran expectación reinaba entre los asistentes. En sus sesiones volverían a encontrarse cara a cara Finlay y Reed. El cubano presidía la sección de Medicina General y daría lectura a un informe sobre los adelantos contra la propagación de la fiebre amarilla.
Cuando le tocó el turno para dar a conocer su ponencia, dice su biógrafo Rodríguez Expósito, «una ovación cerrada recibió la figura venerable, serena y digna del noble anciano. Los médicos de todo el continente allí representados rendían de ese modo un emotivo y elocuente homenaje al descubridor del agente transmisor de la fiebre amarilla».
Al día siguiente, Reed se dirigió al Congreso. Leyó asimismo un informe sobre la fiebre amarilla, pero el nombre de Finlay no se menciona en sus páginas.
Ya para entonces se habían iniciado los planes para la higienización de La Habana y sus alrededores, y también del resto de la Isla. Se petrolizaron áreas susceptibles de alojar mosquitos y pronto se evidenció que desaparecían los casos de muerte a causa de la enfermedad. Entre septiembre de 1901 y julio de 1902 no se reportó un solo caso. La noticia corrió rápidamente por el mundo. La aplicación de las recomendaciones del médico cubano posibilitó el saneamiento, con el ahorro consiguiente de vidas humanas, de extensas regiones en Brasil, el sur de Estados Unidos y en países de África y Asia. Así, se concluyó la construcción del canal de Panamá.
Al conmemorarse el aniversario 182 del natalicio de Carlos J. Finlay, vale recordar la figura del ilustre científico, cuya proeza se sale del marco de la época que le tocó vivir a la Medicina de su tiempo y sentó, a escala universal, la base para la búsqueda  y la solución de los problemas médico-sanitarios.
Carlos Juan Finlay murió en La Habana, en su residencia de la calle G entre 15 y 17, en el Vedado, el 20 de agosto de 1915.

Ciro Bianchi Ross






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