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lunedì 21 dicembre 2015

La Piazza e i suoi annessi, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde del 20/12/15


La Piazza Civica o della Repubblica, cominciò a chiamarsi in modo ufficiale Piazza della Rivoluzione José Martí, a partire del 16 luglio 1961.
A quel tempo questo spazio era circa quattro volte più piccolo di quello che si era previsto in origine e aveva percorso una strada piena di contrarietà e inconvenienti.
Lo storico Emilio Roig riferisce nel suo libro La Habana: apuntes historicos che nel 1905 l’ingegner Raúl Otero, nella sua tesi di laurea segnalò come centro della città futura una prominenza che si trovava non lontano dal Castillo del Príncipe e vicino alla calzada de Ayestarán.
In detta elevazione si ergeva allora la Ermita de Nuestra Señora de Monserrat, cappella dedicata al culto cattolico che per essere stata costruita dalla colonia catalana si conosceva popolarmente come la Ermita de los Catalanes.
Otero propose di creare lì una grande piazza nel cui centro si sarebbe eretto il Capitolio e dalla quale sarebbero partite, orientate coi quattro punti cardinali, larghe strade che l’avrebbero allacciata con i quartieri limitrofi.
Oltre dieci anni dopo di questa proposta, l’urbanista Camilo García de Castro risaltava l’importanza del luogo e nel 1922, l’ingegner Enrique J. Montelieu e l’architetto Pedro Martínez Inclàn riaffermavano il criterio di Otero e proponevano la creazione in questo luogo di un gran parco. Giunge al potere Gerardo Machado, si impegna a modernizzare l’Avana e con questo proposito porta, nel 1926, il gran urbanista francese J.C.N. Forestier che osservò da un aeroplano il territorio capitolino, fece gli studi e le misure pertinenti e con il concorso di ingegneri e architetti cubani – Raúl Otero fra di loro -, consegnò un progetto che prevedeva la Ermita dei Catalani come centro geometricvo della città.
La zona, raccomandava Forestier, doveva convertirsi in un centro civico a cui, per strade radiali e di circonvallazione, si poteva accedere da tutti i quartieri della capitale. Il progetto prevedeva la costruzione della Piazza Civica e di edifici pubblici. In realtà sarebbero state due piazze, una alta e l’altra bassa, nel centro della prima si sarebbe eretto un gran monumento a José Martí.
L’ingegner Otero, dirà poi che l’idea del monumento all’Apostolo dell’Indipendenza fu sua e non del francese.

Speculazione di terreni

A partire del 1935 cominciò a parlarsi della necessità di erigere a Martí un monumento degno della sua statura. In questa data, mediante un decreto del presidente Carlos Mendieta, si costituiva la commissione che avrebbe dato impulso all’opera e si destinava per questa un credito di mezzo milione di pesos. Il presidente Federico Laredo Brú, insistette nell’idea di costruire questo monumento e col consenso di Fulgencio Batista che come capo dell’Esercito era il padrone della nazione, si accordò di unirlo al progetto della piazza. Il monumento si sarebbe installato nello spazio occupato dall’Ermita de los Catalanes.
Quando, nel 1944, Batista cessò alla presidenza, non si era avanzato molto nel tema della piazza e nemmeno ci furono avanzamenti interessanti sotto il Governo di Ramón Grau San Martín (1944-1948). Con Carlos Prío (1948-1952) si riattivarono i progetti, ma il risultato non fu felice.
L’altezza della collina si ridusse notevolmente quando si demolì o spostò l’Ermita de los Catalanes e si realizzarono i lavori di livellamento. Con tutto ciò, questo non fu il peggio. Nel 1926, Forestier e i suoi collaboratori, assegnarono alla piazza un’area di 2.305.000 metri quadrati. Nel 1941, un altro progetto le assegnò un’area di 2.023.000 metri quadrati. Nel 1942, decreto di Batista la ridusse a 1.049.841 metri quadrati. Nel 1951, Prio la riduceva a 850.000 metri quadrati.
Si addussero ragioni di economia. Guarda caso , il bilancio della nazione era di 232 milioni di pesos – davanti agli 89 milioni del 1942 – e il bilancio del 1950 aveva lasciato un attivo di 60 milioni. Per la verità e così si denunciò, figure del Governo e del Potere Giudiziario fecero una speculazione scandalosa con i terreni che si espropriarono per la piazza.

