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lunedì 9 marzo 2015

Prime Dame, di Ciro Bianchi Ross

Pubblicato su Juventud Rebelde dell'8/3/15

Prime dame

Lo scriba non può precisare, adesso, quando si cominciò a usare a Cuba il termine di Prima Dama per indicare la moglie del presidente della Repubblica. Suppone che fu durante il Governo del maggior generale Mario García Menocal y Deop ebbene, prima, nemmeno Genoveva Guardiola, moglie di Estrada Palma che fra l’altro era figlia i un presidente dell’Honduras, né América Arias, compagna di José Miguel Gómez e madre di Miguel Mariano, altro presidente, meritarono tale titolo.  Erano semplicemente le signore del primo cittadino. Fra il 1902 e 1958, si disimpegnarono nell’Isdola 19 presidenti. Alcuni di essi - Grau e Batista - detennero il potere in più di un’occasione e altri più a lungo di un periodo, come Menocal e Machado. Di essi, Grau, scapolone impenitente, non era sposato. Nemmeno lo era Andrés Domingo y Morales del Castillo, presidente decorativo tra agosto del 1954 e febbraio del 1955. Batista portò al Palazzo Presidenziale due prime dame, una alla volta.

Il coltello di Toyo

Fulgencio Batista conobbe quella che fu la sua prima moglie al Wajay, quando era uno dei soldati scelti per la guardia della residenza di campagna del presidente Alfredo Zasyas. Si chiamava Elisa Godinez. Con lei si installò nella casa segnata col numero 24 della calle Josefina, alla Vibora e poi cercò un appartamento sopra il café Cuchillo (coltello, n.d.t.) nella Esquina de Toyo. Il soldato vinse, per opposizione, un posto di sergente dattilografo e cominciò a lavorare come maestro nella stessa scuola dove aveva studiato, l’accademia di dattilografia San Mario, in Lealtad angolo Reina. Aveva un piccolo veicolo, giocava a domino coi suoi vicini e per arrotondare le sue entrate vendeva gioielli a rate. Ma la vita era cara e dura, Elisa contibuiva al bilancio famigliare con quello che dava il suo lavoro di lavandaia.
La coppia ebbe una relazione lunga, fino a che contrassero matrimonio nel 1936. Da quasta unione nacquero Mirta Caridad (8 settembre del 1927), Fulgencio Rubén (18 novembre 1933) e Elisa Aleyda (7 febbraio 1941). Di loro sopravvive solo Elisa Aleida che è impiegata all’ospedale Mount Sinai di Miami.
L”amore non fu eterno, indubbiamente. Ancora sposato con Elisa, Batista conobbe Marta Fernández Miranda della quale aveva tranquillamente nil doppio di età. Il militare andava già per il passaggio tormentoso dei 40 e lei non aveva ancora compiuto i 20. Si dice che l’automobile presidenziale, con batista a bordo, investí la ragazza mentre andava in bicicletta e che il romanzo nacque quando il Presidente la visitava in ospedale. Questo non va al di la di essere una leggenda. Non scrive niente in merito, Roberto Fernández Miranda nelle sue memorie intitolate Mis relaciones con el general Batista. La verità sembra essere che Marta - un’umile ragazza del quartiere Buena Vista a Marianao che era molto attiva e appariscente – faceva parte del seguito di Mary Morandeira, poetessa spagnola residente a Cuba e fu presentata al presidente dalla sua testa di legno Andrés Domingo Morales y del Castillo.
Batista allora ebbe, in modo parallelo, una relazione pubblica e una segreta. Con Elisa nel Palazzo e con Marta dove poteva. Fu allora che comprò una tenuta rustica di 17 cavallerie d’estensione, racchiusa al bordo dell’Autopista del Mediodía, la Carretera Central la carretera de Cantarranas a Entronque del Guatao e la strada che scorre da San Pedro a Punta Brava. La battezzò come Kuquine e incaricò l’architetto Nicolás Arroyo - che con l’andare del tempo sarà il suo ministro delle Opere Pubbliche e ambasciatore a Washington – l’esecuzione della casa d’abitazione della tenuta.
Quando uscí dalla presidenza, il 10 ottobre del 1944, Batista divorziò da Elisa Godinez. Alla signora toccarono undici milioni di pesos nella separazione dei beni. Si sposò con Marta il 28 novembre del 1945, nella cappella dell tenuta. Già allora, 19 agosto del 1942, era nato il primo dei cinque figli della coppia.