Edifici

Nel concorso decisivo per scegliere il monumento a Martí, venne premiato iol progetto dell’architetto Aquiles Maza e lo scultore Juan José Sicre che non giunse ad essere eseguito.
Questo progetto prevedeva che attorno al monumento a Martí si erigessero vari edifici più o meno simili nel loro aspetto esteriore e che avrebbero ospitato le istituzioni ufficiali.
Questi immobili avrebbero scortato il monumento; sarebbero stati, si diceva, una guardi d’onore permanente.
Non si rispettò questo progetto e in terreni molto vicini al luogo dove si sarebbe posto il monumento a Martí, si dette inizio a edifici che per il loro stile, forma e dimensioni avrebbero contrastato col monumento rompendo la prospettiva della piazza.
Il Governo di Prío assicurò che verbbe tenuta pronta la Piazza (senza monumento a Martí) il 20 maggio del 1952, in occasione del Cinquantenario della Repubblica, maa il 10 marzo di quell’anno, Prío non era già più il Presidente.
Promesse a parte, il primo edificio che si inaugurò nella zona (1954) fu la Corte dei Conti Oggi Ministero degli Interni). Era una specie di organismo di controllo dei fondi e bilanci della Repubblica, creato dal presidente Prío in risposta alle esigenze dela Costituzione del 1940.
Si tratta di un edificio modernissimo, i cui nove piani esibiscono una gra mole di cristalli. È opera dell’architetto Aquiles Capablanca con la collaborazione di Henry Griffing e Germán Hevia e nell’anno della sua inaugurazione meritò la Medaglia d’Oro del  Collegio degli Architetti. Dopo la vittoria della Rivoluzione ospitò il recentemente creato Ministero dell’Industria e gli si aggiunse un annesso quasi uguale al corpo originale. Lì si conservano gli uffici del Comandante Ernesto Che Guevara, Ministro dell’Industria del Governo Rivoluzionario.
Tre anni dopo si inaugurava il cosiddetto Palazzo delle Comunicazioni (oggi Ministero), opera dell’architetto Ernesto Gómez Sampera, lo stesso dell’edificio Focsa.
Comunicazioni, è un edificio monoblocco che occupa un’area di 22.000 metri quadrati e consta di due corpi, uno di dieci piani e l’altro di uno, con sotterranei molto estesi.
Rappresentò un investimento di di due miloni e mezzo di pesos.
Anche del 1957 è il Palazzo di Giustizia (attuale Palazzo della Rivoluzione). L’architetto Pérez Benitoa lo progettò nel 1943, ma non fu che fino a una decade successiva quando la ditta Max Borges e figli cominciò a costruirlo. Ha una superficie coperta di 72.000 metri quadrati e occupa una perimetro di un kilometro quadrato. La facciata ha un’estensione di 350 metri e la sua scalinata di marmo, di 60 metri di larghezza, triplica quella dell’Università. È costata cinque milioni di pesos e si è costruita per ospitare, nel corpo centrale di nove piani, il Tribunale Supremo, la Procura Generale l’Auditoria e la sua procura nel corpo di destra; sette piani e nei sette piani del corpo di sinistra, i processi municipali di prima istanza e di istruzione, così come il Tribunale Superiore Elettorale. Tra il 1964 e ’65 l’architetto Antonio Quintana Simonetti fece grandi trasformazioni all’edificio per adattarlo a Palazzo della Rivoluzione.