Donna América

Genoveva Guardiola de Estrada Palma non fu l’unica delle prime dame che nacque fuori da Cuba. Fuori nacquero anche Laura Bertinni moglie di Carlos Mnuel de Céspedes, figlio del Padre della Patria che non arrivò a un mese di presidenza e Marcela Cleard, la moglie di José Agripino Barnet y Vinajeras.
Il generale Alberto Herrera fu presidente dopo le dimissioni di Machado, tra il pomeriggio dell’11 agosto 1933 fino al mezzogiorno del 12. Lo sriba non trovò il nome di sua moglie. Elisa “Yoyó” Edelman, figlia di un presidente del Tribunale Supremo di Giustizia, era la moglie di Carlos Hevia Reyes Gavilán che passò 38 ore alla presidenza della Repubblica. Ancora più breve - solo sei ore – durò il mandato interino di Manuel Márquez Sterling, sposato con sua cugina Mercedes. Anche lui con una cugina, Elvira, contrasse matrimonio Gerardo Machado. Elvira sopravvisse diverse decadi a suo marito: morí con più di cento anni, nella decade del ’60 inoltrata. Furono tumulati in nicchie contigue nel cimitero di Woodland Park a Miami. Serafina Diago fu la moglie di Miguel Mariano Gómez che passò non più di sette mesi al potere.
Genoveva Guardiola non potette assistere alla presa di possesso di suo marito come presidente della Repubblica perché il protocollo di allora impediva la presenza femminile in questo tipo di cerimonie. Era tutta modesta e semplicità. Seduta in una seggiolina a dondolo rammendava, sul balcone di quello che fu il Palazzo dei Capitani Generali, i calzini di suo marito, il Presidente che nonostante la sua posizione, aveva solo tre vestiti.
Era piccola e magra. Usava le scarpe fino a consumarle e sfoggiava come unico gioiello la fede matrimoniale, un anello liscio, d’oro.
Mariana Seba de García Menocal, invece, spendeva con distinzione ed eleganza quello che suo marito rubava stando alla presidenza. A María Jaén, la moglie di Zayas, la soprannominavano María Centén perché dicevano che questa fosse la sua tariffa nelle allegre notti della gioventù. Era grassa, molto grassa,. Una notte, dopo una funzione d’opera, mentre abbandonava il Tatro Nacional, lo fece accompagnata dalle risa mal dissimulate della moltitudine che riempiva il teatro. I colori del suo vestito – blu celeste pallido e bianco – risaltavano l’esagerata grossezza della Pima Dama. Non poté né volle ignorare i lazzi di cui era oggetto e trattenendo il passo, ma senza guardare gli irriguardosi, esclamò; “È meglio causare risa che pianto”.
Carmela Ledón era una donna onesta e molto innamorata di suo marito, Carlos Mendieta (presidente provvisorio tra il 1934 e 1935), al punto che l’unica figlia che ebbe la coppia si sentiva come un’estranea davanti a quella coppia. Nessuno poté accusarla di mettere mano al Tesoro della nazione né di patrocinare ministri ladri. Peró non vide mai le macchie di suo marito, Leronor Montes – Monona – de Laredo Bru, adorna di tutte le virtù delle creole di buona famiglia e con tutte le loro limitazioni. Con i “piccoli risparmi” di suo marito, Monona fece costruire l’edificio di “N” nel Vedado.
América Arias de Gómez fu sempre Doña América. Renée Méndez Capote la ricordava semplice in mezzo a una gran fortuna crescente, sulla quale non le era permesso indagare da donde venisse né come aumentava. Durante la Guerra del 95 fu messaggera dei “mambises” e una sicura collaboratrice del marito quando, José Miguel, prima di trasformarsi nel pescecane che nuotava e schizzava, comandava nella sterpaglia la valorosa cavalleria di Santi Spiritus. Fu una gran cubana. Oggi, un busto perpetua la sua memoria nelle immediatezze dell’antico Palazzo Presidenziale e un ospedale materno avanero porta il suo nome.