La lotteria e il teatro

La prima pietra dell’edificio della Biblioteca Nazionale si collocò nel 1952, ma l’immobile opera degli architetti Govantes e Cabarrocas, si inaugurò nel febbraio 1958. Ha dietro di sé una storia curiosa.
Quando cominciò a costruirsi, senza nessuna visione urbanistica, questo edificio così vicino al monumento a Martí, gli chiudeva la prospettiva.
Quando si erani già investiti oltre cento mila pesos, l’opera dovette essere paralizzata per reiniziarla nel suo sito attuale.
Il Ministero dell’Economia occupa l’edificio che si era destinato originariamente ai Redditi della Lotteria. La Rivoluzione lo convertì nella sede dell’Istituto Nazionale del Risparmio e Case, presieduto da Pastorita Nuñez che in solo due anni edificò e consegnò “chiavi in mano” 8.500 abitazioni. Separat dalla piazza, sul lato sud della collina del Principe, il Ministero delle Opere Pubbliche (della Costruzione) occupò quella che sarebbe stata la sede del Banco de Fomento Agricola e Industrial de Cuba (Banfaic) che si terminò di edificare nel settembre del 1959. Il Teatro Nacional, opera dell’architetto Nicolás Arroyo, tardò molto di più ad essere terminato.
Cominciò a costruirsi negli anni ’50 e si concluse alla vigilia delle celebrazioni, all’Avana, del Vertice dei Paesi non Allineati, nel 1979.
Una delle edificazioni di maggior altezza della città, è l’edificio del Ministero delle Forze Armate. Ha 24 piani e misura 94 metri dalla base. Sarebbe stata destinata a Municipio dell’Avana. La vittoria della Rivoluzione cambiò la sua destinazione. Gli si dette il nome di Sierra Maestra e vi si installarono gli uffici dell’Istituto Nazionale per la Riforma Agraria, presieduto da Fidel.

Strade

Fino al 1946, Boyeros arrivava fino alla Calzada del Cerro e Paseo fino a Zapata. Fu quest’anno quando si tracciò l’avenida 20 di Maggio per facilitare l’accesso allo stadio del Cerro e a questo quartiere popolato.
In questa stessa epoca, l’avenida 26 si estese fino a Boyeros, dove incrociò anche la via Blanca. Nel 1950, Santa Catalina si prolungò da Boyeros fino a oltre la calzada di 10 de Octubre e l’avenida Acosta uscì da Dolores fino a connettersi con San Miguel e Camagüey per arrivare a Boyeros. Da Boyeros uscì Vento costeggiando il canale di Albear fino a Santa Catalina. Il Terminal degli Omnibus prestò servizio dal 1952.

E il monumento?

Nel concorso definitivo per selezionare il progetto del monumento a Martí (quarto e ultimo concorso, 1943) risultò premiato, come si disse sopra, quello dell’architetto Aquiles Maza e lo scultore Juan José Sicre.
Al secondo posto venne selezionato quello degli architetti Govantes e Cabarrocas. Il terzo posto lo occupò quello degli architetti e ingegneri Varela, Labatut, Raúl Otero, Manuel Tapia Ruano e lo scultore Alexander Sambugnac.
Siccome il monumento che si sarebbe elevato era quello di Maza-Sicre, si suggerì che il progetto di Govantes-Cabarrocas si erigesse come Biblioteca Nazionale e quello di Varela si adattasse per il monumento a Carlos Manuel de Céspedes.
Ma, nel 1952, si decise di erigere quello di Varela, ministro delle Opere Pubbliche dell’allora dittatore Batista. Questo motivò la protesta del Collegio degli Architetti che reclamò in quanto quello scelto per essere eretto doveva essere quello di Maza-Sicre. Ma Sicre accettò di scolpire la statua seduta dell’Apostolo che si aggiunse al progetto di Varela che originalmente non l’aveva e che oggi è quella che c’è nella Piazza. Da parte sua, la Giunta dei Patroni della Biblioteca Nazionale decise di portare alla realizzazione, con fondi propri, il progetto Govantes-Cabarrocas, al fine di installarla nella Biblioteca.