Comandano le donne


Maria “Mary” Tarrero si disimpegnava come dattilografa del Senato e dei 54 senatori in funzione, si innamorò dell’unico che arriverà ad essere presidente, Carlos Prío Socarrás. Ebbero due figlie. Uno dei nipoti della coppia è consigliere del presidente Obama. La vedova di Prío morí a Miami il 23 settembre del 2010 a 85 anni d’età e fu sepolta assieme a suo marito nel cimitero di Woodland Park. Grau San Martín ripeteva in pubblico la frase “comandano le donne” e in privato che nonostante comandassero, non era necessario fargli caso. Quando occupò il posto di Primo Cittadino, la Prima Dama fu sua cognata Paulina Alsina e in altre occasioni, sua nipote Polita. Che non fosse sposato non voleva dire che non si innamorasse e fosse donnaiolo. Alla Méndez Capote – lo racconta lei stessa – la rinchiuse una volta nello studio presidenziale e le disse che se passava qualche giorno con lui le dava quello che volesse. Questo successe nel 1933. Con tanto di riuscire nei suoi propositi era disposto a imprigionare il marito alla Cabaña. Quando tornò al potere, nel 1944, la mandò di nuovo a cercare. Le promise una promozione nel lavoro e stipendio al Ministero dell’Educazione, al fine di ottenere ciò che si proponeva. “Io pazzo per te e tu sempre schivandomi...”. Un’altra volta la mandò a chiamare. Si trovarono nel Placio las Damas del Buen Vecino e lí ci sarebbe stato anche l’ambasciatore nordamericano Braden. Racconta Renée nel suo libro Por el ojo de la cerradura: “Successe una cosa tra l’imbarazzante e il terribile: mentra l’ambasciatore faceva il suo discorso che non potevo già ascoltare per mancanza di concentrazione, il Presidente della Repubblica che mi aveva fatto l’onore di collocarmi alla sua destra, in piedi dietro la sua scrivania e contro la parete, per tutto il tempo che lo yankee occupò a dire le sue scemenze mi massaggiava le natiche con slancio. Io non potevo, senza suscitare scandalo, togliermi dal posto d’onore in cui mi aveva posto, rendendomi onore davanti a una società che mi ripudiava”. Anni dopo, Grau fece colpo nell’opinone pubblica quando si fece ritrarre in costume da bagno a Varadero assieme a Lina Salomé, scultorea e curvilinea vedette cubana. Fotografie, naturalmente, riprodotte dalla stampa. “Il vecchio” si difese: “Forse un’artista non ha il diritto di ricevere da me le stesse attenzioni che merita una rispettabile dama della nostra società?” E commentò per quelli che ribattevano che data la sua condizione di ex presidente non doveva esibirsi in costume da bagno: “E cosa volevano? Che mi vestissi col frac o in giacca e cravatta per andare in spiaggia e a fare il bagno?”.


Primeras Damas
Ciro Bianchi Ross * digital@juventudrebelde.cu
7 de Marzo del 2015 20:40:52 CDT

No puede precisar ahora el escribidor cuándo comenzó a utilizarse en
Cuba el término de Primera Dama para designar a la esposa del
presidente de la República. Supone que fue durante el Gobierno del
mayor general Mario García Menocal y Deop, pues antes ni Genoveva
Guardiola, esposa de Estrada Palma y que, por cierto, era hija de un
presidente de Honduras, ni América Arias, compañera de José Miguel
Gómez y madre de Miguel Mariano, otro presidente, merecieron tal
título. Eran sencillamente las señoras del primer mandatario. Entre
1902 y 1958, 19 presidentes se desempeñaron en la Isla. Algunos de
ellos --Grau y Batista-- detentaron el poder en más de una ocasión, y
otros, a lo largo de más de un período, como Menocal y Machado. De
ellos, Grau, solterón empedernido, no estaba casado. Tampoco lo estaba
Andrés Domingo y Morales del Castillo, presidente decorativo entre
agosto de 1954 y febrero de 1955. Batista llevó al Palacio
Presidencial a dos primeras damas, una cada vez.

El cuchillo de Toyo

Fulgencio Batista conoció a la que sería su primera esposa en el
Wajay, cuando era uno de los soldados destacados en la custodia de la
residencia campestre del presidente Alfredo Zayas. Se llamaba Elisa
Godínez. Con ella se instaló en la casa marcada con el número 24 de la
calle Josefina, en la Víbora, y buscó luego un apartamento en los
altos del café El Cuchillo, en la esquina de Toyo. Ganó el soldado,
por oposición, una plaza de sargento taquígrafo y comenzó a laborar
como maestro en la misma escuela donde había estudiado, la academia de
taquigrafía San Mario, en Lealtad casi esquina a Reina. Tenía un
cacharrito, jugaba al dominó con sus vecinos y para redondear las
entradas vendía joyas a plazo. Pero la vida era cara y dura, y Elisa
contribuía al presupuesto familiar con lo que le reportaba su oficio
de lavandera.
Tuvo la pareja una prolongada relación hasta que contrajeron
matrimonio en 1936. De esa unión nacieron Mirta Caridad (8 de
septiembre de 1927), Fulgencio Rubén (18 de noviembre de 1933) y Elisa
Aleida (7 de febrero de 1941). De ellos, solo sobrevive Elisa Aleida,
que es empleada del hospital Monte Sinaí, de Miami.
El amor no fue eterno, sin embargo. Casado aún con Elisa conoció
Batista a Marta Fernández Miranda, a la que descansadamente doblaba la
edad. Andaba ya el militar por el tormentoso cabo de los 40 años, y
ella no había cumplido todavía los 20. Se dice que el automóvil
presidencial con Batista a bordo atropelló a la muchacha cuando
montaba bicicleta y que el romance surgió cuando el Presidente la
visitaba en el hospital. Eso no pasa de ser una leyenda. Nada escribe
al respecto Roberto Fernández Miranda en sus memorias tituladas Mis
relaciones con el general Batista. Lo real parece ser que Marta --una
humilde muchacha del reparto Buenavista, en Marianao, y que era muy
atractiva y vistosa-- formaba parte del séquito de Mary Morandeira,
poetisa española radicada en Cuba, y fue presentada al mandatario por
su testaferro Andrés Domingo y Morales del Castillo.
Batista tuvo entonces, de manera paralela, una relación pública y otra
secreta. Con Elisa en Palacio, y con Marta donde podía. Fue entonces
que compró una finca rústica de 17 caballerías de extensión, enclavada
al borde de la Autopista del Mediodía y que queda encerrada entre la
Carretera Central, la carretera de Cantarranas a Entronque del Guatao
y la vía que corre de San Pedro a Punta Brava. La bautizó como Kuquine
y encargó al arquitecto Nicolás Arroyo -- que andando el tiempo sería
su ministro de Obras Públicas y embajador en Washington-- la ejecución
de la casa de vivienda del predio.
Cuando salió de la presidencia, el 10 de octubre de 1944, Batista se
divorció de Elisa Godínez. Once millones de pesos tocaron a la señora
en la división de gananciales. Se casó con Marta el 28 de noviembre de
1945, en la capilla de la finca. Ya para entonces, 19 de agosto de
1942, había nacido el primero de los cinco hijos del matrimonio.


Doña América

Genoveva Guardiola de Estrada Palma no fue la única de las primeras
damas que nació fuera de Cuba. Fuera nacieron también Laura Bertinni,
esposa de Carlos Manuel de Céspedes, hijo del Padre de la Patria, que
no llegó a un mes en la presidencia, y Marcela Cleard, la esposa de
José Agripino Barnet y Vinajeras.
El general Alberto Herrera fue presidente tras la renuncia de Machado,
entre la tarde del 11 de agosto de 1933 hasta el mediodía del 12. No
encontró el escribidor el nombre de su esposa. Elisa “Yoyó” Edelman,
hija de un presidente del Tribunal Supremo de Justicia, era la esposa
de Carlos Hevia Reyes Gavilán, que pasó 38 horas en la presidencia de
la República. Más breve aun --solo seis horas-- duró el mandato interino
de Manuel Márquez Sterling, casado con su prima Mercedes. También con
una prima suya, Elvira, contrajo matrimonio Gerardo Machado. Elvira
sobrevivió largas décadas a su marido; falleció con más de cien años,
muy entrada la década de 1960. Fueron inhumados en nichos contiguos en
el cementerio de Woodland Park, de Miami. Serafina Diago fue la esposa
de Miguel Mariano Gómez, que pasó no más de siete meses en el poder.
Genoveva Guardiola no pudo asistir a la toma de posesión de su marido
como presidente de la República, porque el protocolo de entonces
impedía la presencia femenina en ese tipo de actos. Era toda modestia
y sencillez. Sentada en una comadrita, zurcía en un balcón del palacio
que fue de los Capitanes Generales los calcetines de su esposo, el
Presidente que, pese a su posición, tenía solo tres trajes. Era
pequeña y delgada. Usaba los zapatos hasta gastarlos y lucía como
única prenda su alianza de matrimonio, un aro liso, de oro.
Mariana Seba de García Menocal, en cambio, gastaba con distinción y
elegancia lo que robaba su marido en la presidencia. A María Jaén, la
esposa de Zayas, le apodaban María Centén porque decían que esa fue su
tarifa en noches de alegre juventud. Era gorda, muy gorda. Una noche,
luego de una función de ópera, en la que abandonaba el Teatro
Nacional, debió hacerlo escoltada por las risas mal disimuladas de la
elegante multitud que colmaba el coliseo. Los colores de su traje
--azul celeste tierno y blanco--  resaltaban la exagerada gordura de la
Primera Dama. No pudo ni quiso ignorar la burla de que era objeto y
deteniendo el paso, pero sin mirar a los irrespetuosos, exclamó: “Más
vale causar hilaridad que llanto”.
Carmela Ledón era una mujer honesta y muy enamorada de su marido,
Carlos Mendieta (mandatario provisional entre 1934 y 1935), al punto
de que la única hija que tuvo el matrimonio se sentía como una extraña
ante aquella pareja. Nadie pudo acusarla de meter la mano en el Tesoro
de la nación ni de apadrinar ministros ladrones. Pero nunca vio las
manchas de su esposo, como tampoco vio las del suyo Leonor Montes
--Monona-- de Laredo Bru, adornada de todas las virtudes de las criollas
de buena cepa y de todas sus limitaciones también. Con los “ahorritos”
de su esposo, Monona hizo construir el edificio “N” en el Vedado.
América Arias de Gómez fue siempre Doña América. Renée Méndez Capote
la recordaba sencilla en medio de una gran fortuna creciente, sobre la
que no le estaba permitido indagar de dónde provenía ni cómo se
acrecentaba. Durante la Guerra del 95 fue correo de los mambises y una
segura colaboradora del marido cuando José Miguel, antes de
convertirse en el tiburón que se bañaba y salpicaba, encabezaba en la
manigua la valiente caballería espirituana. Fue una gran cubana. Hoy,
un busto perpetúa su memoria en las inmediaciones del antiguo Palacio
Presidencial y lleva su nombre un hospital de maternidad habanero.