Paradossalmente, l’unico monumento che non si costruí fu quello del progetto che venne premiato nel concorso.

La Plaza y sus lugares
Ciro Bianchi Ross • digital@juventudrebelde.cu
19 de Diciembre del 2015 22:04:42 CDT

La Plaza Cívica o de la República comenzó a llamarse de manera oficial Plaza de la Revolución José Martí a partir del 16 de julio de 1961.
Para entonces, dicho espacio era unas cuatro veces menor de lo que se planteó en sus orígenes y había recorrido un camino lleno de contrariedades e  inconvenientes.
Refiere el historiador Emilio Roig en su libro La Habana: apuntes históricos, que en 1905 el ingeniero Raúl Otero en su tesis de grado señaló como centro de la ciudad futura una eminencia que se localizaba no lejos del Castillo del Príncipe y cerca de la Calzada de Ayestarán.
En dicha elevación se alzaba entonces la Ermita de Nuestra Señora de Montserrat, capilla dedicada al culto católico y que por haber sido construida por la colonia catalana se le conocía popularmente como Ermita de los Catalanes.
Otero propuso crear allí una gran plaza en cuyo centro se erigiría el Capitolio y de la que partirían, orientadas hacia los cuatro puntos cardinales, sendas avenidas que la enlazarían con los barrios colindantes.
Más de una década después de esa propuesta, el urbanista Camilo García de Castro resaltaba  la importancia del lugar, y en 1922 el ingeniero Enrique J. Montoulieu y el arquitecto Pedro Martínez Inclán reafirmaban el criterio de Otero y proponían la creación en ese sitio de un gran parque. Llega Gerardo Machado al poder, se empeña en modernizar La Habana y, con ese propósito, trae en 1926  al gran urbanista francés J. C. N. Forestier, quien observó desde un aeroplano el territorio capitalino, hizo los estudios y las mediciones pertinentes y, con el concurso de arquitectos e ingenieros cubanos —Raúl Otero, entre ellos—, entregó un proyecto que situaba a la Ermita de los Catalanes como centro geométrico de la ciudad.
La zona, recomendaba Forestier, debía convertirse en un centro cívico al que por avenidas radiales y de circunvalación podría accederse desde todos los barrios de la capital. El plan contemplaba la construcción de la Plaza Cívica y de edificios públicos. Serían en verdad dos plazas, una alta y otra baja, y en el centro de la primera se erigiría un gran monumento a José Martí.
El ingeniero Otero diría después que la idea del monumento al Apóstol de la Independencia fue suya y no del francés.

Especulación de terrenos

A partir de 1935 comenzó a hablarse de la necesidad de erigir a Martí un monumento digno de su estatura. En esa fecha, mediante un decreto del presidente Carlos Mendieta se constituía la comisión que impulsaría la obra y se destinaba para ella un crédito de medio millón de pesos. El presidente Federico Laredo Brú insistió en la idea de construir ese monumento y con el consentimiento de Fulgencio Batista que, como jefe del Ejército, era el amo de la nación, se acordó fusionarlo con el proyecto de la plaza. El monumento se emplazaría en el sitio ocupado por la Ermita de los Catalanes.
Entre 1938 y 1942 se libraron varias convocatorias a concurso para la elección del monumento, y el ya presidente Batista, en aras de la utilidad pública del proyecto, dispuso  mediante decretos la expropiación de terrenos colindantes que se hallaban en manos de particulares.
Cuando en 1944 Batista cesó en la     presidencia no se había avanzado
mucho en el tema de la plaza, y tampoco hubo avances de interés bajo el Gobierno de Ramón Grau San Martín (1944-1948). Con Carlos Prío
(1948-l952) se reactivaron los proyectos, pero el resultado no fue feliz.
La altura de la colina se redujo notablemente cuando se demolió o desplazó la Ermita de los Catalanes y se realizaron las tareas de nivelación. Con todo, eso no fue lo peor.
En 1926, Forestier y sus colaboradores asignaron a la plaza un área de
2 305 000 metros cuadrados. En 1941, otro proyecto le asignó un área de 2 023 000 metros cuadrados. En 1942, un decreto de Batista la redujo a 1 049 841 metros cuadrados. En 1951, Prío la reducía a 580 000 metros cuadrados.
Se adujo razones de economía. Sin embargo, el presupuesto de la nación en 1951 era de 232 millones de pesos  —frente a los 89 millones de 1942— y el presupuesto de 1950 había dejado un superávit de 60 millones. En verdad, y así se denunció, figuras del Gobierno y del Poder Judicial acometieron una especulación escandalosa con los terrenos que se expropiaron para la plaza.

Edificios

En el concurso definitivo para seleccionar el monumento a Martí fue premiado el proyecto del arquitecto Aquiles Maza y el escultor Juan José Sicre, el que no llegó a ejecutarse.
Ese proyecto contemplaba que en torno al monumento a Martí se erigiesen varios edificios, más o menos similares en su aspecto exterior y que albergarían a las instituciones oficiales. Esos inmuebles escoltarían al monumento; serían, se dijo, una guardia de honor permanente.
No se respetó ese proyecto y en terrenos muy próximos al lugar donde se ubicaría el monumento a Martí, se acometió la construcción de edificios que por su estilo, forma y dimensiones contrastarían con el monumento y romperían la perspectiva de la plaza.
El Gobierno de Prío aseguró que tendría lista la Plaza (sin el monumento a Martí) el 20 de mayo de 1952, en ocasión del Cincuentenario de la República. Pero el 10 de marzo de ese año, Prío no era ya el Presidente.
Promesas aparte, el primer edificio que se inauguró en la zona (1954) fue el del Tribunal de Cuentas (ahora, Ministerio del Interior). Era una especie de organismo auditor de los fondos y presupuestos de la República creado por el presidente Prío en respuesta a una exigencia de la Constitución de 1940.
Se trata de un edificio modernísimo, cuyos nueve pisos remedan una mole de cristal. Es obra del arquitecto Aquiles Capablanca con la colaboración de Henry Griffing y Germán Hevia, y mereció en el año de su inauguración, la Medalla de Oro del Colegio de Arquitectos. Tras el triunfo de la Revolución albergó el recién creado Ministerio de Industrias y se le agregó un anexo casi igual al cuerpo original. Allí se conservan las oficinas del Comandante Ernesto Che Guevara, ministro de Industrias del Gobierno Revolucionario.
Tres años después se inauguraba el llamado Palacio de las Comunicaciones (hoy, Ministerio), obra del arquitecto Ernesto Gómez Sampera, el mismo del edificio Focsa. Comunicaciones es un edificio monobloque que ocupa un área de 22 000 metros cuadrados y consta de dos cuerpos, uno de diez pisos y otro, de uno, con sótanos muy extendidos. Representó una inversión de dos millones y medio de pesos.
También de 1957 es el Palacio de Justicia (actual Palacio de la Revolución). El arquitecto Pérez Benitoa lo proyectó en 1943, pero no fue hasta una década después que la firma de Max Borges e hijos comenzó a ejecutarlo. Tiene una superficie de fabricación de 72 000 metros cuadrados y ocupa un perímetro de un kilómetro cuadrado. La fachada tiene una extensión de 350 metros y su escalinata, de mármol, de 60 metros de ancho, triplica la de la Universidad. Costó cinco millones de pesos y se construyó para albergar, en el cuerpo central de nueve pisos, el Tribunal Supremo y la Fiscalía General; la Audiencia y su fiscalía en el cuerpo de la derecha; siete pisos, y en los siete pisos del cuerpo de la izquierda, los juzgados municipales, de primera instancia y de instrucción, así como el Tribunal Superior Electoral. Entre 1964 y 1965 el arquitecto Antonio Quintana Simonetti hizo grandes transformaciones al edificio para adaptarlo a Palacio de la Revolución.