Las mujeres mandan

María “Mary” Tarrero se desempañaba como taquígrafa del Senado, y de
los 54 senadores en ejercicio se enamoró del único que llegaría a ser
presidente, Carlos Prío Socarrás. Tuvieron dos hijas. Uno de los
nietos de la pareja es asesor del presidente Obama. La viuda de Prío
falleció en Miami el 23 de septiembre de 2010, a los 85 años de edad,
y fue inhumada junto a su esposo en el cementerio de Woodland Park.
Grau San Martín repetía en público la frase de “las mujeres mandan” y
en privado aclaraba que aunque mandaran no era necesario hacerles
caso. Cuando ocupó la primera magistratura, la Primera Dama fue su
cuñada Paulina Alsina y, en otras ocasiones, su sobrina Polita. Que no
estuviera casado no quiere decir que no fuera enamorado y mujeriego. A
la Méndez Capote --lo cuenta ella misma-- la acorraló una vez en el
despacho presidencial y le dijo que si pasaba unos días con él le daba
lo que quisiera. Eso ocurrió en 1933. Con tal de lograr sus propósitos
estaba dispuesto a meter al marido preso en La Cabaña. Cuando regresó
al poder en 1944 la mandó a buscar de nuevo. Le prometió un ascenso de
empleo y sueldo en el Ministerio de Educación, a fin de conseguir lo
que se proponía. “Yo, loco por ti y tú siempre dándome el
esquinazo...”.  Otra vez envió por ella. Se reunían en Palacio las
Damas del Buen Vecino y estaría allí también el embajador
norteamericano Braden. Cuenta Renée en su libro Por el ojo de la
cerradura: “Y sucedió una cosa entre chusca y terrible: mientras que
el embajador soltaba su discurso, que yo no pude oír por encontrarme
incapaz de prestar atención, el Presidente de la República, que me
había hecho el honor de colocarme a su derecha, parados los dos detrás
de su buró y contra la pared, todo el tiempo que se tomó el yanqui
para decir sus sandeces, me amasaba las nalgas concienzudamente. Yo no
podía, sin escándalo, quitarme del lugar de honor en que me había
colocado, honrándome ante una sociedad que me repudiaba”. Años después
Grau impactaría a la opinión pública cuando se dejó fotografiar en
Varadero en traje de baño y junto a Lina Salomé, escultural y
curvilínea vedette cubana. Fotografías que, desde luego, reprodujo la
prensa. “El Viejo” se defendió: “¿Acaso una artista no tiene el
derecho de recibir de mí el mismo trato que merece una encopetada dama
de nuestra sociedad?”. Y comentó para los que alegaban que dada su
condición de ex mandatario no debió exhibirse en trusa: “¿Y qué
querían? ¿Que me vistiera de frac o de chaquet para bañarme en la
playa?”.

Ciro Bianchi Ross
cbianchi@enet.cu
http://wwwcirobianchi.blogia.com/
http://cbianchiross.blogia.com/

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