La lotería y el teatro

La primera piedra del edificio de la Biblioteca Nacional se colocó en 1952, pero el inmueble, obra de los arquitectos Govantes y Cabarrocas, se inauguró en febrero de 1958. Tiene detrás una historia curiosa.
Cuando comenzó a construirse, sin visión urbanística alguna, este edificio tan cerca del monumento a Martí, le cerraba la perspectiva.
Cuando ya se habían invertido más de cien mil pesos, la obra debió ser paralizada para reiniciarla en su emplazamiento actual.
El Ministerio de Economía ocupa el edificio que se destinó originalmente a Renta de Lotería. La Revolución lo convirtió en la sede del Instituto Nacional de Ahorro y Vivienda, presidido por Pastorita Núñez, que en solo dos años edificó y entregó «llave en mano» 8 500 viviendas. Apartado de la plaza, al lado sur de la loma del Príncipe, el Ministerio de Obras Públicas (de la Construcción) ocupó la que hubiera sido la sede del Banco de Fomento Agrícola e Industrial de Cuba (Banfaic) que se terminó de edificar en septiembre de 1959. El Teatro Nacional, obra del arquitecto Nicolás Arroyo, demoró mucho más en terminarse. Comenzó a construirse en los años 50 y se concluyó en vísperas de la celebración en La Habana de la Cumbre de los Países No Alineados, en 1979.
Una de las edificaciones de mayor altura en la ciudad es el edificio del Ministerio de las Fuerzas Armadas. Tiene 24 pisos y mide 94 metros desde los cimientos. Se destinaría a Alcaldía de La Habana. El triunfo de la Revolución cambió su destino. Se le dio el nombre de Sierra Maestra y allí se instalaron las oficinas del Instituto Nacional de la Reforma Agraria presidido por Fidel.

Calles

Hasta 1946, Boyeros llegaba hasta la calzada del Cerro y Paseo hasta Zapata. Fue en ese año cuando se trazó la avenida de 20 de Mayo para facilitar el acceso al Estadio del Cerro y a esa populosa barriada.
Por esa misma época, la avenida 26 se extendió hasta Boyeros, donde también entroncó la Vía Blanca. En 1950 Santa Catalina se prolongó desde Boyeros hasta más allá de la calzada del 10 de Octubre, y la Avenida de Acosta salió de Dolores hasta conectarse con San Miguel y Camagüey para llegar a Boyeros. De Boyeros salió Vento y bordeó el Canal de Albear hasta Santa Catalina. La Terminal de Ómnibus prestó servicios desde 1952.

¿Y el monumento?

En el concurso definitivo para seleccionar el proyecto del monumento a Martí (cuarto y último concurso, 1943) resultó premiado, como se dijo antes, el del arquitecto Aquiles Maza y el escultor Juan José Sicre.
En segundo lugar, resultó seleccionado el de los arquitectos Govantes y Cabarrocas. Ocupó el tercer lugar el de los arquitectos e ingenieros  Varela, Labatut, Raúl Otero, Manuel Tapia Ruano y el escultor Alexander Sambugnac.
Como el monumento que se acometería era el de Maza-Sicre, se sugirió que el proyecto de Govantes-Cabarrocas se erigiese como Biblioteca Nacional, y el de Varela se adaptase para monumento a Carlos Manuel de Céspedes.
Pero en 1952, se decidió que se erigiera el de Varela, ministro de Obras Públicas del entonces dictador Batista. Esto motivó la protesta del Colegio de Arquitectos, que reclamó que el escogido para erigirse era el de Maza-Sicre. Pero Sicre aceptó esculpir la estatua sedente del Apóstol que se adicionó al proyecto de Varela y que originalmente no tenía, y que es la que está hoy en la Plaza. Por su parte, la Junta de Patronos de la Biblioteca Nacional decidió llevar a la realidad, con fondos propios, el proyecto Govantes-Cabarrocas, a fin de instalar la Biblioteca.
Paradójicamente, el único monumento que no se construyó fue el del proyecto que resultó premiado en el concurso.

Ciro Bianchi Ross


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